ALL’INFERNO ANDATA E RITORNO

Ho qui sulla mia scrivania il libro scritto dai colleghi Alberto Fabbri e Matteo Fontana. Si chiama “All’inferno andata e ritorno”. L’avevo sfogliato quando Matteo me l’ha regalato.

Stamattina, quasi per caso, mi sono messo a leggerlo. Parla degli anni bui del Verona, di Arvedi, Cannella, Colomba, Zeytulayev e compagnia cantante.

Un tuffo pazzesco in quella che a me appare preistoria e invece è appena successo, proprio l’altro ieri. Un esercizio di memoria (ahimè la memoria corta, male dei nostri tempi…) che in molti farebbero bene a praticare. Molti degli episodi narrati li ho vissuti in prima persona. Eppure a rileggerli mi pare incredibile siano successi.

Un libro che farebbe bene a tutti i disfattisti, gufi, tastieristi, malati di Facebook che in queste ore stanno creando un clima da tregenda attorno al Verona. Dimenticare è facile, dice il buon Vasco, basta non ricordare…

 

PUNTO NON OLET

I punti sono come il denaro: non puzzano mai. E non importa come arrivano. L’importante è che arrivino. Questo è il fine ultimo del calcio. Il timido e malaticcio Verona di Empoli torna con un punticino che alla fine del campionato sarà un buon punto. Chiariamoci: nessuno chiede a questa squadra qualcosa più della salvezza. Ormai lo abbiamo capito. Però tra questo Verona e quello che prometteva ben altre cose ad inizio stagione qualcosa è successo. Non so cosa. Credo sia un impasto tra infortuni, sfortuna, tensione da prestazione, limiti tecnici, testardaggine del tecnico.

Mandorlini non appare convinto. Non lo è nelle interviste pre gara, non lo è dopo. E’ nervoso, dice che il punto lo ha soddisfatto però non sopporta nessuna domanda. Resta un enigma la risposta su Rafael. E’ titolare ma gioca Benussi. Non l’ho capita.

L’impressione è che il mister stia aspettando che la bufera in qualche maniera passi, che le cose girino diversamente, che i fili si riannodino. Ma intanto il tempo scorre e il Verona fa sempre più fatica, come il suo condottiero, che ha meno gli occhi da tigre e appare un po’ stanco. E’ umano dopo tante battaglie, molte delle quali vinte. Il problema è che noi abbiamo bisogno del miglior Mandorlini, quello che va alla guerra e che non sbaglia mai due gare di fila, che durante la settimana ricrea il clima partita e alla domenica si vede tutto in campo.

Quando tempo è che questo non succede? Perchè la squadra non risponde più alle sollecitazioni? E ci sono ancora queste sollecitazioni oppure nel blindato fortino di Peschiera gli allenamenti sono più blandi e la routine, pessima consigliera nel precario mondo del calcio, ha preso il sopravvento? Chiedo non per spirito di polemica, ma per capire. Perchè altrimenti non si riesce ad avere un’idea di un Verona che parte bene e finisce male, di una squadra che non riesce a tenere novanta minuti la stessa intensità, di infortuni a catena.

Ultima nota: arriva il mercato. Non mi aspetto colpi roboanti, ma concretezza. Giocatori pronti per Mandorlini, che non avrà più alibi. Non possiamo permetterci altri casi Saviola. Il rischio questa volta è troppo alto.

 

IL VERONA DI MANDORLINI

Matteo Abbate: dopo Verona è andato alla Pro Vercelli, poi a Cremona (dove è ricordato per un clamoroso rigore con espulsione ai play off), e ora è a Pavia. Massimiliano Scaglia: finita l’esperienza all’Hellas è andato alla Pro Vercelli dove ha chiuso la carriera. Berrettoni: dopo il Bassano in Seconda Divisione è da quest’anno all’Ascoli, sempre in Lega Pro.

Per Pichlmann, Verona è stata l’apice della carriera. Dopo aver fallito a La Spezia, è tornato in Austria al Wiener Neustadt e da lì è tornato a Grosseto.

Il simpatico Lepillier è finito alla Juve Stabia. Potrei andare avanti. Mi fermo qui. Quella fantastica squadra che sfiorò la serie A, era conosciuta come il Verona di Mandorlini. Era una squadra che arrivava dalla Lega Pro e che aveva come unico scopo quello di salvarsi.

Una squadra composta da mediocri calciatori, come si evince dalla loro carriera successiva al Verona, ma che il mister aveva plasmato a sua immagine e somiglianza, mettendo in campo, forse, il suo Verona più bello di sempre. Una squadra che sfiorò la serie A, fermata solo dall’arbitro Massa.

Ciò vuol dire tutto, vuol dire niente. Ma credo che significhi che Mandorlini sa allenare e fare imprese con gente mediocre. Come fu allora.

Fosse vero, dunque, che questa è una squadraccia (io non credo), composta da giocatori mediocri, beh, possiamo stare sereni. Perché in panchina c’è sempre lui: Andrea Mandorlini. Se non lo fosse (una squadraccia), meglio ancora. Mandorlini ha la possibilità di uscire dalla crisi e arrivare facile alla salvezza. Come ha detto Setti: il mister sa come si fa.

BUON NATALE

Buon Natale, cari amici del blog Vighini. Un Natale che, sportivamente parlando non è felicissimo, ma che al di là di un risultato in una partita, chiude un anno comunque fantastico per il Verona. Qualche anno fa, quando eravamo dentro quell’assurda palude della C e non ci sembrava di avere un futuro, sognavamo di avere un Natale come questo. Certo, non possiamo nasconderci dietro ad un dito. La nostra squadra sta faticando oltremisura e sarà necessario che società, Mandorlini, squadra e anche noi tifosi ci ricompattiamo al più presto per arrivare alla salvezza.

Ho sempre detto che quando a Verona riusciamo a creare questo vortice positivo, nulla ci è vietato, nè impossibile. Ma purtroppo questo accade solo in alcuni momenti, solitamente dopo aver toccato il fondo. Beh, mi auguro che proprio per quello che ci ha insegnato la storia recente, stavolta vengano messe da parte inutili diatribe e si pensi solo al bene del Verona.

L’Hellas, il nostro Hellas, così amato, è spesso vittima di condizionamenti e di personalismi che ci hanno nuociuto facendoci perdere di vista l’obiettivo primario che è sempre e solo il bene della squadra. Spesso siamo stati vittime anche di personaggi squallidi, che però lasciatemelo dire, in questa città hanno trovato facile attecchimento da parte di coloro che avevano altri fini e obiettivi riguardo il Verona.

Una piccola riflessione su quello che è stato, è e spero sarà questo blog. Un blog cresciuto a dismisura e che come spesso succede alle cose che crescono tanto, cambia rapidamente e non sempre in meglio. Anche questo spazio, purtroppo, vive del problema che si evidenzia in altri luogi del web. Diventa un inutile sfogatoio, uno zoo impossibile da gestire, pieno di attacchi personali, di offese e di insulti. Per dare una linea diversa, tutto ciò, da qualche tempo, non è più tollerato.

Pur lasciando a voi tutta la libertà di scrivere le vostre opinioni, articolate e civilmente esposte, non è più possibile permettere che la discussione navighi tra acronimi di bestemmie, parolacce, offese ed insulti nei confronti di chicchessia. Specie da chi vilmente usa nick palesemente falsi, associati a email create ad hoc. Il mio sconforto, spesso, è verificare che dietro a questi nick si nascondono addetti ai lavori, interessati evidentemente a sputtanare la gente.

Vorrei anche chiarire che è possibile comunque risalire a chiunque abbia postato qualcosa di offensivo ed insultante, su richiesta dell’autorità giudiziaria e in presenza di una querela. In questo caso, e non lo dico come deterrente, ma come avvertimento, le conseguenze sia civili, sia penali sono molto pesanti.

Sgravato da tutto questo fardello pesante, il blog Vighini resta un utilissimo e bellissimo strumento di confronto, di dialogo, e anche di dibattito che deve assolutamente restare nei termini di civiltà che auspico. Il mio grazie va a tutti voi che siete una grande comunità, di cui mi sento solamente un umilissimo mezzo.

Buon Natale, davvero, a tutti voi e alle vostre famiglie.

IL DERBY E’ PERSO, COLPA DELL’ARBITRO. MA DAL MIO VERONA VOGLIO MOLTO DI PIU’

Il Verona ha perso il derby e la colpa dell’arbitro. Non c’è dubbio che Gervasoni abbia condizionato la partita non fischiando un calcio di rigore solare su Toni cinturato da Gamberini e poi non vedendo (qui la colpa è del guardalinee) il fuorigioco di Paloschi. Senza questi due episodi, il Verona non avrebbe perso. Ma forse neanche vinto. E soprattutto non convinto. Se a Udine avevamo visto finalmente un Verona continuo e con logica, oggi siamo tornati nell’altalena che ci perseguita da inizio campionato.

Giochiamo volenterosi ma a sprazzi. Troppi giocatori calano vistosamente nel secondo tempo e il resto è una conseguenza inevitabile. Il Verona non ha intensità, non ha rabbia agonistica, non riesce nemmeno a protestare, a “creare” l’ambiente giusto. Non so a cosa sia dovuto, ma credo che questo stia diventando un problema. Se il Verona deve lottare per salvarsi (come probabilmente sarà) è necessario che lo spirito sia completamente diverso.

Questa squadra, bersagliata dagli infortuni (piove sempre sul bagnato, ma qualcosa di strano in certe ricadute è successo…) non è mai “cattiva”, appare frenata, e soprattutto va in difficoltà davanti a squadre appena appena più solide come lo era oggi il Chievo.

Ripeto da mesi che Peschiera, sede blindata dagli allenamenti, è una torre d’avorio in cui non si respira il clima e il supporto dei tifosi. Soprattutto prima di gare come questa è assurdo che la società non sia riuscita a organizzare un allenamento a porte aperte. Vorrei capire perchè da due anni l’antistadio non è agibile e perchè aprire il Bentegodi è difficile come entrare a Fort Knox.

Le porte chiuse, mi spiace per Mandorlini che è di avviso contrario, sono una cazzata pazzesca, lo dico a livello generale e chi sistematicamente non permette ai propri tifosi di stare vicino alla squadra  allontana sempre di più il calcio alla gente. Ho avuto l’impressione netta che il Verona non sia ben riuscito a capire nè la gravità della sconfitta con il Napoli, nè l’importanza della partita contro il Chievo. Lo dico senza polemica, ma perchè voglio bene all’Hellas e mi pare assurdo che non venga “sfruttata” un’arma così importante come la forza che solo i tifosi del Verona possono dare in alcune circostanze.

Già che ci sono mi piacerebbe proprio capire anche che cosa è successo al terreno del Bentegodi, diventato nuovamente una palude. Dopo aver speso centinaia di migliaia euro, ci si ritrova con un terreno molle e vistosamente indecente e se fosse vera la notizia che qualcuno facendo gli ultimi lavori ha bucato l’impianto di riscaldamento (che quindi perderebbe acqua rendendo il terreno una fanghiglia…) ci sarebbe da mandare tutti a quel paese. Dopo averci promesso un campo all’altezza di quelli inglesi, con i tecnici di una ditta olandese esperta in erba (sic… non è una battuta…) che, addirittura ci hanno fermato all’ingresso per non filmare i loro segreti, ci si ritrova con una schifezza putrida e scivolosa non degna di Verona. E’ l’ultimo dei problemi, mi rendo conto, ma forse non così secondario come può apparire.

Alla ripresa, dopo questo Natale, che inevitabilmente è stato guastato dalla sconfitta contro i pandorati, il Verona è atteso dall’Empoli. Per tutti coloro che ritengono la rosa del Verona non all’altezza di questo campionato un invito: si vadano a vedere con che razza di squadra Sarri ha affrontato questo campionato. Credo sia sufficiente ciò per spegnere ogni tipo di discorso. A proposito: l’Empoli ha gli stessi punti del Verona. Chiudo qui. Buon Natale gialloblù a tutti. Nonostante tutto.

 

IMPROVVISAMENTE TUTTO HA UNA LOGICA

E improvvisamente tutto ha una logica. E forse non è un caso. Forse a Udine il Verona, superando la crisi, ha trovato il bandolo della matassa, quello che si era smarrito da tanto, troppo tempo. Pur in emergenza, Mandorlini ha dato la sensazione di aver finalmente plasmato il vestito giusto per questa squadra.

Preso atto che con questi giocatori il 4-3-3 non è possibile, il mister ha lavorato di cesello, ha sistemato la difesa, ha soprattutto dato un senso al centrocampo, ha messo i terzini alti, ha dato la carica giusta. La gara era un crinale, e se non siamo ipocriti lo dobbiamo dire. Non so cosa sarebbe successo se il Verona avesse perso. Ma nessuno in casa del Verona ha mai fatto trapelare uno spiffero su un possibile cambio di panchina. Questo va ascritto come merito ad una società che segue con coerenza il suo modo di fare calcio. Se c’è una difficoltà si affronta tutti assieme. E le parole di Setti pronunciate giovedì (“Mandorlini saprà tirarci fuori da questo momento”) segnano un momento diverso che spero che ora tutti abbiano recepito.

In una società calcistica ci sono momenti duri perchè il risultato condiziona il lavoro e perchè le idee sono diverse. A Verona poi si creano continue fazioni. Pro e contro Mandorlini pro e contro la società. E spesso ci dimentichiamo l’unica cosa che conta. La squadra, il Verona, la nostra Scala, un piccolo-grande simbolo che ci appartiene e che nessuno mai ci ruberà.

La gara con l’Udinese ha banalizzato d’incanto anche l’argomento di chi continua a sostenere che questa squadra è scarsa. Non è vero. Come abbiamo spesso ripetuto è una squadra con caratteristiche diverse rispetto a quella della scorsa stagione, ma non più debole. Alla giornata numero 14 abbiamo scoperto Rodriguez e oggi abbiamo anche scoperto che Lazaros è un ottimo giocatore. Così anche il ricordo di Romulo si è fatto meno intenso. E ci mancano ancora Obbadi, Sala, Ionita, Jankovic e Gomez e Rafael, gli ultimi a marcare visita. Vivaddio, come si fa a dire che con tutte queste alternative il Verona è scarso?

Smentiti anche quanti “gufavano” Luca Toni. Gufi che già l’anno scorso erano stati clamorosamente smentiti, definendo questro straordinario giocatore “bollito” troppo prematuramente. Non contenti ci hanno riprovato quest’anno. Intanto Toni ha raggiunto quota 5 in classifica marcatori, prendendo due traverse e sbagliando un rigore. Ma soprattutto ha preso per mano la squadra come fa un vero capitano e un vero leader. Inossidabile e prezioso per l’Hellas, Toni è un giocatore leale, amato dai compagni vecchi e giovani e stimato da Mandorlini. Faccio una previsione. Dopo il gol che ha segnato oggi, non smetterà neanche alla fine di questa stagione…

Si apre ora la settimana del derby. Come abbiamo verificato l’anno scorso questa è diventata una gara importante per l’Hellas. Non per la mia generazione che ha vissuto epicamente altre sfide, ma credo ci sia una generazione, quella che io chiamo la “Generazione C”, cioè i ragazzi che scelsero romanticamente di tifare Verona anche nel nostro momento più brutto e più basso della nostra centenaria storia, che sentono immensamente questa gara contro la squadra di Campedelli, l’uomo che ha cercato, invano, di copiare simboli e colori del Vecchio Verona. Mi auguro che la società e Mandorlini, come fecero l’anno scorso al ritorno, vogliano nutrirsi questa settimana della passione infinita del popolo gialloblù. Un allenamento al Bentegodi a porte aperte avrebbe effetto benefico sui ragazzi che domenica giocheranno questa gara. Aprite le porte che passano…

VI RACCONTO UNA STORIA…

Stamattina leggevo sulla Gazzetta un interessante articolo su tutti i buffoni, malfattori e truffatori che si sono avvicinati in questi anni nel mondo del calcio. Era l’articolo di spalla all’argomento principale della pagina che parlava dei guai del Parma. Cinquanta milioni di buco, un punto di penalizzazione già dato per i mancati versamenti Irpef, altri punti in arrivo, una fantomatica cordata russo-cipriota che dovrebbe rilevare la società (così ha detto Ghirardi alla squadra domenica scorsa, ma non ci crede nessuno, nemmeno i giocatori…).

In questo articolo si parla di sceicchi, di americani, di tante pezze al culo e pochi soldi. Pensavo di trovarci anche il caso che dei soldi falsi dati ad Arvedi, ma quell’episodio è andato in cavalleria o nessuno se l’è ricordato.  Vi rinfresco la memoria. Per due mesi a Verona si parlò di una cordata importantissima. Si facevano nomi di imprenditori, qualcuno perfino si spinse oltre leggendoci un progetto finanziario-politico che arrivava a Berlusconi e a Galan.

A guidare quella cordata era tale Lancini, fantomatico personaggio bresciano che avrebbe arruolato anche Percassi e altri importanti imprenditori. Mi alzai una mattina e trovai un titolone sparato su un quotidano locale. ARVEDI HA CEDUTO IL VERONA. Avevo fatto le mie verifiche e qualcuno mi aveva messo sulla pista giusta. “Lascia stare, Vigo, quella è gentaglia”. C’erano stati degli investigatori privati a indagare su Lancini e mi dissero chi era quel personaggio. A costo di prendermi un buco colossale, infatti, non misi mano a quella storia e ne rimasi fuori. Quando arrivai al giornale, verso mezzogiorno, Fioravanti mi disse: “Mi pare strano che tu abbia preso un buco così…”. “Pare strano anche a me, Luca. Ma vedrai che ci saranno sorprese”.

Al pomeriggio, mentre tutti ne parlavano e colate di piombo sottoforma di parole al vento venivano scritte a suggello del nuovo affare, ci fu la prima crepa. Mentre tornavo da Sandrà dove ero stato a Villa Arvedi, sempre più perplesso perchè ancora il Conte non aveva ben chiaro a chi aveva venduto, uscì una notizia Ansa: “Percassi smentisce l’acquisto del Verona”.

Poche righe che però toglievano uno degli architravi di quella cordata. Senza l’imprenditore bergamasco, restavano il fantomatico Lancini e chissà chi altri. Il Verona pubblicò lo stesso il comunicato ufficiale, facendo sapere che a poco la nuova proprietà si sarebbe presentata. Da quel momento la trattativa entrò nel porto delle nebbie e solo qualche settimana dopo si seppe tutta la verità.

Arvedi aveva ricevuto a casa sua un finto cardinale, vestito di tutto punto che faceva da garante alla trattativa. Ricevette in pagamento dei soldi che sarebbero stati l’eventuale penale che lui si sarebbe tenuto in caso l’affare fosse saltato. Quella sera successe di tutto. Arvedi me lo raccontò qualche sera prima di quel tragico incidente. Mentre si stavano contando i soldi, qualcuno causò persino un black-out. E quando intervennero i carabinieri che Piero, per fortuna, aveva allertato in un momento di lucidità, e che stavano appostati fuori da casa sua, nel cortile,  erano persino sparite delle mazzette di denaro falso che qualcuno di quella truppa di galantuomini si era intascato. Il resto lo sapete meglio di me. Lancini venne arrestato e a casa sua trovarono persino della salsa di pomodoro marcia frutto di una truffa all’Unione Europea.

Inutile ricordare poi tutte le trattative che Pastorello e company animarono prima della cessione a Martinelli. I fratelli Carino, Andreoli, le fonderie Valbruna, un povero autotrasportatore di Trento che passò la giornata a rispondere alle nostre interviste, fino a Parentela. Ah e poi venne Farina…

Ho raccontato questa storia per rinfrescare la memoria a quanti si sono dimenticati del nostro recente passato e oggi fanno tanto i critici con Setti. Con quanti si lamentano di Rafa Marquez, di Saviola, della rosa e di Sogliano. Mi dispiace, ma devo dirlo. Si meriterebbero mille anni di quei prodi galantuomini che spacciavano denaro falso per comprare il Verona…

UDINE NON PUO’ ESSERE L’ULTIMA FERMATA

Non è la prima volta, non sarà l’ultima. E’ un brutto momento, ne abbiamo passati altri e devo dire che personalmente questo mi fa meno paura. Non ci sono bei segnali, questo è certo. Il Verona ha imboccato il vortice negativo ed uscirne non è mai semplice. Servono nervi saldi, tanta grinta, tanta intelligenza.

Credo che a differenza di altre volte,  stavolta il Verona è condotto da una società vera e non da qualche dilettante allo sbaraglio. Ma poichè nel calcio ho visto tutto e il contrario di tutto, dico che non c’è da stare tranquilli. Anche perchè i segnali non sono confortanti. La squadra è inghiottita dentro le sue paure e le certezze si stanno sgretolando una dopo l’altra.

Tachtsidis, Rafa Marquez, la difesa, Rafael e Mandorlini. Ognuno avrà il suo capro espiatorio, il suo colpevole. Piace al popolo solitamente esaltare e poi abbattere i propri idoli. Fa parte della storia dell’uomo e della storia italiana, in particolare. Ci sarebbe da parlarne. Mussolini prima idolatrato e poi appeso a testa in giù è l’esempio più eclatante. E’ un discorso che ci porterebbe lontano. O vicino. Non so fate voi.

A me annoia questo esercizio. Annoto ora che per la maggioranza Mandorlini è diventato un coglione. E che Setti invece di venire qui e portare il Verona in serie A doveva stare a Modena, anzi a Carpi. Che a Verona c’era la fila per prendere il Verona da Martinelli… Vero???? E Sogliano che un anno fa era il più inseguito, ambito e stimato direttore sportivo d’Italia è diventato improvvisamente un imbecille. Luca Toni? Finito. Marquez? Bollito. Ed è colpa di tutti naturalmente. E in questo pessimismo dilagante c’è già chi ci vede in B, e naturalmente il derby è già perso.

Io dico che la squadra non è così scarsa e che però se qualcuno lo continua a dire magari qualcun altro ci crede. A chi sostiene questo dico di guardarsi la rosa dell’Empoli. A meno che non lo si dica con il solito scopo di seminare zizzania, di fare fumo, creare alibi. E’ colpa sua, no sua… Appunto. Ma senza andare tanto in là basterebbe guardare a quella della Sampdoria (rosa) che, un anno fa, prima di Mihajlovic sembrava un’armata Brancaleone.

Detto ciò, ognuno ha le proprie responsabilità se le cose non vanno. Società compresa. Mister e giocatori. Ma quando si sta uniti, quando veramente si sta uniti, il piattino di merda si mangia tutti assieme. Così dovrebbe funzionare. Gli unici che non dovrebbero mangiarla, se non altro perché ne hanno già mangiata vagonate negli ultimi decennio (non per colpa di Mandorlini, Setti, Sogliano, Gardini o Toni… questo va detto), sono i tifosi. Ecco… Teniamolo presente.

Piccolo esercizio di ottimismo: ripartiamo dalla grinta di Rodriguez, dalla voglia di Luca Toni, dal modulo a due punte, dalla reazione dopo il rigore di Eder. Andiamo a Udine giochiamocela alla morte. Non può essere l’ultima fermata.

COMPLIMENTI AL CHIEVO

Qui non c’entra nulla il tifo calcistico. Stavolta bisogna proprio fare i complimenti al Chievo. Campedelli ha realizzato al Bottagisio una splendida opera, regalando campi e attrezzature al quartiere e agli sportivi della città. Non solo calciofili. Queste sono cose che fanno bene all’immagine di Verona e quando uno si merita gli applausi è giusto tributarli. Si chiama sportività e, ripeto, non c’entra nulla con l’essere tifosi.

Il Chievo ha realizzato il Bottagisio a tempo di record. Questo è un esempio che se si vuole si può. Lo dico anche per la politica. Ecco, spero che altrettanta celerità possa essere applicata anche in casa del Verona. Il sogno di Setti è di fare un grande centro sportivo dell’Hellas. In città. A due passi dallo stadio. Un paio di settimane fa sono stati anche presi i primi contatti per l’acquisto dei terreni. Ma per ora, a quanto so, c’è un’enorme distanza tra la domanda e l’offerta. Spero che Tosi e l’amministrazione comunale, che lo ricordo è priva di un vero e proprio assessore allo sport dopo le dimissioni di Giorlo, metta lo stesso impegno che ha profuso nel fare la “casa del Chievo”.

Mi è piaciuto ieri quando Campedelli ha parlato di un impianto che deve servire a tutta Verona. E’ vero. Quando si tratta di sport, di impianti, bisogna avere una visione diversa rispetto a quella calcistica. Una cosa però mi piacerebbe sapere dal presidente del Chievo: perchè dopo aver invitato Malagò, presidente del Coni, Lotito, presidente della Lazio e altre autorità, non ha mandato un invito anche al Verona? Secondo il mio modesto parere era un bel gesto, proprio per far sentire quel campo meno “clivense” e più “veronese”. Bastava poco per superare almeno una volta il vecchio complesso d’inferiorità. Cosa che il Verona evidentemente non ha, visto che ha fatto, per esempio, senza problemi (e giustamente) i complimenti al Chievo per aver vinto lo scudetto Primavera.

CHE LA DIRITTA VIA ERA SMARRITA…

Il Verona si è smarrito. Ha perso la strada. Gara dopo gara si è involuto. Timido, impacciato, incapace di fare gioco. Arretra, rincula, non ha carattere. Prendere sei gol a Napoli fa male, ma poi alla fine lo accetti. Perdere con il Milan (che non è uno squadrone) ci sta. Pareggiare a Milano con l’Inter derelitto è tollerabile. Perdere in casa contro la Fiorentina si può comprendere. Perdere a Sassuolo no.

Questa è una sconfitta grave che brucia. Ci sono questioni non più rimandabili. La prima, tattica riguarda Tachtsidis. Premetto che consideravo il greco la miglior mossa di mercato che potesse fare il Verona. Ma già dal precampionato avevo la sensazione che Tachtisidis non fosse quello che in coppia con Jorginho aveva strabiliato in serie B. Troppo lento, impacciato, anche presuntuoso. Confidavo però in Mandorlini, il suo mentore. E invece Tachtsidis gara dopo gara si è sempre più involuto. Sbaglia palloni semplicissimi ma soprattutto è una falla vivente. Invece di proteggere, lascia passare. E la tanto sbandierata solidità è andata a farsi friggere. Il problema è che ora c’è bisogno di lui, anche perchè non vi sono (causa infortuni) molte alternative. O Mandorlini s’inventa qualcosa di diverso (Marquez?) o Taxi si deve dare una mossa.

La seconda questione riguarda il modulo. Mandorlini anche a Sassuolo ha abbandonato il 4-3-1-2 che a mio avviso stava dando frutti nei primi minuti contro la Fiorentina. E’ vero che senza Obbadi quel modulo è più difficile da fare. E a Sassuolo Mandorlini è tornato alle proprie certezze. Ma questo Verona non è quello dell’anno scorso. Mancano giocatori in grado di velocizzare la manovra. Ce ne sono altri che hanno caratteristiche diverse. Mettetela come volete: ma Nico Lopez non può fare il terzino. Lui ci prova ma in questo modo lo perdiamo nei trenta metri finali, dove è più incisivo. Chiedetevi come mai Nico Lopez se entra segna, mentre delude quando parte dall’inizio. A mio avviso il motivo è semplice. Quando entra, solitamente deve sparigliare la partita. E ha meno compiti difensivi. Mentre con la Fiorentina ha segnato giocando da seconda punta, vicinissimo a Toni.

La terza riguarda proprio il vecchio Toni. Solo e isolato, senza Iturbe è costretto a massacrarsi in un lavoro oscuro che lo penalizza dal punto di vista realizzativo. Lo diciamo da tanto. Ma se i due esterni sono questi, Toni ha bisogno di avere vicino un compagno. Anche da lanciare (non sfugga che l’anno scorso oltre ai 20 gol fece anche sette assist vincenti…). Tutto sarebbe più semplice per lui e per il Verona.

Infine c’è da recuperare lo spirito da battaglia. Ci siamo cullati sugli allori illudendoci che questa squadra avesse quarti di nobiltà nel curriculum. Non li ha. Mandorlini deve ridargli (e questo spetta solo a lui), uno spirito diverso, un’intensità diversa, una grinta diversa. Bisogna recuperare in fretta questa voglia di strappare con i denti il punticino, di sbranare l’avversario. Altrimenti, lo dico senza voler essere catastrofico e fare allarmismo, saranno guai seri.