DERBY PER I CINESI

Li chiamano “effetti collaterali”. E poco importa se hanno distrutto il calcio. Se non li accetti non sei “moderno”. E poco importa che gli stadi siano vuoti. E che le televisioni a pagamento impongano il loro calendario adeguato ai palinsesti televisivi. Il calcio deve essere “venduto”. In Cina e in Thailandia. Senza televisioni, dicono, non c’è calcio. E prima? Prima di Sky e Berlusconi? Non c’era il calcio? Certo che c’era ed era bellissimo. E il Bentegodi era zeppo ogni domenica. Si giocava tutti alle due e trenta del pomeriggio. Tutti. Ed era una festa. Collettiva. Vera.

Il derby con il Chievo andrà in onda alle 12.30. Orario di pranzo. Dicono che sia per farlo vedere in Cina. E’ il calcio moderno, bellezza, ci ha spiegato GG, Giovanni Gardini. E siccome tutto sommato il Bentegodi è ancora uno dei pochi stadi in cui non si devono mettere le sagome di cartone al posto degli spettatori, ecco che anche al ritorno il derby si gioca all’ora di pranzo.

Nemmeno Campedelli è più quello di una volta. Dice che non gliene frega niente di arrivare prima del Verona. Vada a dirlo ai cinesi che qui non ci crede nessuno.

LAZIO PIU’ FORTE MA VERONA SENZA ANIMA

Ci sono gare in cui l’avversario è più forte di te. La Lazio lo è. Senza dubbio. In questo momento, probabilmente è la squadra che gioca il miglior calcio in Italia. Fatto questo doveroso preambolo c’è da chiedersi se quello sceso in campo all’Olimpico è stato il miglior Verona.

Rispetto alla gara con il Napoli si sono fatti mille passi indietro. Purtroppo questa squadra sembra incapace di assorbire alcune assenze. Ora appare abbastanza ridicolo dire che senza Sala siamo un’altra squadra, ma è così. Il giovane esterno pare imprescindibile con i suoi cambi di passo, così come sono imprescindibili Gomez e Jankovic, due onesti gregari che sono fondamentali per il gioco di Mandorlini.

Mancando loro, Mandorlini è apparso incapace di adattare il suo modulo agli uomini a disposizione. Nico Lopez è rimasto in panchina, Lazaros è una grande incompiuta, Hallfredsson esterno alto e in serata no, è stato un lontano parente di quello che ha preso a martellate i napoletani, Toni isolato e solo ha avuto zero palle giocabili.

Solo Obbadi e Tachtsidis hanno dato un pochino di ordine e di verve al centrocampo, discreto Pisano sulla fascia, ma in generale è un Verona che si è nuovamente involuto e che è tornato indietro dal punto di vista della mentalità, quasi rassegnato davanti alla forza della Lazio.

Continuo a pensare che la tranquillità sia una grande nemica di questa squadra che ha sempre bisogno di qualche buon motivo e di qualche scrollone per rendere al massimo. Come se la dolce e rilassata atmosfera di Peschiera addormentasse i muscoli dei nostri eroi.

Beh, c’è poco da stare tranquilli: dopo la sosta arriva la gara più importante della stagione. M’è piaciuto Mandorlini quando ha detto che la sfida contro il Cesena è una sfida decisiva. Se siamo quelli che hanno steso il Napoli non ci sarà problema. Se siamo quelli dell’Olimpico saranno guai.

PARTI-TONI

Non credevo fosse possibile che ci potesse essere un gialloblù capace di avvicinarsi alla grandezza degli eroi dello scudetto. Nessuno era neanche lontanamente paragonabile a quelle specie di semidei che sono appartenuti alla nostra adolescenza. Elkjaer, Briegel, Elkjaer, Tricella, Volpati, Sacchetti e Nanu Galderisi… erano come gli dei dell’Olimpo, mitici esseri per sempre scolpiti nelle nostre anime di tifosi del Verona.

Poi venne Luca Toni. E lui ci è riuscito. Spero che i ragazzi di oggi ne stiano apprezzando la grandezza sportiva, così come io e i miei amici quando avevamo vent’anni, guardavamo alle gesta dei nostri eroi.

Luca Toni, appartiene di diritto, alla schiera di questi grandissimi della storia del Verona. Il fatto che abbia raggiunto e superato uno come Elkjaer nelle segnature con la maglia dell’Hellas non è un fatto solo statistico.

Si è al cospetto di un giocatore immenso, infinito, ma anche uno di quei giocatori che quando li incontri capisci che il loro spessore, umano prima che agonistico, è molto profondo.

Lo penso anche al giovedì sera, quando ho la fortuna di avere al mio fianco, un grande campione come Nico Penzo. Ogni volta che bomber Nico apre la bocca ed esprime un parere, al microfono o fuori, capisco che non fu casuale il suo record e che la sua valenza umana vale anche di più del suo peso come giocatore.

Lo stesso è per Toni. Ho avuto la fortuna di conoscerlo al di fuori del campo, di osservarlo da vicino e di capirne tutto lo spessore. Ciò che si vede sul campo, i record, i gol, altro non sono che la sua vita. Un ragazzo solare, sorridente, attaccato ai valori, che sa dare importanza ai soldi, che sa da dove viene, che ha imparato a stare al mondo e che è stato ed è un costante punto di riferimento per il Verona.

A volte quest’anno, quando le cose andavano veramente male, mi chiedevo sinceramente chi glielo faceva fare. Lui campione del mondo, lui che ha vinto ovunque, lui che poteva fregarsene. Invece, c’era lui a Torino dopo i dieci gol con la Juve a rincuorare tutti i compagni e a metterci la faccia e pensate che voleva presentarsi pure dopo la gara con il Genoa, quando invece qualcuno gli disse: “No, Luca, oggi non è giusto che vai tu”.

E c’era lui al ritorno del pullman a Peschiera quando i tifosi vollero giustamente guardare negli occhi la squadra che stava precipitando. E fu lì che qualcuno gli disse: “Ti te sì l’unico che non g’ha da domadar scusa…”. Ma lui era il capitano e andò davanti a tutti per difendere i suoi compagni.

Toni ha un valore che va al di là dei gol e delle prestazioni eccezionali sul campo. I suoi parti-toni con la maglia del Verona sono ormai nella nostra memoria, così come le cavalcate di Elkjaer, i lanci di Di Gennaro, i bolidi di Briegel, i gol del Nanu. Nella storia, come solo i grandi sanno entrare. E chissà se siamo alla fine, oppure questo è solo un nuovo inizio di una storia (quella di Luca), che forse non ha ancora visto i titoli di coda. Infinita, appunto.

 

POTENZIALE SOTTOSTIMATO

A costo di essere impopolare e andare controcorrente, dirò che resto della mia idea. Il potenziale di questo Verona è stato ampiamente sottostimato. La squadra vale di più dei 29 punti che ha in classifica e se quest’anno tutti (tutti intendo Mandorlini, tifosi e società) se ne fossero convinti prima invece di avvilupparsi nello sterile e inutile dibattito sul tecnico (pro o contro Mandorlini, pro o contro la società, pro o contro la squadra) i punti raccolti potevano essere molti di più.

Così non sai se ridere o piangere per il pareggio contro il Milan. C’è da ridere per com’è arrivato. C’è da piangere perchè questa era una partita da vincere.

Solo che stavolta (la differenza è questa), il Verona c’ha provato davvero, fermata solo dal mediocre arbitro Giacomelli, pessimo in tutte le scelte che ha fatto, tranne che nel solare e lampante penalty fischiato a favore del Verona.

Pessimo quando non ha espulso Muntari che andava ammonito per un fallaccio pre rigore, pessimo quando ha dato la punizione per una mano di Pisano che poi ha portato al rigore, pessimo quando ha fischiato il rigore (Jankovic sbilancia appena Mexes nel tentativo di anticiparlo ma l’attaccante inciampa due metri più in là e sul pallone…), pessimo quando non ha fermato l’azione del secondo gol milanista viziata da un fallacio di Pazzini su Marques.

Inzaghi ha insegnato ai suoi l’unico schema di cui è stato capace nella sua brillante carriera: “Butta la palla in area e tuffati come Cagnotto e Di Biasi ogni volta che senti un avversario che ti sfiora”. A volte, quando giochi a San Siro e magari indossi la maglia rossonera, ti va bene.

Non gli è andata bene, perchè il Verona ha estratto dal cilindro Nico Lopez, uno dei tanti che avrebbe potuto dare di più anche se ha segnato cinque gol, quattro dalla panchina, record della serie A. Ed ecco perchè dico che il Verona ha ancora potenziale da esprimere. Sarebbe bellissimo vederlo uscire (il potenziale) tutto in questo finale di campionato. Penso a Lazaros che è ancora un’incompiuta, a Obbadi che abbiamo recuperato solo ora, a Saviola, a Sala, ma anche a Gollini e perchè no? a Fares che Mandorlini vorrebbe buttare nella mischia in questa fase finale non appena la classifica si sarà completamente assestata.

Dice Mandorlini che ora il Verona gioca bene perchè è tranquillo. Non sono d’accordo. Il Verona gioca meglio perchè proprio perchè secondo me non è tranquillo. La scossa che gli è arrivata dopo la gara con il Genoa è stata salutare. Gli allenamenti hanno perso quella routine che aveva prodotto bassa intensità e scarsa forma. C’è attenzione, voglia di arrivare al risultato, attenzione ai particolari. Spero che la tranquillità non venga mai trovata da questa squadra. E se gli allenamenti a porte aperte, davanti ai tifosi che vigilano (in campo e fuori…) hanno portato a cinque punti in tre partite con due trasferte e dopo aver incontrato Roma e Milan, di che cosa parliamo?

Giusto per capirci: c’è il Napoli dietro l’angolo e quel 6-2 brucia ancora tantissimo. E sebbene aprire il Bentegodi o l’antistadio sia affare più complicato della frattura Tosi-Salvini, sarebbe bellissimo rivedere l’Hellas in città questa settimana. Gardini, maestro nel trovare le soluzioni all’interno della macchina burocratica, si metta al lavoro, please…

BASTA INDUGI: BISOGNA RIPARTIRE DA SOGLIANO E MANDORLINI

Lo dico da tempo. Per mesi ci siamo scannati su un concetto sbagliato legato alla figura di Mandorlini. Per carità: il mister è uno che divide, le sue paure che diventano “granitiche certezze” non sempre hanno fatto il bene della squadra, ma siccome nel calcio contano i risultati, c’è da dire che Mandorlini anche quest’anno li ha ottenuti.

A Verona Mandorlini ha raggiunto: due promozioni, ha disputato un campionato in A sfiorando l’Europa League e sta per portare in porto la salvezza (mancano ancora una decina di punti…). Cosa gli si può imputare?

Ma se Mandorlini, che in A aveva allenato poco e male, entrando in conflitto con tutti gli ambienti dove era stato, tanto da incollarsi addosso l’etichetta di piantagrane e di allenatore da serie minori, ha fatto tutto questo il merito è anche di Sogliano.

Il ds, dotato di carattere focoso è un tipo sbrigativo ma anche molto onesto e coerente. Diciamoci la verità. Avesse voluto far saltare il mister quest’anno avrebbe avuto tremila occasioni. Sean, invece, che ha valorizzato tecnici come Mangia e Sannino che poi, senza di lui si sono persi, ha tenuto duro e non ha mai remato contro.

Anzi: ha sempre spinto nelle direzione giusta. Facendo capire a Mandorlini dove sbagliava, aiutandolo ad avere una “visione” diversa anche dello spogliatoio, dove il mister non brilla per la capacità di dialogo.

L’effetto che abbiamo davanti è che questa “strana” coppia è andata avanti comunque, superando momenti terribili come il dopo Genoa, in cui veramente la barca ha vacillato pericolosamente.

Avranno entrambi mille difetti, ma hanno sempre lavorato per il bene del Verona, questo bisogna riconoscerlo. E soprattutto hanno portato tanti risultati.

Ora, il fatto che entrambi abbiano il contratto in scadenza a giugno è un po’ un controsenso. E’ vero, come dice Sean che i contratti valgono poco se manca poi l’affinità con le persone. E non so che cosa abbia in mente Setti che rischia di perderli entrambi.

Io, fossi in lui, un pensierino in questo senso, per il bene del Verona, comincerei a farlo…

SPARTIACQUE

Ricorderemo questa vittoria con il Cagliari come lo spartiacque di questo campionato. Il Verona fa un passo decisivo verso la salvezza, mettendo otto preziosi punti tra sè e i sardi terz’ultimi. Lo ha fatto con una gara d’altri tempi, impastata di sofferenza e di vecchio catenaccio. Non una gara bella esteticamente ma che ha vissuto epici momenti.

E’ affascinante che l’icona di questo successo sia Francesco Benussi, sette giorni fa sul banco degli imputati per il pareggio con la Roma, ed oggi eroe di giornata, sebbene non “titolare” ma semplice riserva di Rafael, così come da enigmatica risposta più volte pronunciata da Mandorlini.

Normale, invece, anche se normale non è, che la firma della vittoria porti il nome di uno straordinario campione che abbiamo la fortuna di ammirare, serio e determinato, in questo scorcio finale di carriera: Luca Toni.

Mandorlini ha rimesso nella mischia anche Jacopo Sala, campione di cristallo, speriamo d’ora in poi prezioso supporto di questo Verona. Uno come Sala, l’abbiamo detto ogni volta ha rifatto capolino in questa squadra, è mancato come l’acqua ai beduini del deserto.

Un campionato strano come questo, in cui tre punti fanno la differenza tra il paradiso e l’inferno, ci fa capire quante occasioni abbia fallito il Verona per poter dare una dimensione diversa al proprio cammino. Ma l’acqua passata non macina più ed è inutile esercizio adesso girarci indietro e interrogarci su quello che è stato o non è stato.

La cosa più importante è che il vecchio Hellas abbia portato a casa una vittoria fondamentale. Tutti assieme, come una squadra vera. Conta solo quello. Il resto dell’analisi lo lasciamo a tutti coloro che hanno sparato a palle incantenate contro questa squadra mettendone in dubbio il valore fin dalla prima giornata. Loro avranno stasera la risposta giusta.

Noi umilmente ce la godiamo, felici di aver sollevato l’allarme quando l’aereo pareva precipitare senza che nessuno lo pilotasse. Magari diranno che non era il caso (anzi l’hanno detto). Invece è servito. Mamma mia quanto è servito…

CADUTA ARRESTATA, L’AEREO E’ DI NUOVO SULLA ROTTA GIUSTA. MA…

I piloti hanno superato brillantemente la tempesta. L’aereo è di nuovo stabile, sulla rotta giusta. La caduta è stata arrestata. Questa gara con la Roma è stata una specie di corroborante per il Verona. C’è persino il rammarico di non averla vinta.

Se Mandorlini cercava delle risposte le ha avute. Alla pari della società. La squadra risponde ancora alle sollecitazioni dell’allenatore e questa è la migliore notizia dopo le tre sconfortanti gare precedenti.

Questa gara dovrebbe sgombrare il campo da tanti dubbi e invece me li ha aumentati. Mi chiedo perchè allora il Verona non abbia sempre giocato così. Quale sia il valore di questa squadra. Mi chiedo anche se non sia l’ennesimo fuoco di paglia. Come la gara di Udine, quando pareva che tutto fosse stato risolto con quella rimonta.

Mi dispiace ma non ci credo. Non sono convinto che da adesso in poi tutto sia in discesa. Mi chiedo ora che Verona scenderà in campo col Cagliari: quello che barcollava con il Genoa? O quello del secondo tempo con la Roma? Quello che ha vinto con l’Atalanta dopo essere stato ripreso? O quello che è stato preso a pallonate dal Torino?

Nulla è stato ancora fatto e solo tornando da Cagliari con tre punti questo campionato può diventare meno misterioso e più normale. Già, normale come quelle porte aperte a Peschiera… Hai visto mai che per fare una gara decente bastava questa piccola ma significativa mossa? Magari adesso anche questa squadra ha capito per chi gioca e che valore ha la maglia gialloblù.

ALLARME ROSSO

Le spie sono accese, le sirene suonano, gli allarmi sono scattati. Ora bisogna far scendere le maschere d’ossigeno e sperare che i piloti ci facciano atterrare senza troppi danni. L’involuzione del Verona è senza fine, e seriamente, stasera siamo una delle candidate alla retrocessione.

Il Chievo ha mentalità e ci ha raggiunto, l’Empoli pareggia col Milan, il Cesena addirittura con la Juventus che a noi ha rifilato dieci gol in due partite. Persino il Parma che pareggia con la Roma nostra prossima avversaria al Bentegodi, in questo momento pare averne più di questo Hellas.

Mandorlini non ne azzecca più una, passa dal 5-3-2 al 4-3-3 sbagliando uomini e non migliorando la fase difensiva che ormai è roba da circo Orfei. La società è ferma, immobile, come paralizzata, forse stupita da tanta involuzione.

Sogliano sta zitto, Gardini è sfuggente, il presidente sfoggia calma apparente che forse è solo terrore. La squadra, dal canto suo, Luca Toni e qualche eccezione a parte, parla solamente e non fa seguire i fatti alle parole. Non so come si possa fare a invertire questa pericolosissima tendenza. Ma qualcuno deve decidere o dire qualcosa. Prima che sia troppo tardi. Sperando che non sia troppo tardi. Meglio se lo fa Setti. E’ il suo momento più difficile da quando è qui. Vediamo come se la cava.

LA LEZIONE DELLA PRIMAVERA

Mentalità. Si compra? No. Si acquisisce. Si ha. Con il lavoro, con la determinazione, con il carattere e l’autostima. La si coltiva ogni giorno. Il miracolo della Primavera del Verona è questo. Non c’entra niente cambiare, uno, dieci, diciassette o diciotto giocatori.

Per principio stesso del calcio giovanile, la Primavera cambia tutto ogni due anni. Assemblarla non è facile. Ma Pavanel, artigiano del pallone, nato a Portogruaro e ormai mezzo veronese, svolge questo lavoro con passione e dedizione. Vedere i suoi allenamenti è passare due ore dentro la felicità del pallone. Un divertimento e un arricchimento. La Primavera del Verona ha una mentalità. Il Verona, purtroppo no. Non ancora almeno. O meglio a sprazzi.

Dai ragazzi dell’Hellas arriva oggi una ventata di ossigeno e aria pura che fa bene ad ogni stanza del Verona e della società, anche là dove in questo momento c’è un po’ di aria stantia. La mia maestra diceva che bisogna aprire le finestre ogni tanto per respirare meglio e far funzionare il cervello. Apriamo le porte anche al Verona. Alla svelta. Prima che alcuni pesante miasmi ci tolgano il respiro. Complimenti a Calvetti e al suo staff. E ora giochiamocela contro una corazzata come l’Inter che spende cento volte più di noi. La dignità e la passione fanno miracoli a volte. E se non lo fanno, grazie ragazzi lo stesso. Siamo orgogliosi di voi.

NON E’ IL TEMPO DI CERCARE I COLPEVOLI. E’ IL TEMPO DI FARE I PUNTI PRIMA CHE SIA TARDI

Abbiamo passato un girone a cercare il colpevole. Mandorlini, Setti, Sogliano, Gardini, el capitan Marquez, la difesa, le cessioni, gli acquisti. E chi più ne ha più ne metta. E mentre abbiamo fatto questo il Verona scivolava sempre più in basso, sempre più involuto.

La salvezza, però non è mai stata in discussione e certe volte, se non sempre, la nostra (discussione) ha virato su sterili polemiche. Il modulo, e ancora Mandorlini, Setti, Sogliano, Gardini eccetera eccetera.

Una sconfitta pesantissima come quella contro la Juventus, è stata confinata nella cartella “episodi”. Ed era invece sbagliato perchè quella gara, anzi, quelle due gare, erano il primo segnale che qualcosa non andava. E venne poi la gara con l’Atalanta e il mondo tornò a sorridere e l’orchestrina sulla nave tornò a suonare giuliva.

Ma poi arrivò Palermo e ora Torino e allora dobbiamo suonare un’altra musica. Perchè, amici miei, stavolta non si può fare come nel 2002 quando il Titanic navigava a tutta velocità contro l’iceberg senza che nessuno se ne accorgesse.

Stavolta è meglio suonare le sirene, e pensare seriamente, tutti, alla salvezza come principale bene da portare a casa in una stagione disgraziata. E’ bene che Setti cominci a pensarci su seriamente e con lui, anche Mandorlini e la sua squadra. Quell’allarme che Luca Toni e Moras suonarono per primi dopo il set di Napoli, fu, ahi noi profetico.

Mai come oggi, credo che sia il presidente Setti a dover prendere in mano il timone della nave. E’ importante, perchè in questo momento non può farlo una dirigenza con il contratto in scadenza. Setti ha voluto così, rimandando la decisione a dopo la salvezza. A maggior ragione, ora tocca a lui essere il punto di riferimento di questa società. Se non altro per difendere il suo investimento. Vada in sede, si faccia vedere al campo, segua gli allenamenti. Anche il Verona, come Manila Grace è una sua azienda. E non meno importante, visto il fatturato.

Ci sono dei momenti in cui un padrone si deve far vedere e sentire. Ora non è il momento delle deleghe. E’ il momento di prendere delle decisioni e di essere presente. Carpi è a mezz’ora d’auto da Verona, presidente. E una visita quotidiana in sede, al campo, in città farà bene al nostro Hellas e anche a lei che così comincerà a capire tante cose che ora delega.

Stasera sono preoccupato. Questo Verona non mi piace. Una squadra che concede sempre un tempo agli avversari, incapace di reagire, se non nel finale, in un copione che continua imperterrito a ripetersi di gara in gara. Così a Palermo come col Torino.

Ognuno avrà le proprie responsabilità, da chi ha costruito la squadra a chi non l’ha rafforzata a gennaio, a chi la mette in campo e a chi in campo ci va. Francamente a questo punto non conta più. Bisogna pensare a mettere in fila 16 punti, arraffandoli con le unghie e con i denti di qua e dì là, con umiltà e con cuore, in mezzo ai fischi o agli applausi (fosse lì il problema, quali cazzate mi tocca sentire…).

L’orchestrina suona, ma stavolta prima che il Titanic affondi, è meglio che qualcuno scuoti quest’ambiente cloroformizzato. Non siamo disperati, ma la tranquillità è un’altra cosa. Tirare fuori i cocones, please. In fretta.