IMPROVVISAMENTE TUTTO HA UNA LOGICA

E improvvisamente tutto ha una logica. E forse non è un caso. Forse a Udine il Verona, superando la crisi, ha trovato il bandolo della matassa, quello che si era smarrito da tanto, troppo tempo. Pur in emergenza, Mandorlini ha dato la sensazione di aver finalmente plasmato il vestito giusto per questa squadra.

Preso atto che con questi giocatori il 4-3-3 non è possibile, il mister ha lavorato di cesello, ha sistemato la difesa, ha soprattutto dato un senso al centrocampo, ha messo i terzini alti, ha dato la carica giusta. La gara era un crinale, e se non siamo ipocriti lo dobbiamo dire. Non so cosa sarebbe successo se il Verona avesse perso. Ma nessuno in casa del Verona ha mai fatto trapelare uno spiffero su un possibile cambio di panchina. Questo va ascritto come merito ad una società che segue con coerenza il suo modo di fare calcio. Se c’è una difficoltà si affronta tutti assieme. E le parole di Setti pronunciate giovedì (“Mandorlini saprà tirarci fuori da questo momento”) segnano un momento diverso che spero che ora tutti abbiano recepito.

In una società calcistica ci sono momenti duri perchè il risultato condiziona il lavoro e perchè le idee sono diverse. A Verona poi si creano continue fazioni. Pro e contro Mandorlini pro e contro la società. E spesso ci dimentichiamo l’unica cosa che conta. La squadra, il Verona, la nostra Scala, un piccolo-grande simbolo che ci appartiene e che nessuno mai ci ruberà.

La gara con l’Udinese ha banalizzato d’incanto anche l’argomento di chi continua a sostenere che questa squadra è scarsa. Non è vero. Come abbiamo spesso ripetuto è una squadra con caratteristiche diverse rispetto a quella della scorsa stagione, ma non più debole. Alla giornata numero 14 abbiamo scoperto Rodriguez e oggi abbiamo anche scoperto che Lazaros è un ottimo giocatore. Così anche il ricordo di Romulo si è fatto meno intenso. E ci mancano ancora Obbadi, Sala, Ionita, Jankovic e Gomez e Rafael, gli ultimi a marcare visita. Vivaddio, come si fa a dire che con tutte queste alternative il Verona è scarso?

Smentiti anche quanti “gufavano” Luca Toni. Gufi che già l’anno scorso erano stati clamorosamente smentiti, definendo questro straordinario giocatore “bollito” troppo prematuramente. Non contenti ci hanno riprovato quest’anno. Intanto Toni ha raggiunto quota 5 in classifica marcatori, prendendo due traverse e sbagliando un rigore. Ma soprattutto ha preso per mano la squadra come fa un vero capitano e un vero leader. Inossidabile e prezioso per l’Hellas, Toni è un giocatore leale, amato dai compagni vecchi e giovani e stimato da Mandorlini. Faccio una previsione. Dopo il gol che ha segnato oggi, non smetterà neanche alla fine di questa stagione…

Si apre ora la settimana del derby. Come abbiamo verificato l’anno scorso questa è diventata una gara importante per l’Hellas. Non per la mia generazione che ha vissuto epicamente altre sfide, ma credo ci sia una generazione, quella che io chiamo la “Generazione C”, cioè i ragazzi che scelsero romanticamente di tifare Verona anche nel nostro momento più brutto e più basso della nostra centenaria storia, che sentono immensamente questa gara contro la squadra di Campedelli, l’uomo che ha cercato, invano, di copiare simboli e colori del Vecchio Verona. Mi auguro che la società e Mandorlini, come fecero l’anno scorso al ritorno, vogliano nutrirsi questa settimana della passione infinita del popolo gialloblù. Un allenamento al Bentegodi a porte aperte avrebbe effetto benefico sui ragazzi che domenica giocheranno questa gara. Aprite le porte che passano…

VI RACCONTO UNA STORIA…

Stamattina leggevo sulla Gazzetta un interessante articolo su tutti i buffoni, malfattori e truffatori che si sono avvicinati in questi anni nel mondo del calcio. Era l’articolo di spalla all’argomento principale della pagina che parlava dei guai del Parma. Cinquanta milioni di buco, un punto di penalizzazione già dato per i mancati versamenti Irpef, altri punti in arrivo, una fantomatica cordata russo-cipriota che dovrebbe rilevare la società (così ha detto Ghirardi alla squadra domenica scorsa, ma non ci crede nessuno, nemmeno i giocatori…).

In questo articolo si parla di sceicchi, di americani, di tante pezze al culo e pochi soldi. Pensavo di trovarci anche il caso che dei soldi falsi dati ad Arvedi, ma quell’episodio è andato in cavalleria o nessuno se l’è ricordato.  Vi rinfresco la memoria. Per due mesi a Verona si parlò di una cordata importantissima. Si facevano nomi di imprenditori, qualcuno perfino si spinse oltre leggendoci un progetto finanziario-politico che arrivava a Berlusconi e a Galan.

A guidare quella cordata era tale Lancini, fantomatico personaggio bresciano che avrebbe arruolato anche Percassi e altri importanti imprenditori. Mi alzai una mattina e trovai un titolone sparato su un quotidano locale. ARVEDI HA CEDUTO IL VERONA. Avevo fatto le mie verifiche e qualcuno mi aveva messo sulla pista giusta. “Lascia stare, Vigo, quella è gentaglia”. C’erano stati degli investigatori privati a indagare su Lancini e mi dissero chi era quel personaggio. A costo di prendermi un buco colossale, infatti, non misi mano a quella storia e ne rimasi fuori. Quando arrivai al giornale, verso mezzogiorno, Fioravanti mi disse: “Mi pare strano che tu abbia preso un buco così…”. “Pare strano anche a me, Luca. Ma vedrai che ci saranno sorprese”.

Al pomeriggio, mentre tutti ne parlavano e colate di piombo sottoforma di parole al vento venivano scritte a suggello del nuovo affare, ci fu la prima crepa. Mentre tornavo da Sandrà dove ero stato a Villa Arvedi, sempre più perplesso perchè ancora il Conte non aveva ben chiaro a chi aveva venduto, uscì una notizia Ansa: “Percassi smentisce l’acquisto del Verona”.

Poche righe che però toglievano uno degli architravi di quella cordata. Senza l’imprenditore bergamasco, restavano il fantomatico Lancini e chissà chi altri. Il Verona pubblicò lo stesso il comunicato ufficiale, facendo sapere che a poco la nuova proprietà si sarebbe presentata. Da quel momento la trattativa entrò nel porto delle nebbie e solo qualche settimana dopo si seppe tutta la verità.

Arvedi aveva ricevuto a casa sua un finto cardinale, vestito di tutto punto che faceva da garante alla trattativa. Ricevette in pagamento dei soldi che sarebbero stati l’eventuale penale che lui si sarebbe tenuto in caso l’affare fosse saltato. Quella sera successe di tutto. Arvedi me lo raccontò qualche sera prima di quel tragico incidente. Mentre si stavano contando i soldi, qualcuno causò persino un black-out. E quando intervennero i carabinieri che Piero, per fortuna, aveva allertato in un momento di lucidità, e che stavano appostati fuori da casa sua, nel cortile,  erano persino sparite delle mazzette di denaro falso che qualcuno di quella truppa di galantuomini si era intascato. Il resto lo sapete meglio di me. Lancini venne arrestato e a casa sua trovarono persino della salsa di pomodoro marcia frutto di una truffa all’Unione Europea.

Inutile ricordare poi tutte le trattative che Pastorello e company animarono prima della cessione a Martinelli. I fratelli Carino, Andreoli, le fonderie Valbruna, un povero autotrasportatore di Trento che passò la giornata a rispondere alle nostre interviste, fino a Parentela. Ah e poi venne Farina…

Ho raccontato questa storia per rinfrescare la memoria a quanti si sono dimenticati del nostro recente passato e oggi fanno tanto i critici con Setti. Con quanti si lamentano di Rafa Marquez, di Saviola, della rosa e di Sogliano. Mi dispiace, ma devo dirlo. Si meriterebbero mille anni di quei prodi galantuomini che spacciavano denaro falso per comprare il Verona…

UDINE NON PUO’ ESSERE L’ULTIMA FERMATA

Non è la prima volta, non sarà l’ultima. E’ un brutto momento, ne abbiamo passati altri e devo dire che personalmente questo mi fa meno paura. Non ci sono bei segnali, questo è certo. Il Verona ha imboccato il vortice negativo ed uscirne non è mai semplice. Servono nervi saldi, tanta grinta, tanta intelligenza.

Credo che a differenza di altre volte,  stavolta il Verona è condotto da una società vera e non da qualche dilettante allo sbaraglio. Ma poichè nel calcio ho visto tutto e il contrario di tutto, dico che non c’è da stare tranquilli. Anche perchè i segnali non sono confortanti. La squadra è inghiottita dentro le sue paure e le certezze si stanno sgretolando una dopo l’altra.

Tachtsidis, Rafa Marquez, la difesa, Rafael e Mandorlini. Ognuno avrà il suo capro espiatorio, il suo colpevole. Piace al popolo solitamente esaltare e poi abbattere i propri idoli. Fa parte della storia dell’uomo e della storia italiana, in particolare. Ci sarebbe da parlarne. Mussolini prima idolatrato e poi appeso a testa in giù è l’esempio più eclatante. E’ un discorso che ci porterebbe lontano. O vicino. Non so fate voi.

A me annoia questo esercizio. Annoto ora che per la maggioranza Mandorlini è diventato un coglione. E che Setti invece di venire qui e portare il Verona in serie A doveva stare a Modena, anzi a Carpi. Che a Verona c’era la fila per prendere il Verona da Martinelli… Vero???? E Sogliano che un anno fa era il più inseguito, ambito e stimato direttore sportivo d’Italia è diventato improvvisamente un imbecille. Luca Toni? Finito. Marquez? Bollito. Ed è colpa di tutti naturalmente. E in questo pessimismo dilagante c’è già chi ci vede in B, e naturalmente il derby è già perso.

Io dico che la squadra non è così scarsa e che però se qualcuno lo continua a dire magari qualcun altro ci crede. A chi sostiene questo dico di guardarsi la rosa dell’Empoli. A meno che non lo si dica con il solito scopo di seminare zizzania, di fare fumo, creare alibi. E’ colpa sua, no sua… Appunto. Ma senza andare tanto in là basterebbe guardare a quella della Sampdoria (rosa) che, un anno fa, prima di Mihajlovic sembrava un’armata Brancaleone.

Detto ciò, ognuno ha le proprie responsabilità se le cose non vanno. Società compresa. Mister e giocatori. Ma quando si sta uniti, quando veramente si sta uniti, il piattino di merda si mangia tutti assieme. Così dovrebbe funzionare. Gli unici che non dovrebbero mangiarla, se non altro perché ne hanno già mangiata vagonate negli ultimi decennio (non per colpa di Mandorlini, Setti, Sogliano, Gardini o Toni… questo va detto), sono i tifosi. Ecco… Teniamolo presente.

Piccolo esercizio di ottimismo: ripartiamo dalla grinta di Rodriguez, dalla voglia di Luca Toni, dal modulo a due punte, dalla reazione dopo il rigore di Eder. Andiamo a Udine giochiamocela alla morte. Non può essere l’ultima fermata.

COMPLIMENTI AL CHIEVO

Qui non c’entra nulla il tifo calcistico. Stavolta bisogna proprio fare i complimenti al Chievo. Campedelli ha realizzato al Bottagisio una splendida opera, regalando campi e attrezzature al quartiere e agli sportivi della città. Non solo calciofili. Queste sono cose che fanno bene all’immagine di Verona e quando uno si merita gli applausi è giusto tributarli. Si chiama sportività e, ripeto, non c’entra nulla con l’essere tifosi.

Il Chievo ha realizzato il Bottagisio a tempo di record. Questo è un esempio che se si vuole si può. Lo dico anche per la politica. Ecco, spero che altrettanta celerità possa essere applicata anche in casa del Verona. Il sogno di Setti è di fare un grande centro sportivo dell’Hellas. In città. A due passi dallo stadio. Un paio di settimane fa sono stati anche presi i primi contatti per l’acquisto dei terreni. Ma per ora, a quanto so, c’è un’enorme distanza tra la domanda e l’offerta. Spero che Tosi e l’amministrazione comunale, che lo ricordo è priva di un vero e proprio assessore allo sport dopo le dimissioni di Giorlo, metta lo stesso impegno che ha profuso nel fare la “casa del Chievo”.

Mi è piaciuto ieri quando Campedelli ha parlato di un impianto che deve servire a tutta Verona. E’ vero. Quando si tratta di sport, di impianti, bisogna avere una visione diversa rispetto a quella calcistica. Una cosa però mi piacerebbe sapere dal presidente del Chievo: perchè dopo aver invitato Malagò, presidente del Coni, Lotito, presidente della Lazio e altre autorità, non ha mandato un invito anche al Verona? Secondo il mio modesto parere era un bel gesto, proprio per far sentire quel campo meno “clivense” e più “veronese”. Bastava poco per superare almeno una volta il vecchio complesso d’inferiorità. Cosa che il Verona evidentemente non ha, visto che ha fatto, per esempio, senza problemi (e giustamente) i complimenti al Chievo per aver vinto lo scudetto Primavera.

CHE LA DIRITTA VIA ERA SMARRITA…

Il Verona si è smarrito. Ha perso la strada. Gara dopo gara si è involuto. Timido, impacciato, incapace di fare gioco. Arretra, rincula, non ha carattere. Prendere sei gol a Napoli fa male, ma poi alla fine lo accetti. Perdere con il Milan (che non è uno squadrone) ci sta. Pareggiare a Milano con l’Inter derelitto è tollerabile. Perdere in casa contro la Fiorentina si può comprendere. Perdere a Sassuolo no.

Questa è una sconfitta grave che brucia. Ci sono questioni non più rimandabili. La prima, tattica riguarda Tachtsidis. Premetto che consideravo il greco la miglior mossa di mercato che potesse fare il Verona. Ma già dal precampionato avevo la sensazione che Tachtisidis non fosse quello che in coppia con Jorginho aveva strabiliato in serie B. Troppo lento, impacciato, anche presuntuoso. Confidavo però in Mandorlini, il suo mentore. E invece Tachtsidis gara dopo gara si è sempre più involuto. Sbaglia palloni semplicissimi ma soprattutto è una falla vivente. Invece di proteggere, lascia passare. E la tanto sbandierata solidità è andata a farsi friggere. Il problema è che ora c’è bisogno di lui, anche perchè non vi sono (causa infortuni) molte alternative. O Mandorlini s’inventa qualcosa di diverso (Marquez?) o Taxi si deve dare una mossa.

La seconda questione riguarda il modulo. Mandorlini anche a Sassuolo ha abbandonato il 4-3-1-2 che a mio avviso stava dando frutti nei primi minuti contro la Fiorentina. E’ vero che senza Obbadi quel modulo è più difficile da fare. E a Sassuolo Mandorlini è tornato alle proprie certezze. Ma questo Verona non è quello dell’anno scorso. Mancano giocatori in grado di velocizzare la manovra. Ce ne sono altri che hanno caratteristiche diverse. Mettetela come volete: ma Nico Lopez non può fare il terzino. Lui ci prova ma in questo modo lo perdiamo nei trenta metri finali, dove è più incisivo. Chiedetevi come mai Nico Lopez se entra segna, mentre delude quando parte dall’inizio. A mio avviso il motivo è semplice. Quando entra, solitamente deve sparigliare la partita. E ha meno compiti difensivi. Mentre con la Fiorentina ha segnato giocando da seconda punta, vicinissimo a Toni.

La terza riguarda proprio il vecchio Toni. Solo e isolato, senza Iturbe è costretto a massacrarsi in un lavoro oscuro che lo penalizza dal punto di vista realizzativo. Lo diciamo da tanto. Ma se i due esterni sono questi, Toni ha bisogno di avere vicino un compagno. Anche da lanciare (non sfugga che l’anno scorso oltre ai 20 gol fece anche sette assist vincenti…). Tutto sarebbe più semplice per lui e per il Verona.

Infine c’è da recuperare lo spirito da battaglia. Ci siamo cullati sugli allori illudendoci che questa squadra avesse quarti di nobiltà nel curriculum. Non li ha. Mandorlini deve ridargli (e questo spetta solo a lui), uno spirito diverso, un’intensità diversa, una grinta diversa. Bisogna recuperare in fretta questa voglia di strappare con i denti il punticino, di sbranare l’avversario. Altrimenti, lo dico senza voler essere catastrofico e fare allarmismo, saranno guai seri.

 

ALLONTANIAMOCI DAI NUVOLONI

Il problema non è perdere con la Fiorentina. La squadra viola gronda di qualità e se le cose vanno come i valori di mercato dicono non è uno scandalo essere battuti. Il problema, ancora una volta, è che il Verona non è sembrato troppo inferiore alla formazione di Montella.

Ma quale Verona? Quello bello e che aggredisce nei primi dieci minuti, quello orgoglioso che trova il pareggio dopo il gol di Gonzalo, o quello del secondo tempo? E’ un po’ che insisto su questo concetto. C’è un Verona che se la gioca alla pari e poi un Verona che rincula, che abbassa il ritmo che aspetta nella propria area di rigore. E quel Verona è lo stesso che ha rinculato con il Napoli, con il Milan, con l’Inter. E che poi si rimette a giocare dopo essere andato sotto e smette improvvisamente dopo aver raggiunto il pareggio.

Sinceramente credo che non sia più un caso. E’ evidentemente il frutto di consegne dai box (leggasi panchina), altrimenti non si spiegherebbe il perché tutti coloro che assistono ad una gara del Verona abbiano questa sensazione. Non solo noi che seguiamo l’Hellas quotidianamente ma anche gli osservatori più distaccati, come ad esempio il bravissimo Adani di Sky. Dai e dai se il Verona rincula prende gol. Ma lo prenderebbe chiunque, difendendo dentro l’area di rigore.

Non c’è alternativa e il problema non è la difesa (o lo è ma non in toto) a questo punto, ma proprio l’atteggiamento generale. Cambiare interpreti non è servito a nulla se è vero che questa squadra ha preso più gol di quella della scorsa stagione. Gli errori sono sempre quelli, ma a dispetto della scorsa stagione non ci sono più le ripartenze brucianti di Iturbe e Romulo che spaccavano la partita e, dispiace dirlo, nemmeno la regia illuminata di Jorginho.

Al di là di tanti discorsi quella appare ancora come la partenza più dolorosa del Verona. Ed ovvio che sarà a centrocampo che la società dovrà mettere mano a gennaio per alzare la qualità che oggi appare francamente non eccelsa. Se l’anno scorso quella cessione venne ritenuta necessaria sebbene dolorosa, quest’anno sarà necessario ridare un minimo di qualità ad una squadra che oggi ne ha molto bisogno.

Ma dalla gara con la Fiorentina escono anche buone indicazioni. Per esempio Toni con Lopez a fianco è cresciuto molto e Lopez oggi appare insostituibile, se non altro perché è l’unico a garantire il gol con continuità. Mandorlini ha l’obbligo di continuare con questa formula che può dare soddisfazioni a breve.

Infine un appunto sulla classifica. Parlare di crisi o lanciare allarmi esagerati non è il caso. Ma nemmeno è il caso di cullarsi sugli allori. Cinque lunghezze dalla terz’ultima sono tante ma anche poche. Il campionato, lo ha detto lo stesso Mandorlini e lo ripete anche Sogliano è strano e difficile. Bisogna tornare a vincere per riportare subito il sereno. Qualche nuvolone si vede laggiù in fondo. Allontaniamoci in fretta.

twitter @gvighini

SAVIOLA E DINTORNI…

Quando Mandorlini non si sente assediato e si libera dalla pressione del post partita è utilissimo parlare con lui. Oggi mi sono soffermato su Saviola durante la  conferenza stampa, ma non per il gusto di rendere questa storia un “tormentone”, ma solo per capire. E’ ovvio che Saviola non è un giocatore normale per il Verona. Ha un curriculum imponente per una squadra come l’Hellas al secondo anno in serie A, è tra i top 100 giocatori del mondo, è plusvalore allo stato puro se e quando riusciremo a vederlo in campo. E’ logico che la sua presenza-assenza diventi un argomento di discussione. Che non vuol dire che Mandorlini sia in discussione. Ci mancherebbe. Solo un pazzo potrebbe avanzare un’ipotesi del genere. Credo che nessuno sano di mente possa contrapporre Mandorlini a Saviola. Se ci liberiamo da questo presupposto sterile e inutile (la vecchia contrapposizione tra chi ama alla follia Mandorlini e chi lo detesta), la questione assume un’altra connotazione.

Io credo che Mandorlini stimi molto l’argentino. Esemplare professionista, ragazzo solare, che tutti i compagni dello spogliatoio amano. Il problema è solo tattico. Per supportare un giocatore che ha zero fase difensiva, Mandorlini deve creare un altro tipo di assetto. E questo richiede tempo e forse convinzione. Mandorlini oggi non ha né uno né l’altro. La sua principale preoccupazione credo sia quella di pilotare il Verona alla salvezza prima possibile. E per riuscirci usa le armi che lui conosce meglio. E’ un discorso che messo così è molto comprensibile e credo anche di buon senso.

Penso anche che il mister abbia capito a San Siro che Saviola ha giocate importanti che possono “spaccare” la gara in certi momenti. Oggi mi ha risposto: “Ma secondo te avevo bisogno di quel colpo di tacco per saperlo?”. No, credo di no. Ma penso che oggi per lui sia più facile guardare verso la panchina e pensare che Saviola può essere utilissimo. Perché un conto è fare numeri in allenamento, un conto è farli a San Siro. Lì ci riescono solo i campioni veri. E Mandorlini che ci ha giocato e vinto, lo sa benissimo.

Che ruolo avrà dunque Saviola da oggi in poi? Penso che Mandorlini lo userà come “sesto uomo” quando la gara avrà bisogno di un colpo di magia. Non ancora dall’inizio. Non ora. Magari tra una ventina di punti, quando il traguardo della salvezza sarà più a portata di mano. Mandorlini a quel punto sarà più libero di mente e attuerà la seconda parte della sua strategia. Inserire tutti quei giocatori che hanno bisogno di tranquillità e squadre collaudate. Penso a Saviola, ma anche a Mattia Valoti, un altro che potrebbe diventare un tassello importante del Verona del futuro. E Nico Lopez che pian piano avrà sempre più spazio.

In sostanza, per concludere: credo che la fiducia in Mandorlini sia alla base di tutto. Il mister rispondendo ad un collega dopo la gara con l’Inter ha rivendicato in maniera colorita la sua autonomia gestionale. Credo che abbia fatto benissimo. Ancora meglio ha fatto oggi. Quando ha spiegato. Per farci capire. Come dicono gli americani sui dollari: in Mandorlini we trust.

LA LEZIONE DI PARMA

Parma rischia il fallimento. Si era intuito, quando fu esclusa dall’Europa League. Ora è realtà. Se Ghirardi non vende, il Parma rischia grosso. A guardare bene è incredibile che non sia successo prima. A Verona noi di fallimenti ce ne intendiamo. E a Parma abbiamo sempre guardato per quei legami tra Tanzi e Pastorello che sono finiti anche in Procura e in Tribunale. Anni dopo, con Setti al comando, guardiamo a quelle vicende con animo più distaccato. Non c’è dubbio che i dodici anni più disastrosi della nostra storia, siano legati al fallimento della Parmalat e a quello scandalo.

Detto questo, mi pare giusto guardare a Parma come a una lezione. Fare calcio costa. Tantissimo. Ghirardi forse ha fatto il passo più lungo della gamba e nel momento in cui la famiglia ha chiuso i cordoni della borsa, il Parma si è sgretolato o sta per farlo. Significa che senza un imprenditore che ci mette del suo, il calcio non regge. E se non regge succede il patatrac.

Altro a star qui a divertirsi a parlare di Mandorlini, di Lopez, di Saviola e di altre amenità. Quando gli stipendi non arrivano, quando si fa fatica a vedere il futuro, quando eventuali acquirenti ti prendono per il collo, tutto passa in secondo piano. Sensazioni che noi a Verona abbiamo provato amplificate a mille, con ladri, truffatori, finti cardinali e tutto l’ambaradan che conosciamo bene. E se per caso qualcuno non lo conoscesse, o se ne fosse dimenticato, si faccia fare un veloce riassunto da chi c’era in quegli anni.

Mi pare evidente il fine di questo post. Quando parliamo di assestamento, di salvezza, di Verona che deve sorreggersi con le proprie gambe, di centro sportivo, di plusvalenze dolorose ma necessarie (Jorginho), intendiamo tutto questo. La mia non è una provocazione, ma una speranza.

La speranza che veramente Setti sia bravissimo nel fare business a Verona e col Verona. Business che non significa arricchimento personale, ma soltanto la capacità di dare una prospettiva autonoma alla società scaligera, senza necessità che qualcuno ripiani il bilancio ogni anno. Se lo farà, sono sicuro che passerà alla storia…

E ora torniamo a divertirci e a parlare di Mandorlini, del colore delle magliette, di camisa verta, di Lopez e di Saviola. Dopo tutto quello che abbiamo passato in questi anni un po’ ce lo meritiamo. Ma solo se questo post ce lo teniamo sempre bene a mente.

L’EQUILIBRIO SEMPRE CERCATO MA MAI TROVATO

C’è una frase che in casa del Verona viene usata spesso: la ricerca dell’equilibrio. Sembra un totem da adorare e portare in processione. Ma se poi, si va a vedere bene dentro le prestazioni dell’Hellas, si scopre che la squadra di Mandorlini è tutto meno che equilibrata. Anzi: è esattamente l’opposto di una squadra equilibrata. Dentro una partita ce ne sono sempre almeno due.

Si passa da un eccesso di prudenza ad un eccesso di spregiudicatezza. E questo non è equilibrio. E’ lo stesso Verona che ci fa sorgere i dubbi, non il contrario. E’ logico che oggi ci chiediamo se si poteva vincere al Meazza (ottimo punto, per carità). Giochi da dio per dieci minuti, crei due palle gol, poi segni e a quel punto, improvvisamente cali, arretri, non aggredisci più, non hai l’istinto del killer.

Perché? Eccesso di prudenza. Risultato: l’Inter si mette a giocare, cresce nella stima, trova il gol e riemerge da quello che poteva essere la sua morte per asfissia. Poi, improvvisamente ritorni a giocare e gli ultimi cinque minuti li passi in avanti, crei altre palle gol, fai capire a tutti (ecco i dubbi…) che se li attacchi puoi vincere. Poi ricominci e torni indietro.

Perché? Eccesso di prudenza. Così l’Inter segna e a quel punto tu di nuovo cambi pelle, ti ributti in avanti, trovi il rigore colpisci una traversa, crei altre due nitide palle gol. Perché? Perché non l’hai fatto prima? Dov’è l’equilibrio in tutto questo?

L’equilibrio non è difendere a sei, a cinque, a quattro. E’ dentro la testa. E’ giocare sempre a ritmi alti, pressare, tenere corto il campo e relativamente alta la linea difensiva.

Non mi interessa nemmeno parlare di Savoia e Nico Lopez. E’ un dibattito sterile, si può star qui a discutere all’infinito se era meglio prima, dopo o durante. Può essere, può esser tutto, non abbiamo nessuna controprova e non l’avremo mai.

Ma sicuramente dopo Milano, credo che la questione posta da qualcuno se questa squadra sia nettamente più debole di quella della scorso anno si sia risolta. E’ una squadra diversa. Non più debole.

UN ANNO DOPO…

Cosa sia successo un anno dopo il ritorno in serie A del Verona non è dato sapere. Un anno fa eravamo tutti felici perché dopo un periodo tra i più bui della nostra storia (anzi il più buio) eravamo tornati in serie A. Non praticavamo la categoria da così tanto tempo che non avevamo nemmeno idea di che livello avesse e di che cosa potevamo fare. Giocavamo ogni partita con entusiasmo e salutammo con gioia l’arrivo di giocatori come Cirigliano.

Tutto ci pareva meraviglioso e fantastico e qualsiasi cosa andava bene. Bastava salvarsi. La parola magica per una società che in due, tre anni ha cercato di colmare un gap più che decennale. Un gap che partiva dalle fondamenta dove gli Attila che erano passati avevano distrutto tutto e di più. Salvezza e consolidamento sono sempre state le due parole chiave. Man mano che passavano le partite ci siamo accorti che quella squadra, pur con dei limiti, ci stava. E ci stava alla grande, tanto da farci coltivare l’illusione di poter andare in Europa. Il primo scricchiolio avvenne quando non riuscimmo a centrare un obiettivo che sarebbe stato fantascientifico. Mugugni su mugugni insensati per quello che doveva essere quel primo campionato di A.

Un anno dopo siamo messi ancora peggio. In questi giorni s’è letto e detto di tutto. Senza una mancanza di equilibrio. Pare che Setti sia qui per fare beneficenza, e non c’è nessuna aderenza alla realtà. Cosa vuol dire “el vol solo far business?”. Vivaddio, dico io, se fosse vero. Perché vuol dire che il Verona è così forte da potersi reggere in piedi da solo e da poter addirittura creare ricchezza. O forse pensate che qualcun altro arrivi a prendere il Verona e a portarci nel paese di Alice? Beh, ragazzi, guardatevi un po’ attorno. A Verona c’è il deserto imprenditoriale, la crisi ha fatto il resto,  l’Hellas, senza Arvedi e Martinelli non ci sarebbe oggi. Se Martinelli non avesse trovato Setti chissà dove saremmo in questo momento.

Forse a fare una B di bassa prospettiva, come succede a Vicenza, o forse non ci saremo più come a Padova o a Trieste o a Treviso dove sono ripartiti tra i Dilettanti. E noi qui a mugugnare a scrivere di “Camisa verta” e di “Mandorlini allenatore troppo scarso per fare bel gioco”? Ma stiamo scherzando? Davvero un anno dopo ci siamo ridotti così? Davvero non abbiamo un minimo di capacità di analisi, ridotti ad essere come un tifoso di una strisciata qualunque che se Berlusconi non prende un fuoriclasse chiede indietro i soldi dell’abbonamento? Che fosse un anno difficile lo si sapeva. Ma mai mi sarei immaginato che si potesse leggere ciò che si legge in questi giorni. E poi, francamente, mi sono anche stufato di coloro che vogliono dividere la nostra società per “imperare”, forse con i loro astrusi complotti. Setti contro Mandorlini per esempio. Il giochetto è persino troppo semplice. Pare che uno sia contro l’altro. E così se il Verona non va bene è colpa di Mandorlini che non lo fa giocare o di Setti che ha venduto tutti e non ha fatto la squadra. E andiamo avanti così. Continuiamo a farci del male. Poi non lamentiamoci però se un giorno ci svegliamo e siamo di nuovo come il Padova o la Triestina. Sarebbe stata anche colpa nostra.