CREDIAMOCI

Dice Mandorlini: “Non mi sono rincoglionito”. Mi piace rivedere sul pc alcune interviste passate del mister. La prima che mi fece dentro un container a Sandrà: “Se i rumeni son rumeni un motivo ci sarà”. Politicamente poco corretto, ma gli occhi erano rabbiosi. Poi un’altra a Giovanni Vitacchio: “Se questa è Verona, vaffanculo la Champions League”. Efficace. Poi prima di Salerno la verità: “Non può essere promossa una squadra già fallita”. Per quelle parole Mandorlini venne picchiato negli spogliatoi campani, ma il Verona tornò in B.

A Cittadella uno spettatore lo insultò e lui fece le corna. Sempre con quegli occhi. Setti lo voleva licenziare, Mandorlini tenne duro. Mandorlini lottava con i suoi pirati. C’era Nick Ferrari che si sarebbe buttato nel fuoco. C’era Abbate che giocava a destra e Scaglia a sinistra. Berrettoni davanti. Si vinceva e tanto. La paura l’avevano gli altri.

Questo era Mandorlini e il Verona. Da allora ne abbiamo viste di tutti i colori, spesso sul rosa, ora è tutto nero. Mandorlini rimugina sugli infortuni, il Verona perde o al massimo pareggia. Il passato è importante, ma il presente lo è di più. E il Verona ora è ultimo. Ma il passato insegna e a questo serve. Mandorlini non aveva Toni nello spogliatoio quando arrivò qui. Era lui il Comandante Supremo. Con i suoi occhi da tigre e le sue dichiarazioni fuori le righe che in tanti gli rinfacciavano ma che a noi piacevano un sacco. Il Verona ha sempre lottato, questo sembra che parta battuto già al sabato.

A Frosinone deve andare come a Salerno, anzi meglio. Dobbiamo vincere perché già un pareggio sarebbe una condanna. Mandorlini deve tornare ad essere il nostro Comandante Supremo, per questo credo sia rimasto alla guida dell’Hellas anche in questo momento. Andare in B è un’opzione. Ma almeno andiamo a combattere e rendiamo la vita dura a tutti. Vincere era nel vocabolario di Mandorlini. Non può essere una parola perduta per sempre. Crediamoci.

SETTI NON E’ SETTORELLO, MA SOLO PRESUNTUOSO

E’ evidente alla maggioranza (non a tutti evidentemente, ma ci sta) che il Verona stia viaggiando diritto verso la serie B. Un fallimento sportivo che ha evidentemente come principale responsabile il presidente Setti. La speranza è di evitarlo, ma comunque andrà questa stagione, Setti ha compiuto una serie di errori che rischiano di minare fortemente la società scaligera.

In molti mi chiedono se Setti sia il nuovo Pastorello. Parto dall’esprimere subito la mia opinione. No, Setti non è Pastorello. Sono diverse le circostanze e le premesse. Pastorello non era un imprenditore era un uomo di calcio che grazie all’amicizia, forse appoggio, di Tanzi (c’è un’indagine in corso) acquisì il Verona e poi lo gestì. Il problema principale di Pastorello era il conflitto d’interessi con la società dei figli (ma evidentemente riconducibile allo stesso Pastorello) che faceva affari con il Verona e che creava problemi di varia natura, anche nello spogliatoio. Questo rapporto incestuoso, unito al crollo della Parmalat, portò il Verona ad un passo dal fallimento.

Setti non è un uomo di calcio. E’ proprietario di una piccola azienda nel modenese e per vari motivi (visibilità, passione, eccetera) è interessato al mondo del calcio. Dopo essere stato nel Bologna, è arrivato a Verona. Il suo merito maggiore è avere compreso l’importanza dell’Hellas Verona nel panorama calcistico italiano. Per una manciata di milioni ha rilevato la società da Martinelli, intuendone le potenzialità sia a livello di immagine sia a livello di pubblico. Non è poco se pensiamo che per Verona e per molti veronesi, l’Hellas è stato un impiccio se non un problema da togliere di mezzo attraverso un’improbabile fusione con il Chievo.

Il secondo merito di Setti è aver capito che il Verona aveva bisogno di una struttura societaria. Ha quindi affidato a dei professionisti questa struttura, dividendone ruoli e competenze. Non è casuale che nei primi tre anni della sua gestione, questo abbia portato a importanti risultati.

Improvvisamente però, e forse per presunzione, Setti ha deciso di cambiare questa rotta vincente. Ha chiaramente appoggiato una parte di quella struttura societaria (individuabile nel direttore generale Gardini) pensando di poter fare a meno dell’altra (Sogliano) che era quella che richiedeva maggiore autonomia. Forse il presidente ha pensato di poter andare avanti con le proprie gambe, forse ha ritenuto il lavoro di Sogliano meno importante di quello che era, di certo ha sbagliato, visto lo stato penoso in cui versa la squadra.

L’ultimo errore, sempre di presunzione, riguarda l’analisi di questa terribile debacle. Setti invece di ammettere (anche in cuor suo, non serve farlo in pubblico) di aver commesso degli errori, accetta l’alibi (che è dei perdenti) che tutta questa situazione sia figlia della sfortuna e degli infortuni. E’ appunto un alibi che serve ai vari protagonisti a non prendersi le responsabilità del caso. Setti dovrebbe capirlo, invece offre lui stesso il fianco andando a dire le stesse medesime cose che altri in società gli vanno ripetendo.

Non solo: con un’azione ai limiti dell’ortodossia calcistica, Setti ha parlato anche male di Sogliano e del suo lavoro. Ciò è stato veramente sbagliato e ingeneroso per un evidente motivo: quel Verona è stato il migliore dall’era Bagnoli e questo, nel calcio è l’unico dato non opinabile. Il presidente poteva francamente risparmiarsi questa inelegante dialettica e rispettare il lavoro di Sogliano che fino ad oggi, invece si è comportato come un Lord inglese, non sparando mai sul Verona, cioè la Croce Rossa, per rispetto sia di Setti, ma soprattutto dell'”istituzione Hellas” a cui si sente molto legato. Sogliano si è comportato davvero come un grande dirigente, anche se si starà morsicando la lingua in questo momento. Setti no. Setti è apparso provinciale e confuso.

Un giorno Setti ci spiegherà perché abbia deciso di cambiare il suo management, senza neanche avere tentato di mantenere quell’assetto. Le argomentazioni usate fino ad oggi ed espresse in evidente stato di sovraeccitazione (forse dovuta al fatto che nemmeno Setti ne è proprio convinto…), francamente non reggono. Appaiono solo vuoti pretesti, proprio perchè si scontrano con i risultati degli ultimi tre anni.

Invece di farsi tirare la giacchetta Setti doveva rimettere tutti al loro posto. Gardini, che doveva continuare a fare quello che sa fare meglio (il direttore generale) e Sogliano che doveva continuare a fare il direttore sportivo (magari con un budget rivisto e corretto, ma questo non era il problema, ve lo assicuro io).

Lo deve ai tifosi del Verona che non sono “tifosi normali” (cit). Ecco, questo è un altro punto che il presidente deve capire prima di ogni altra cosa. Il Verona esiste e continuerà esistere proprio per questi tifosi. Avere la spocchia di insegnare loro cosa devono fare è un altro errore che può fare molto male a questa società.

ALL IN

Alla stregua di un giocatore di poker, il Verona punta tutto sulla prossima gara contro il Frosinone.

A furia di rimandare di partita in partita l’appuntamento con la vittoria, a forza di posporre l’obiettivo alla prossima, si è dunque giunti alla gara che “vale un’intera stagione”.

Non lo diciamo noi, ma lo ha detto un Andrea Mandorlini che ha dipinto la gara in ciociaria come quella da “dentro o fuori”.

Nemmeno ai tempi del play-off di Salerno, Mandorlini aveva parlato in termini tanto definitivi.

Ma questo succede quando di domenica in domenica purtroppo si cercano alibi e scuse. Succede quando si continua a dire che il campionato è lungo e che questa non è la partita da vincere.

Succede quando si scambia chi avanza una critica per il nemico (o per un gufo) mentre chi applaude con faccia beota sempre e comunque, un solido amico.

Arriva il momento in cui la partita ti chiede di vedere se hai in mano qualcosa di importante o solo un bluff.

Per il bene del Verona speriamo di sbancare a Frosinone e poi di credere nel miracolo. Già, perché vincere contro Stellone non avrebbe nessun significato se non quello di tenere accesa la fiammella della speranza. Perdere invece vorrebbe dire salutare a dicembre la serie A. Così farebbe ancora più male.

PERCHE’

Perchè peggio di così…

Perchè torna Luca Toni

Perchè siamo ultimi. Ma a 360°

Perchè non può mica sempre andare male

Perchè risorgere con il Napoli è diverso

Perchè Mandorlini non ne sbaglia due di fila

Perchè è colpa degli infortuni. Anche se non diamo la colpa agli infortuni

Perchè andiamo a Treviso a curarci anche se stiamo sempre peggio

Perchè non è vero che andiamo a Treviso ma andiamo in cinque centri diversi

Perchè non abbiamo in mano i referti medici

Perchè Viviani non ha la pubalgia ma un’infiammazione addominale

Perchè è stato il miglior mercato di sempre

Perchè se torna Toni potremo chiedere al mister se gioca anche Pazzini

Perchè è tutta colpa di Sogliano

Perchè manca Matuzalem

Perchè Sala è sul mercato

Perchè Sala non è sul mercato

Perchè basta girare a 15

Perchè non sono queste le gare da vincere

Perchè queste sono le gare da vincere

Perchè se non vinci questa sei spacciato

Perchè il campionato è lungo

Perchè tanto siamo già in serie B

Perchè i miracoli sono possibili

Ecco perchè bisogna battere il Napoli.

AIUTARE MANDORLINI? PRENDETEGLI ITURBE E TACHTSIDIS

Ritenere questa squadra clamorosamente “adeguata” per la salvezza è un errore. Capisco Bigon, ma se lui e la società non riescono a fare un serio bagno di umiltà e analizzare seriamente i loro errori, non si arriverà alla salvezza.

Gli infortuni ci sono stati, anche più della norma, ma una squadra “clamorosamente” adeguata doveva riuscire a sopportarli. Questa invece non lo ha fatto perchè è una squadra costruita male, con troppe scommesse ed equivoci. Toni e Pazzini che Mandorlini non farà giocare assieme sono un equivoco. La scommessa Viviani (al di là della misteriosa pubalgia) a cui è stata consegnata in mano la squadra è un azzardo. I giovani della rosa a cui Mandorlini mai farà ricorso sono un errore strategico. Non è che si cercano i responsabili ma si cerca di capire, caro Bigon.

Mandorlini, felice di aver firmato un biennale, ha appoggiato queste scelte e da qui dipendono anche le sue responsabilità. Non si è rincoglionito, ma si è stato mandato allegramente lui stesso allo sbaraglio. Ora però le chiacchiere stanno a zero. Dovrebbe stare a zero anche la presunzione.

Bisogna pensare a salvare questo Verona che a Carpi e nella gara con il Bologna sembrava un vascello impotente. Come fare? Intanto facendo più punti possibili da qui alla pausa natalizia. E poi andando pesantemente sul mercato a gennaio. Bigon si deve muovere adesso, subito, perchè certe trattative, quelle che veramente servono al Verona e a Mandorlini si devono imbastire in questo momento.

Due nomi su tutti. A Mandorlini serve un giocatore come Iturbe, che la Roma potrebbe mettere sul mercato. E allora si chiami Sabatini, si prepari il terreno, si parli con Itu che a Verona tornerebbe di corsa per sei mesi.

Altra pedina che serve come il pane è Tachtsidis. Non è il massimo a mio avviso ma a Mandorlini piace, è un suo uomo, a Genova gioca poco. Anche qui se si gioca d’anticipo si può fare. Commettere ancora l’errore di non prendere sostituti a Viviani è già costato troppo.

E poi lo staff di Bigon si faccia venire finalmente un’idea per la difesa. Serve gente veloce, qualcuno da affiancare ai nostri centrali. Il resto lo farà il recupero degli infortunati. E anche un miracolo, che non dovrà però, lo diciamo fin da subito, essere fatto passare per un’impresa.

MENO CENE PIU’ ALLENAMENTI

Mandorlini ha incassato la fiducia della squadra e resta al timone del Verona. Si sono schierati a favore della sua riconferma Giovanni Gardini e Luca Toni.

E’ un passaggio fondamentale della stagione gialloblù. Il mister sa e lo ha detto con molta onestà proprio sabato sera, di non avere alibi. Raramente si è visto a Verona un tecnico così supportato dalla società e anche dalla squadra. Il refrain preferito di questi mesi è che il gruppo è unito, compatto, solido. Bastassero le parole, l’Hellas sarebbe come minimo in Champions League. Peccato che davanti a tanti buoni propositi, in campo si veda una squadra sbrindellata, senza capo nè coda, incapace di esprimere un gioco compiuto, senza identità e quel che è peggio colpevole di una serie di errori in fotocopia da far drizzare i capelli. C’è qualcosa che non torna in maniera evidente.

La scorsa settimana si è appreso di una cena che doveva rinsaldare l’ambiente e caricarlo in vista della sfida decisiva con il Bologna. Visti i risultati qualcosa deve essere stato indigesto. Ma forse il problema del Verona non è l’andare a cena tutti assieme (bello, bellissimo, inutile però), ma allenarsi. Di più e meglio. E qui deve essere tirato in ballo Mandorlini, ovviamente, ma anche la stessa squadra. Spesso abbiamo parlato dell’agio in cui si lavora a Peschiera, dove il furore agonistico lascia spesso spazio alla soave tranquillità di un tran tran quotidiano che evidentemente non è sufficiente per abbandonare il triste ultimo posto in classifica.

Bene, ora non si scherza più. Se si vuole uscire da questa situazione, visto che non si è scelta la via del cambio d’allenatore, la scossa deve essere il lavoro. C’è una sosta salutare, mi auguro di vedere il Verona sostenere in queste due settimane molte doppie sedute (magari a porte aperte…), spero di vederlo lavorare di domenica mattina e anche al pomeriggio. Meno cene, più allenamenti e più responsabilità anche da parte della squadra che fino ad oggi ha vissuto in un ovattato ambiente. Forse troppo.

SOS SALVATE IL VERONA

Tutto può succedere dopo la sconfitta con il Bologna. Ogni scenario è possibile, perchè in questo momento il Verona è un malato che appare moribondo e con un piede in serie B.

Può ovviamente saltare Mandorlini, perchè in questo momento, a mercato chiuso,  è l’unica strada che la società può percorrere per rivitalizzare la squadra. Guidolin, Di Carlo, Corini e Ballardini sono alla finestra.

Altrettanto ovviamente è possibile che Setti decida di dare ancora a fiducia a Mandorlini, come ha già dichiarato dopo la Fiorentina. Ma quella gara veniva prima dei due scontri diretti, con il derelitto Carpi e con il Bologna in cui il Verona ha incassato uno stiracchiato punticino solo grazie alle parate di Rafael. Non credo che Setti pensasse a questo epilogo. Ma il presidente ha parlato di superconferma, ribadendo ai microfoni di essere uno che dà seguito a quello che dice, cioè appunto confermare Mandorlini.

Esiste anche una terza via che qualcuno aleggiava stasera dopo il match. E cioè che in cuor suo Setti (a cena sabato sera a Sommacampagna nè con Gardini nè con Bigon) possa pensare di tenere Mandorlini e di ricomporre la coppia con Sean Sogliano, il direttore sportivo a cui è stato più legato e con cui ha ottenuto risultati eccezionali.

Un’idea che appare al momento fantamercato e che darebbe il via ad un ribaltone interno di enormi proporzioni, ma nel calcio mai dire mai. Due anni fa era, per esempio, impensabile ipotizzare un divorzio tra Setti e Sogliano e abbiamo visto com’è andata. Francamente mi sembra una via poco percorribile, ma, ripeto, nel calcio mai dire mai e se certi voci serpeggiano è perchè da qualche parte se ne parla.

Di certo, l’unica cosa che Setti non può permettersi è l’immobilismo. Perchè stando fermi e andando avanti così la baracca sta affondando. Faccia qualcosa e la faccia in fretta.

NOTHING TO SAY

Sul pareggio con il Carpi…

Nothing to say

Su Rafael migliore in campo

Nothing to say

Sulla fase offensiva

Nothing to say

Sul Bologna, sfida della vita

Nothing to say

 

TUTTO NELLE MANI DI MANDORLINI

Coerentemente con quanto deciso in estate, dopo aver fatto il biennale a Mandorlini, Setti ha rafforzato la posizione del suo allenatore “super” confermato alla guida del Verona.

Il Presidente ha reso carta straccia il toto mister che si era letto alla vigilia della gara con la Fiorentina, affermando che non cambierà nè ora nè tantomeno dopo la gara con il Carpi.

Mandorlini non è ritenuto responsabile dell’ultimo posto in classifica. Setti lo fa dall’alto della sua posizione privilegiata di osservatore, ma così facendo segna un momento importante di questa stagione.

Il presidente, alla pari di Gardini, di Bigon e talvolta di Mandorlini imputa questa fallimentare posizione in classifica, molto lontana dalla “clamorosa” squadra da salvezza annnunciata ad inizio campionato, agli infortuni e alla sfortuna. Non dice però in che modo il Verona si possa tirare fuori da questa posizione.

Nè spiega quando finalmente il Verona avrà uno straccio di formazione competitiva. Di sicuro non con il Carpi, quando forse recupereranno Hallfredsson e Pazzini, che però non saranno al cento per cento e che, per forza, saranno nuovamente a rischio infortunio. Nè forse contro il Bologna.

L’impressione è che Setti speri di arrivare alla pausa di gennaio, racimolando qualche punticino qui e là per poi spararsi le chance di salvezza tutte nella seconda parte di stagione, quando l’Hellas dovrà viaggiare a media da Europa League per centrare la salvezza, stimabile attorno ai 34/35 punti realisticamente.

Il rischio di sbagliare il calcolo è altissimo, così come il senso di rassegnazione che in questo momento pervade l’ambiente Hellas, a cui il Presidente ha diagnosticato quello che secondo lui è il male, ma non ha fornito la cura. Ora più che mai insomma, tutto è nelle mani di Mandorlini, condottiero e scudo formidabile. Sia chiaro, comunque, che se ci si vuole salvare, a gennaio non basterà recuperare gli infortunati: bisognerà agire pesantemente sul mercato per un restyling molto profondo di questa rosa.

DROGO IN ATTESA DELLA MORTE

Da nove partite ascoltiamo una scusa per ogni volta che il Verona non è riuscito a vincere, quindi una per ogni partita.

Se ci fosse John Belushi mancherebbero solo le cavallette. Da nove partite speriamo che succeda qualcosa e invece non succede niente.

Da nove partite il Verona non vince e ora è sprofondato in fondo alla classifica. Da nove partite il gioco peggiora di gara in gara, fino al disastro odierno. Da nove partite c’è chi invoca alla calma perchè qualcosa succederà e invece non succede niente.

Da nove partite ci dicono di restare tutti uniti, ma poi prendiamo gol da polli che pare quasi che qualcuno non ce la metta davvero.

Prima di queste nove partite ci avevano detto che Pazzini era un grande acquisto, che Viviani era il futuro, che la squadra si sarebbe “clamorosamente salvata” tanto era forte.

Invece Pazzini era un comprimario di Toni, Viviani è arrivato con una valigia piena di problemi fisici e la squadra che doveva clamorosamente salvarsi è una squadra senza capo nè coda, inghiottita dentro le proprie paure, incapace di reagire.

Direi che dopo la partita di oggi, le scuse sono finite per tutti.

Dare ancora colpe alla sfiga, agli infortunati, all’amalgama che ancora non c’è (e allora compriamolo!!!) sembra un doloroso tentativo di passare la nottata senza che qualcosa veramente succeda.

Il Verona oggi sembra il sottotenente Drogo, in attesa di qualcosa che mai accadrà. Drogo è morto e quella che aspettava veramente era la Morte. E’ la nostra stessa sorte? Siamo già morti, e rassegnati? Oppure ce la giochiamo, con dignità, con rabbia, con forza? E per dio, smettiamola con le scuse e con gli alibi.