ATTACCO STELLARE, MA LA VERA SFIDA SARÁ LA DIFESA

Pazzini e Toni sono una coppia fantastica, una coppia di attaccanti che, numeri alla mano, il Verona ha poche volte avuto nella sua storia. Questa é una garanzia per il prossimo campionato. Ma se l’Hellas vorrá soffrire meno (poco) dovrá sicuramente cambiare registro in difesa. I gol presi nella scorsa stagione sono tanti, troppi, e solo l’annata straordinaria di Toni unita alla oggettiva pochezza degli avversari,  ha permesso all’Hellas di non restare invischiata nella palude della lotta per non retrocedere.

La societá e Mandorlini hanno voluto cambiare lo staff di fatto  silurando Roberto Bordin, il fidato vice del mister, che curava la fase difensiva. Io non credo che Roberto avesse tutte le colpe del mondo nei gol presi dal Verona. In parte erano responsabilitá dei singoli, piú in generale dell’atteggiamento a “rinculare” della squadra. La questione é nota. Il Verona difende talvolta molto basso e il rischio di portarsi in area gente che non perdona é evidente. 

Ho letto recentemente un’intervista di Maran in cui l’allenatore del Chievo, che é squadra solidissima in difesa, pur avendo a livello di singoli meno qualitá, a parer mio, rispetto all’Hellas, spiegava di non praticare allenamenti per singolo reparto, ma di allenare personalmente ogni singola fase, meglio se in maniera omogenea (con la distinzione possesso/non possesso).

Credo sia questo, piú che lo staff, a fare la differenza. Vedremo a breve cosa cambierá nel Verona da questo punto di vista (oltre a verificare la qualitá dei singoli). La grande partita di questa stagione si giocherá lí. Al resto ci penserá la nostra “bomberlandia”…

PAZZINI-TONI DA FAVOLA

Poche chiacchiere. La coppia Toni-Pazzini é una coppia da favola. Raramente il Verona ha avuto nella sua storia una coppia di attaccanti cosí forte. Mi viene in mente il fantastico duo Bui-Traspedini e i puffi al tritolo Galderisi-Iorio. É evidente che Pazzini-Toni devono giocare sempre e comunque assieme. Credo che Mandorlini ne sia conscio è che sappia benissimo che ora tocca a lui trovare il bandolo della matassa. Quest’anno l’allenatore dovrá dimostrare finalmente di sapere fare un altro modulo oltre al 4-3-3. Non ho dubbi che Mandorlini abbia voluto Pazzimi e mi pare che il Verona che sta nascendo sia quello piú “Mandorliniano” di sempre. Se le premesse sono queste ci sará da divertirsi  molto anche quest’anno. Un piccolo ps sulle nuove maglie che hanno innescato il solito dibattito. Come ho giá avuto modo di dire altri anni credo che la questione sia soggettiva (piacciono, non piacciono). Ma la considerazione che vorrei fare é generale: capisco il marketing, ma l’unica cosa che mi sento di dire é che almeno la prima maglia mi piacerebbe restasse sempre uguale, magari solo con piccoli restyling. Il Verona sembra essere una squadra diversa ogni stagione e questo mi pare francamente eccessivo.  È quella di quest’anno mi ricorda troppo la Juventus. Quindi la reputo orrenda. Parere personale, sia chiaro.

PAZZINI, SOGNO DELL’ESTATE

Bisogna essere chiari: una chiacchierata è diventata un contratto quadriennale già firmato. Non è così. Pazzini ha un costo per il momento “improponibile” per il Verona. Guadagna troppo e quindi (per ora) non arriva. Significa che è solo una bella idea di mercato, un sogno. Aggiungiamo che da quanto sappiamo Pazzini si è fatto una foto in vacanza con Toni e insieme l’hanno mandata a Mandorlini, il quale, sorriso sulla bocca, ha esclamato: “Ecco, mi toccherà cambiare modulo”.

Il che equivale a dire che Pazzini sarebbe un bel rebus per il mister (come Saviola), ma che per il “Pazzo”, (che Mandorlini ha cresciuto come un figlio), il mister sarebbe anche pronto ad abiurare il suo 4-3-3. In fondo l’aveva detto anche con Paulinho che pareva aver messo tutti d’accordo (tranne i suoi procuratori…).

Insomma, diciamocelo chiaro e tondo: una coppia d’attacco Toni-Pazzini farebbe sognare anche chi soffre d’insonnia cronica. L’importante è che proprio il mister ne sia convinto e che non si ripeta un caso Saviola.

Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Pazzini si è proposto, Mandorlini è solleticato, la società ragiona col bilancio in mano e la calcolatrice in tasca. Lasciamo che le cose scorrano. Se ci sarà l’opportunità Pazzini magari arriverà.

 

A PAROLE SONO TUTTI BRAVI CON I GIOVANI…

A parole sono tutti bravi con i giovani. Un po’ come l’abusato “progetto”. Sono bravi i presidenti: “Puntiamo sui giovani”. Sono bravi i direttori sportivi: “A caccia di giovani”. Sono bravi gli allenatori: “Siamo una squadra giovane”. E sono bravi i tifosi che vogliono i giovani nella loro squadra.

A parole. Poi prendi un giovane e al primo errore è un cretino, quando non uno scarsone, un brocco, un incapace. È così da sempre e a Verona è così un po’ di più. Gilardino sembrava un idiota poi ha fatto quello che ha fatto. E a turno abbiamo bruciato un sacco di gente, tranne poi pentircene quando li abbiamo visti esplodere da altre parti.

Allora dico che coi giovani serve pazienza. Certo, non infinita. Se uno vale ad un certo punto deve venire fuori e dimostrare anche di avere le palle, perchè il Bentegodi non è uno stadietto per ballerine e giustamente richiede massima applicazione e una bella personalità.

Mandorlini ama raccontare che Trapattoni diceva che i ragazzi sono come i ghiaccioli e vanno gustati lentamente. Forse ha ragione lui. Però ad un certo punto, quando sono pronti, bisogna metterli dentro.

Mandorlini ha il merito di aver valorizzato come nessuno ha fatto Jorginho, Iturbe, Sala e Tachtsidis. Non vedeva pronti Cirigliano, Zampano  e forse anche Valoti. Bianchetti è un’altra cosa. Ora che il capitano dell’Under 21 è un capitale dell’Hellas bisognerà lavorarci e puntare anche su di lui. Con un po’ di pazienza. Gustandolo come un buon ghiacciolo all’amarena in questa estate senza colpi di sole.

ANDATE IN PACE

Non capisco che male ci sia ad ammettere una cosa che nel mondo del calcio è risaputa e alla luce del sole: Gardini e Bigon sono amici ed è logico che se Bigon è arrivato a Verona è perché tra i due c’è stima e amicizia. Non vedo nulla di male e francamente nulla da nascondere. Non capisco quindi la precisazione del presidente durante la conferenza stampa: Bigon l’ho preso io. E ci mancherebbe presidente… Chi doveva prenderlo? Non la pensiamo ancora incapace di intendere e volere e quindi è chiaro che la decisione spetta a lei. Speriamo sia sempre così, perchè questa è una garanzia. Ma se anche fosse stato Gardini a suggerirle Bigon, come è stato, non sarebbe la fine del mondo, anzi sarebbe la dimostrazione che finalmente il Verona torna a viaggiare compatto in società senza mille anime, mille conflitti e con responsabili ben precisi.

Bigon si è presentato volando bassissimo. Con l’aria di un giovane curato che il Vescovo, dopo averlo mandato a Napoli in una parrocchia un po’ tumultosa, adesso fa “ossigenare” a Verona. Bigon ha annunciato che la salvezza è il principale obiettivo (ci mancherebbe bis…) e che Sala e forse Gollini sono sul mercato (qui avrei qualcosa da dire ma la diremo al momento opportuno). A precisa domanda ha anche detto che con i giovani è meglio andarci piano, che è meglio portare a casa il risultato (e quindi i soldi di Sky…) che valorizzare un giovane e rischiare la serie B. Un po’ il contrario di quanto aveva affermato Setti qualche settimana fa spiegando le linee guida del nuovo Verona, ma è comprensibile e credo sia molto in linea col pensiero di Mandorlini. Nessuna rivoluzione, ha spiegato Bigon ai parrocchiani, ed anche questo dopo 100 punti e una promozione mi sembra di buon senso.

E’ stata una presentazione come ne ho viste tante, l’unica cosa di cui sono grato a Setti e Bigon è averci risparmiato la parola “progetto” che francamente ha rotto le scatole tanto è stata abusata in questi anni, visto che sappiamo tutti come va il calcio e il progetto è tale solo quando si vince, mentre quando si perde tutti corrono ai ripari e il progetto finisce nel cesso.

Come detto, Bigon va lasciato lavorare e non può essere preventivamente giudicato. Lo farà per lui il campo. E ora, simpaticamente, andate in pace…

LA SCELTA LOGICA

Ho atteso fino ad oggi per parlarvi della gara con la Juve. Volevo legare la firma del mister alla più bella partita di quest’anno.

Cosa ci ha detto quella partita? Semplicemente che Mandorlini è un ottimo allenatore quando vuole preparare bene una gara  e che il Verona non era così scarso come qualcuno voleva farvi credere e come forse anche Mandorlini pensava.

Ci sono state in questo campionato delle punte d’eccellenza che ci hanno fatto capire che questa squadra aveva un ottimo potenziale. Non completamente espresso. O meglio: espresso solo a sprazzi. Alcune gare sono state dei capolavori. Napoli, Juve, Cagliari. Altre delle ciofeche. Resto della mia idea: se tutti fossero stati convinti, più convinti,  questo campionato poteva avvicinarsi molto a quello della scorsa stagione. La gara con la Juventus è stata l’esempio più lampante.

Ora parliamo di Mandorlini. Resterà minimo due anni sulla panchina del Verona. E’ il contratto più lungo che Setti gli abbia mai fatto. Il presidente ha vinto tutte le sue perplessità e con una sana dose di pragmatismo, logica e anche un po’ di opportunismo, gli ha dato le chiavi tecniche del Verona.

Ha fatto bene. Nel calcio non ci sono i se e i ma. Comandano i risultati. Che a Verona sono tutti dalla parte di Mandorlini. Non c’è niente da fare. Può piacerti o non piacerti il suo gioco, il suo mono-modulo, il suo modo di gestire lo spogliatoio, ma Mandorlini ottiene risultati.

Ha guidato la squadra in B facendo un capolavoro, l’ha quasi portata in A, compiendo un mezzo miracolo, l’ha portata in A quando era costretto a vincere, l’ha quasi portata in Europa al primo anno di A, e si è salvato con grande anticipo quest’anno. Qualcuno si chiede che cosa possa fare di più adesso. Io credo possa migliorare ancora.

Mi dispiace però che nell’analisi venga fatta ricadere la colpa di tutti i gol presi a Roberto Bordin. Sarà lui probabilmente a rimetterci il posto. Non è giusto. Il responsabile, credo, sia sempre e solo il tecnico e il suo modo di intendere il calcio. Vedremo se con altro staff il Verona cambierà atteggiamento e si assisterà ad un altro tipo di gioco. Non ne sono convinto. Bordin mi pare più un capro espiatorio per i 65 gol presi quest’anno e quella difesa che si abbassa in maniera esagerata in alcuni frangenti della gara.

Dico ora quello che vorrei vedere il prossimo anno. Mi piacerebbe che Mandorlini tornasse quello della prima B, quando con una squadra mediocre dal punto di vista tecnico, immensa da quello umano, fece un grande calcio, giocando bene ovunque, attaccando, difendendo, senza paura, contro tutti. Quello è stato il Verona che più mi è piaciuto e che meritava l’impresa se solo l’imbelle Massa avesse concesso il rigore decisivo.

Vorrei anche che non capitasse più un caso Saviola. Non può esistere che un fuoriclasse del genere latiti in panchina. Una domanda che non avrà risposte è questa: ma se Saviola avesse avuto la stessa fiducia che Mandorlini ha riposto su Gomez, Tachtisidis, lo stesso Toni, siete sicuri che noi non eravamo anche quest’anno la sorpresa della A?

Ora in molti dicono: a Mandorlini bisogna dare gli uomini adatti. Dimenticandosi di come va il mondo. E’ impossibile, che una società come il Verona possa arrivare ad accontentare al cento per cento il suo allenatore. Non lo può fare la Juventus, figurarsi l’Hellas. Il mercato è fatto di opportunità, di occasioni, di casualità. Molto più di quello che ci vogliono far credere. Poi sta all’allenatore trovare il modo giusto di far rendere i giocatori. Spero che Mandorlini venga accontentato il più possibile, ma dubito che sarà così.

Il nuovo corso è partito e Mandorlini sarà la continuità. Il mister è atteso da un impegno titanico e quest’anno avrà ancora più responsabilità. Mai come stavolta questo sarà il “suo” Verona. Buona fortuna Andrea e che gli dei del pallone siano sempre con te…

 

 

SETTI 2.0

E’ nato il Verona 2.0. Come ogni buon imprenditore Maurizio Setti ha deciso di rischiare. Rompendo con Sogliano, dopo tre anni di successi e promettendo un “Verona ancora migliore”, il presidente si è preso un’enorme responsabilità

Dobbiamo riconoscere che legittimamente nessuno può imporgli scelte o persone. Il Verona è suo, è lui che ripiana i debiti, è lui che si gode (eventuali) onori. Ma il Verona non è un’azienda normale. Non si tratta di vestiti, nè di tortellini, nè di auto. E’ un’azienda che si basa sulla passione della gente, l’espressione di una città, anche se questa città nelle sue forze imprenditoriali non è che abbia mai guardato tanto al Verona e quando lo ha fatto lo ha fatto con fastidio, spesso sparando contro la sua tifoseria.

Che si voglia o no, Setti è per ora l’unica possibile guida della società scaligera. Non è un’ipotesi, ma la realtà. La storia è lì per essere letta e non dimenticata. E la storia ci ha raccontato che Piero Arvedi è stato isolato (anche per colpe sue) e che Martinelli, sano e coraggioso industriale con cui sarebbe stato possibile un dialogo e una collaborazione, non ha trovato uno straccio di socio per andare avanti. L’unico che ha acquistato il Verona è stato Setti ed è per merito suo se l’Hellas è tornato in serie A, e per il secondo anno consecutivo si è salvato. Chi lo critica pretestuosamente secondo me o lo fa per invidia o si è dimenticato di cosa è stato il Verona negli ultimi 20 anni. Questi sono fatti e non opinioni.

Ora arriviamo ai giorni nostri. E’ indubbio che il Verona ha voltato pagina. Credo che Setti abbia guardato al suo portafoglio e si sia accorto di aver speso troppo. Forse ha pensato che solo attraverso una gestione più diretta delle cose si possa resistere ancora in A. Conoscendo Sogliano, forse sapeva che non poteva ledere quell’autonomia che il ds richiede per lavorare. Forse, semplicemente il rapporto umano si era logorato. In questo senso ha vinto la linea Gardini. Toccherà al presidente dimostrare di avere un suo equilibrio e di non essere influenzabile.

Dopo la scelta di non continuare con Sogliano, Setti deve decidere se andare avanti con Mandorlini. L’idea di un biennale è sicuramente nella testa del presidente, che ha apprezzato del suo allenatore alcuni aspetti, ma non tutto. E’  chiaro che dopo aver contattato Guidolin a dicembre, Setti sta pensando anche di cambiare la guida tecnica.

Mandorlini gode del favore della piazza, ma Setti non è uno che si fa condizionare. Semmai pensa di più a quello che sono state queste due stagioni. E’ stato soddisfatto o no? Se si guarda al risultato non si può che essere felici. Ma Setti pensa anche al domani ad un Verona che lanci i giovani e che sfrutti al meglio la rosa a disposizione. Forse quest’anno non è sempre stato così.

Quello che rischia di più è sicuramente Mandorlini. Con l’addio di Sogliano si è chiuso anche per lui un ciclo, e pur con frequenti discussioni, i due hanno trovato un loro equilibrio. Ora Mandorlini deve resettare tutto e ripartire. Lo deve fare con un ds che non conosce e con un Setti più presente. Con una rosa più limitata e minore scelta. Forse lo farà con uomini più adatti al suo modulo, ma su questo non ci giurerei perchè neanche la Juventus acquista giocatori per fare contento un allenatore, figurarsi il Verona. Sicuramente dovrà inserire qualche giovane quando infortuni e squalifiche lo richiederanno.

C’è poi la questione dell’ingaggio che non è secondaria. Se le cifre trapelate sono vere si richiede al tecnico un “sacrificio”. L’amore per il Verona gli farà superare anche questo ostacolo oppure diventerà un macigno nella trattativa? Senza contare l’aspetto dello staff tecnico, altra questione “spinosa” da trattare. Mandorlini è affezionato ai suoi collaboratori, ma in società vorrebbero un ricambio.

Il Setti 2.0 sta per partire e per il presidente sono scelte decisive. Mai come oggi un nuovo ciclo è all’orizzonte. Ma Setti lo deve affrontare senza nuvole e con chiarezza. Continuare con Mandorlini se non è pienamente convinto può diventare il suo errore fatale. Se scegliesse ancora di andare avanti con lui dovrà accettare tutto. Nel bene e nel male. Come marito e moglie.

 

BUON VIAGGIO, VECCHIO ORSO

L’addio di Sean Sogliano a Verona apre una nuova pagina. Sogliano che non ama giornali e ribalta mediatica, ha affidato ad uno scarno comunicato verbale il suo addio. La sua commozione, a stento trattenuta (e per un vecchio orso come lui significa che se ne va col cuore spezzato…), dice che non è stato facile prendere questa decisione. Ma Sean è stato coerente con se stesso. “Se non sento la piena fiducia del presidente e se non ho un feeling completo non posso lavorare”. Nel calcio di oggi è destinato a ricevere molte amarezze.

Per quanto ho visto io e per come l’ho conosciuto, Sean Sogliano è stato uno dei migliori dirigenti mai passati da Verona. Il suo modo da fare un po’ naif, nasconde in realtà intelligenza e fiuto. Sean gioca d’istinto, spesso tentando l’affare clamoroso, qualche volta sbagliando.

Su una cosa non si discute. La sua onestà. Sean è onesto, non fa creste sulla spesa, puoi affidargli il portafoglio senza temere che te lo porti via. E poi è un vincente. Lo capisci da come vive le sconfitte, anche quelle più stupide. Non è mai “pacificato”, appena terminata una partita vorrebbe che fosse già martedì per tornare sul campo. Tra l’altro è incapace di godersi le vittorie.

Essendo onesto e coerente, non tradisce. Mandorlini lo dovrà ringraziare in eterno. Se in questi tre anni avesse trovato un altro ds, (inutile fare nomi sapete a chi mi riferisco), sarebbe stato esonerato e con lo spogliatoio contro, magari sobillato proprio dal direttore sportivo.

Invece Sogliano è stato una preziosa stampella per l’allenatore, che non a caso, in questi tre anni ha ottenuto i migliori risultati della sua vita. Sean non gli ha mai risparmiato critiche, nè confronti. Ma lo ha fatto per il bene del Verona. E questo gli deve essere riconosciuto per sempre e se anche non lo facessero i diretti interessati, lo farà sicuramente la storia.

Il capitolo che si apre è un capitolo tutto nuovo. Setti ha deciso di cambiare, convinto ancora di poter migliorare il Verona. Il presidente ritiene, ed è legittimo che lo faccia, che sia finita la “fase di attacco” e che sia l’ora dell’organizzazione e della razionalità. Chi arriva dovrà confrontarsi con questo passato vincente, ma sarebbe ingiusto e sbagliato nei confronti dell’Hellas fargli pagare questo. Il calcio è una meravigliosa materia perchè il giudice supremo sono i risultati, come è stato per Sogliano. Saranno i risultati a stabilire se Riccardo Bigon è stata una scelta giusta. Ma dobbiamo per onestà morale, lasciarlo lavorare senza preconcetti.

Al vecchio orso che se ne va, un grazie particolare. Per averci dimostrato che nel mondo del calcio le brave persone e i professionisti seri esistono ancora. Buon viaggio Sean.

IL PLENIPOTENZIARIO GARDINI

Dunque, si è capito perchè Setti l’ha tenuta tanto lunga. Il presidente ha deciso di voltare pagina. In maniera clamorosa. Liquidando il suo braccio destro e cambiando in pratica una parte del management sportivo. Via Sogliano, dentro Bigon.

L’idea di Setti parte da lontano. Da dicembre. Quando i rapporti idilliaci che il presidente ha sempre avuto con il suo ds si sono improvvisamente “raffreddati”. Sogliano era stata la miglior intuizione del presidente di Carpi quando era arrivato a Verona. La diffidenza che aleggiava attorno al suo nome, unita alle referenze non proprio “cristalline” in fatto di rapporti interpersonali che arrivavano da Bologna sul conto del nuovo proprietario, inducevano ad andare molto calmi con le lodi. Ma il nome di Sogliano fu il miglior lasciapassare per lo sbarco di Setti a Verona. Figura onesta e cristallina (uno dei pochi…), giovane e rampante, con le idee chiare e con un suo giro di mercato, Sogliano era il puledro giusto su cui puntare. Setti e Sogliano formavano una coppia perfetta. Visione, ambizione e voglia di vincere. Gardini venne solo dopo, quando fu necessario dare anche una verniciata al Palazzo Verona dal punto di vista “politico”.

Per tre anni questa coppia ha funzionato benissimo. Poche materie come il calcio non temono smentite: contano i risultati. E i risultati conquistati dal Verona sono stati eccezionali. Serie A arrivata al primo colpo, 54 punti ed Europa sfiorata l’anno scorso, salvezza abbondante con possibile enorme rimpianto a fine di questa stagione (pensate se si arrivasse a 50 punti quanti bocconi amari dovranno digerire le “cornacchie” che hanno gracchiato sulla debolezza della squadra per molti mesi di quest’anno…).

Ora il presidente cambierà. Un cambiamento repentino che ha pochi eguali nel calcio. Squadra che vince, dice il proverbio, non si cambia. Invece Setti, a meno di clamorosi ripensamenti dell’ultima ora, ha deciso di affidarsi ad altri uomini. Il feeling con Sogliano non c’è più. E sarebbe da chiedersi perché, e state certi che lo chiederemo martedì quando il presidente sarà ospite nei nostri studi.

Sean che è abituato a sentire sulla pelle l’entusiasmo della proprietà ha capito che non è più aria. L’imbarazzo di Setti e il trascinare all’infinito questa trattativa era solo una strategia per “stufare” Sogliano che di certo non ha la pazienza tra le sue doti? Probabilmente sì, visto l’epilogo. Poi magari c’è stata anche la trattativa (smentitissima, fin troppo) con gli americani a trascinare la questione.

Ora scatterà la gara a dire chi ha abbandonato chi. Setti dirà che è stato Sogliano e in molti seguiranno questa linea. I fatti dicono che Sogliano ha rifiutato il Milan (il Milan, non lo Spezia o l’Atalanta…) per restare a Verona. Anche questa una decisione coerente con il personaggio. “Non vado a fare il cameriere di Galliani” disse l’anno scorso rivendicando la sua autonomia di pensiero. Sono certo che se ci fossero state le condizioni, Sogliano sarebbe rimasto.

Gli uomini passano le società restano. Un leit motiv che si sentirà spesso da qui in avanti. Personalmente la ritengo una cavolata. Le società sono fatte di uomini e le qualità professionali e morali di una persona al servizio di una società sono fondamentali. La Apple senza Steve Jobs rischiò di sparire, il Verona di Cannella non è il Verona di Sogliano. Se permettete. Nessuno meglio di noi veronesi sa quanto sono importanti gli uomini in una società. Se non fosse arrivato Mandorlini al posto di Giannini saremmo ancora in Lega Pro. Giusto per fare un esempio.

Veniamo al prossimo Verona. Al posto di Sogliano è stato scelto Riccardino Bigon, nato a Padova e dirigente del Napoli. Non mi permetto di dare un giudizio sul personaggio non conoscendolo. Anche qui, come sempre, sarà il campo a dare il responso. Diciamo solo che Bigon arriva da una stagione fallimentare con il Napoli fuori da tutto ed enorme delusione del campionato. C’è anche da dire che negli anni passati il Napoli ha anche vinto ed è stato per certi versi una società modello. Arrivare da Napoli e lavorare nel Verona non sarà facile. Ma in questo calcio ormai sono sottigliezze. Anche se a Verona hanno ancora un peso.

Quello che importa è sapere perchè Bigon arriva. Ed eccoci alla questione finale. Bigon arriverà perchè a chiamarlo e a volerlo è stato Giovanni Gardini, il “cardinale”.  Abituato a lavorare sottotraccia e dietro le quinte, Gardini ha convinto il presidente che la gestione sportiva di Sogliano non era più adeguata. E ha suggerito il nome di Bigon a cui è legato da una grande amicizia.

Quello che nasce, dunque, è il Verona di Gardini. Mai come in questo momento della sua vita e della sua carriera, il “cardinale” del Verona ha avuto tanto potere in mano. Le sorti dell’Hellas passeranno dalle sue decisioni e dalle sue scelte. Si confronterà con il passato vincente, di cui anche lui ha fatto parte, ma stavolta con un ruolo morale e politico tutto diverso. Bigon sarà un suo fido scudiero e con lui dovrà lavorare uno molto refrattario ai cambiamenti come Mandorlini che tutto sommato aveva trovato con Sogliano un feeling. Giustamente, come ha detto Setti, Mandorlini non aveva mai ottenuto simili risultati in serie A. E per quello che abbiamo visto noi, l’opera di Sogliano in questo è stata fondamentale. Anche come ombrello per le critiche e davanti ai tifosi. Ora di chi sarà la colpa se le cose andassero male? Mandorlini rischia di diventare un perfetto capro espiatorio.

Ci aspettano mesi duri, difficili, ma anche esaltanti. Il Verona per il terzo anno consecutivo giocherà in serie A. Una A che certamente avrà un livello ancora più basso di quello di questa stagione (con Carpi e Frosinone già promosse…) ma che potrebbe riservare sorprese. Se tutti dicevano che il secondo anno è il più duro, io dico che la vera incognita è la terza stagione, come purtroppo riscontrato nell’anno horribilis 2002. Buon lavoro quindi, lo auguriamo soprattutto a Giovanni Gardini per quella che è la sfida più importante della sua vita.

QUELLE FAVOLE CHE VIVI UNA SOLA VOLTA NELLA VITA…

Avevo 20 anni e forse è per quello che mi pareva tutto bello. Lo stadio, la gente, i giocatori. Ma forse era veramente tutto più bello. E me ne accorgo 30 anni dopo quando vedo Galderisi e sento Elkjaer sul palco. Gli eroi dello scudetto non sono stati eroi per caso.

Lo sono diventati perchè erano uomini eccezionali che hanno fatto un’impresa memorabile. Il 1985 è l’anno che ha segnato la mia gioventù. Eravamo spensierati ma anche impegnati, eravamo dignitosamente poveri e c’erano i dignitosamente ricchi che non erano sfacciatamente ricchi perchè c’era ancora un piccolo senso del pudore nel mostrare la ricchezza.

Non c’erano Iphone e Ipad ma c’erano orologi col pac-man e il Mario Bros del “Florida” che occupava le nostre mattinate lontane dalle aule di latino e greco. E c’era Tricella che abitava vicino al Maffei e quella sera, il 19 maggio 1985, andammo sotto a casa sua a rompergli le balle: “Noi vogliamo Tricella in nazional” e restammo lì finchè lui si affacciò dallo scuro verde della sua casa.

Ci salutò, lo salutammo e felici come bambini che giocano in mezzo alla Nutella andammo in Piazza Bra. E poi a casa. Eravamo campioni d’Italia e quella sera ognuno di noi si appuntò un ricordo per raccontarlo trent’anni più tardi, quando ormai sulla strada dell’anzianità ci siamo resi conto che certe favole vengono vissute una volta sola nella vita.