Il ciclo di Andrea Mandorlini a Verona si è chiuso nel peggiore modo possibile. Brutto per lui, pessimo per il Verona. Dopo tanti record positivi, il mister ha lasciato con una striscia negativa e una vittoria che non è arrivata neppure alla giornata numero 14. Mandorlini è stato vittima delle pessime scelte di mercato da lui avvallate, dell’equivoco Pazzini, dell’idea che senza quel “rompicoglioni” di Sogliano, questo fosse il Verona più “mandorliniano” di sempre. Senza la rete e il supporto di un ds che faceva la parte del cattivo nello spogliatoio, Mandorlini si è sciolto come neve al sole.
Il ciclo si era già chiuso nella scorso campionato a mio avviso. Mandorlini aveva raschiato il fondo del barile delle proprie motivazioni, facendo andare a scartamento ridotto una squadra che poteva arrivare a ben altri traguardi come ha poi dimostrato tardivamente. I suoi pregi sono stati anche i suoi peggiori difetti. Mandorlini ha sempre voluto uno spogliatoio fortemente “gerarchico” dove a comandare sono i “vecchi” o comunque quelli che hanno superato il lungo periodo di “apprendistato” che lui impone con metodi da sergente Hartman. Questo ha provocato una serie di figli e figliastri che nel momento di crisi gli ha impedito di attingere, senza risentirne, all’intera rosa. Colpevole la società che non ha avuto forza, coraggio, personalità di interrompere il rapporto già alla fine dello scorso campionato. Scelta figlia anche dell’opportunismo.
Colpevole anche il mister che non ha capito che era meglio lasciare da vincenti. L’ultimo errore, secondo me un virus letale, Mandorlini lo ha commesso permettendo che venisse licenziato un suo uomo, Roberto Bordin. Una scelta che avrebbe meritato una sua battaglia di principio, fino a rinunciare alla proposta del contratto biennale della società. Accettando quella scelta, Mandorlini ne è uscito indebolito, fiaccato, senza carisma. Mi dispiace, ma è così. La questione non era di poco conto, ma come tutte le questioni di principio era fondamentale nella prosecuzione del rapporto.
Il suo integralismo tattico ha fatto il resto, Come ho detto e ripetuto, non è possibile nella serie A di oggi, sapere fare solo un modulo. Purtroppo in questo calcio sei un limitato e alla fine la paghi cara. Mandorlini ha unito e diviso come nessun altro allenatore ha fatto a Verona. Nel suo nome si sono create due fazioni, quasi che Mandorlini fosse diventato più importante del Verona stesso. Questo non m’è mai piaciuto e lo denunciai.
Stasera non sono felice. Mandorlini mi ha fatto gioire, divertire e in certi momenti esaltare. Pur avendolo anche molto criticato, credo che i suoi meriti superino di gran lunga i suoi demeriti. Non è vero che le sue squadre hanno sempre giocato male, come ha sostenuto qualcuno in questi giorni. Ci sono state partite fantastiche, vittorie meravigliose e strisce eccezionali. Il miglior Mandorlini credo sia stato quello del primo anno di serie B, quando con una squadra di umili gregari ha fatto cose eccezionali, sfiorando la serie A, un’impresa al limite del miracoloso. Poi è stato straordinario anche il suo primo anno in A, con i 54 punti e un calcio pratico ma molto efficace. Quest’anno non lo considero nemmeno. Mandorlini non ne ha azzeccata una, ma non era certamente l’unico colpevole. Come ho scritto ieri con evidente tesi provocatoria, non era certo la gara con il Frosinone quella che doveva far cambiare idea a Setti. La decisione andava presa molto prima, almeno un mese fa. Ora appara tardiva.
Credo che ad Andrea vada comunque tributato un grazie per tutto quello che ha fatto e per le emozioni che ci ha dato. Resterà di sicuro nella storia del Verona.