IL BICCHIERE MEZZO PIENO

Detto di un Verona non brillante, vediamo invece, perchè c’è da essere ottimisti per il futuro.

– Spirito di squadra. Quando vinci partite così non lo fa per caso. Lo fai perchè stai unito, perchè capisci la difficoltà, perchè lotti su ogni pallone. E’ quello che è successo contro il Palermo. Non solo il Verona ha avuto il coraggio/fortuna/bravura di trovare il pareggio, ma poi ha voluto vincere la partita, avvertendo le difficoltà dei palermitani. Creare lo spirito di squadra è la cosa più difficile. Siamo sulla buona strada.

-In difesa siamo copertissimi. Rafa Marquez è un campione e solo uno stolto poteva metterlo in dubbio. Vicino a lui c’è un Moras mai a questi livelli. Il greco (forse proprio per la presenza di Marquez) è perfetto. Siamo bravi nel gioco aereo, perfetti nell’anticipo, soffriamo nell’1 contro 1 dove nè Marquez nè Moras hanno velocità. Ma basta la loro intelligenza tattica per evitare questa situazione. Il gol è accidentale, frutto di carambole e di rimpalli. Ottimo anche l’apporto che Marquez e Moras danno alla manovra in generale. In più Martic sta dimostrando di poterci stare, molto più attento e ordinato rispetto al precampionato quando doveva ancora carburare e capire i meccanismi.

– Le verticalizzazioni di Tachtsidis. Perde tanti palloni, ma le azioni importanti sono tutte sue idee. Il mister l’ha detto: azzarda la giocata ma a me sta bene così. Vuol dire che il ragazzo ha personalità (bravo nel venire in sala stampa e dire che per vedere il miglior Tachtsidis serve ancora tempo) ed è giusto proteggerlo. Anche lui, però si deve svegliare ed essere più reattivo e continuo.

– Quante frecce nell’arco. Mandorlini ha lasciato in panchina Saviola e messo in campo Lopez per un quarto d’ora. E’ ovvio che due giocatori del genere non possono star fuori. Ci sarà tempo e spazio anche per loro questo è certo. Lopez ha avuto una palla gol, servitagli da Campanharo, uno che il mister sta apprezzando come fece con Jorginho (dicono a Peschiera che i piedi siano anche più buoni…). E poi c’è sempre Jankovic che sicuramente tra Torino, Genoa e Roma tornerà a giocare. Tante alternative anche per cambiare faccia alla squadra.

OTTIMA VITTORIA, MA ALCUNI SEGNALI NEGATIVI DA NON SOTTOVALUTARE

Questa vittoria vale tantissimo. Esattamente quanto quella del Sassuolo dello scorso anno. A caval donato non si guarda in bocca e questi tre punti sono oro colato. La premessa è doverosa ma ciò non toglie che il Verona non mi è piaciuto. Troppo compassati, ma soprattutto tanta, troppa confusione. Passare sotto silenzio i segnali che ci arrivano dal campo non mi pare giusto. E non parlo solo della scelta iniziale di Mandorlini di tenere fuori Saviola e Lopez. Ci sarà tempo per discuterne. Il problema è a centrocampo, non c’è dubbio. La manovra non fila, le coperture funzionano a singhiozzo, Taxi è lontano parente di quello che era partito. Ma non è l’unico che non va. Anche Obbadi è involuto rispetto al precampionato. Va detto che la sosta non ha giovato, i nazionali sono arrivati giovedì, molti erano stanchi. Paradossalmente mi è piaciuto di più Campanharo che quando è entrato ha dato una palla d’oro a Lopez. Può essere una buona alternativa. Anche il gioco sulle fasce non è sgorgato. Terzini bloccati, esterni alti troppo statici, zero sovrapposizioni. Anche la difesa è andata un po’ in affanno.

A quattro punti si sta bene e si può ragionare con pacatezza e tranquillità. Lo farà sicuramente Mandorlini che non può essere soddisfatto di questa partita. Se vogliamo essere ottimisti ci sono così tanti margini di miglioramento che ipotizzare adesso che campionato faremo è veramente fuori luogo.

LA QUESTIONE STADIO

Tenendo fede all’impegno preso con i tifosi, il Verona sta sistemando il Bentegodi. Come avete visto nell’articolo in homepage tra breve (si spera un mese…) ci saranno quattromila posti in più. Tremila in Curva Nord, restituita ai tifosi dell’Hellas e altri mille in parterre est. La strada presa è quella giusta. Rendere più confortevole l’attuale casa dell’Hellas, ormai vetusta e decrepita. Certo. molti tifosi chiedono (a ragione anche…) di poter avere una visuale migliore, in uno stadio nuovo. Setti, che ama fare più che parlare, ha detto che per ora a lui questo non interessa. Il perché è semplice: a Setti piace fare calcio e non importa nulla di nessun altro tipo di business, sia esso commerciale o edilizio. L’impresa è il Verona e non altre attività collaterali. Quindi tutto parte dal Verona e non da altri interessi. Quando il Verona avrà la solidità finanziaria giusta (5/10 anni) si potrà riparlarne. In effetti sino ad oggi la costruzione di uno stadio, oltre a richiedere capitali ingenti (e con i chiari di luna che ci sono…), sembrava una specie di grimaldello per ottenere altre cose. Vuoi appartamenti, centri commerciali o lo sblocco di alcune aree. Non era uno scandalo, lo scrissi allora, lo ribadisco oggi. Ma così, mi piace di più. Anche eticamente, da cittadino. Il Bentegodi è vecchio, ma se ogni anno un tassello venisse veramente rifatto, potrebbe tornare a splendere. Qualcosa si muove, e questo mi sembra la cosa importante. Ora, spero che in questi quattromila posti vengano messi prezzi veramente “popolari”. Anche questa una promessa del dg Gardini. Un altro a cui piace fare più che parlare.

SIAMO UOMINI O MODULI?

Dice Mandorlini (e con qualche ragione…) che da nessuna parte si parla del modulo come a Verona. In effetti a volte il dibattito si focalizza troppo su quell’espressione numerica (4-4-2, 4-3-3, 3-5-2) che vuol dire qualcosa ma non vuol dire tutto. Le varianti sul tema sono infinite e ancora più importante del numero sono due aspetti: come si interpreta quella disposizione in campo e gli uomini che hai a disposizione per interpretarla.

Un maestro di calcio come Bagnoli ha spiegato così, con la consueta semplicità la sua formula vincente: “Chiedevo ai miei giocatori dove volessero giocare e quali erano le loro caratteristiche migliori. Siccome io sono stato giocatore, sapevo benissimo quanto era importante questo e quanto faccia piacere ad un calciatore essere messo nel posto giusto”. Nacque così il Verona dello scudetto, dove i “terzini facevano i terzini e le ali facevano le ali”.

Da quel calcio molta acqua è passata sotto i ponti, la zona e Sacchi hanno spazzato via molti di quei concetti, ma non tutti.

Mandorlini appartiene alla scuola di Mazzone e di Trapattoni. Non è un sacchiano, sa che ci sono risorse umane da sfruttare al meglio. Ma è anche un allenatore moderno che applica alla sua squadra un concetto chiaro di gioco e un’identità precisa. Invece di applicare al suo calcio la filosofia “tante idee ma confuse”, Mandorlini è della scuola “poche idee ma chiare”. In questi anni a Verona ha sempre giocato col 4-3-3, ma con diverse varianti. Non è sempre stato il solito Verona. A volte ha tenuto tanto il pallone, a volte è ripartito con brucianti contropiede, a volte è arrivato al gol con i cross, a volte con il gioco a terra.

Quest’anno, pare, il Verona mirerà ad avere un possesso palla più alto. Marquez, giustamente, sarà l’uomo da cui iniziare l’azione. Toni il terminale offensivo, ma forse meno esclusivo rispetto alla passata stagione. Gran parte del nuovo Verona e del suo gioco verterà su come gli esterni si adatteranno a Mandorlini e alla sua idea di 4-3-3 e viceversa. Se il tecnico si aspetta da Saviola e da Nico Lopez lo stesso lavoro garantito da Iturbe e Gomez, beh state sicuri che i due assieme giocheranno poco. Per come la vedo io, o gioca uno o gioca l’altro. E solo in alcuni frangenti della partita e soprattutto dopo opportuni rodaggi andranno a coesistere con Toni per un Verona tutto trazione anteriore. Già l’anno scorso quando paventavo a Mandorlini l’idea di giocare con Toni e Cacia e magari un trequartista la sua risposta fu: “E poi chi torna a coprire?”. Infatti quella soluzione non decollò mai.

Però c’è anche da dire che questo Verona è più solido dietro. Ha messo su centimetri e peso con Tachtsidis, che sempre di più appare come il perno centrale da cui dipenderà il futuro tattico della squadra. E Obbadi (ancora più di Hallfredsson che conosciamo bene nei suoi pregi e nei suoi difetti), avrà meno compiti di percussione rispetto a Romulo che era invece quasi una vera e propria ala destra in certi frangenti.

Come sempre, insomma, e come diceva Bagnoli, gli uomini conteranno più dei moduli. Il resto tocca a Mandorlini. Che non ha un compito facile. Per vedere il vero Verona e capire qualcosa di questa squadra prevedo una decina di partite. Solo dopo tireremo opportune considerazioni.

ABBONATI: PERCHE’ PARLARE DI FALLIMENTO?

Faccio una premessa a scanso di equivoci: fossi stato nella società non avrei alzato il costo degli abbonamenti. In un momento così duro per le famiglie e per i tifosi si poteva evitare. Capisco le ragioni (la principale è che manca un settore popolare in uno stadio che sarebbe da rifare o comunque da restaurare pesantemente), ma quell’aumento non è stato giusto. Per un sacco di motivi, ma il principale è proprio quello economico, anche se, bisogna aggiungere, passare una domenica in Curva Sud resta uno dei divertimenti più economici che ci sono in giro.

Detto questo. Abbiamo raggiunto quota 14.055 che è minore rispetto ai 16.129 abbonati della scorsa stagione. Un calo di quasi duemila unità che a qualcuno ha fatto gridare immediatamente al “fallimento” della campagna abbonamenti. In realtà non è così. Anzi: Verona si conferma in netta controtendenza rispetto ad altre piazze, ma soprattutto questo dato è uno dei migliori di sempre.

Attingendo ai dati di Hellastory.net che ha un’apposita statistica sugli abbonamenti (complimenti ai gestori del sito) si può facilmente capire che i 14.055 abbonati di quest’anno poche volte si sono visti nella storia del Verona, almeno da quando esistono gli abbonamenti. Per trovare per la prima volta cifre simili bisogna andare al 1973-’74 quando si superarono (di poco) i 10 mila abbonati (10.946). O al 1975-’76 quando venne battuto un record superando le 13 mila unità (13.524).

In mezzo molte cifre deludenti, anche prima dell’era Bagnoli: nel 1980-81 furono appena 2.900 i veronesi che si abbonarono e l’anno dopo, quello della promozione in serie A, appena 4.764 tifosi si fecero l’abbonamento. Ci fu un incremento quasi del 50 per cento l’anno dopo, il primo stupefacente di Bagnoli in serie A. Ma non sufficiente a superare i 10 mila abbonati (9.129).

Il record fu stabilito nel 1984-’85 (guarda caso), quando si vinse lo scudetto: 17.553 abbonati. Successo (quasi) bissato l’anno dopo con 16.185 tessere, secondo miglior risultato di sempre. La quota raggiunta lo scorso anno (16.129), quindi, va a stabilire il terzo miglior risultato della storia del Verona. Quello di quest’anno si piazza (di poco) al quinto posto, dietro al campionato 1987-’88 (14.143).

Curioso anche vedere gli anni di Lega Pro: dopo la caduta dalla B, (con gli abbonamenti ad 1 euro per donne e bambini) furono 9.635 gli abbonati. L’anno dopo, con la contestazione di una parte della Curva Sud che non si abbonò, furono 7.890. Poi si risale sopra quota 10 mila con l’avvento di Martinelli (10.448) ma si ritorna sotto dopo la delusione con il Portogruaro (7.955).

Dire quindi che 14.055 abbonati sono un fallimento è una falsità.

SE QUATTRO ANNI FA VI AVESSERO DETTO CHE NEL VERONA AVREMMO VISTO TONI, MARQUEZ E SAVIOLA…

Quattro anni fa, era il 2010, il Verona perdeva la finale play-off di Lega Pro contro il Pescara. Giovanni Martinelli era deluso, arrabbiato, spaesato a fine gara. Brancolava nello stadio abruzzese guardando nel vuoto. Il Verona aveva perso in maniera incredibile quel campionato, dopo essere stato primo tutto l’anno, perdendo la testa all’ultima giornata al Bentegodi, contro il Portogruaro.

I gialloblù non riuscivano più ad uscire dalle paludi di quella maledetta categoria. Sembrava un incubo. In quel momento la serie A era lontana anni luce. Il vecchio Verona lottava per la sopravvivenza, affidandosi come sempre alla passione dei suoi tifosi che anche a Pescara avevano seguito quella squadra così sfigata. Da lì a qualche giorno il ds che Martinelli aveva scelto come suo braccio destro, a coronamento del suo fallimento, lasciò il Verona, tornandosene nel calduccio del suo posto a Sassuolo.

Il Verona era una barchetta che navigava in mare aperto. Senza vele. Con un timone precario. E imbarcava acqua. Ce n’era tanta, perchè quella piccola e sgangherata imbarcazione perdeva soldi, cioè milioni di euro. Martinelli era prostrato, ma si rimboccò le maniche. Benito Siciliano il suo braccio destro, usò una cura da cavallo per contenere i costi. Poi venne Parentela. Un mistero sottoforma di faccendiere che fece capire tutta la distanza che Martinelli aveva di quel Verona e da Verona. Era stanco e ammalato il presidente, era vicino a mollare tutto. Invece non se ne andò. Parentela non consegnò le garanzie necessarie, non si seppe mai, ma si potè comunque capire, che l’assegno da 400 mila euro messo a garanzia, non aveva la necessaria copertura. Parentela però portò Mandorlini. E Mandorlini portò la serie B. E la serie B portò al quasi miracolo della A. E poi venne Setti. Martinelli se ne andò in cielo, non prima di aver garantito per quell’imprenditore di Carpi appassionato di calcio.

Quattro anni dopo siamo qui a raccontare di un nuovo Verona che, dopo il più brillante campionato dall’epoca Bagnoli, ha riunito tre campioni del calibro di Luca Toni, Marquez e Saviola. Chi l’avrebbe detto quattro anni fa? Ma quanto è meraviglioso il calcio? Ora, l’insegnamento che questa storia ci porta, non deve mai essere dimenticato. Arriviamo da là, non dimentichiamolo mai.

BUON PUNTO. MA…

Sono soddisfatto, lo dico davvero. Razionalmente questo è un buon punto, anzi ottimo. Ma se riguardo un attimo la partita… beh, si potrebbe parlare anche di occasione sprecata. Il Verona mi pareva avere qualcosa in più di questa Atalanta e forse si poteva osare un pochino… E’ chiaro, e lo diciamo da qualche settimana ormai, che questa squadra ha più solidità di quella dell’anno scorso, ma è anche molto meno imprevedibile e paga qualcosa sotto il profilo della qualità. Non so cosa potrà darci Nico Lopez, spero molto. Ma se volessimo completare bene questa buona torta, serve veramente quella gustosa ciliegina rossa da metterci sopra. Quella che quando la mangi… è tutto un altro discorso. Per non girarci attorno: Serve il Papu Gomez o chi per lui. Allora sarebbe proprio un bel divertimento. Se non arrivasse, beh… pazienza. Lo sappiamo da sempre che dobbiamo soffrire.

SE SORENSEN E NICO LOPEZ VI SEMBRANO POCO…

L’assuefazione da colpo di mercato, nomi bruciati, mille idee di mercato strampalate rischiano di non farci apprezzare la bontà del mercato del Verona. Dopo aver ceduto i suoi tre migliori giocatori (Jorginho, Romulo e Iturbe), la squadra scaligera si è rimboccata le maniche e ha cercato di rendere meno dolorose possibili quelle partenze. Mentre mezzo mondo cerca di acquistare qualcuno giusto per dare un nome in pasto ai tifosi, Sogliano ha preso ancora una volta la strada più tortuosa. Cercare di dare a Mandorlini la gente di cui ha bisogno. Così, mentre al Milan acquistare Torres o Biabiany è la stessa cosa, a Verona si cercava di mettere al posto giusto ogni casella. Appurato che di Iturbe al mondo non ce ne sono, Sogliano ha voluto portare in gialloblù l’unico che lo ha convinto veramente dopo Juancito. Uno che ha i colpi di Iturbe e sotto porta, si dice, essere ancora più forte. Poichè Sogliano è anche uno tignoso, non ha voluto, per principio prenderlo solo in prestito, fedele alla linea che il Verona s’è dato: non lavoreremo mai per gli altri. Così è riuscito a strappare all’Udinese una formula che comunque, garantirà al Verona un beneficio in caso di rivalutazione del giocatore. Se invece Nico Lopez non esplodesse il Verona non ci rimetterà niente. Non è poco.

Poi arriva Sorensen che pare ritagliato alla perfezione per Mandorlini. Un altro gigante da piazzare in difesa, un polivalente come siamo ormai abituati a vedere a destra. Strutturalmente Sorensen è un marcantonio, non avrà velocità e tempi di inserimento, ma siamo sicuri che nelle mani sapienti di Mandorlini non tradirà, fedele al calcio del mister che ormai conosciamo perfettamente. Sorensen ricalca l’idea di calcio che Mandorlini ha: tipo Abbate che quando venne messo a destra dal mister (vi ricordate? pareva una bestemmia). Anche qui esiste un riscatto e un controriscatto. Comunque andrà, il Verona ci guadagnerà qualcosa. Non andasse, non ci perderemo nulla.

Tra l’altro, smentendo il precedente blog, Sogliano non è nemmeno arrivato lungo, firmando un blitz, frutto di tanto paziente lavoro e di idee chiarissime. Ora si potrà concentrare, se vuole/può, a consegnare al mister le ultime ciliegine: si chiamino Papu Gomez, Evangelista o entrambi con l’affare Brivio pronto a chiudersi in fretta. Una buonissima campagna acquisti potrebbe così diventare sontuosa.

 

ANCHE QUEST’ANNO ALL’ULTIMO GIORNO…

C’è un mio desiderio che non riesco a soddisfare. Vedere il Verona completo prima dell’ultimo giorno di mercato. Per un motivo e per l’altro, pare non sia possibile. Prima perchè c’era Pastorello con i suoi bluff (vi ricordate le manfrine dell’ultimo giorno e poi non arrivava nessuno), poi perchè non c’erano idee (ma soprattutto soldi), poi perchè non si riuscivano a vendere i “cadenassi” che avevamo in squadra, poi perchè c’era chi rifiutava Verona, poi… Insomma siamo sempre arrivati lunghissimi. Per carità: quei tempi (per fortuna) sono distanti  e oggi Sogliano ha almeno costruito al 70, 80 per cento la squadra. Ma ognuno di noi ha in testa una sua personale ciliegina da ultimo giorno. Credo che anche Sogliano si tenga questo “colpo di teatro” per scaramanzia visto che negli ultimi due anni sono arrivati Cacia e Iturbe…

Al di là dei fuochi artificiali riservati a qualche trasmissione specifica, resta l’inutilità di un mercato lungo, esageratamente lungo, vergognosamente lungo, ma soprattutto (ultimo avverbio, giuro) inutilmente lungo. Più che fuochi artificiali sembrano pisciatine di cane. Speriamo che non sia così per il Verona. Attendiamo fiduciosi e anche un po’ spazientiti…

BALOTELLI, CASSANO… MA SE OGGI CI FOSSE ZIGONI?

Balotelli e Cassano vengono definiti due bad boy, due scapestrati che hanno buttato (o stanno buttando) la carriera. Due esempi da non seguire, due tipi da evitare, due spaccaspogliatoi. Uno è appena partito per Liverpool e al Milan stanno ancora festeggiando (non si può non aver notato la faccia di Inzaghi durante le interviste post-partenza). L’altro ha appena devastato un’altra volta lo spogliatoio e a fatica a Parma stanno contenendo il nuovo caso.

Mi sono sempre chiesto che differenze ci sono tra Balotelli e Cassano e uno degli idoli di noi veronesi, Gianfranco Zigoni. E’ difficile spiegare oggi ad un ragazzo cos’è stato Zigo per la mia generazione. Zigo era sopra le righe, viaggiava in Porsche, metteva la pelliccia per scommessa in panchina, sparava ai lampioni, andava a donne, probabilmente beveva. Alla mattina ti alzavi e sull’Arena trovavi Valentino Fioravanti che dipingeva le sue cronache con le bravate di Zigo, le scommesse con il commendator Saverio, gli incidenti paurosi in cui rischiava la vita. Era un Cassano ante litteram, ma a quei tempi era un mito, idolatrato da noi tifosi. Io mi innamorai di lui (e quindi del Verona…) quando lo vidi giocare con le scarpe rosse. L’unico, trent’anni prima di tutti gli altri. Avevo 9 o 10 anni. Insomma erano tutti comportamenti che potremo vedere e ritrovare in Balotelli e in Cassano. Credo che però quei comportamenti fossero figli del tempo. Eravamo negli anni ’70, si vedevano gli effetti della prima grande contestazione giovanile, quella del ’68 partita dall’America e arrivata poi in Europa via Francia, quei comportamenti rompevano lo status quo, erano insomma legati ai giovani e a quell’atmosfera.

Oggi non fa più notizia una cresta, una scarpa diversa. Anzi, immediatamente viene creata l’omologazione, paradossalmente essere contro è essere come Marquez, perfettamente inappuntabile dal punto di vista professionale. La normalità come via verso la diversità e l’affermazione di se stesso. Balotelli e Cassano si sono ridotti ad essere solo due prodotti mediatici, anche loro sono figli del tempo, ma sembrano superati, sono due cattivi esempi.

Resta un fatto. Io trovo le conferenze stampa di Cassano meravigliosamente intelligenti, e non lo dico con sarcasmo. Cassano manda dei messaggi, dice qualcosa, sempre border line, ma con un contenuto. Almeno dice qualcosa e non viene imbeccato da un ufficio stampa. Notate quanti titoli ci sono in una intervista del barese rispetto a tutte quelle dei suoi colleghi. A me sta simpatico. Come Zigoni. Per Balotelli il discorso è diverso. Si è costruito un fortino di recriminazioni e di alibi per giustificare i suoi insuccessi. E’ sempre colpa degli altri. Che non lo capiscono, che lo trattano male, che sono razzisti. Sfida il mondo e spesso perde. Questo è il suo problema. Con l’aggravante di essere gestito malissimo (o benissimo a seconda dei punti di vista) dal suo manager. Ma questa è un’altra storia.