TUTTO NELLE MANI DI MANDORLINI

Coerentemente con quanto deciso in estate, dopo aver fatto il biennale a Mandorlini, Setti ha rafforzato la posizione del suo allenatore “super” confermato alla guida del Verona.

Il Presidente ha reso carta straccia il toto mister che si era letto alla vigilia della gara con la Fiorentina, affermando che non cambierà nè ora nè tantomeno dopo la gara con il Carpi.

Mandorlini non è ritenuto responsabile dell’ultimo posto in classifica. Setti lo fa dall’alto della sua posizione privilegiata di osservatore, ma così facendo segna un momento importante di questa stagione.

Il presidente, alla pari di Gardini, di Bigon e talvolta di Mandorlini imputa questa fallimentare posizione in classifica, molto lontana dalla “clamorosa” squadra da salvezza annnunciata ad inizio campionato, agli infortuni e alla sfortuna. Non dice però in che modo il Verona si possa tirare fuori da questa posizione.

Nè spiega quando finalmente il Verona avrà uno straccio di formazione competitiva. Di sicuro non con il Carpi, quando forse recupereranno Hallfredsson e Pazzini, che però non saranno al cento per cento e che, per forza, saranno nuovamente a rischio infortunio. Nè forse contro il Bologna.

L’impressione è che Setti speri di arrivare alla pausa di gennaio, racimolando qualche punticino qui e là per poi spararsi le chance di salvezza tutte nella seconda parte di stagione, quando l’Hellas dovrà viaggiare a media da Europa League per centrare la salvezza, stimabile attorno ai 34/35 punti realisticamente.

Il rischio di sbagliare il calcolo è altissimo, così come il senso di rassegnazione che in questo momento pervade l’ambiente Hellas, a cui il Presidente ha diagnosticato quello che secondo lui è il male, ma non ha fornito la cura. Ora più che mai insomma, tutto è nelle mani di Mandorlini, condottiero e scudo formidabile. Sia chiaro, comunque, che se ci si vuole salvare, a gennaio non basterà recuperare gli infortunati: bisognerà agire pesantemente sul mercato per un restyling molto profondo di questa rosa.

DROGO IN ATTESA DELLA MORTE

Da nove partite ascoltiamo una scusa per ogni volta che il Verona non è riuscito a vincere, quindi una per ogni partita.

Se ci fosse John Belushi mancherebbero solo le cavallette. Da nove partite speriamo che succeda qualcosa e invece non succede niente.

Da nove partite il Verona non vince e ora è sprofondato in fondo alla classifica. Da nove partite il gioco peggiora di gara in gara, fino al disastro odierno. Da nove partite c’è chi invoca alla calma perchè qualcosa succederà e invece non succede niente.

Da nove partite ci dicono di restare tutti uniti, ma poi prendiamo gol da polli che pare quasi che qualcuno non ce la metta davvero.

Prima di queste nove partite ci avevano detto che Pazzini era un grande acquisto, che Viviani era il futuro, che la squadra si sarebbe “clamorosamente salvata” tanto era forte.

Invece Pazzini era un comprimario di Toni, Viviani è arrivato con una valigia piena di problemi fisici e la squadra che doveva clamorosamente salvarsi è una squadra senza capo nè coda, inghiottita dentro le proprie paure, incapace di reagire.

Direi che dopo la partita di oggi, le scuse sono finite per tutti.

Dare ancora colpe alla sfiga, agli infortunati, all’amalgama che ancora non c’è (e allora compriamolo!!!) sembra un doloroso tentativo di passare la nottata senza che qualcosa veramente succeda.

Il Verona oggi sembra il sottotenente Drogo, in attesa di qualcosa che mai accadrà. Drogo è morto e quella che aspettava veramente era la Morte. E’ la nostra stessa sorte? Siamo già morti, e rassegnati? Oppure ce la giochiamo, con dignità, con rabbia, con forza? E per dio, smettiamola con le scuse e con gli alibi.

ANALISI DI UNA CRISI

Il Verona non sa più vincere. E’ un dato di fatto che pesa sulla classifica e che crea seria preoccupazione. Ci sono vari motivi che hanno portato a questa crisi. E nasconderli non è un esercizio utile. Questa vuol essere una analisi e non un processo.

GLI INFORTUNI. E’ l’argomentazione più gettonata per spiegare la misera classifica. Regge, ma fino ad un certo punto. Il vero infortunio appare quello di Toni, a cui il Verona si è aggrappato negli ultimi anni. L’errore è stato considerare Pazzini come l’alter ego di Toni. Ci siamo accorti che non è così. Inoltre ci sono infortuni e infortuni. Alcuni sono misteriosi e il percorso di riabilitazione non sempre limpido. Le condizioni di Viviani dovevano essere note alla società e se erano note, averlo ingaggiato e non aver preso un sostituto è un errore che può costare gravissimo. Ovviamente anche l’eventualità che non si conoscessero le condizioni di Viviani è un errore. Forse più grave del precedente. Quello che è sotto gli occhi e che dopo una sosta la condizione generale del Verona non è all’altezza. Gli infortuni inoltre ci sono sempre stati, compito della dirigenza allestire una rosa che non abbia problemi a sopportarli. Nei primi due anni di A  è sempre stato così: quest’anno no.

IL MERCATO. L’acquisto di Pazzini ha coperto lacune evidenti della campagna acquisti, soprattutto a centrocampo. Ma l’assenza più importante è quella di un giocatore che sappia creare superiorità numerica e sia bravo nell’uno contro uno. E’ anche vero che questi giocatori hanno sempre fatto fatica giocare con Mandorlini che preferisce giocatori fisici e che sappiano ripiegare. Ma così non se ne esce. Il Verona è terribilmente scontato, prevedibile, lento, compassato. Manca la frustata, mancano inserimenti. E soprattutto ricambi all’altezza. E i giovani o ci sono o non ci sono. Se ci sono devono giocare. Almeno quando mezza squadra è rotta.

LA FACCIA DEL PRESIDENTE. E’ facile gestire le vittorie, meno le sconfitte. Lo sappiamo. Questo è il momento più difficile della società del dopo-Martinelli. Dopo Gardini oggi ci ha provato Bigon a fare quadrato. Il ds ci ha  messo la faccia e questo è sempre apprezzabile. Ha rinnovato la fiducia a Mandorlini, ha dispensato in egual misura tranquillità e preoccupazione. Poteva farlo forse con più convinzione, ma come dice il Manzoni il coraggio uno non se lo può dare. Ma tutti questi tentativi lasciano il tempo che trovano: a volte una parola del presidente serve più di quella di mille collaboratori. Setti ha sempre sferzato l’ambiente (e anche Mandorlini) fino a fare la parte dell’incontentabile negli anni passati. Ora rischia di dispensare troppa tranquillità rischiando di fare la parte dello struzzo che non vuole vedere. Urge un suo intervento.

PUNTI GETTATI. Resto dell’idea che la situazione di oggi sia il frutto delle partite buttate nel cesso quando non c’erano nè infortunati e addirittura abbondanza, tanto che parlavamo del perchè Pazzini non giocasse con Toni (perchè?). Genoa, Atalanta, Torino e oggi questa gara contro l’Udinese sono state peggiori paradossalmente di quelle giocate in piena emergenza. E’ in quelle partite che Mandorlini avrebbe dovuto più far sentire la sua rabbia e rammaricarsi per i punti buttati.

MENTALITA’ E INTENSITA’. Sono temi che da anni affrontiamo. Il Verona non riesce mai ad essere costante, è un’altalena continua. Spesso nella stessa partita. E’ sconcertante che nel secondo tempo di oggi si sia accontentato di difendere il rigore (generoso… diciamo così…) del primo tempo, invece di chiudere la partita con un’Udinese che, francamente è apparsa una squadra allo sbando. E’ sconcertante che dopo il debutto con la Roma, da applausi, sia stato preso a pallate da un Genoa incerottato. Non è una questione di quanti difensori mette dentro Mandorlini (anche se il segnale alla squadra  è evidente). Ma proprio di come questa squadra s’illuda di gestire il risultato, fallendo miseramente l’obiettivo.

PROBLEMA PORTIERE. Nell’analisi non può mancare questo tema, anche se è spinoso. Rafael, purtroppo, non è sereno. Si vede. Probabilmente il ballotaggio della scorsa stagione ha lasciato il segno. Cosa fare? Semplice sarebbe far giocare Gollini ma il ragazzone può anche bruciarsi. Si potrebbe rischiare ma non è semplice, anche perchè si rischia di perdere Rafael per sempre. Una soluzione va trovata, ma la questione è veramente delicatissima.

ALLENATORE. Ultima questione: l’allenatore. Oggi un numero sempre crescente di tifosi ne chiede la testa, anche tra coloro che sono grati per l’eternità a Mandorlini per ciò che è stato fatto ma che sostengono che il suo ciclo sia ormai esaurito. Personalmente credo che la società abbia fatto bene a rinnovargli la fiducia. Dopo otto partite e con una situazione ancora in divenire (cioè non compromessa) cambiare non sarebbe giusto nè opportuno, nel momento che Setti ha deciso di continuare con lui facendogli addirittura un biennale. Ovvio che non è una situazione che può restare così in eterno. Una prima somma a mio avviso andrà tirata dopo la gara con il Carpi.

I TIFOSI AL CENTRO DI TUTTO

Se il Verona non è sparito non è perchè Infront ha versato dei soldi. E’ perchè la gente di Verona, una generazione di tifosi tenacemente attaccata alla propria squadra, ne ha impedito la scomparsa. Il tifoso, lo stadio, la gente, la passione popolare sono il motore del calcio. Non i diritti televisivi, non Infront.

A Verona, lo sappiamo benissimo. I soldi dei diritti televisivi ti permettono di vivere, ma alla fine della ruota, tutto è retto dai tifosi. Il Verona “tira” in televisione perchè lo stadio è pieno, perchè i tifosi sono ancora appassionati, perchè c’è “calore”. Quindi il Verona “vale” a livello televisivo, perchè ha tanti abbonati e molta gente che lo segue.

E’ un postulato che anche questa dirigenza deve sempre tenere a mente. C’è un punto d’equilibrio che non va rotto, si chiami “abbonamento”, “anticipo”, “posticipo” o semplicemente “magliette”. La gente, i tifosi, devono essere i destinatari di ogni scelta. E alla base di ogni scelta e di ogni mossa, ci deve essere, almeno, la stessa passione che guida quei tifosi. Se non ci fosse, o se altri pensieri distraessero da questo semplice fondamento, ci troveremo davanti ad uno scollamento tra dirigenza e tifoseria, come purtroppo troppe volte in passato è successo.

Entrando nello specifico, credo che questa società sia stata perfetta nel darsi un’organizzazione, cosa che mancava a Verona ma che sia ancora indietro con il secondo step: entrare nel cuore dei veronesi, capirli, accompagnarli, amarli. La scelta delle magliette, ad esempio, va condivisa. Il costo degli abbonamenti meditato. Mi piacerebbe che una società come la nostra, almeno dicesse che non si possono spostare gli orari delle gare a piacimento, che si facesse sentire e non che subisse passivamente tutto questo. Lo so che non è facile e che è molto più semplice scriverlo in un blog che farlo. Però bisognerebbe iniziare.

Così come le magliette: ok signori della Nike, voi ci offrite questo prodotto, ma noi siamo il Verona, vi abbiamo dimostrato con i numeri che cosa possiamo fare: volete seguirci un po’ meglio di così? E se invece non fosse una scelta imposta (diciamo dall’alto) e qualcuno della società avesse scelto la maglia fluo, o quella terribilmente simile a quella della Juve Stabia o quella dell’Ape Maia, allora è meglio che questo signore vada a fare un altro mestiere.

Questo mi aspetto da Setti e da Gardini. Pensare che alla fine il popolo beota comunque acquisterà quelle pessime maglie e siederà sugli spalti del Bentegodi anche se si gioca il mercoledì a mezzanotte, porterà a quello scollamento di cui sopra. E noi non vogliamo questo.

AAA CERCASI VITTORIA

Le valutazioni sono sempre relative alle aspettative. Poiché mi aspettavo poco dalla gara del Verona con il Chievo, il pareggio tutto sommato è un buon risultato. Relativamente (appunto) alla condizione generale, ai tanti infortunati, al gioco espresso fino ad oggi da entrambe le squadre, in molti avevano previsto una larga vittoria clivense e una mattanza dell’Hellas.

Mattanza che non c’è stata. Il Chievo ha giocato una gara esteticamente brutta, sicuramente la meno bella di quelle giocate fino ad oggi dalla squadra di Maran. Il Verona è andato addirittura in vantaggio con un gol in fuorigioco di Pisano, e a quel punto il popolo dell’Hellas aveva visto la possibilitùà di un colpaccio che francamente era ingiusto al pari della vittoria del Chievo l’anno scorso con il gol in fuorigioco di Paloschi.

Ma ancora una volta il Verona è stato raggiunto. Incapace di mantenere un risultato, incapace di vincere. Possiamo star qui a fare tutte le analisi di questo mondo, a parlare di Mandorlini, della grinta che c’è e poi scompare, della difesa, del capitan Marquez, di Bianchetti, di Toni e Pazzini, ma questo resta il dato più preoccupante, assieme alla classifica. Il Verona non ha mai vinto ed è l’unica squadra che non l’ha ancora fatto in serie A.

Dopo sette giornate non si può nascondere la testa sotto la sabbia, nè far finta di niente. C’è un evidente problema e gli infortuni possono essere un alibi solo negli ultimi match (in cui non sono mancati nè volontà nè impegno). Il Verona che ha perso a Genova, pareggiato col Torino, pareggiato al 96′ con l’Atalanta aveva tutti i titolari e anche le riserve. E sono quei punti che abbiamo scialacquato con approcci sbagliati e partite scialbe che ora mancano alla nostra classifica.

Ormai si è capito. Questo sarà un campionato di sofferenza estrema, in cui non si riesce ancora a intravvedere chi retrocederà in serie B. Carpi e Frosinone, date erroneamente per spacciate da qualcuno, sono vive e daranno filo da torcere. E poi c’è un lotto di squadre di cui anche il Verona fa parte che dovrà sudarsela fino in fondo. In questo gruppo c’è anche l’Udinese, la nostra prossima avversaria dopo la sosta. Il Verona non avrà molte alternative. Dovrà vincere per forza questo scontro diretto.

MISTER, TOCCA A TE

Andrea ti ricordi? Era prima di Salerno, tu non avevi paura. Eravamo nel corridoio degli spogliatoi del Bentegodi e tirasti fuori la storia (sacrosanta) che una squadra praticamente già fallita non poteva andare in serie B. Era la tua partita. La partita di Mandorlini condottiero di una squadra e di una città. In quei play-off hai costruito il tuo capolavoro. Solo contro tutti, ti sei preso bastonate in faccia, ti hanno persino spaccato la testa con una macchina fotografica. Ci avevi preso senza gioco e senza un ruolo, ci hai portati in B. Quello è il Mandorlini che ho preferito. Non hai mai cercato alibi allora, anche se ne avevi. Eri forte dentro, sicuro di te, chiaro nei messaggi. Avevi i famosi occhi di tigre, quelli che ogni tanto oggi scompaiono, dentro la stanchezza anche psicologica. Ti capisco e ti capiamo. Non è facile. Sei uno che unisce (accidenti se ci hai unito) e come tutti gli eroi da “sturm und drang”, sei uno che divide (accidenti se ci dividi).

Non mi piace tutto quello che fai, certe tue scelte, certe tue sciocche impuntature,  la tua permalosità, ma so che sei sempre animato dalla buona fede e che alla tua squadra cerchi di inculcare alcuni valori che sono della gente di Verona. Un tuo fedele giocatore me ne ha parlato proprio qualche giorno fa: “Il mister ci tiene” mi ha detto “e su questo non transige”.

Questo è il momento più difficile da quando sei qui. E’ ovvio che non è solo colpa tua questa situazione. Ed è chiaro che il derby è un bivio. Piangersi addosso, lo sai tu meglio di tutti noi, non serve a niente. Adesso serve il miglior Mandorlini, quello a cui ci siamo aggrappati ormai cinque anni fa e che ci ha portato su, sempre più in alto, quasi in Europa (maledetto Mazzoleni…).

Ora servono i tuoi occhi da tigre, la tua rabbia, la tua determinazione da trasmettere ad una squadra che oggettivamente sarà penalizzata, ma che ha il dovere di giocarsela alla morte. Questo non è semplicemente un derby. E’ la tua partita.

SIAMO TORNATI SULLA TERRA

Houston, we have a problem. Forse più d’uno. Il Verona oggi è un impasto di sfiga, di volontà, di occasioni mancate. Fatto sta che questa è la più brutta partenza da quando siamo tornati in serie A. Eravamo abituati bene, forse. Magari questa è la nostra vera dimensione. Lottare in fondo alla classifica per guadagnare la salvezza. L’anomalia probabilmente era pensare all’Europa con il Verona dei 54 punti e delle fantastiche cavalcate di Iturbe e Romulo e imprecare per tutto l’anno per la Grande Incompiuta della scorsa stagione con Saviola e Nico Lopez ad ammuffire in panchina. Magari ad averli oggi. Anche solo uno dei due. E qualcuno ha persino rimpianto l’abulico Christodouolopolos che ora sarebbe come il formaggio grana su un piatto di gnocchi (indispensabile).

Il Verona che ha giocato contro la Lazio non è nemmeno giudicabile. Mandorlini è stato costretto a togliere anche Greco, Hallfredsson e Gomez, che cosa vuoi commentare? Semmai bisogna arrabbiarsi per non aver giocato a Genova, per aver buttato via i due punti con il Torino e per aver ciccato anche la prova con l’Atalanta, dove solo il gol miracoloso di Pisano al 92′ ha tenuto a galla la zattera.

Non ci sono buoni segnali, purtroppo. Oggi come oggi è impossibile ipotizzare una formazione appena decente che vada a giocare contro il Chievo che nel frattempo veleggia (con merito) a grandi ritmi.

Non ci sono attaccanti, siamo contati a centrocampo, coperti in difesa, dove però si continua a sbagliare troppo (non i difensori, ma la fase difensiva, repetita iuvant). Non giova a nessuno adesso cercare i colpevoli. Non è il momento perchè ora è il momento di pensare al Bene Supremo, leggi Hellas Verona. Di certo sono stati commessi errori di presunzione e di valutazione nella costruzione di questa squadra. Di certo non basta la sfortuna per giustificare questo momentaccio. Di certo eravamo abituati molto bene. Ora siamo solo tornati con i piedi per terra. Speriamo di non sprofondare. Il Chievo può servire proprio a questo. A volte i miracoli succedono.

POCHI INGREDIENTI, MIGLIOR VERONA DELLA STAGIONE

Con pochi ingredienti, come le brave massaie di una volta, Mandorlini è riuscito a mettere in tavola un piatto molto gustoso. E’ come se avesse aperto la dispensa e pur senza burro, zucchero, uova, si fosse inventato un delizioso manicaretto, fatto con qualche pezzo di pane recuperato, un po’ di companatico, molto ingegno.

Il Verona che ha giocato a San Siro è stato una piacevole sorpresa. E affinchè non si dica che qui si è condizionati solo dal risultato. dico subito che questo è stato il Verona più bello della stagione. Sì, addirittura più bello rispetto a quello che ha fermato la Roma. Un Verona a cui andava stretto il pareggio, figurarsi la sconfitta.

Perdere 1-0 in questo maniera ti fa sentire impotente. Ma di una serata così vanno salvate le tante cose buone che si sono viste. A partire dal cambio di modulo (vedi mister quanto sei bravo anche se giochi così…), che ha coperto bene il campo, dato varianti davanti, messo l’Inter in difficoltà. Mancini non ne veniva fuori, e il suo miglior giocatore alla fine è risultato il signor Russo, colpevole di non aver punito l’entrata assassina di Felipe Melo su Pazzini e poi di non aver dato un rigore su Gomez.

Peccato non aver raccolto niente. So che c’è un sacco di amarezza, e l’infortunio di Pazzini è una tegola che lascia stecchiti. In una settimana siamo passati dal chiederci se Toni e Pazzini avrebbero mai giocato assieme, a meno male che c’è Pazzini, a Juanito Gomez centravanti. Un bel salto. Ma piangersi addosso non serve a niente. Adesso servono solo i punti. E con la Lazio di riffa o di raffa, a cinque, a tre o a quattro, con Gomez centravanti e/o Zaccagni (che bravo!) in mezzo, bisogna grattare via almeno un punticino.

BRUTTO VERONA, PUNTO D’ORO

In questo momento il Verona mi sembra un po’ come la Croce Rossa. E non mi è mai piaciuto sparare sulla Croce Rossa. Cosa c’è da dire sulla gara di Bergamo? E’ evidente che il Verona ha giocato male, che l’approccio è stato sbagliato, che in questo momento la condizione psicofisica generale non è buona. Ci sarà tempo per parlare della dilettantistica gestione di Romulo (“Sono pronto”, anzi no, è partito, si opera…), alla cui base resta comunque una componente di sfiga che non è colpa di nessuno, ci sarà tempo per parlare della costruzione di questa squadra poggiata su troppe scommesse, a cui manca un uomo capace di sparigliare le carte, di cambiare il ritmo, di inventare qualcosa e della fase difensiva che resta pessima, infine dell’intensità che non c’è, o meglio che c’è una gara sì e due no.

Ora non è il momento. Ora è il momento di stringere i denti, di guardare il bicchiere mezzo pieno, di tenerci stretto questo punticino acciuffato in extremis. Sei minuti sono meglio di niente e in sei minuti il Verona è rimasto aggrappato alla sua partita, trovando il pareggio, evitando la sconfitta che avrebbe gettato tutti nello sconforto più nero. Ad oggi ci manca qualcosa, soprattutto la vittoria gettata alle ortiche con il Torino, ma abbiamo solo tre punti e con questi dobbiamo fare i conti.

Il campionato sta prendendo una piega diversa da quella auspicata dalla società e da molti tifosi e si preannuncia di grande sofferenza. Lo dico per realismo affinchè non si cullino sogni che in questo momento potrebbero fare ancora più male. Non è il caso di lanciare allarmismi, ma solo di avere i piedi incollati per terra. Nessuno regala niente in serie A, tutti lottano e anche chi pronosticavamo come vittime sacrificali sono lì vicino a noi o addirittura ci precedono.

La questione Toni-Pazzini si è risolta nel modo peggiore che si potesse pensare. Con l’infortunio di San Luca che per tre anni ci ha tenuto a galla con i suoi gol. Ora Pazzini sarà utile come il pane e non solo. Da semplice accessorio dovrà diventare l’uomo della Provvidenza, capace di caricarsi sulle spalle il Verona. Cambierà anche il modo di giocare, perderemo qualcosa dal punto di vista realizzativo, ma ad occhio guadagneremo molto dal punto della manovra. Tra l’altro dovremo mettere in una teca Pazzini e pregare ogni settimana perché non lo sfiori nemmeno un raffreddore, Dal dualismo con Toni e dal dibattito che ne è scaturito, paradossalmente arriviamo ad avere un bisogno disperato del Pazzo. Per sorridere un attimo: dietro di lui non c’è nessuno, così almeno Mandorlini non avrà dubbi su chi scegliere.

Spero solo che non andiamo a Milano a fare le vittime sacrificali. Il mister ha due giorni di tempo per preparare la gara con l’Inter, scuotere chi deve essere scosso, recuperare chi si può recuperare, fare quadrato, dimenticare questa pessima partita. Non è facile, me ne rendo conto. Ma bisogna farlo. E magari mercoledì sera vediamo tutto con un’altra ottica.

MA E’ COSI’ IMPORTANTE SAPERE QUANDO GUADAGNA PAZZINI?

Non sono per nulla attirato da questa questione che riguarda i guadagni di Pazzini. Non mi interessa francamente. Il valore di Pazzini non è certamente legato al suo contratto, che tra l’altro è impossibile da verificare oggettivamente. Nessuno se non Setti, Gardini e Bigon sanno realmente quando prende l’attaccante. Non risulterà mai in nessun bilancio ufficiale (si può solo conoscere quanto è l’ammontare totale degli ingaggi), nè le modalità con cui viene pagato (oggigiorno i contratti sono complicati: ci può essere una parte nell’ingaggio, un’altra parte pagata come diritti d’immagine). Ma ripeto: non è importante questo. Altrimenti passerebbe il sillogismo: Pazzini prende poco, quindi è un giocatore scarso.

Invece l’operazione Pazzini resta un capolavoro fatto dalla società. Una splendida operazione di immagine, di lungimiranza, di forza operativa, che non va sminuita con le cifre.

Pazzini, come dicevo ieri al dg Gardini, non è un’operazione normale. E’ il fiore all’occhiello e non ci si può infastidire se i tifosi lo vogliono in campo. E’ una legittima richiesta che fa seguito all’emozionante presentazione del giocatore, con il presidente Setti quasi commosso e il pubblico in visibilio.

Altra questione è quella tecnica, ovviamente. Mandorlini dal canto suo ha tutto il diritto di fare le sue scelte (sono convinto che lo faccia per il bene della squadra), anche lasciando fuori Pazzini. Ma altrettanto legittimamente il tifoso non vede l’ora di vedere questa straordinaria coppia di attaccanti (Toni-Pazzini) giocare assieme. A prescindere dall’ingaggio. Altrimenti perchè far sognare tutti questa estate?