SE QUATTRO ANNI FA VI AVESSERO DETTO CHE NEL VERONA AVREMMO VISTO TONI, MARQUEZ E SAVIOLA…

Quattro anni fa, era il 2010, il Verona perdeva la finale play-off di Lega Pro contro il Pescara. Giovanni Martinelli era deluso, arrabbiato, spaesato a fine gara. Brancolava nello stadio abruzzese guardando nel vuoto. Il Verona aveva perso in maniera incredibile quel campionato, dopo essere stato primo tutto l’anno, perdendo la testa all’ultima giornata al Bentegodi, contro il Portogruaro.

I gialloblù non riuscivano più ad uscire dalle paludi di quella maledetta categoria. Sembrava un incubo. In quel momento la serie A era lontana anni luce. Il vecchio Verona lottava per la sopravvivenza, affidandosi come sempre alla passione dei suoi tifosi che anche a Pescara avevano seguito quella squadra così sfigata. Da lì a qualche giorno il ds che Martinelli aveva scelto come suo braccio destro, a coronamento del suo fallimento, lasciò il Verona, tornandosene nel calduccio del suo posto a Sassuolo.

Il Verona era una barchetta che navigava in mare aperto. Senza vele. Con un timone precario. E imbarcava acqua. Ce n’era tanta, perchè quella piccola e sgangherata imbarcazione perdeva soldi, cioè milioni di euro. Martinelli era prostrato, ma si rimboccò le maniche. Benito Siciliano il suo braccio destro, usò una cura da cavallo per contenere i costi. Poi venne Parentela. Un mistero sottoforma di faccendiere che fece capire tutta la distanza che Martinelli aveva di quel Verona e da Verona. Era stanco e ammalato il presidente, era vicino a mollare tutto. Invece non se ne andò. Parentela non consegnò le garanzie necessarie, non si seppe mai, ma si potè comunque capire, che l’assegno da 400 mila euro messo a garanzia, non aveva la necessaria copertura. Parentela però portò Mandorlini. E Mandorlini portò la serie B. E la serie B portò al quasi miracolo della A. E poi venne Setti. Martinelli se ne andò in cielo, non prima di aver garantito per quell’imprenditore di Carpi appassionato di calcio.

Quattro anni dopo siamo qui a raccontare di un nuovo Verona che, dopo il più brillante campionato dall’epoca Bagnoli, ha riunito tre campioni del calibro di Luca Toni, Marquez e Saviola. Chi l’avrebbe detto quattro anni fa? Ma quanto è meraviglioso il calcio? Ora, l’insegnamento che questa storia ci porta, non deve mai essere dimenticato. Arriviamo da là, non dimentichiamolo mai.

BUON PUNTO. MA…

Sono soddisfatto, lo dico davvero. Razionalmente questo è un buon punto, anzi ottimo. Ma se riguardo un attimo la partita… beh, si potrebbe parlare anche di occasione sprecata. Il Verona mi pareva avere qualcosa in più di questa Atalanta e forse si poteva osare un pochino… E’ chiaro, e lo diciamo da qualche settimana ormai, che questa squadra ha più solidità di quella dell’anno scorso, ma è anche molto meno imprevedibile e paga qualcosa sotto il profilo della qualità. Non so cosa potrà darci Nico Lopez, spero molto. Ma se volessimo completare bene questa buona torta, serve veramente quella gustosa ciliegina rossa da metterci sopra. Quella che quando la mangi… è tutto un altro discorso. Per non girarci attorno: Serve il Papu Gomez o chi per lui. Allora sarebbe proprio un bel divertimento. Se non arrivasse, beh… pazienza. Lo sappiamo da sempre che dobbiamo soffrire.

SE SORENSEN E NICO LOPEZ VI SEMBRANO POCO…

L’assuefazione da colpo di mercato, nomi bruciati, mille idee di mercato strampalate rischiano di non farci apprezzare la bontà del mercato del Verona. Dopo aver ceduto i suoi tre migliori giocatori (Jorginho, Romulo e Iturbe), la squadra scaligera si è rimboccata le maniche e ha cercato di rendere meno dolorose possibili quelle partenze. Mentre mezzo mondo cerca di acquistare qualcuno giusto per dare un nome in pasto ai tifosi, Sogliano ha preso ancora una volta la strada più tortuosa. Cercare di dare a Mandorlini la gente di cui ha bisogno. Così, mentre al Milan acquistare Torres o Biabiany è la stessa cosa, a Verona si cercava di mettere al posto giusto ogni casella. Appurato che di Iturbe al mondo non ce ne sono, Sogliano ha voluto portare in gialloblù l’unico che lo ha convinto veramente dopo Juancito. Uno che ha i colpi di Iturbe e sotto porta, si dice, essere ancora più forte. Poichè Sogliano è anche uno tignoso, non ha voluto, per principio prenderlo solo in prestito, fedele alla linea che il Verona s’è dato: non lavoreremo mai per gli altri. Così è riuscito a strappare all’Udinese una formula che comunque, garantirà al Verona un beneficio in caso di rivalutazione del giocatore. Se invece Nico Lopez non esplodesse il Verona non ci rimetterà niente. Non è poco.

Poi arriva Sorensen che pare ritagliato alla perfezione per Mandorlini. Un altro gigante da piazzare in difesa, un polivalente come siamo ormai abituati a vedere a destra. Strutturalmente Sorensen è un marcantonio, non avrà velocità e tempi di inserimento, ma siamo sicuri che nelle mani sapienti di Mandorlini non tradirà, fedele al calcio del mister che ormai conosciamo perfettamente. Sorensen ricalca l’idea di calcio che Mandorlini ha: tipo Abbate che quando venne messo a destra dal mister (vi ricordate? pareva una bestemmia). Anche qui esiste un riscatto e un controriscatto. Comunque andrà, il Verona ci guadagnerà qualcosa. Non andasse, non ci perderemo nulla.

Tra l’altro, smentendo il precedente blog, Sogliano non è nemmeno arrivato lungo, firmando un blitz, frutto di tanto paziente lavoro e di idee chiarissime. Ora si potrà concentrare, se vuole/può, a consegnare al mister le ultime ciliegine: si chiamino Papu Gomez, Evangelista o entrambi con l’affare Brivio pronto a chiudersi in fretta. Una buonissima campagna acquisti potrebbe così diventare sontuosa.

 

ANCHE QUEST’ANNO ALL’ULTIMO GIORNO…

C’è un mio desiderio che non riesco a soddisfare. Vedere il Verona completo prima dell’ultimo giorno di mercato. Per un motivo e per l’altro, pare non sia possibile. Prima perchè c’era Pastorello con i suoi bluff (vi ricordate le manfrine dell’ultimo giorno e poi non arrivava nessuno), poi perchè non c’erano idee (ma soprattutto soldi), poi perchè non si riuscivano a vendere i “cadenassi” che avevamo in squadra, poi perchè c’era chi rifiutava Verona, poi… Insomma siamo sempre arrivati lunghissimi. Per carità: quei tempi (per fortuna) sono distanti  e oggi Sogliano ha almeno costruito al 70, 80 per cento la squadra. Ma ognuno di noi ha in testa una sua personale ciliegina da ultimo giorno. Credo che anche Sogliano si tenga questo “colpo di teatro” per scaramanzia visto che negli ultimi due anni sono arrivati Cacia e Iturbe…

Al di là dei fuochi artificiali riservati a qualche trasmissione specifica, resta l’inutilità di un mercato lungo, esageratamente lungo, vergognosamente lungo, ma soprattutto (ultimo avverbio, giuro) inutilmente lungo. Più che fuochi artificiali sembrano pisciatine di cane. Speriamo che non sia così per il Verona. Attendiamo fiduciosi e anche un po’ spazientiti…

BALOTELLI, CASSANO… MA SE OGGI CI FOSSE ZIGONI?

Balotelli e Cassano vengono definiti due bad boy, due scapestrati che hanno buttato (o stanno buttando) la carriera. Due esempi da non seguire, due tipi da evitare, due spaccaspogliatoi. Uno è appena partito per Liverpool e al Milan stanno ancora festeggiando (non si può non aver notato la faccia di Inzaghi durante le interviste post-partenza). L’altro ha appena devastato un’altra volta lo spogliatoio e a fatica a Parma stanno contenendo il nuovo caso.

Mi sono sempre chiesto che differenze ci sono tra Balotelli e Cassano e uno degli idoli di noi veronesi, Gianfranco Zigoni. E’ difficile spiegare oggi ad un ragazzo cos’è stato Zigo per la mia generazione. Zigo era sopra le righe, viaggiava in Porsche, metteva la pelliccia per scommessa in panchina, sparava ai lampioni, andava a donne, probabilmente beveva. Alla mattina ti alzavi e sull’Arena trovavi Valentino Fioravanti che dipingeva le sue cronache con le bravate di Zigo, le scommesse con il commendator Saverio, gli incidenti paurosi in cui rischiava la vita. Era un Cassano ante litteram, ma a quei tempi era un mito, idolatrato da noi tifosi. Io mi innamorai di lui (e quindi del Verona…) quando lo vidi giocare con le scarpe rosse. L’unico, trent’anni prima di tutti gli altri. Avevo 9 o 10 anni. Insomma erano tutti comportamenti che potremo vedere e ritrovare in Balotelli e in Cassano. Credo che però quei comportamenti fossero figli del tempo. Eravamo negli anni ’70, si vedevano gli effetti della prima grande contestazione giovanile, quella del ’68 partita dall’America e arrivata poi in Europa via Francia, quei comportamenti rompevano lo status quo, erano insomma legati ai giovani e a quell’atmosfera.

Oggi non fa più notizia una cresta, una scarpa diversa. Anzi, immediatamente viene creata l’omologazione, paradossalmente essere contro è essere come Marquez, perfettamente inappuntabile dal punto di vista professionale. La normalità come via verso la diversità e l’affermazione di se stesso. Balotelli e Cassano si sono ridotti ad essere solo due prodotti mediatici, anche loro sono figli del tempo, ma sembrano superati, sono due cattivi esempi.

Resta un fatto. Io trovo le conferenze stampa di Cassano meravigliosamente intelligenti, e non lo dico con sarcasmo. Cassano manda dei messaggi, dice qualcosa, sempre border line, ma con un contenuto. Almeno dice qualcosa e non viene imbeccato da un ufficio stampa. Notate quanti titoli ci sono in una intervista del barese rispetto a tutte quelle dei suoi colleghi. A me sta simpatico. Come Zigoni. Per Balotelli il discorso è diverso. Si è costruito un fortino di recriminazioni e di alibi per giustificare i suoi insuccessi. E’ sempre colpa degli altri. Che non lo capiscono, che lo trattano male, che sono razzisti. Sfida il mondo e spesso perde. Questo è il suo problema. Con l’aggravante di essere gestito malissimo (o benissimo a seconda dei punti di vista) dal suo manager. Ma questa è un’altra storia.

OBBADI PERFETTO, MORAS UN GUERRIERO E MARQUEZ…

Note liete di una bella serata. Partiamo dal pubblico: 11.200 spettatori per la Coppa Italia contro una squadra di Lega Pro. Superfluo ogni commento.

Obbadi a centrocampo: l’impressione è che Sogliano abbia pescato un altro jolly alla Romulo. Nessuno lo conosceva, in tanti si morderanno le mani. Obbadi gioca con semplicità, ma c’è sempre. Legge le traiettorie del pallone in anticipo, pare avere la calamita nei piedi. Lo puoi mettere ovunque, anche se non sta male neanche in mezzo al campo. Il pallone non gli scotta mai tra i piedi. Sarà dura lasciarlo fuori, quando tornerà Tachtsidis.

Abbiamo ammirato un ottimo Moras. Pur partito in ritardo con la preparazione causa la nota vicenda famigliare, “Lele” si è già preso il posto. Con la consueta umiltà, ma anche con la solita personalità. Il gol è stato un meritato tributo ad un ragazzo che nello spogliatoio è un architrave.

Bene anche Gomez e Jankovic. Tanta quantità, poca concretezza, un po’ di sfiga. Ma se continuano così sarà durissima prendere il loro posto. Avessero trovato il gol (e non sarebbe stato scandaloso…), dovremmo parlare di due prestazioni super.

Capitolo Toni: siamo abituati bene, ma questa è colpa sua. Ha segnato così tanto l’anno scorso che ora fare gol è diventata la normalità. Invece non è così. Sappiamo benissimo noi a Verona che cosa significa avere là davanti uno che non vede la porta… Luca segna anche quando ha il culo giù per terra, c’è sempre, fa a spallate con chiunque. E’ un bene prezioso, sbagliato pensare che sia normale. D’accordo con Mandorlini: bisogna puntare su di lui, non puoi farne a meno se ce l’hai. Nenè è perfetto come spalla. Accetta la panchina, sintomo di intelligenza, e non rompe nello spogliatoio. L’importante è che abbia l’istinto agonistico di entrare comunque cattivo quando ce ne sarà bisogno. Nei sedici metri finali, (vedi Shakthar) può essere letale, con quella sua aria apparentemente indolente.

Marquez: ha giocato un’ora. Poi ha camminato. Ha fatto bene il mister a tenerlo in campo, perchè solo col minutaggio la condizione cresce. Impressionante come si sia calato nella parte. Gioca con un’eleganza assoluta. Il piede è da centrocampista, ma di quelli buoni. Pur non avendo fatto nulla di straordinario e aver subito anche la velocità di Kirilov quando la spia della riserva era accesa, ha dato la classica sicurezza a tutto il reparto.

In sostanza: pensiero alla Catalano. Vincere è meglio di perdere, ma l’avversario era tanto scarso. L’Atalanta sarà un’altra cosa, prepariamoci alla battaglia. L’inizio del torneo è sempre un’incognita, mettere via punti fin da subito è un obbligo. La serie A è dura, ma noi ci stiamo alla grande.

 

LA STORIA DI NICO LOPEZ

Molto prima di piazzare il fenomenale colpo Iturbe, Sogliano si era “innamorato” di un altro giocatore. Si chiama (va) Nico Lopez, detto El conejo per quei due dentoni che gli spuntano dalle labbra. Sogliano voleva portarlo a Verona prima del Sudamericano Under 20, dove Lopez spopolò, segnando sei reti e venendo inserito nella top 11 della manifestazione. Un anno fa, Nico Lopez era un “colpaccio”. Sogliano venne bruciato dalla Roma e da Sabatini, guarda caso amico di Sogliano e con la stessa visione calcistica. Il Verona non poteva allora competere con la Roma (e probabilmente neanche oggi…). Un anno dopo Nico Lopez è un crack in attesa di esplosione. L’Udinese, che sa aspettare i suoi giocatori, non lo vuole mollare. Sa di aver in mano un potenziale campione. Sogliano però è tornato alla carica, sicuro che quella sua intuizione valesse oro. Lopez è uno che ha meno gamba di Iturbe, ma che nei trenta metri finali è micidiale. Può far segnare Luca Toni, ma anche segnare più del “guacho” che forse difettava proprio da questo punto di vista. Lopez in questo momento è un sogno che Sogliano sta coltivando ogni giorno. Parlare con l’Udinese non è semplice. I friulani sono una delle poche società italiane ad avere soldi e idee. Il Verona non vuole lavorare per altri. Per questo richiede un diritto di riscatto. Quantomeno per poter dire qualcosa in caso di esplosione dell’attaccante. A Udine, pare, abbiano accettato. Però per una cifra altissima: quindici milioni di euro. La stessa che il Verona ha messo per Iturbe. Che sia un caso?

LA CILIEGINA SULLA TORTA

Non mi dispiace questo Verona. Ma ho la sensazione che manchi qualcosa. E qualcosa d’importante. Lo so che prima ci dimenticheremo di Iturbe, meglio sarà. Però in tutti noi c’è questa immagine di un giocatore che sapeva sparigliare le carte in tavola e che prendeva in mano la squadra quando era in difficoltà. Uno che poteva inventarti qualcosa da un momento all’altro e spesso dal nulla. Uno che era “dentro” alla squadra e che si “spaccava” in quattro per fare diagonali e ripiegamenti difensivi. Un altro Iturbe non c’è sul mercato. Quelli sono colpi come ti riescono una volta ogni 20 anni. Però è importante in serie A avere un giocatore di questo tipo. Se non ce l’hai, diciamoci la verità, vai incontro a stagioni durissime. Dopo aver perso Paulinho, che avrebbe risolto un sacco di problemi, il nostro mercato su questo fronte si è un po’ impantanato. Ovviamente c’è da tenere conto che molti colpi saranno last minute e che persino le grandi sono rimaste bloccate (al Milan, giusto per fare un esempio il “colpo” dell’estate è ritenuta la cessione di Balotelli e l’acquisto di un portiere). Ma, appunto, la sensazione è che serva una ciliegina sulla torta, un acquisto “vero” e non una scommessa. Insomma serve anche in attacco una mossa sullo stile di Rafa Marquez (grande colpo) e Luca Toni (grandissimo colpo). Un acquisto “vero”, di sostanza. Questo per completare una rosa che a mio avviso è anche migliore di quella della scorsa stagione. Dando per scontato ovviamente che Sogliano prenda un terzino destro e che arrivi il solito jolly dell’ultimo giorno…

RAFA MARQUEZ, LA NORMALITA’ DEI GRANDI CAMPIONI

Dove sta l’eccezionalità? A volte nell’essere normali. Non è facile nel mondo dei Balotelli, dei selfie, di Twitter e Facebook. Essere normali e campioni è l’esercizio più difficile del mondo, credetemi. Eppure è in quella normalità che si nasconde il campione. Ho raccontato di Rafa Marquez, 19 trofei vinti, una leggenda in centro e sud America, ambasciatore della Nike per il Messico, capitano della nazionale del suo paese, un mito per il Barcellona che pure qualche “giocatorino” ha avuto nella sua storia.

Un campione come a Verona non ne sono mai sbarcati. Ha 35 anni Marquez e a quell’età non ci arrivi competitivo se non sei “perfetto”. Ho visto Marquez finire dentro un “frullatore” mediatico e organizzativo che avrebbe piegato un cavallo. Ma per lui è stato tutto normale. Ho raccontato una cosa banale (e normale…) come il suo comportamento a tavola. Acqua liscia, attenzione ai carboidrati, un perfetto nutrizionista di se stesso. Accompagna la sedia quando si alza, la ripone sotto il tavolo, piega il tovagliolo. Normalità. Ma quanti lo fanno? Il comportamento di un campione di questo livello innalza l’asticella di tutti. Anche con questi piccoli comportamenti. Marquez, come Luca Toni del resto, arriva sempre puntuale all’allenamento, sempre perfetto dentro lo spogliatoio e nel rapporto con tutto lo staff.

Mi ha impressionato che al primo giorno, alla prima partitella di Bad parlasse già l’italiano. Normale, ma non troppo se c’è chi da anni in Italia, non riesce ancora a esprimere un concetto nell’idioma della nazione che lo ospita. Ho scambiato qualche parola con lui in aereo. Abbiamo parlato del Messico e lui mi ha risposto in italiano. Lì per lì non c’ho fatto caso. Mi pareva normale. Poi ci ho riflettuto: Era in Italia da 48 ore, anzi meno visto che stavamo tornando dall’Inghilterra.

Tornato da Barcellona, dove ha giocato il Gamper, praticamente organizzato per festeggiarlo, ha voluto essere a Trento con il resto della squadra. Parla poco Marquez. E’ asciutto, nel fisico e nei comportamenti, quasi austero. Ma è questo il suo carisma. Quando parlerà, nello spogliatoio, lo ascolteranno. Non si atteggia da divo e sa che nel calcio, più ancora della vita, bisogna sempre dimostrare qualcosa.

Non è a Verona per svernare o guadagnare gli ultimi soldi della carriera. Non ne ha bisogno. E’ un acquisto vero, a tutti gli effetti. Un campione. Di normalità. Non è eccezionale?

SOLIDITÀ FA RIMA CON SERIE A

Visto e rivisto il nuovo Verona avrá nel dna il marchio della solidità. Dopo la caterva di gol (presi e fatti) nell’ultimo campionato, la società ha deciso di cambiare rotta. Partendo dal presupposto che giocatori come Iturbe in giro non ce ne sono, ed avendo il gaucho argentino molti meriti sull’exploit dell’ultimo torneo (non esclusivi, ma abbondanti…), giustamente Sogliano ha pensato bene di costruire una squadra rocciosa che sappia reggere ai flutti tempestosi quando navigherà nel mare aperto del campionato. Per questo ha consegnato a Mandorlini un uomo di totale fiducia come il greco Tachtsidis, un finto stopper che ha nella capacità di fare filtro la sua dote migliore. Passa da questa mossa chiave l’identità del Verona. Ma non solo: avere un fuoriclasse come Marquez, centrale difensivo dai piedi buoni (può stare benissimo anche a centrocampo) e un tipo tosto come Rodriguez (alzi la mano chi non vorrebbe “el pelado” come bodyguard a difesa della propria incolumitá) aumenterà la sensibilità difensiva. Per contraltare mi pare che Mandorlini abbia intenzione di spingere più sulle fasce, soprattutto con i terzini. Agostini-Luna e Martic-Zampano (in attesa di un altro destro) sono chiamati ad accompagnare l’azione con molta frequenza. Certo, magari con la Juventus non sará sempre così… C’é poi Obbadi che a centrocampo deve imparare a fare il Jorginho. L’ex Monaco é sulla strada buona. Davanti Juanito Gomez e Bosko Jankovic dovranno dare ulteriore soliditá, sempre in attesa dell’ultimo colpo ( ad effetto?). Aggiungeteci che Christodoulopoulos lo puoi mettere un po’ ovunque, che Sala deve completare l’ottimo percorso della scorsa stagione, che Valoti é un’affascinante alternativa (e che classe!) e avrete l’idea di un Verona diverso ma pur sempre competitivo. Mancano alcuni tasselli, qualche limatina, il colpo last minute che Sogliano si concederá se non altro per ripetere quelli delle ultime stagioni (Cacia, Iturbe) e sono certo… Continueremo a divertirci. Pur soffrendo sempre come cani… Sennó che gusto ci sarebbe?