COLTIVARE LA SPERANZA MENTRE TUTTO VA MALE

Come fare a coltivare la speranza a sei punti, in fondo alla classifica con il Carpi, penultimo che adesso, terminata la gara con il Milan, è addirittura staccato di quattro lunghezze? E’ un esercizio che solo i più ottimisti, i più fedeli, o forse solo i più folli, possono fare. E allora proviamoci. Il Verona rivitalizzato dall’incredibile cura Delneri, è apparso tutto d’un tratto una squadra, dopo quattordici partite in cui era apparsa un assembramento variegato e con poca qualità.

Quali interrutori abbia toccato Delneri non si sa, ma si sa che il suo calcio ha prodotto la migliore gara della stagione. Ma zero punti. Questa è la verità tragica che dobbiamo accogliere e che purtroppo non sposta di una virgola la nostra classifica. Delneri non si è appellato alla sfiga che è una prerogativa dei deboli e sinceramente sarebbe stato l’unico a poterlo fare visto quanto prodotto (e sprecato) dal Verona. Ha invece cercato di dare fiato a tutto quanto di buono ha visto e che è oggettivo per tutti (o quasi…). Se solo il Verona avesse cambiato prima, forse il disastro sarebbe meno evidente e meno doloroso…

Ma, solitamente, dietro al gioco, alla lunga arrivano anche i risultati. Il calcio, materia bastarda quanto semplice, offre qualche volta una seconda chance, speriamo l’abbia anche Delneri, che non ha raccolto niente al debutto, sciupando quell’effetto talvolta benefico del cambio di panchina. Sarebbe sciocco e deleterio se ora la squadra smettesse di seguirlo, perché il tentativo in realtà merita un lavoro più profondo, visto quanto fatto in una manciata di allenamenti. Stasera il Verona è virtualmente retrocesso e negarlo sarebbe illudere la gente.

Ma poiché ci sono ancora molte gare da giocare e la squadra che ha perso con l’Empoli ha giocato bene, provarci non costa niente. Senza contare l’onore e la dignità di una tifoseria calpestata dagli errori dirigenziali. Ci sarà tempo per parlarne. A Milano non abbiamo mai vinto, il Carpi ha fermato il Milan e “miracolo a San Siro” è anche un bel titolo per un film natalizio. Di quelli che ti scaldano il cuore e coltivano la speranza.

PIANO RAGAZZI, UN WINCK NON FA PRIMAVERA…

Capisco che la notizia sia ghiotta: a segnare, al debutto sulla panchina del nuovo allenatore, è il giocatore che l’altro tecnico non ha mai nemmeno preso in considerazione.

C’è da scriverci un libro. Ma purtroppo la rete di Winck non è una rondine. E non fa primavera. Il Manifesto Programmatico di Gigi Delneri è evidentemente completamente opposto a quello di Mandorlini. Lo si è capito bene. Ma il Verona che ha giocato con il Pavia è stata l’identica cosa. Non per colpa di Delneri, sia chiaro. Ritmo basso, poche idee, molta confusione.

S’è visto veramente poco di quello che Delneri vorrebbe dalla sua squadra. Forse solo qualche timido tentativo della difesa di alzarsi velocemente. Il resto è stata noia. E mortale anche.

Dico ciò non per spegnere gli entusiasmi. Ma solo per far capire che servirà tempo (che purtroppo non c’è) alla squadra per digerire il Delneri pensiero. Servirà un impegno supplettivo da parte di tutti, tanti allenamenti (noto con piacere che la squadra si è allenata ieri, giorno della partita e si allenerà anche oggi), un po’ di pazienza.

L’impresa che Delneri ha davanti è titanica. Deve cambiare pagina, fare risultato, ma deve farlo, stretto tra un impegno e l’altro. Nemmeno da sottolineare la follia societaria in questo senso.

Intanto apprezziamo i giovani lanciati in squadra che possono dare delle scelte in più e il gol di Winck che Mandorlini non considerava pronto. Per ora altro non c’è.

L’IMPRESA CHE ATTENDE DEL NERI

Gigi Del Neri ha detto un sacco di cose di buon senso. Ha parlato di Toni e Pazzini che possono coesistere assieme, ha parlato di una difesa che deve restare fuori dall’area, ha detto che contro le grandi tanto vale giocarsela, perché a stare tutti indietro si perde lo stesso, ha parlato dell’intensità degli allenamenti e del recupero degli infortunati.

Come manifesto del suo pensiero è stato perfetto. Il problema è che Del Neri arriva in una situazione compromessa in cui non c’è spazio per la progettualità nè tempo per applicarla. La tardiva risposta della società ha prodotto questa situazione e solo un miracolo ora può permettere al Verona di salvarsi. Del Neri ha giustamente parlato di un cammino che deve essere di oltre un punto a partita, cioè un andamento da Europa League o giù di lì.

Lo scherzetto del biennale a Mandorlini e il nuovo contratto a Del Neri, costerà a Setti un paio di milioncini, per non parlare di quanto costerebbe una serie B, tra svalutazione del parco giocatori, crollo degli introiti dei diritti televisivi, necessità di allestire comunque una formazione molto competitiva. Setti, non c’è dubbio, si starà morsicando la lingua ripensando alle dichiarazioni fatte su Sogliano e ai soldi spesi in passato. Rispetto alla montagna di denaro che dovrà metterci, quelle erano pinzellacchere. Ma vabbè. Toccherà a lui a fine stagione, valutare con la stessa ferocia con cui ha trattato l’ex ds, l’attuale dirigenza.

Ora bisogna pensare al Verona. Del Neri è un tecnico che ha fatto cose eccezionali, proponendo un calcio innovativo e spregiudicato. I concetti che ha espresso in conferenza stampa sono sempre quelli e sono in completa antitesi con quello che è stato il calcio di Mandorlini. Ma appunto sono concetti. E al Verona invece servono i punti. Se i pensieri si traducono in rimonta, allora l’Hellas si salverà.

COMUNQUE GRAZIE ANDREA

Il ciclo di Andrea Mandorlini a Verona si è chiuso nel peggiore modo possibile. Brutto per lui, pessimo per il Verona. Dopo tanti record positivi, il mister ha lasciato con una striscia negativa e una vittoria che non è arrivata neppure alla giornata numero 14. Mandorlini è stato vittima delle pessime scelte di mercato da lui avvallate, dell’equivoco Pazzini, dell’idea che senza quel “rompicoglioni” di Sogliano, questo fosse il Verona più “mandorliniano” di sempre. Senza la rete e il supporto di un ds che faceva la parte del cattivo nello spogliatoio, Mandorlini si è sciolto come neve al sole.

Il ciclo si era già chiuso nella scorso campionato a mio avviso. Mandorlini aveva raschiato il fondo del barile delle proprie motivazioni, facendo andare a scartamento ridotto una squadra che poteva arrivare a ben altri traguardi come ha poi dimostrato tardivamente. I suoi pregi sono stati anche i suoi peggiori difetti. Mandorlini ha sempre voluto uno spogliatoio fortemente “gerarchico” dove a comandare sono i “vecchi” o comunque quelli che hanno superato il lungo periodo di “apprendistato” che lui impone con metodi da sergente Hartman. Questo ha provocato una serie di figli e figliastri che nel momento di crisi gli ha impedito di attingere, senza risentirne, all’intera rosa. Colpevole la società che non ha avuto forza, coraggio, personalità di interrompere il rapporto già alla fine dello scorso campionato. Scelta figlia anche dell’opportunismo.

Colpevole anche il mister che non ha capito che era meglio lasciare da vincenti. L’ultimo errore, secondo me un virus letale, Mandorlini lo ha commesso permettendo che venisse licenziato un suo uomo, Roberto Bordin. Una scelta che avrebbe meritato una sua battaglia di principio, fino a rinunciare alla proposta del contratto biennale della società. Accettando quella scelta, Mandorlini ne è uscito indebolito, fiaccato, senza carisma. Mi dispiace, ma è così. La questione non era di poco conto, ma come tutte le questioni di principio era fondamentale nella prosecuzione del rapporto.

Il suo integralismo tattico ha fatto il resto, Come ho detto e ripetuto, non è possibile nella serie A di oggi, sapere fare solo un modulo. Purtroppo in questo calcio sei un limitato e alla fine la paghi cara. Mandorlini ha unito e diviso come nessun altro allenatore ha fatto a Verona. Nel suo nome si sono create due fazioni, quasi che Mandorlini fosse diventato più importante del Verona stesso. Questo non m’è mai piaciuto e lo denunciai.

Stasera non sono felice. Mandorlini mi ha fatto gioire, divertire e in certi momenti esaltare. Pur avendolo anche molto criticato, credo che i suoi meriti superino di gran lunga i suoi demeriti. Non è vero che le sue squadre hanno sempre giocato male, come ha sostenuto qualcuno in questi giorni. Ci sono state partite fantastiche, vittorie meravigliose e strisce eccezionali. Il miglior Mandorlini credo sia stato quello del primo anno di serie B, quando con una squadra di umili gregari ha fatto cose eccezionali, sfiorando la serie A, un’impresa al limite del miracoloso. Poi è stato straordinario anche il suo primo anno in A, con i 54 punti e un calcio pratico ma molto efficace. Quest’anno non lo considero nemmeno. Mandorlini non ne ha azzeccata una, ma non era certamente l’unico colpevole. Come ho scritto ieri con evidente tesi provocatoria, non era certo la gara con il Frosinone quella che doveva far cambiare idea a Setti. La decisione andava presa molto prima, almeno un mese fa. Ora appara tardiva.

Credo che ad Andrea vada comunque tributato un grazie per tutto quello che ha fatto e per le emozioni che ci ha dato. Resterà di sicuro nella storia del Verona.

SE MANDORLINI NON ERA COLPEVOLE PRIMA NON LO E’ NEANCHE OGGI

Mandorlini è vicino all’esonero. Mai stato così vicino. La sconfitta con il Frosinone rischia di essere l’ultima fermata per il tecnico che  a Verona ha ottenuto due promozioni e che in serie A ha sfiorato l’Europa.

Mi chiedo, se la società prenderà questa decisione, che cosa sia cambiato oggi rispetto a un mese fa. Mandorlini è sempre lui, la squadra è sempre la stessa, gli errori difensivi sempre quelli.

Seguendo il ragionamento fatto da Setti, Mandorlini non va da cambiato nemmeno dopo Frosinone. Anzi, dirò di più: quel sussulto finale che ha fatto tremare la volenterosa squadra di casa, è un punto a favore del mister.

Vuol dire che la squadra non ha girato le spalle a Mandorlini, vuol dire che quello che la società auspica da tempo, può già verificarsi alla prossima partita con l’Empoli.

Perché esonerarlo adesso, dunque? E soprattutto cos’è cambiato rispetto al dopo Udinese, o al dopo Genoa, o al dopo Sampdoria? L’unica cosa che è cambiata è che in effetti oggi Mandorlini ha meno colpe di allora. Se Rafael non avesse commesso quello sciagurato fallo, il Verona questa partita l’avrebbe vinta.

L’impressione è che in via Belgio inizi a serpeggiare l’idea che i buoi siano ormai scappati e che qualcosa bisogna pur fare pur di non considerarsi retrocessi a novembre (NOVEMBRE!!!!!).

In pesantissimo ritardo, dopo aver contornato le dichiarazioni di tutte le scuse possibili, dopo aver bellamente affermato che il pareggio di Carpi era un buon punto, dopo aver fatto finta di non vedere la sconfitta con il Bologna, dopo aver messo la testa sotto la sabbia fino ad oggi.

Ora la società è pronta a rimangiarsi tutto, a dare l’intera responsabilità del fallimento a Mandorlini, che certamente non è scevro da colpe, ma che non è l’unico colpevole. E’ la mossa della disperazione, caduto l’alibi Mandorlini (se cadrà), cadranno anche tutti gli altri.

CREDIAMOCI

Dice Mandorlini: “Non mi sono rincoglionito”. Mi piace rivedere sul pc alcune interviste passate del mister. La prima che mi fece dentro un container a Sandrà: “Se i rumeni son rumeni un motivo ci sarà”. Politicamente poco corretto, ma gli occhi erano rabbiosi. Poi un’altra a Giovanni Vitacchio: “Se questa è Verona, vaffanculo la Champions League”. Efficace. Poi prima di Salerno la verità: “Non può essere promossa una squadra già fallita”. Per quelle parole Mandorlini venne picchiato negli spogliatoi campani, ma il Verona tornò in B.

A Cittadella uno spettatore lo insultò e lui fece le corna. Sempre con quegli occhi. Setti lo voleva licenziare, Mandorlini tenne duro. Mandorlini lottava con i suoi pirati. C’era Nick Ferrari che si sarebbe buttato nel fuoco. C’era Abbate che giocava a destra e Scaglia a sinistra. Berrettoni davanti. Si vinceva e tanto. La paura l’avevano gli altri.

Questo era Mandorlini e il Verona. Da allora ne abbiamo viste di tutti i colori, spesso sul rosa, ora è tutto nero. Mandorlini rimugina sugli infortuni, il Verona perde o al massimo pareggia. Il passato è importante, ma il presente lo è di più. E il Verona ora è ultimo. Ma il passato insegna e a questo serve. Mandorlini non aveva Toni nello spogliatoio quando arrivò qui. Era lui il Comandante Supremo. Con i suoi occhi da tigre e le sue dichiarazioni fuori le righe che in tanti gli rinfacciavano ma che a noi piacevano un sacco. Il Verona ha sempre lottato, questo sembra che parta battuto già al sabato.

A Frosinone deve andare come a Salerno, anzi meglio. Dobbiamo vincere perché già un pareggio sarebbe una condanna. Mandorlini deve tornare ad essere il nostro Comandante Supremo, per questo credo sia rimasto alla guida dell’Hellas anche in questo momento. Andare in B è un’opzione. Ma almeno andiamo a combattere e rendiamo la vita dura a tutti. Vincere era nel vocabolario di Mandorlini. Non può essere una parola perduta per sempre. Crediamoci.

SETTI NON E’ SETTORELLO, MA SOLO PRESUNTUOSO

E’ evidente alla maggioranza (non a tutti evidentemente, ma ci sta) che il Verona stia viaggiando diritto verso la serie B. Un fallimento sportivo che ha evidentemente come principale responsabile il presidente Setti. La speranza è di evitarlo, ma comunque andrà questa stagione, Setti ha compiuto una serie di errori che rischiano di minare fortemente la società scaligera.

In molti mi chiedono se Setti sia il nuovo Pastorello. Parto dall’esprimere subito la mia opinione. No, Setti non è Pastorello. Sono diverse le circostanze e le premesse. Pastorello non era un imprenditore era un uomo di calcio che grazie all’amicizia, forse appoggio, di Tanzi (c’è un’indagine in corso) acquisì il Verona e poi lo gestì. Il problema principale di Pastorello era il conflitto d’interessi con la società dei figli (ma evidentemente riconducibile allo stesso Pastorello) che faceva affari con il Verona e che creava problemi di varia natura, anche nello spogliatoio. Questo rapporto incestuoso, unito al crollo della Parmalat, portò il Verona ad un passo dal fallimento.

Setti non è un uomo di calcio. E’ proprietario di una piccola azienda nel modenese e per vari motivi (visibilità, passione, eccetera) è interessato al mondo del calcio. Dopo essere stato nel Bologna, è arrivato a Verona. Il suo merito maggiore è avere compreso l’importanza dell’Hellas Verona nel panorama calcistico italiano. Per una manciata di milioni ha rilevato la società da Martinelli, intuendone le potenzialità sia a livello di immagine sia a livello di pubblico. Non è poco se pensiamo che per Verona e per molti veronesi, l’Hellas è stato un impiccio se non un problema da togliere di mezzo attraverso un’improbabile fusione con il Chievo.

Il secondo merito di Setti è aver capito che il Verona aveva bisogno di una struttura societaria. Ha quindi affidato a dei professionisti questa struttura, dividendone ruoli e competenze. Non è casuale che nei primi tre anni della sua gestione, questo abbia portato a importanti risultati.

Improvvisamente però, e forse per presunzione, Setti ha deciso di cambiare questa rotta vincente. Ha chiaramente appoggiato una parte di quella struttura societaria (individuabile nel direttore generale Gardini) pensando di poter fare a meno dell’altra (Sogliano) che era quella che richiedeva maggiore autonomia. Forse il presidente ha pensato di poter andare avanti con le proprie gambe, forse ha ritenuto il lavoro di Sogliano meno importante di quello che era, di certo ha sbagliato, visto lo stato penoso in cui versa la squadra.

L’ultimo errore, sempre di presunzione, riguarda l’analisi di questa terribile debacle. Setti invece di ammettere (anche in cuor suo, non serve farlo in pubblico) di aver commesso degli errori, accetta l’alibi (che è dei perdenti) che tutta questa situazione sia figlia della sfortuna e degli infortuni. E’ appunto un alibi che serve ai vari protagonisti a non prendersi le responsabilità del caso. Setti dovrebbe capirlo, invece offre lui stesso il fianco andando a dire le stesse medesime cose che altri in società gli vanno ripetendo.

Non solo: con un’azione ai limiti dell’ortodossia calcistica, Setti ha parlato anche male di Sogliano e del suo lavoro. Ciò è stato veramente sbagliato e ingeneroso per un evidente motivo: quel Verona è stato il migliore dall’era Bagnoli e questo, nel calcio è l’unico dato non opinabile. Il presidente poteva francamente risparmiarsi questa inelegante dialettica e rispettare il lavoro di Sogliano che fino ad oggi, invece si è comportato come un Lord inglese, non sparando mai sul Verona, cioè la Croce Rossa, per rispetto sia di Setti, ma soprattutto dell'”istituzione Hellas” a cui si sente molto legato. Sogliano si è comportato davvero come un grande dirigente, anche se si starà morsicando la lingua in questo momento. Setti no. Setti è apparso provinciale e confuso.

Un giorno Setti ci spiegherà perché abbia deciso di cambiare il suo management, senza neanche avere tentato di mantenere quell’assetto. Le argomentazioni usate fino ad oggi ed espresse in evidente stato di sovraeccitazione (forse dovuta al fatto che nemmeno Setti ne è proprio convinto…), francamente non reggono. Appaiono solo vuoti pretesti, proprio perchè si scontrano con i risultati degli ultimi tre anni.

Invece di farsi tirare la giacchetta Setti doveva rimettere tutti al loro posto. Gardini, che doveva continuare a fare quello che sa fare meglio (il direttore generale) e Sogliano che doveva continuare a fare il direttore sportivo (magari con un budget rivisto e corretto, ma questo non era il problema, ve lo assicuro io).

Lo deve ai tifosi del Verona che non sono “tifosi normali” (cit). Ecco, questo è un altro punto che il presidente deve capire prima di ogni altra cosa. Il Verona esiste e continuerà esistere proprio per questi tifosi. Avere la spocchia di insegnare loro cosa devono fare è un altro errore che può fare molto male a questa società.

ALL IN

Alla stregua di un giocatore di poker, il Verona punta tutto sulla prossima gara contro il Frosinone.

A furia di rimandare di partita in partita l’appuntamento con la vittoria, a forza di posporre l’obiettivo alla prossima, si è dunque giunti alla gara che “vale un’intera stagione”.

Non lo diciamo noi, ma lo ha detto un Andrea Mandorlini che ha dipinto la gara in ciociaria come quella da “dentro o fuori”.

Nemmeno ai tempi del play-off di Salerno, Mandorlini aveva parlato in termini tanto definitivi.

Ma questo succede quando di domenica in domenica purtroppo si cercano alibi e scuse. Succede quando si continua a dire che il campionato è lungo e che questa non è la partita da vincere.

Succede quando si scambia chi avanza una critica per il nemico (o per un gufo) mentre chi applaude con faccia beota sempre e comunque, un solido amico.

Arriva il momento in cui la partita ti chiede di vedere se hai in mano qualcosa di importante o solo un bluff.

Per il bene del Verona speriamo di sbancare a Frosinone e poi di credere nel miracolo. Già, perché vincere contro Stellone non avrebbe nessun significato se non quello di tenere accesa la fiammella della speranza. Perdere invece vorrebbe dire salutare a dicembre la serie A. Così farebbe ancora più male.

PERCHE’

Perchè peggio di così…

Perchè torna Luca Toni

Perchè siamo ultimi. Ma a 360°

Perchè non può mica sempre andare male

Perchè risorgere con il Napoli è diverso

Perchè Mandorlini non ne sbaglia due di fila

Perchè è colpa degli infortuni. Anche se non diamo la colpa agli infortuni

Perchè andiamo a Treviso a curarci anche se stiamo sempre peggio

Perchè non è vero che andiamo a Treviso ma andiamo in cinque centri diversi

Perchè non abbiamo in mano i referti medici

Perchè Viviani non ha la pubalgia ma un’infiammazione addominale

Perchè è stato il miglior mercato di sempre

Perchè se torna Toni potremo chiedere al mister se gioca anche Pazzini

Perchè è tutta colpa di Sogliano

Perchè manca Matuzalem

Perchè Sala è sul mercato

Perchè Sala non è sul mercato

Perchè basta girare a 15

Perchè non sono queste le gare da vincere

Perchè queste sono le gare da vincere

Perchè se non vinci questa sei spacciato

Perchè il campionato è lungo

Perchè tanto siamo già in serie B

Perchè i miracoli sono possibili

Ecco perchè bisogna battere il Napoli.

AIUTARE MANDORLINI? PRENDETEGLI ITURBE E TACHTSIDIS

Ritenere questa squadra clamorosamente “adeguata” per la salvezza è un errore. Capisco Bigon, ma se lui e la società non riescono a fare un serio bagno di umiltà e analizzare seriamente i loro errori, non si arriverà alla salvezza.

Gli infortuni ci sono stati, anche più della norma, ma una squadra “clamorosamente” adeguata doveva riuscire a sopportarli. Questa invece non lo ha fatto perchè è una squadra costruita male, con troppe scommesse ed equivoci. Toni e Pazzini che Mandorlini non farà giocare assieme sono un equivoco. La scommessa Viviani (al di là della misteriosa pubalgia) a cui è stata consegnata in mano la squadra è un azzardo. I giovani della rosa a cui Mandorlini mai farà ricorso sono un errore strategico. Non è che si cercano i responsabili ma si cerca di capire, caro Bigon.

Mandorlini, felice di aver firmato un biennale, ha appoggiato queste scelte e da qui dipendono anche le sue responsabilità. Non si è rincoglionito, ma si è stato mandato allegramente lui stesso allo sbaraglio. Ora però le chiacchiere stanno a zero. Dovrebbe stare a zero anche la presunzione.

Bisogna pensare a salvare questo Verona che a Carpi e nella gara con il Bologna sembrava un vascello impotente. Come fare? Intanto facendo più punti possibili da qui alla pausa natalizia. E poi andando pesantemente sul mercato a gennaio. Bigon si deve muovere adesso, subito, perchè certe trattative, quelle che veramente servono al Verona e a Mandorlini si devono imbastire in questo momento.

Due nomi su tutti. A Mandorlini serve un giocatore come Iturbe, che la Roma potrebbe mettere sul mercato. E allora si chiami Sabatini, si prepari il terreno, si parli con Itu che a Verona tornerebbe di corsa per sei mesi.

Altra pedina che serve come il pane è Tachtsidis. Non è il massimo a mio avviso ma a Mandorlini piace, è un suo uomo, a Genova gioca poco. Anche qui se si gioca d’anticipo si può fare. Commettere ancora l’errore di non prendere sostituti a Viviani è già costato troppo.

E poi lo staff di Bigon si faccia venire finalmente un’idea per la difesa. Serve gente veloce, qualcuno da affiancare ai nostri centrali. Il resto lo farà il recupero degli infortunati. E anche un miracolo, che non dovrà però, lo diciamo fin da subito, essere fatto passare per un’impresa.