IL PLENIPOTENZIARIO GARDINI

Dunque, si è capito perchè Setti l’ha tenuta tanto lunga. Il presidente ha deciso di voltare pagina. In maniera clamorosa. Liquidando il suo braccio destro e cambiando in pratica una parte del management sportivo. Via Sogliano, dentro Bigon.

L’idea di Setti parte da lontano. Da dicembre. Quando i rapporti idilliaci che il presidente ha sempre avuto con il suo ds si sono improvvisamente “raffreddati”. Sogliano era stata la miglior intuizione del presidente di Carpi quando era arrivato a Verona. La diffidenza che aleggiava attorno al suo nome, unita alle referenze non proprio “cristalline” in fatto di rapporti interpersonali che arrivavano da Bologna sul conto del nuovo proprietario, inducevano ad andare molto calmi con le lodi. Ma il nome di Sogliano fu il miglior lasciapassare per lo sbarco di Setti a Verona. Figura onesta e cristallina (uno dei pochi…), giovane e rampante, con le idee chiare e con un suo giro di mercato, Sogliano era il puledro giusto su cui puntare. Setti e Sogliano formavano una coppia perfetta. Visione, ambizione e voglia di vincere. Gardini venne solo dopo, quando fu necessario dare anche una verniciata al Palazzo Verona dal punto di vista “politico”.

Per tre anni questa coppia ha funzionato benissimo. Poche materie come il calcio non temono smentite: contano i risultati. E i risultati conquistati dal Verona sono stati eccezionali. Serie A arrivata al primo colpo, 54 punti ed Europa sfiorata l’anno scorso, salvezza abbondante con possibile enorme rimpianto a fine di questa stagione (pensate se si arrivasse a 50 punti quanti bocconi amari dovranno digerire le “cornacchie” che hanno gracchiato sulla debolezza della squadra per molti mesi di quest’anno…).

Ora il presidente cambierà. Un cambiamento repentino che ha pochi eguali nel calcio. Squadra che vince, dice il proverbio, non si cambia. Invece Setti, a meno di clamorosi ripensamenti dell’ultima ora, ha deciso di affidarsi ad altri uomini. Il feeling con Sogliano non c’è più. E sarebbe da chiedersi perché, e state certi che lo chiederemo martedì quando il presidente sarà ospite nei nostri studi.

Sean che è abituato a sentire sulla pelle l’entusiasmo della proprietà ha capito che non è più aria. L’imbarazzo di Setti e il trascinare all’infinito questa trattativa era solo una strategia per “stufare” Sogliano che di certo non ha la pazienza tra le sue doti? Probabilmente sì, visto l’epilogo. Poi magari c’è stata anche la trattativa (smentitissima, fin troppo) con gli americani a trascinare la questione.

Ora scatterà la gara a dire chi ha abbandonato chi. Setti dirà che è stato Sogliano e in molti seguiranno questa linea. I fatti dicono che Sogliano ha rifiutato il Milan (il Milan, non lo Spezia o l’Atalanta…) per restare a Verona. Anche questa una decisione coerente con il personaggio. “Non vado a fare il cameriere di Galliani” disse l’anno scorso rivendicando la sua autonomia di pensiero. Sono certo che se ci fossero state le condizioni, Sogliano sarebbe rimasto.

Gli uomini passano le società restano. Un leit motiv che si sentirà spesso da qui in avanti. Personalmente la ritengo una cavolata. Le società sono fatte di uomini e le qualità professionali e morali di una persona al servizio di una società sono fondamentali. La Apple senza Steve Jobs rischiò di sparire, il Verona di Cannella non è il Verona di Sogliano. Se permettete. Nessuno meglio di noi veronesi sa quanto sono importanti gli uomini in una società. Se non fosse arrivato Mandorlini al posto di Giannini saremmo ancora in Lega Pro. Giusto per fare un esempio.

Veniamo al prossimo Verona. Al posto di Sogliano è stato scelto Riccardino Bigon, nato a Padova e dirigente del Napoli. Non mi permetto di dare un giudizio sul personaggio non conoscendolo. Anche qui, come sempre, sarà il campo a dare il responso. Diciamo solo che Bigon arriva da una stagione fallimentare con il Napoli fuori da tutto ed enorme delusione del campionato. C’è anche da dire che negli anni passati il Napoli ha anche vinto ed è stato per certi versi una società modello. Arrivare da Napoli e lavorare nel Verona non sarà facile. Ma in questo calcio ormai sono sottigliezze. Anche se a Verona hanno ancora un peso.

Quello che importa è sapere perchè Bigon arriva. Ed eccoci alla questione finale. Bigon arriverà perchè a chiamarlo e a volerlo è stato Giovanni Gardini, il “cardinale”.  Abituato a lavorare sottotraccia e dietro le quinte, Gardini ha convinto il presidente che la gestione sportiva di Sogliano non era più adeguata. E ha suggerito il nome di Bigon a cui è legato da una grande amicizia.

Quello che nasce, dunque, è il Verona di Gardini. Mai come in questo momento della sua vita e della sua carriera, il “cardinale” del Verona ha avuto tanto potere in mano. Le sorti dell’Hellas passeranno dalle sue decisioni e dalle sue scelte. Si confronterà con il passato vincente, di cui anche lui ha fatto parte, ma stavolta con un ruolo morale e politico tutto diverso. Bigon sarà un suo fido scudiero e con lui dovrà lavorare uno molto refrattario ai cambiamenti come Mandorlini che tutto sommato aveva trovato con Sogliano un feeling. Giustamente, come ha detto Setti, Mandorlini non aveva mai ottenuto simili risultati in serie A. E per quello che abbiamo visto noi, l’opera di Sogliano in questo è stata fondamentale. Anche come ombrello per le critiche e davanti ai tifosi. Ora di chi sarà la colpa se le cose andassero male? Mandorlini rischia di diventare un perfetto capro espiatorio.

Ci aspettano mesi duri, difficili, ma anche esaltanti. Il Verona per il terzo anno consecutivo giocherà in serie A. Una A che certamente avrà un livello ancora più basso di quello di questa stagione (con Carpi e Frosinone già promosse…) ma che potrebbe riservare sorprese. Se tutti dicevano che il secondo anno è il più duro, io dico che la vera incognita è la terza stagione, come purtroppo riscontrato nell’anno horribilis 2002. Buon lavoro quindi, lo auguriamo soprattutto a Giovanni Gardini per quella che è la sfida più importante della sua vita.

QUELLE FAVOLE CHE VIVI UNA SOLA VOLTA NELLA VITA…

Avevo 20 anni e forse è per quello che mi pareva tutto bello. Lo stadio, la gente, i giocatori. Ma forse era veramente tutto più bello. E me ne accorgo 30 anni dopo quando vedo Galderisi e sento Elkjaer sul palco. Gli eroi dello scudetto non sono stati eroi per caso.

Lo sono diventati perchè erano uomini eccezionali che hanno fatto un’impresa memorabile. Il 1985 è l’anno che ha segnato la mia gioventù. Eravamo spensierati ma anche impegnati, eravamo dignitosamente poveri e c’erano i dignitosamente ricchi che non erano sfacciatamente ricchi perchè c’era ancora un piccolo senso del pudore nel mostrare la ricchezza.

Non c’erano Iphone e Ipad ma c’erano orologi col pac-man e il Mario Bros del “Florida” che occupava le nostre mattinate lontane dalle aule di latino e greco. E c’era Tricella che abitava vicino al Maffei e quella sera, il 19 maggio 1985, andammo sotto a casa sua a rompergli le balle: “Noi vogliamo Tricella in nazional” e restammo lì finchè lui si affacciò dallo scuro verde della sua casa.

Ci salutò, lo salutammo e felici come bambini che giocano in mezzo alla Nutella andammo in Piazza Bra. E poi a casa. Eravamo campioni d’Italia e quella sera ognuno di noi si appuntò un ricordo per raccontarlo trent’anni più tardi, quando ormai sulla strada dell’anzianità ci siamo resi conto che certe favole vengono vissute una volta sola nella vita.

SE E’ TUTTO FALSO, MANDORLINI, TONI E SOGLIANO DEVONO FIRMARE SUBITO

La notizia che il Verona piace agli americani non arriva improvvisa. Era annunciata. Dopo tre anni di “sviluppo” e “programmazione” suonava troppo strano questo impasse in cui il presidente Setti aveva messo la società.

La “fibrillazione” non è nata per caso, nè perchè a Verona siamo masochisti. Era dettata dal fatto che l’Hellas ha una dirigenza (e un allenatore) completamente a scadenza. Non è un fatto secondario. Ma comprensibile oggi che la notizia ha fatto capolino.

Fatti alcuni accertamenti e rilevato che “dove c’è fumo c’è arrosto” e quindi che una trattativa (più o meno avanzata, più o meno credibile, vedremo con il passare dei giorni questi contenuti…) esiste (e forse più d’una ma questo è in corso d’accertamento…), si capisce perchè Setti non abbia ancora iniziato (yes, iniziato…) a parlare con i suoi dirigenti.

Ieri la società ha smentito la notizia che in questo campo è una prassi a cui nessuno crede più. Lo hanno fatto tutti (ricordate il Milan, quando le prime indiscrezioni vennero a galla?) e i comunicati lasciano il tempo che trovano. Le trattative sono sempre delicate, ci sono domande e offerte e controfferte.

Far uscire una notizia è sempre un momento in cui si rischia di far crollare tutto. Se dopo quattro mesi qualcuno degli americani ha voluto venire allo scoperto è perchè, evidentemente, sa che non c’è più tempo da perdere. Legittimamente, invece, Setti cercherà di strappare il massimo dall’affare, magari proponendo un prezzo più alto (molto più alto?).

Ma per un attimo ammettiamo che la società e Setti, veramente non siano in vendita. Quale migliore “fatto” per verificarlo, al di là dei comunicati, che far firmare immediatamente i rinnovi ai tre pilastri del Verona vincente di questi tre anni?

Già lunedì, mi aspetto che Mandorlini, Toni e Sogliano firmino i loro rinnovi, magari pluriennali, come meriterebbero. Miglior smentita agli americani non ci sarebbe.

 

GIALLOBLU SUPERSTAR

Trent’anni dopo che cosa significa lo scudetto dell’Hellas Verona? Su quella pagina di sport veronese sono state scritte migliaia di parole, si sono fatte analisi, si sono sprecati gli elogi. Mai abbastanza comunque. La frase più profetica la disse Domenico Volpati, il “dottore”: “Solo tra qualche anno capiremo che cosa abbiamo fatto”. La cosa incredibile è che più passa il tempo più lo scudetto conquistato dal Verona prende valore.

Quel campionato non fu vinto in un torneo che valeva poco (tipo quelli di oggi…), ma nel momento di massimo splendore del calcio italiano. In Italia c’erano tutti i più grandi, come se oggi Messi e Cristiano Ronaldo giocassero qui da noi e il Verona vincesse lo scudetto. E non è vero che allora il gap con le grandi era minore di quello di oggi. La Juventus vinceva sempre, come oggi, poi ci furono, certo, le eccezioni: Torino, Roma, Napoli, Sampdoria. Ma il Verona (mi piace chiamarlo così, perché alla fine per me, per noi, la squadra di Verona era solo e semplicemente il Verona, senza quel suffisso Hellas che successivamente venne a marcare più la differenza con il Chievo che nel frattempo aveva assunto nella propria denominazione anch’esso il nome Verona…), fu l’unica vera provinciale a conquistare lo scudetto.

La modernità di quella squadra, la bravura di Bagnoli non hanno oggi paragoni. Quando si parla di “maghi”, di Pep Guardiola e di scuole di pensiero, ci si dimentica troppo spesso di quello che Bagnoli ha rappresentato per il calcio. Solo Sconcerti, recentemente, fine conoscitore, ha riconosciuto al Mago della Bovisa i meriti che gli vanno dovuti.

La modernità di quella squadra è oggi ancora più evidente. Tricella, il libero che diventa un attaccante aggiunto, la spinta sulle fasce, Fanna e Marangon, il regista play-maker, le punte assortite, il tedesco caterpillar che spaccava con i suoi cingolati (Valentino Fioravanti, dixit) le squadre avversarie. Una squadra fantastica, assemblata da un meraviglioso allenatore, la cui immagine e le cui gesta, mai potranno essere paragonate a nessun altro tecnico veronese. A volte mi diverto a pensare che cosa farebbe Bagnoli con Saviola… Vabbè, lasciamo perdere.

Il Verona vinceva e divertiva, più in generale era Verona che in quel momento conosceva una vivacità che forse oggi gli è sconosciuta. Non che i problemi non ci fossero. Vi invito a vedere il bellissimo spettacolo teatrale scritto da Matteo Fontana e messo in scena da Ermanno Regattieri e Andrea De Manincor. Lo scudetto è sullo sfondo, ma Verona è in primo piano. Con gli omicidi, i rapimenti, le vicende oscure, l’eroina che uccise una generazione. A volte si uccidevano i figli per ingrassare i padri.

Verona fu anche questo e non soltanto lustrini e paillets e i gol di Briegel ed Elkjaer. Ma era una città brillante, vivace, ospitale. L’inebriante profumo dello scudetto, la festa del Bentegodi, l’atmosfera di perenne sagra paesana, sono i ricordi della mia adolescenza. Sono stato fortunato a vedere all’opera quella squadra e ho cercato, nel mio piccolo, di trasmettere quelle emozioni a chi non ha potuto vederle.

Quel Verona oggi è anche un monito a chi ci lavora e al rispetto che questa maglia merita sempre e ovunque. Come il Torino si fonda, purtroppo, sul mito della grande squadra scomparsa a Superga, così il mito fondante del Verona, quello più forte, è il legame con quello scudetto. Questo lo devono tenere presente tutti. Presidenti, giocatori, allenatori che passeranno nella nostra società. Verona non è e non sarà mai una piazza “normale”. Anche se è stata calpestata e a volte sfruttata sia dai politici sia da semplici “grassatori”. Il Verona è un patrimonio sociale che Verona purtroppo a volte fa finta di non conoscere. Resteremo per sempre unici, perchè unica è stata quell’impresa. Non bisogna avere pudore a festeggiare quello scudetto. E’ il nostro orgoglio. Gialloblù superstar.

PS. Del derby non parlo. Dico solo che l’unico senso che ancora può avere questa stagione è vedere all’opera qualche giovane. Così, giusto per capire se può essere utile per il prossimo anno. Su Agostini, invece, ci contiamo ad occhi chiusi.

IL DERBY PER NON ESSERE CONDANNATI ALLA MEDIOCRITA’

E’ innegabile che Cervellera sia un arbitro scarso. Ha sbagliato su tutti gli episodi dubbi. Due mani in area, un fuorigioco sul gol dell’Udinese, l’espulsione di Sala, l’espulsione di Marquez. A guardare l’elenco degli ammoniti più gli espulsi sembra sia stata una terribile battaglia. Invece Verona-Udinese è stata una noiosa gara di fine campionato, la terza partita in una settimana, giocata a ritmi blandi, in cui i calciatori più che pedate si sono scambiati abbracci e sorrisi.

Incredibile come Cervellera sia riuscito a rovinare la partita. Tanto che i dietrologi hanno visto dietro questa direzione, una sorta di “compensazione” all’Udinese, defraudata tre giorni prima contro l’Inter. Un’ipotesi che nel momento stesso in cui l’hai pensata fa schifo. Ma a tanto ci hanno portato “Moggipoli” e “Scommessopoli”. Non c’è tifoso che non guardi alle gare bruttissime del campionato italiano senza ipotizzare complotti. E noi che siamo saliti dalla melma della Lega Pro e che abbiamo visto Massa e compagnia, non ci stupiamo di nulla.

Le colpe di Cervellera sono così evidenti che persino azzardare una critica al Verona è inutile, tanto l’arbitro ha condizionato la partita. Il risultato più giusto era evidentemente uno 0-0, il Verona aveva giocato senza infamia e senza lode.

Cervellera però ha fatto di più. Ha condizionato anche la prossima gara, il derby con il Chievo. Il Verona non avrà a disposizione per responsabilità dell’arbitro uomini importanti come Sala e Marquez. All’andata il Chievo vinse per un gol in evidente fuorigioco di Paloschi, un’altra gara che era destinata allo 0-0.

Detto ciò, il Verona non dovrà crearsi un alibi per queste assenze. Anzi, sulla rabbia per quanto è avvenuto contro l’Udinese, dovrà costruire il proprio derby. Quello che si chiede al Verona è una partita cattiva, giocata con agonismo. Il Chievo, proprio perchè Campedelli ha detto che non gliene importante niente, vuole arrivare davanti all’Hellas e mettersi una piccola-grande tacca onorifica.

La squadra di Maran è rognosa, compatta, non prende gol da 195 minuti, è l’esatto contrario del Verona di Mandorlini. Il derby può dare un senso diverso al campionato gialloblù. Oppure condannarlo inesorabilmente alla mediocrità.

L’IMPORTANZA DEL DOLCE

Qualsiasi buon ristoratore sa che ci sono due regole fondamentali per soddisfare un cliente. L’accoglienza iniziale e il dolce finale. In mezzo ci può anche stare un pranzo così così, ma chi frequenta il ristorante sarà colpito più da come è stato accolto e porterà nella memoria l’ultima cosa che ha mangiato (il dolce).

Mandorlini sembra attenersi a questa aurea regola della ristorazione. E’ partito benissimo in campionato e ora lo sta finendo in maniera molto positiva. In mezzo c’è stata tanta mediocrità e momenti di paura vera.

Sogliano ha voluto “punzecchiare” allenatore e squadra qualche settimana fa, e immediatamente il mister, toccato nell’orgoglio e con il contratto in scadenza ha raddrizzato la baracca. Il Verona abulico che ha incassato tre gol con l’Inter ha lasciato il posto a una squadra piena di carattere che ha steso la Fiorentina a Firenze, ha battuto in dieci il Sassuolo e ora, con cerotti e squalifiche, ha preso un punto d’oro a Genova.

Onore al merito. L’ultimo Verona è piaciuto più di quello di tutto il resto del campionato, dimostrando non solo di essere una buona squadra dal punto di vista qualitatitivo (a Genova ha giocato persino con le terze linee), ma anche di avere imboccato finalmente la strada della continuità.

Abbandonata la litania dell’ “abbiamo cambiato tanto” ripetuta anche a dicembre, Mandorlini ha confermato di essere un ottimo allenatore. Quando il mister la smette di essere un testone e fa “sua” la squadra (processo che Mandorlini “digerisce” in qualche mese, per restare in tema…), è un’assoluta garanzia e a Verona lo sappiamo bene.

Siccome, al contrario dei suoi presunti aedi-amici (pronti a incensarlo ma mai a difenderlo in prima persona quando le cose vanno male), noi vogliamo bene veramente ad Andrea, lo sproniamo a dare il meglio di sè. Dire che sa solo fare il 4-3-3 non è fare il suo bene. Anche perchè non è vero. Dire che la squadra è scarsa per tre quarti del campionato non è fare il suo bene. Evitare di parlare dei gol presi non è fare il suo bene. Metterlo contro il direttore sportivo e il presidente non è fare il suo bene. Le critiche fanno crescere se poste nel modo giusto e non strumentale e il mister, che pure ha “rimediato” molte sue spigolosità caratteriali, dovrebbe riflettere su questo. Per quanto mi riguarda credo che Mandorlini abbia inesplorate risorse che una componente caratteriale (“è fatto così…”) limita in modo penalizzante.

Tanto per essere chiari: potrebbe allenare una grande squadra, invece di lui non si parla mai come possibile candidato di certe panchine. Altri allenatori molto meno bravi di lui, dimostrano più intelligenza e furbizia nel proporre meglio il proprio prodotto e il proprio modo di essere.

Aggiungiamo a chiosa, che in taluni ristoranti, dopo il dolce, arriva anche uno splendido e avvolgente caffè, con a ruota deliziosi cioccolatini fondenti che ti scaldano l’anima e ti fanno per sempre dire che quel ristorante è il migliore del mondo. Ne arrivasse uno il 10 maggio (ora di pranzo) quel ristorante sarebbe per noi (lo è già, state tranquilli…) il migliore del mondo.

 

L’ORA DELLE DECISIONI

L’unico a sgombrare il campo dai dubbi è stato Mandorlini. “Fosse per me rimango a Verona”, Mandorlini è stato chiaro. Se Setti deciderà di tenerlo lui è disponibile. Ma ancora non si sa nulla di tutto il resto. E le parole del presidente di questo pomeriggio non è che abbiano fatto chiarezza. Il Verona è un cantiere aperto. Di sicuro (almeno su questo Setti ha sgombrato il campo), il Verona non sarà ceduto.

Pur essendo una “società appetibile” (parole del presidente) il Verona resterà nelle sue mani. Ma con chi lavorerà Setti non si sa. Tranquillizzando la piazza il presidente ha detto: “State certi che ci saranno un direttore generale, un direttore sportivo e un allenatore”. Ma non si sa ancora se queste figure saranno Gardini, Sogliano e Mandorlini.

Il presidente ha annunciato da adesso in poi una riflessione (ma fino ad oggi che cosa ha fatto?) che dovrebbe condurre alla chiarezza. Dato scontato il confronto giornaliero con Gardini per l’ordinaria amministrazione e ricevuta la disponibilità a restare di Mandorlini, il presidente si riferisce evidentemente a Sogliano, il suo cavallo di razza. C’è poco da girarci attorno. E’ Sogliano l’uomo in bilico oggi nel Verona.

La figura di Sogliano è centrale. Dalle sue scelte e dalla sua autonomia, dalla capacità di Setti di interfacciarsi con lui e di delimitare le competenze, dipende il Verona del futuro. Solo attraverso questa primaria scelta si potrà conoscere che Verona verrà fuori.

La scelta dell’allenatore dipenderà da questa mossa. Setti e Sogliano hanno composto una coppia tra le più affiatate del calcio italiano. Sufficientemente pazzi e visionari hanno disegnato questo Verona vincente. Sogliano ha rappresentato un punto di riferimento anche per Mandorlini e lo spogliatoio. Sogliano però non si può imbrigliare. Essendo un cavallo di razza va fatto agire e anche sbagliare. Tanto alla fine i vantaggi saranno sicuramente più degli svantaggi come dimostrano i colpi a ripetizione fatti in questi anni.

Sogliano è una certezza, questo Setti lo sa. E lo è a maggior ragione Mandorlini con cui il presidente non ha mai veramente legato. I due si sono sopportati, ma non sono mancate le frecciate da ambo le parti. Tra loro ha vinto la ragione di stato, per fortuna, e quindi il bene del Verona. Ma a Setti il Verona timoroso e che difende a ridosso dell’area non è mai piaciuto, mentre Mandorlini non sopporta le “frecciate” del presidente.

Più in generale questo gioco delle parti, anche stucchevole ha stufato e non potrà reggere un’altra stagione. Se Mandorlini vuole restare, lo deve fare sapendo come agisce la società. Che, alla pari di Fiorentina, Genoa, Sampdoria e persino il Milan, non può nel calcio di oggi permettersi di non cedere i pezzi migliori e di non cambiare interpreti ad ogni anno.  E se Setti tiene Mandorlini lo deve fare veramente convinto, non per “scaricare” sempre la colpa sul mister o per fare la bocca storta davanti al gioco del Verona.

Se Setti, quindi, ricomincerà da Mandorlini (a prescindere da Sogliano) lo dovrà fare non tanto perchè “costretto” dalla piazza, ma perchè realmente convinto. Mandorlini non ama cambiare, sposa alcuni giocatori, altri li rende inservibili. I giovani li lancia con calma, perchè un giocatore diventi un “suo” giocatore serve almeno una stagione (vedi Jankovic).

Mandorlini però vince, centra gli obiettivi, permette al Verona di restare in serie A. Questo è inconfutabile. E non costa poi moltissimo rispetto ad altri suoi colleghi più blasonati (e forse meno vincenti…). Ha però bisogno di essere “pungolato” “stimolato” e quest’opera (a volte anche logorante) l’ha fatta Sogliano. A volte esternamente (conferenza pre Firenze), più spesso internamente.

L’ago della bilancia è proprio il presidente. Decidesse di “sposare” altre vie, il rischio è altissimo.

Setti tutto questo lo sa e sa anche che cambiare anche una virgola di un Verona che in tre anni ha vinto molto può costare tanto. A lui e al Verona.

Buona decisione, presidente.

PRESIDENTE SETTI, ADESSO LA PALLA PASSA A LEI

La vittoria contro la Fiorentina mette il Verona (quasi) al sicuro. La squadra scaligera giocherà ancora in serie A. Vuol dire che l’obiettivo minimo di questa stagione è stato raggiunto. Ora quello che tutti i tifosi aspettano è sapere che cosa riserverà il futuro. Con una dirigenza a scadenza a giugno a cui si deve aggiungere la posizione dell’allenatore.

Premessa doverosa: questa società ha centrato tutti gli obiettivi da quando è arrivata. E’ stata promossa, ha fatto 54 punti al primo anno, ha centrato la salvezza nel secondo difficile anno. Non solo: Setti ha strutturato la società portando ottimi professionisti. Il settore giovanile è un fiore all’occhiello e anche lì si sono raggiunti risultati eccezionali e impensabili solo qualche anno fa.

Setti non ha grandi mezzi finanziari. Ma questa non è una sua colpa. Non è un emiro, non è un oligarca russo. E’ un piccolo imprenditore padano che ha la passione del calcio. Sa fare di conto, sa scegliere i collaboratori. Il suo problema è che non può essere presente a Verona e vive di delega. Questo nel calcio non sempre è un bene. Lotito è un presidente di professione, così come Preziosi, Zamparini o De Laurentiis. Anche Campedelli lo è. A maggior ragione deve programmare per sopravvivere.

Dopo tre anni il presidente si è preso una pausa di riflessione. Questo è evidente. Io non escluderei nemmeno l’ipotesi che gli sia passata l’idea di cedere. Forse l’impasse di questo periodo è dovuto a questo, forse no. Non lo sapremo mai, tutti smentiranno ma in questi casi sono più gli indizi che le prove a dire la verità.

Ora però la pausa di riflessione deve finire. C’è in ballo il futuro del Verona. Che va programmato. Con Sogliano o senza Sogliano. Con Gardini o senza Gardini. Con Mandorlini o senza Mandorlini. Ma sono questioni che vanno affrontate ad iniziare dal vertice e poi a cascata. E in fretta. Setti deve ridisegnare il Verona e le competenze. Non si può più aspettare. Ora la palla ce l’ha tra i piedi il presidente. Ha il vantaggio di tre stagioni eccellenti e uno staff eccezionale. Il “suo” staff che aspetta solo un cenno per scatenare l’inferno. Come ha fatto sino ad oggi.

CONDANNATI ALLA MEDIOCRITA’

Mettiamocela via e ringraziamo il cielo che abbiamo 33 punti. Questa è una squadra condannata ad essere mediocre. Mi spiego: i mediocri sono quelli che si accontentano, che cercano alibi, che non riescono ad avere mentalità.

Tranne quando prendono qualche amorevole scapaccione e allora si mettono a correre e a fare il minimo sindacale. Poi però, tornano nella mediocrità. Purtroppo questa squadra non ha nel suo dna null’altro che la mediocrità. Si vede come ha affrontato le ultime due partite. Dopo aver fatto l’impresa con il Napoli è tornata la routine, gli allenamenti a porte chiuse a Peschiera, dorato eremo isolato, e le partite sono tornate a scorrere come prima del piccolo filottino vincente. Il problema è sempre di mentalità.

La squadra rincula, arretra, scivola. Non aggredisce. La difesa è esposta a folate degli avversari da 40 metri, l’equilibrio è una chimera che solo Mandorlini, a parole, insegue. Le ali trasformate a terzini sono un suppellettile inutile se D’Ambrosio fa la partita che ha fatto sabato sera.

Non è il caso di puntare il dito contro nessuno. Non è colpa dei singoli, ma di tutti. Quando si dice che è una questione di mentalità ci si riferisce proprio all’atteggiamento generale. 54 gol sono una mostruosità a cui Mandorlini non ha messo mano. Non si può parlare di singoli e per il futuro, il mister dovrà seriamente affrontare questo aspetto perchè le sue squadre prendono troppi gol, nonostante abbiano cambiato quasi tutti i difensori in questi due anni di serie A. Senza cambiare il prodotto finale. Il Verona è un colabrodo. E Toni non può essere sempre l’uomo della Provvidenza. Se si ferma lui, con questo atteggiamento difensivo è serie B sicura.

L’unica consolazione è che dietro il Verona c’è chi è andato e va pianissimo. Squadre più mediocri della nostra. Per fortuna.

CHE RABBIA AVER SBAGLIATO IL MATCH POINT

Vorrei raccontarvi (e sarebbe più facile) che il Verona ha sbagliato partita, che Mandorlini ha sbagliato formazione, che Luca Toni ha sbagliato un gol. Invece non è possibile.

Il Verona comandava al 17′ del secondo tempo per 3-0, implacabile, e il Cesena era morto e sepolto. Poi il calcio che è materia bellissima e affascinante, ci ha dimostrato che nessuno partita è vinta fino all’ultimo.

Il Cesena ha trovato due gol splendidi e imponderabili, come il missile di Carbonero e la punizione di Brienza. A quel punto il match si è riaperto e in quel momento, lì esattamente, il Verona ha mentalmente accusato il colpo incapace di contrattaccare, ma soprattutto col braccino troppo corto.

Così il Cesena ha pareggiato, incredibilmente, tanto che è difficile adesso “razionalizzare” questa partita dentro un commento e un’analisi. Sono d’accordo col mister: a volte nel calcio va così, anche se quest’anno tante volte il Verona non ha avuto la capacità di “ammazzare l’avversario” (ovviamente sportivamente parlando). Non l’ha fatto con l’Inter, col Milan, col Napoli all’andata. La differenza è che stavolta c’era davanti il Cesena a cui sei stato nettamente superiore.

Forse è la mentalità che manca, forse è l’incapacità di gestire le partite, forse è perché non sappiamo difendere (il terzo gol è una somma di errori che nemmeno a calcio balilla si vedono). Fatto sta che abbiamo sbagliato il colpo del match point. Potevamo già festeggiare la salvezza e poi vedere che razza di campionato sarebbe uscito.

Invece siamo ancora qui a dover remare con fatica. Peccato. Ma sarà ancora più bello farlo sabato con l’Inter, squadra a cui Mandorlini è legatissimo. Che bello sarebbe fare uno scherzetto ai nerazzurri e riprenderci quanto perso con questa pazzesca partita…