SIAMO UOMINI O MODULI?

Dice Mandorlini (e con qualche ragione…) che da nessuna parte si parla del modulo come a Verona. In effetti a volte il dibattito si focalizza troppo su quell’espressione numerica (4-4-2, 4-3-3, 3-5-2) che vuol dire qualcosa ma non vuol dire tutto. Le varianti sul tema sono infinite e ancora più importante del numero sono due aspetti: come si interpreta quella disposizione in campo e gli uomini che hai a disposizione per interpretarla.

Un maestro di calcio come Bagnoli ha spiegato così, con la consueta semplicità la sua formula vincente: “Chiedevo ai miei giocatori dove volessero giocare e quali erano le loro caratteristiche migliori. Siccome io sono stato giocatore, sapevo benissimo quanto era importante questo e quanto faccia piacere ad un calciatore essere messo nel posto giusto”. Nacque così il Verona dello scudetto, dove i “terzini facevano i terzini e le ali facevano le ali”.

Da quel calcio molta acqua è passata sotto i ponti, la zona e Sacchi hanno spazzato via molti di quei concetti, ma non tutti.

Mandorlini appartiene alla scuola di Mazzone e di Trapattoni. Non è un sacchiano, sa che ci sono risorse umane da sfruttare al meglio. Ma è anche un allenatore moderno che applica alla sua squadra un concetto chiaro di gioco e un’identità precisa. Invece di applicare al suo calcio la filosofia “tante idee ma confuse”, Mandorlini è della scuola “poche idee ma chiare”. In questi anni a Verona ha sempre giocato col 4-3-3, ma con diverse varianti. Non è sempre stato il solito Verona. A volte ha tenuto tanto il pallone, a volte è ripartito con brucianti contropiede, a volte è arrivato al gol con i cross, a volte con il gioco a terra.

Quest’anno, pare, il Verona mirerà ad avere un possesso palla più alto. Marquez, giustamente, sarà l’uomo da cui iniziare l’azione. Toni il terminale offensivo, ma forse meno esclusivo rispetto alla passata stagione. Gran parte del nuovo Verona e del suo gioco verterà su come gli esterni si adatteranno a Mandorlini e alla sua idea di 4-3-3 e viceversa. Se il tecnico si aspetta da Saviola e da Nico Lopez lo stesso lavoro garantito da Iturbe e Gomez, beh state sicuri che i due assieme giocheranno poco. Per come la vedo io, o gioca uno o gioca l’altro. E solo in alcuni frangenti della partita e soprattutto dopo opportuni rodaggi andranno a coesistere con Toni per un Verona tutto trazione anteriore. Già l’anno scorso quando paventavo a Mandorlini l’idea di giocare con Toni e Cacia e magari un trequartista la sua risposta fu: “E poi chi torna a coprire?”. Infatti quella soluzione non decollò mai.

Però c’è anche da dire che questo Verona è più solido dietro. Ha messo su centimetri e peso con Tachtsidis, che sempre di più appare come il perno centrale da cui dipenderà il futuro tattico della squadra. E Obbadi (ancora più di Hallfredsson che conosciamo bene nei suoi pregi e nei suoi difetti), avrà meno compiti di percussione rispetto a Romulo che era invece quasi una vera e propria ala destra in certi frangenti.

Come sempre, insomma, e come diceva Bagnoli, gli uomini conteranno più dei moduli. Il resto tocca a Mandorlini. Che non ha un compito facile. Per vedere il vero Verona e capire qualcosa di questa squadra prevedo una decina di partite. Solo dopo tireremo opportune considerazioni.

ABBONATI: PERCHE’ PARLARE DI FALLIMENTO?

Faccio una premessa a scanso di equivoci: fossi stato nella società non avrei alzato il costo degli abbonamenti. In un momento così duro per le famiglie e per i tifosi si poteva evitare. Capisco le ragioni (la principale è che manca un settore popolare in uno stadio che sarebbe da rifare o comunque da restaurare pesantemente), ma quell’aumento non è stato giusto. Per un sacco di motivi, ma il principale è proprio quello economico, anche se, bisogna aggiungere, passare una domenica in Curva Sud resta uno dei divertimenti più economici che ci sono in giro.

Detto questo. Abbiamo raggiunto quota 14.055 che è minore rispetto ai 16.129 abbonati della scorsa stagione. Un calo di quasi duemila unità che a qualcuno ha fatto gridare immediatamente al “fallimento” della campagna abbonamenti. In realtà non è così. Anzi: Verona si conferma in netta controtendenza rispetto ad altre piazze, ma soprattutto questo dato è uno dei migliori di sempre.

Attingendo ai dati di Hellastory.net che ha un’apposita statistica sugli abbonamenti (complimenti ai gestori del sito) si può facilmente capire che i 14.055 abbonati di quest’anno poche volte si sono visti nella storia del Verona, almeno da quando esistono gli abbonamenti. Per trovare per la prima volta cifre simili bisogna andare al 1973-’74 quando si superarono (di poco) i 10 mila abbonati (10.946). O al 1975-’76 quando venne battuto un record superando le 13 mila unità (13.524).

In mezzo molte cifre deludenti, anche prima dell’era Bagnoli: nel 1980-81 furono appena 2.900 i veronesi che si abbonarono e l’anno dopo, quello della promozione in serie A, appena 4.764 tifosi si fecero l’abbonamento. Ci fu un incremento quasi del 50 per cento l’anno dopo, il primo stupefacente di Bagnoli in serie A. Ma non sufficiente a superare i 10 mila abbonati (9.129).

Il record fu stabilito nel 1984-’85 (guarda caso), quando si vinse lo scudetto: 17.553 abbonati. Successo (quasi) bissato l’anno dopo con 16.185 tessere, secondo miglior risultato di sempre. La quota raggiunta lo scorso anno (16.129), quindi, va a stabilire il terzo miglior risultato della storia del Verona. Quello di quest’anno si piazza (di poco) al quinto posto, dietro al campionato 1987-’88 (14.143).

Curioso anche vedere gli anni di Lega Pro: dopo la caduta dalla B, (con gli abbonamenti ad 1 euro per donne e bambini) furono 9.635 gli abbonati. L’anno dopo, con la contestazione di una parte della Curva Sud che non si abbonò, furono 7.890. Poi si risale sopra quota 10 mila con l’avvento di Martinelli (10.448) ma si ritorna sotto dopo la delusione con il Portogruaro (7.955).

Dire quindi che 14.055 abbonati sono un fallimento è una falsità.

SE QUATTRO ANNI FA VI AVESSERO DETTO CHE NEL VERONA AVREMMO VISTO TONI, MARQUEZ E SAVIOLA…

Quattro anni fa, era il 2010, il Verona perdeva la finale play-off di Lega Pro contro il Pescara. Giovanni Martinelli era deluso, arrabbiato, spaesato a fine gara. Brancolava nello stadio abruzzese guardando nel vuoto. Il Verona aveva perso in maniera incredibile quel campionato, dopo essere stato primo tutto l’anno, perdendo la testa all’ultima giornata al Bentegodi, contro il Portogruaro.

I gialloblù non riuscivano più ad uscire dalle paludi di quella maledetta categoria. Sembrava un incubo. In quel momento la serie A era lontana anni luce. Il vecchio Verona lottava per la sopravvivenza, affidandosi come sempre alla passione dei suoi tifosi che anche a Pescara avevano seguito quella squadra così sfigata. Da lì a qualche giorno il ds che Martinelli aveva scelto come suo braccio destro, a coronamento del suo fallimento, lasciò il Verona, tornandosene nel calduccio del suo posto a Sassuolo.

Il Verona era una barchetta che navigava in mare aperto. Senza vele. Con un timone precario. E imbarcava acqua. Ce n’era tanta, perchè quella piccola e sgangherata imbarcazione perdeva soldi, cioè milioni di euro. Martinelli era prostrato, ma si rimboccò le maniche. Benito Siciliano il suo braccio destro, usò una cura da cavallo per contenere i costi. Poi venne Parentela. Un mistero sottoforma di faccendiere che fece capire tutta la distanza che Martinelli aveva di quel Verona e da Verona. Era stanco e ammalato il presidente, era vicino a mollare tutto. Invece non se ne andò. Parentela non consegnò le garanzie necessarie, non si seppe mai, ma si potè comunque capire, che l’assegno da 400 mila euro messo a garanzia, non aveva la necessaria copertura. Parentela però portò Mandorlini. E Mandorlini portò la serie B. E la serie B portò al quasi miracolo della A. E poi venne Setti. Martinelli se ne andò in cielo, non prima di aver garantito per quell’imprenditore di Carpi appassionato di calcio.

Quattro anni dopo siamo qui a raccontare di un nuovo Verona che, dopo il più brillante campionato dall’epoca Bagnoli, ha riunito tre campioni del calibro di Luca Toni, Marquez e Saviola. Chi l’avrebbe detto quattro anni fa? Ma quanto è meraviglioso il calcio? Ora, l’insegnamento che questa storia ci porta, non deve mai essere dimenticato. Arriviamo da là, non dimentichiamolo mai.

BUON PUNTO. MA…

Sono soddisfatto, lo dico davvero. Razionalmente questo è un buon punto, anzi ottimo. Ma se riguardo un attimo la partita… beh, si potrebbe parlare anche di occasione sprecata. Il Verona mi pareva avere qualcosa in più di questa Atalanta e forse si poteva osare un pochino… E’ chiaro, e lo diciamo da qualche settimana ormai, che questa squadra ha più solidità di quella dell’anno scorso, ma è anche molto meno imprevedibile e paga qualcosa sotto il profilo della qualità. Non so cosa potrà darci Nico Lopez, spero molto. Ma se volessimo completare bene questa buona torta, serve veramente quella gustosa ciliegina rossa da metterci sopra. Quella che quando la mangi… è tutto un altro discorso. Per non girarci attorno: Serve il Papu Gomez o chi per lui. Allora sarebbe proprio un bel divertimento. Se non arrivasse, beh… pazienza. Lo sappiamo da sempre che dobbiamo soffrire.

SE SORENSEN E NICO LOPEZ VI SEMBRANO POCO…

L’assuefazione da colpo di mercato, nomi bruciati, mille idee di mercato strampalate rischiano di non farci apprezzare la bontà del mercato del Verona. Dopo aver ceduto i suoi tre migliori giocatori (Jorginho, Romulo e Iturbe), la squadra scaligera si è rimboccata le maniche e ha cercato di rendere meno dolorose possibili quelle partenze. Mentre mezzo mondo cerca di acquistare qualcuno giusto per dare un nome in pasto ai tifosi, Sogliano ha preso ancora una volta la strada più tortuosa. Cercare di dare a Mandorlini la gente di cui ha bisogno. Così, mentre al Milan acquistare Torres o Biabiany è la stessa cosa, a Verona si cercava di mettere al posto giusto ogni casella. Appurato che di Iturbe al mondo non ce ne sono, Sogliano ha voluto portare in gialloblù l’unico che lo ha convinto veramente dopo Juancito. Uno che ha i colpi di Iturbe e sotto porta, si dice, essere ancora più forte. Poichè Sogliano è anche uno tignoso, non ha voluto, per principio prenderlo solo in prestito, fedele alla linea che il Verona s’è dato: non lavoreremo mai per gli altri. Così è riuscito a strappare all’Udinese una formula che comunque, garantirà al Verona un beneficio in caso di rivalutazione del giocatore. Se invece Nico Lopez non esplodesse il Verona non ci rimetterà niente. Non è poco.

Poi arriva Sorensen che pare ritagliato alla perfezione per Mandorlini. Un altro gigante da piazzare in difesa, un polivalente come siamo ormai abituati a vedere a destra. Strutturalmente Sorensen è un marcantonio, non avrà velocità e tempi di inserimento, ma siamo sicuri che nelle mani sapienti di Mandorlini non tradirà, fedele al calcio del mister che ormai conosciamo perfettamente. Sorensen ricalca l’idea di calcio che Mandorlini ha: tipo Abbate che quando venne messo a destra dal mister (vi ricordate? pareva una bestemmia). Anche qui esiste un riscatto e un controriscatto. Comunque andrà, il Verona ci guadagnerà qualcosa. Non andasse, non ci perderemo nulla.

Tra l’altro, smentendo il precedente blog, Sogliano non è nemmeno arrivato lungo, firmando un blitz, frutto di tanto paziente lavoro e di idee chiarissime. Ora si potrà concentrare, se vuole/può, a consegnare al mister le ultime ciliegine: si chiamino Papu Gomez, Evangelista o entrambi con l’affare Brivio pronto a chiudersi in fretta. Una buonissima campagna acquisti potrebbe così diventare sontuosa.

 

ANCHE QUEST’ANNO ALL’ULTIMO GIORNO…

C’è un mio desiderio che non riesco a soddisfare. Vedere il Verona completo prima dell’ultimo giorno di mercato. Per un motivo e per l’altro, pare non sia possibile. Prima perchè c’era Pastorello con i suoi bluff (vi ricordate le manfrine dell’ultimo giorno e poi non arrivava nessuno), poi perchè non c’erano idee (ma soprattutto soldi), poi perchè non si riuscivano a vendere i “cadenassi” che avevamo in squadra, poi perchè c’era chi rifiutava Verona, poi… Insomma siamo sempre arrivati lunghissimi. Per carità: quei tempi (per fortuna) sono distanti  e oggi Sogliano ha almeno costruito al 70, 80 per cento la squadra. Ma ognuno di noi ha in testa una sua personale ciliegina da ultimo giorno. Credo che anche Sogliano si tenga questo “colpo di teatro” per scaramanzia visto che negli ultimi due anni sono arrivati Cacia e Iturbe…

Al di là dei fuochi artificiali riservati a qualche trasmissione specifica, resta l’inutilità di un mercato lungo, esageratamente lungo, vergognosamente lungo, ma soprattutto (ultimo avverbio, giuro) inutilmente lungo. Più che fuochi artificiali sembrano pisciatine di cane. Speriamo che non sia così per il Verona. Attendiamo fiduciosi e anche un po’ spazientiti…

BALOTELLI, CASSANO… MA SE OGGI CI FOSSE ZIGONI?

Balotelli e Cassano vengono definiti due bad boy, due scapestrati che hanno buttato (o stanno buttando) la carriera. Due esempi da non seguire, due tipi da evitare, due spaccaspogliatoi. Uno è appena partito per Liverpool e al Milan stanno ancora festeggiando (non si può non aver notato la faccia di Inzaghi durante le interviste post-partenza). L’altro ha appena devastato un’altra volta lo spogliatoio e a fatica a Parma stanno contenendo il nuovo caso.

Mi sono sempre chiesto che differenze ci sono tra Balotelli e Cassano e uno degli idoli di noi veronesi, Gianfranco Zigoni. E’ difficile spiegare oggi ad un ragazzo cos’è stato Zigo per la mia generazione. Zigo era sopra le righe, viaggiava in Porsche, metteva la pelliccia per scommessa in panchina, sparava ai lampioni, andava a donne, probabilmente beveva. Alla mattina ti alzavi e sull’Arena trovavi Valentino Fioravanti che dipingeva le sue cronache con le bravate di Zigo, le scommesse con il commendator Saverio, gli incidenti paurosi in cui rischiava la vita. Era un Cassano ante litteram, ma a quei tempi era un mito, idolatrato da noi tifosi. Io mi innamorai di lui (e quindi del Verona…) quando lo vidi giocare con le scarpe rosse. L’unico, trent’anni prima di tutti gli altri. Avevo 9 o 10 anni. Insomma erano tutti comportamenti che potremo vedere e ritrovare in Balotelli e in Cassano. Credo che però quei comportamenti fossero figli del tempo. Eravamo negli anni ’70, si vedevano gli effetti della prima grande contestazione giovanile, quella del ’68 partita dall’America e arrivata poi in Europa via Francia, quei comportamenti rompevano lo status quo, erano insomma legati ai giovani e a quell’atmosfera.

Oggi non fa più notizia una cresta, una scarpa diversa. Anzi, immediatamente viene creata l’omologazione, paradossalmente essere contro è essere come Marquez, perfettamente inappuntabile dal punto di vista professionale. La normalità come via verso la diversità e l’affermazione di se stesso. Balotelli e Cassano si sono ridotti ad essere solo due prodotti mediatici, anche loro sono figli del tempo, ma sembrano superati, sono due cattivi esempi.

Resta un fatto. Io trovo le conferenze stampa di Cassano meravigliosamente intelligenti, e non lo dico con sarcasmo. Cassano manda dei messaggi, dice qualcosa, sempre border line, ma con un contenuto. Almeno dice qualcosa e non viene imbeccato da un ufficio stampa. Notate quanti titoli ci sono in una intervista del barese rispetto a tutte quelle dei suoi colleghi. A me sta simpatico. Come Zigoni. Per Balotelli il discorso è diverso. Si è costruito un fortino di recriminazioni e di alibi per giustificare i suoi insuccessi. E’ sempre colpa degli altri. Che non lo capiscono, che lo trattano male, che sono razzisti. Sfida il mondo e spesso perde. Questo è il suo problema. Con l’aggravante di essere gestito malissimo (o benissimo a seconda dei punti di vista) dal suo manager. Ma questa è un’altra storia.

OBBADI PERFETTO, MORAS UN GUERRIERO E MARQUEZ…

Note liete di una bella serata. Partiamo dal pubblico: 11.200 spettatori per la Coppa Italia contro una squadra di Lega Pro. Superfluo ogni commento.

Obbadi a centrocampo: l’impressione è che Sogliano abbia pescato un altro jolly alla Romulo. Nessuno lo conosceva, in tanti si morderanno le mani. Obbadi gioca con semplicità, ma c’è sempre. Legge le traiettorie del pallone in anticipo, pare avere la calamita nei piedi. Lo puoi mettere ovunque, anche se non sta male neanche in mezzo al campo. Il pallone non gli scotta mai tra i piedi. Sarà dura lasciarlo fuori, quando tornerà Tachtsidis.

Abbiamo ammirato un ottimo Moras. Pur partito in ritardo con la preparazione causa la nota vicenda famigliare, “Lele” si è già preso il posto. Con la consueta umiltà, ma anche con la solita personalità. Il gol è stato un meritato tributo ad un ragazzo che nello spogliatoio è un architrave.

Bene anche Gomez e Jankovic. Tanta quantità, poca concretezza, un po’ di sfiga. Ma se continuano così sarà durissima prendere il loro posto. Avessero trovato il gol (e non sarebbe stato scandaloso…), dovremmo parlare di due prestazioni super.

Capitolo Toni: siamo abituati bene, ma questa è colpa sua. Ha segnato così tanto l’anno scorso che ora fare gol è diventata la normalità. Invece non è così. Sappiamo benissimo noi a Verona che cosa significa avere là davanti uno che non vede la porta… Luca segna anche quando ha il culo giù per terra, c’è sempre, fa a spallate con chiunque. E’ un bene prezioso, sbagliato pensare che sia normale. D’accordo con Mandorlini: bisogna puntare su di lui, non puoi farne a meno se ce l’hai. Nenè è perfetto come spalla. Accetta la panchina, sintomo di intelligenza, e non rompe nello spogliatoio. L’importante è che abbia l’istinto agonistico di entrare comunque cattivo quando ce ne sarà bisogno. Nei sedici metri finali, (vedi Shakthar) può essere letale, con quella sua aria apparentemente indolente.

Marquez: ha giocato un’ora. Poi ha camminato. Ha fatto bene il mister a tenerlo in campo, perchè solo col minutaggio la condizione cresce. Impressionante come si sia calato nella parte. Gioca con un’eleganza assoluta. Il piede è da centrocampista, ma di quelli buoni. Pur non avendo fatto nulla di straordinario e aver subito anche la velocità di Kirilov quando la spia della riserva era accesa, ha dato la classica sicurezza a tutto il reparto.

In sostanza: pensiero alla Catalano. Vincere è meglio di perdere, ma l’avversario era tanto scarso. L’Atalanta sarà un’altra cosa, prepariamoci alla battaglia. L’inizio del torneo è sempre un’incognita, mettere via punti fin da subito è un obbligo. La serie A è dura, ma noi ci stiamo alla grande.

 

LA STORIA DI NICO LOPEZ

Molto prima di piazzare il fenomenale colpo Iturbe, Sogliano si era “innamorato” di un altro giocatore. Si chiama (va) Nico Lopez, detto El conejo per quei due dentoni che gli spuntano dalle labbra. Sogliano voleva portarlo a Verona prima del Sudamericano Under 20, dove Lopez spopolò, segnando sei reti e venendo inserito nella top 11 della manifestazione. Un anno fa, Nico Lopez era un “colpaccio”. Sogliano venne bruciato dalla Roma e da Sabatini, guarda caso amico di Sogliano e con la stessa visione calcistica. Il Verona non poteva allora competere con la Roma (e probabilmente neanche oggi…). Un anno dopo Nico Lopez è un crack in attesa di esplosione. L’Udinese, che sa aspettare i suoi giocatori, non lo vuole mollare. Sa di aver in mano un potenziale campione. Sogliano però è tornato alla carica, sicuro che quella sua intuizione valesse oro. Lopez è uno che ha meno gamba di Iturbe, ma che nei trenta metri finali è micidiale. Può far segnare Luca Toni, ma anche segnare più del “guacho” che forse difettava proprio da questo punto di vista. Lopez in questo momento è un sogno che Sogliano sta coltivando ogni giorno. Parlare con l’Udinese non è semplice. I friulani sono una delle poche società italiane ad avere soldi e idee. Il Verona non vuole lavorare per altri. Per questo richiede un diritto di riscatto. Quantomeno per poter dire qualcosa in caso di esplosione dell’attaccante. A Udine, pare, abbiano accettato. Però per una cifra altissima: quindici milioni di euro. La stessa che il Verona ha messo per Iturbe. Che sia un caso?

LA CILIEGINA SULLA TORTA

Non mi dispiace questo Verona. Ma ho la sensazione che manchi qualcosa. E qualcosa d’importante. Lo so che prima ci dimenticheremo di Iturbe, meglio sarà. Però in tutti noi c’è questa immagine di un giocatore che sapeva sparigliare le carte in tavola e che prendeva in mano la squadra quando era in difficoltà. Uno che poteva inventarti qualcosa da un momento all’altro e spesso dal nulla. Uno che era “dentro” alla squadra e che si “spaccava” in quattro per fare diagonali e ripiegamenti difensivi. Un altro Iturbe non c’è sul mercato. Quelli sono colpi come ti riescono una volta ogni 20 anni. Però è importante in serie A avere un giocatore di questo tipo. Se non ce l’hai, diciamoci la verità, vai incontro a stagioni durissime. Dopo aver perso Paulinho, che avrebbe risolto un sacco di problemi, il nostro mercato su questo fronte si è un po’ impantanato. Ovviamente c’è da tenere conto che molti colpi saranno last minute e che persino le grandi sono rimaste bloccate (al Milan, giusto per fare un esempio il “colpo” dell’estate è ritenuta la cessione di Balotelli e l’acquisto di un portiere). Ma, appunto, la sensazione è che serva una ciliegina sulla torta, un acquisto “vero” e non una scommessa. Insomma serve anche in attacco una mossa sullo stile di Rafa Marquez (grande colpo) e Luca Toni (grandissimo colpo). Un acquisto “vero”, di sostanza. Questo per completare una rosa che a mio avviso è anche migliore di quella della scorsa stagione. Dando per scontato ovviamente che Sogliano prenda un terzino destro e che arrivi il solito jolly dell’ultimo giorno…