ALLONTANIAMOCI DAI NUVOLONI

Il problema non è perdere con la Fiorentina. La squadra viola gronda di qualità e se le cose vanno come i valori di mercato dicono non è uno scandalo essere battuti. Il problema, ancora una volta, è che il Verona non è sembrato troppo inferiore alla formazione di Montella.

Ma quale Verona? Quello bello e che aggredisce nei primi dieci minuti, quello orgoglioso che trova il pareggio dopo il gol di Gonzalo, o quello del secondo tempo? E’ un po’ che insisto su questo concetto. C’è un Verona che se la gioca alla pari e poi un Verona che rincula, che abbassa il ritmo che aspetta nella propria area di rigore. E quel Verona è lo stesso che ha rinculato con il Napoli, con il Milan, con l’Inter. E che poi si rimette a giocare dopo essere andato sotto e smette improvvisamente dopo aver raggiunto il pareggio.

Sinceramente credo che non sia più un caso. E’ evidentemente il frutto di consegne dai box (leggasi panchina), altrimenti non si spiegherebbe il perché tutti coloro che assistono ad una gara del Verona abbiano questa sensazione. Non solo noi che seguiamo l’Hellas quotidianamente ma anche gli osservatori più distaccati, come ad esempio il bravissimo Adani di Sky. Dai e dai se il Verona rincula prende gol. Ma lo prenderebbe chiunque, difendendo dentro l’area di rigore.

Non c’è alternativa e il problema non è la difesa (o lo è ma non in toto) a questo punto, ma proprio l’atteggiamento generale. Cambiare interpreti non è servito a nulla se è vero che questa squadra ha preso più gol di quella della scorsa stagione. Gli errori sono sempre quelli, ma a dispetto della scorsa stagione non ci sono più le ripartenze brucianti di Iturbe e Romulo che spaccavano la partita e, dispiace dirlo, nemmeno la regia illuminata di Jorginho.

Al di là di tanti discorsi quella appare ancora come la partenza più dolorosa del Verona. Ed ovvio che sarà a centrocampo che la società dovrà mettere mano a gennaio per alzare la qualità che oggi appare francamente non eccelsa. Se l’anno scorso quella cessione venne ritenuta necessaria sebbene dolorosa, quest’anno sarà necessario ridare un minimo di qualità ad una squadra che oggi ne ha molto bisogno.

Ma dalla gara con la Fiorentina escono anche buone indicazioni. Per esempio Toni con Lopez a fianco è cresciuto molto e Lopez oggi appare insostituibile, se non altro perché è l’unico a garantire il gol con continuità. Mandorlini ha l’obbligo di continuare con questa formula che può dare soddisfazioni a breve.

Infine un appunto sulla classifica. Parlare di crisi o lanciare allarmi esagerati non è il caso. Ma nemmeno è il caso di cullarsi sugli allori. Cinque lunghezze dalla terz’ultima sono tante ma anche poche. Il campionato, lo ha detto lo stesso Mandorlini e lo ripete anche Sogliano è strano e difficile. Bisogna tornare a vincere per riportare subito il sereno. Qualche nuvolone si vede laggiù in fondo. Allontaniamoci in fretta.

twitter @gvighini

SAVIOLA E DINTORNI…

Quando Mandorlini non si sente assediato e si libera dalla pressione del post partita è utilissimo parlare con lui. Oggi mi sono soffermato su Saviola durante la  conferenza stampa, ma non per il gusto di rendere questa storia un “tormentone”, ma solo per capire. E’ ovvio che Saviola non è un giocatore normale per il Verona. Ha un curriculum imponente per una squadra come l’Hellas al secondo anno in serie A, è tra i top 100 giocatori del mondo, è plusvalore allo stato puro se e quando riusciremo a vederlo in campo. E’ logico che la sua presenza-assenza diventi un argomento di discussione. Che non vuol dire che Mandorlini sia in discussione. Ci mancherebbe. Solo un pazzo potrebbe avanzare un’ipotesi del genere. Credo che nessuno sano di mente possa contrapporre Mandorlini a Saviola. Se ci liberiamo da questo presupposto sterile e inutile (la vecchia contrapposizione tra chi ama alla follia Mandorlini e chi lo detesta), la questione assume un’altra connotazione.

Io credo che Mandorlini stimi molto l’argentino. Esemplare professionista, ragazzo solare, che tutti i compagni dello spogliatoio amano. Il problema è solo tattico. Per supportare un giocatore che ha zero fase difensiva, Mandorlini deve creare un altro tipo di assetto. E questo richiede tempo e forse convinzione. Mandorlini oggi non ha né uno né l’altro. La sua principale preoccupazione credo sia quella di pilotare il Verona alla salvezza prima possibile. E per riuscirci usa le armi che lui conosce meglio. E’ un discorso che messo così è molto comprensibile e credo anche di buon senso.

Penso anche che il mister abbia capito a San Siro che Saviola ha giocate importanti che possono “spaccare” la gara in certi momenti. Oggi mi ha risposto: “Ma secondo te avevo bisogno di quel colpo di tacco per saperlo?”. No, credo di no. Ma penso che oggi per lui sia più facile guardare verso la panchina e pensare che Saviola può essere utilissimo. Perché un conto è fare numeri in allenamento, un conto è farli a San Siro. Lì ci riescono solo i campioni veri. E Mandorlini che ci ha giocato e vinto, lo sa benissimo.

Che ruolo avrà dunque Saviola da oggi in poi? Penso che Mandorlini lo userà come “sesto uomo” quando la gara avrà bisogno di un colpo di magia. Non ancora dall’inizio. Non ora. Magari tra una ventina di punti, quando il traguardo della salvezza sarà più a portata di mano. Mandorlini a quel punto sarà più libero di mente e attuerà la seconda parte della sua strategia. Inserire tutti quei giocatori che hanno bisogno di tranquillità e squadre collaudate. Penso a Saviola, ma anche a Mattia Valoti, un altro che potrebbe diventare un tassello importante del Verona del futuro. E Nico Lopez che pian piano avrà sempre più spazio.

In sostanza, per concludere: credo che la fiducia in Mandorlini sia alla base di tutto. Il mister rispondendo ad un collega dopo la gara con l’Inter ha rivendicato in maniera colorita la sua autonomia gestionale. Credo che abbia fatto benissimo. Ancora meglio ha fatto oggi. Quando ha spiegato. Per farci capire. Come dicono gli americani sui dollari: in Mandorlini we trust.

LA LEZIONE DI PARMA

Parma rischia il fallimento. Si era intuito, quando fu esclusa dall’Europa League. Ora è realtà. Se Ghirardi non vende, il Parma rischia grosso. A guardare bene è incredibile che non sia successo prima. A Verona noi di fallimenti ce ne intendiamo. E a Parma abbiamo sempre guardato per quei legami tra Tanzi e Pastorello che sono finiti anche in Procura e in Tribunale. Anni dopo, con Setti al comando, guardiamo a quelle vicende con animo più distaccato. Non c’è dubbio che i dodici anni più disastrosi della nostra storia, siano legati al fallimento della Parmalat e a quello scandalo.

Detto questo, mi pare giusto guardare a Parma come a una lezione. Fare calcio costa. Tantissimo. Ghirardi forse ha fatto il passo più lungo della gamba e nel momento in cui la famiglia ha chiuso i cordoni della borsa, il Parma si è sgretolato o sta per farlo. Significa che senza un imprenditore che ci mette del suo, il calcio non regge. E se non regge succede il patatrac.

Altro a star qui a divertirsi a parlare di Mandorlini, di Lopez, di Saviola e di altre amenità. Quando gli stipendi non arrivano, quando si fa fatica a vedere il futuro, quando eventuali acquirenti ti prendono per il collo, tutto passa in secondo piano. Sensazioni che noi a Verona abbiamo provato amplificate a mille, con ladri, truffatori, finti cardinali e tutto l’ambaradan che conosciamo bene. E se per caso qualcuno non lo conoscesse, o se ne fosse dimenticato, si faccia fare un veloce riassunto da chi c’era in quegli anni.

Mi pare evidente il fine di questo post. Quando parliamo di assestamento, di salvezza, di Verona che deve sorreggersi con le proprie gambe, di centro sportivo, di plusvalenze dolorose ma necessarie (Jorginho), intendiamo tutto questo. La mia non è una provocazione, ma una speranza.

La speranza che veramente Setti sia bravissimo nel fare business a Verona e col Verona. Business che non significa arricchimento personale, ma soltanto la capacità di dare una prospettiva autonoma alla società scaligera, senza necessità che qualcuno ripiani il bilancio ogni anno. Se lo farà, sono sicuro che passerà alla storia…

E ora torniamo a divertirci e a parlare di Mandorlini, del colore delle magliette, di camisa verta, di Lopez e di Saviola. Dopo tutto quello che abbiamo passato in questi anni un po’ ce lo meritiamo. Ma solo se questo post ce lo teniamo sempre bene a mente.

L’EQUILIBRIO SEMPRE CERCATO MA MAI TROVATO

C’è una frase che in casa del Verona viene usata spesso: la ricerca dell’equilibrio. Sembra un totem da adorare e portare in processione. Ma se poi, si va a vedere bene dentro le prestazioni dell’Hellas, si scopre che la squadra di Mandorlini è tutto meno che equilibrata. Anzi: è esattamente l’opposto di una squadra equilibrata. Dentro una partita ce ne sono sempre almeno due.

Si passa da un eccesso di prudenza ad un eccesso di spregiudicatezza. E questo non è equilibrio. E’ lo stesso Verona che ci fa sorgere i dubbi, non il contrario. E’ logico che oggi ci chiediamo se si poteva vincere al Meazza (ottimo punto, per carità). Giochi da dio per dieci minuti, crei due palle gol, poi segni e a quel punto, improvvisamente cali, arretri, non aggredisci più, non hai l’istinto del killer.

Perché? Eccesso di prudenza. Risultato: l’Inter si mette a giocare, cresce nella stima, trova il gol e riemerge da quello che poteva essere la sua morte per asfissia. Poi, improvvisamente ritorni a giocare e gli ultimi cinque minuti li passi in avanti, crei altre palle gol, fai capire a tutti (ecco i dubbi…) che se li attacchi puoi vincere. Poi ricominci e torni indietro.

Perché? Eccesso di prudenza. Così l’Inter segna e a quel punto tu di nuovo cambi pelle, ti ributti in avanti, trovi il rigore colpisci una traversa, crei altre due nitide palle gol. Perché? Perché non l’hai fatto prima? Dov’è l’equilibrio in tutto questo?

L’equilibrio non è difendere a sei, a cinque, a quattro. E’ dentro la testa. E’ giocare sempre a ritmi alti, pressare, tenere corto il campo e relativamente alta la linea difensiva.

Non mi interessa nemmeno parlare di Savoia e Nico Lopez. E’ un dibattito sterile, si può star qui a discutere all’infinito se era meglio prima, dopo o durante. Può essere, può esser tutto, non abbiamo nessuna controprova e non l’avremo mai.

Ma sicuramente dopo Milano, credo che la questione posta da qualcuno se questa squadra sia nettamente più debole di quella della scorso anno si sia risolta. E’ una squadra diversa. Non più debole.

UN ANNO DOPO…

Cosa sia successo un anno dopo il ritorno in serie A del Verona non è dato sapere. Un anno fa eravamo tutti felici perché dopo un periodo tra i più bui della nostra storia (anzi il più buio) eravamo tornati in serie A. Non praticavamo la categoria da così tanto tempo che non avevamo nemmeno idea di che livello avesse e di che cosa potevamo fare. Giocavamo ogni partita con entusiasmo e salutammo con gioia l’arrivo di giocatori come Cirigliano.

Tutto ci pareva meraviglioso e fantastico e qualsiasi cosa andava bene. Bastava salvarsi. La parola magica per una società che in due, tre anni ha cercato di colmare un gap più che decennale. Un gap che partiva dalle fondamenta dove gli Attila che erano passati avevano distrutto tutto e di più. Salvezza e consolidamento sono sempre state le due parole chiave. Man mano che passavano le partite ci siamo accorti che quella squadra, pur con dei limiti, ci stava. E ci stava alla grande, tanto da farci coltivare l’illusione di poter andare in Europa. Il primo scricchiolio avvenne quando non riuscimmo a centrare un obiettivo che sarebbe stato fantascientifico. Mugugni su mugugni insensati per quello che doveva essere quel primo campionato di A.

Un anno dopo siamo messi ancora peggio. In questi giorni s’è letto e detto di tutto. Senza una mancanza di equilibrio. Pare che Setti sia qui per fare beneficenza, e non c’è nessuna aderenza alla realtà. Cosa vuol dire “el vol solo far business?”. Vivaddio, dico io, se fosse vero. Perché vuol dire che il Verona è così forte da potersi reggere in piedi da solo e da poter addirittura creare ricchezza. O forse pensate che qualcun altro arrivi a prendere il Verona e a portarci nel paese di Alice? Beh, ragazzi, guardatevi un po’ attorno. A Verona c’è il deserto imprenditoriale, la crisi ha fatto il resto,  l’Hellas, senza Arvedi e Martinelli non ci sarebbe oggi. Se Martinelli non avesse trovato Setti chissà dove saremmo in questo momento.

Forse a fare una B di bassa prospettiva, come succede a Vicenza, o forse non ci saremo più come a Padova o a Trieste o a Treviso dove sono ripartiti tra i Dilettanti. E noi qui a mugugnare a scrivere di “Camisa verta” e di “Mandorlini allenatore troppo scarso per fare bel gioco”? Ma stiamo scherzando? Davvero un anno dopo ci siamo ridotti così? Davvero non abbiamo un minimo di capacità di analisi, ridotti ad essere come un tifoso di una strisciata qualunque che se Berlusconi non prende un fuoriclasse chiede indietro i soldi dell’abbonamento? Che fosse un anno difficile lo si sapeva. Ma mai mi sarei immaginato che si potesse leggere ciò che si legge in questi giorni. E poi, francamente, mi sono anche stufato di coloro che vogliono dividere la nostra società per “imperare”, forse con i loro astrusi complotti. Setti contro Mandorlini per esempio. Il giochetto è persino troppo semplice. Pare che uno sia contro l’altro. E così se il Verona non va bene è colpa di Mandorlini che non lo fa giocare o di Setti che ha venduto tutti e non ha fatto la squadra. E andiamo avanti così. Continuiamo a farci del male. Poi non lamentiamoci però se un giorno ci svegliamo e siamo di nuovo come il Padova o la Triestina. Sarebbe stata anche colpa nostra.

TENIAMOCI STRETTO QUESTO PUNTO MA COSI’ NON VA

Il peggior Verona della stagione si prende un punto a Cesena in una gara orribile. Che commento fare? Se pensiamo alla classifica e a come si è messa questa partita, il punto è un’iniezione di ottimismo. Lo è anche se pensiamo al Verona in lotta per la salvezza. Questo non è che uno dei tanti pareggi che una squadra come l’Hellas deve fare per staccare il ticket a fine stagione.

E’ chiaro però che non possiamo essere soddisfatti di quanto visto a Cesena. La squadra di Bisoli è una formazione di B trapiantata in A, per di più priva dei suoi uomini migliori. Eppure il Verona ha faticato come mai l’avevamo visto faticare durante l’era di Mandorlini. In evidente asfissia fisica, con zero idee offensive e anche senza qualità dal punto di vista tecnico.

L’improbabile gol di Gomez, autentico lampo nella buia notte dell’Hellas, è stata l’unica cosa apprezzabile della serata. E’ strano vedere il Verona così. Mandorlini ci ha abituato ad altra qualità del gioco negli anni passati, con partite anche di valore eccelso. Pur nelle giornate più difficili il Verona ha messo in campo volontà e cuore, oggi pare una squadra impacciata, che non è ancora decollata come collettivo, incapace di sopperire ad una mancanza di qualità che a questo punto è lapalissiana.

Si dirà che il Verona con Marquez, Lazaros, Obbadi e Saviola non può dirsi inferiore al Cesena. Vero. Verissimo. Ma forse è solo un momentaccio così, e se in un momento del genere, comunque pareggiamo una gara del genere, vuol die che gli dei del pallone non ci hanno girato le spalle.

Ma attenzione perché non può andare sempre così. Ora il Verona deve dare di più.  Deve diventare una squadra vera. Forza mister, adesso pensaci tu.

TACHTSIDIS E IL PUBBLICO PAGANTE

Il pubblico pagante va allo stadio come se andasse al cinema o a seguire un concerto in Arena. Il tifoso ci va a prescindere, solo perché gioca l’Hellas Verona.  Il pubblico pagante segue la propria squadra solo se vince, il tifoso la segue sempre. Il pubblico pagante poiché paga vuole avere ragione, il tifoso chiede solo l’impegno e quando lo vede, non gliene frega del risultato. Il pubblico pagante vuole vincere e va allo stadio solo in serie A, meglio se a giocare sono la Juve, l’Inter e il Milan. Il tifoso va allo stadio anche quando la propria squadra è in Lega Pro. Il pubblico pagante fischia Tachtsidis con una spalla fuori posto. Il tifoso non lo farebbe mai. C’è differenza tra un tifoso e il pubblico pagante. Questo non significa che Tachtsidis non sia criticabile. E’ presuntuoso, lento, perde palloni a ripetizione, il fatto che sia figlioccio di Mandorlini non lo sta aiutando, anzi rischia di penalizzarlo. Merita le critiche. E un avvertimento: si deve svegliare in fretta perché non si può portare pazienza in eterno.  Ma mai, mai mai e poi mai deve essere fischiato durante una partita. Le critiche (legittime) i tifosi le fanno a fine gara. Il pubblico pagante fischia durante. Questa è la differenza.

KEEP CALM E PENSEMO A SALVARSE

Male, malissimo. Anche se ora non bisogna fare tregende e bisogna essere calmi e sereni nell’analisi. E’ stata una gara iniziata bene e finita in goleada. Il peccato del Verona è stato quello di non affondare il Napoli quando si erano create tutte le condizioni. Li abbiamo fatti giocare, prendere coraggio, invece di andare a colpirli.

Il finale è stato pessimo. Nel tentativo di rimontare, Mandorlini è passato dall’eccesso di prudenza all’eccesso di spregiudicatezza, con il risultato di consegnare la partita al Napoli che ha dilagato.

Il  gol di Nico Lopez ci ha detto che non si può prescindere da questo giocatore, mentre l’ingresso di Saviola in quel momento era inutile.

Ora il partito anti-Mandorlini avrà di che gioire. Ma il problema non è questo. Siamo tutti nella stessa barca, una barca che prima di ogni altra cosa deve essere condotta nel porto della salvezza. Oggi come oggi ogni altro discorso è superfluo.

Keep calm e pensemo a salvarse.

POTREBBE ESSERE UN GIORNO DA RICORDARE

Venerdì 24 ottobre 2014: segnatevi questa data. Potrebbe diventare una delle più importanti della storia del Verona. Usiamo il condizionale, perchè la battaglia contro la falsità non è ancora vinta. Ma, in mezzo al letame di questi giorni, riusciamo a scorgere qualcosa di pulito. Per carità: si parla solo di una sospensione e di un supplemento d’indagine, ancora troppo poco per cantare vittoria. Ma, credetemi, già essere arrivati a tutto ciò e solo grazie alle “cerbottane” di Gardini è una vittoria. Francamente non avevo mezza speranza di portare a casa questo risultato. Il passato e ciò che abbiamo vissuto sulla nostra pelle non concedeva margini all’ottimismo. Per questo, già questa sospensiva è un grande risultato. Frutto di una società che, colta di sorpresa, ha saputo reagire con grande veemenza, schierandosi con i propri tifosi e contemporaneamente aprendo fronti lobbistici che finora le erano sconosciuti.

Certo, se questo paese fosse giusto, non dovevano esserci dubbi: i cori non sono stati fatti, e i tre della procura sono stati dei falsari, tanto da non aver nemmeno potuto seguire la normale procedura che si segue in questi casi. E’ ridicolo vedere come il palazzo riesca ad attorcigliare a proprio piacimento, adattandolo alla portata della reazione la stessa legge, che per sua natura dovrebbe essere oggettiva. E’ sempre stata la forza dei legulei. Trovare all’interno della norma l’escamotage giusto. Sono riusciti a farlo anche questa volta, nessuno è più bravo di loro. Ora le strade sono due: o dopo il supplemento d’indagine confermeranno la chiusura, oppure più italianamente, insabbieranno il tutto, magari dando una multa alla società, giusto per non smentirsi, cercando di salvare capra e cavoli. Vista come si era messa direi che questo 24 ottobre finiremo per ricordarlo a lungo.

INVIATI DORMIENTI O PALLA GIGANTESCA

Fossi un caporedattore di un giornale nazionale che domenica aveva inviati alla partita Verona-Milan al Bentegodi oggi chiamerei quel giornalista e gli farei un bel cazziatone: “Brutto somaro che non sei altro, cosa sei andato a fare a Verona? Tremila persone (TREMILA!) hanno fatto uh uh uh ogniqualvolta Muntari toccava il pallone e tu non hai sentito niente? Già c’è la crisi, i giornali non vendono copie, un inviato costa migliaia di euro ad un giornale e tu ti permetti anche di prendere un buco del genere? Sei un inetto, un fancazzista, un buono a nulla… Sarai andato a Verona solo per mangiare un buon lesso con la pearà e hai dormicchiato durante la partita…”.

Ecco direi proprio così… A meno che… A meno che l’inviato mi rispondesse… “Ma capo…guarda… che non c’è stato nessun coro…”.

A quel punto direi: “E allora, imbecille che non sei altro… SCRIVILO!”.