E’ UFFICIALE, SIAMO IN CRISI: PENSAVATE CHE NON CI SAREBBE MAI STATA?

E’ ufficiale: il Verona è in crisi. Alla terza sconfitta consecutiva non c’è dubbio che si debba parlare di squadra in difficoltà. Anche se le tre partite perse hanno connotati diversi e una sola (quella contro il Chievo) è stata ciccata in maniera clamorosa.

Il Verona sta conoscendo adesso la dura realtà del campionato di serie A. La meraviglia non è aver perso tre gare di fila, è pensare che qualcuno non lo avesse previsto. Era logico che prima o poi l’Hellas sarebbe finito dentro un tunnel. La bravura di una squadra come la nostra è uscirne. Al più presto. E’ indubbio che la gara con l’Atalanta di domenica prossima riveste un’importanza determinante.

Cosa non ha funzionato in queste tre gare? Tante cose. Una crisi non ha mai un solo padre. Stanchezza generale, stanchezza di alcuni giocatori, errori individuali, scelte del tecnico. Un’impasto di cause che ci hanno portato a raccogliere zero punti. La sontuosa prima parte del campionato però ci ha anche permesso di mantenere inalterata la nostra posizione in classifica: stupefacente davvero. Vorrei però far notare che il distacco dalle posizioni pericolose, pur restando molto buono si è ridotto. E’ quello che dobbiamo guardare, altro che il quinto posto…

Mi stupisce, come Alice nel paese delle Meraviglie, il vociare continuo del partito del malcontenti. Io non so bene chi siano queste persone, che problemi abbiano a casa, perché invadono il web e l’etere ogni volta che il Verona va male. Ho letto cose aberranti in queste ultime ore. Credevo che la Lega Pro ci avesse fatto maturare, facendoci capire che non esiste categoria che sia facile, facendoci capire veramente che non esiste nobiltà e tradizione se non la continui ad alimentare con la grinta, il lavoro e la determinazione. Invece, purtroppo, c’è una parte anche consistente di questa tifoseria che si gode a creare un clima di pessimismo e di tregenda ogni volta che le cose non vanno bene. Per carità: l’analisi va fatta. Se Rafael a Firenze ha fatto male si può scrivere e dire. Ma la cosa sbagliata è il modo in cui si dice: “Rafael è scarso, deve andarsene. Via Rafael. Mandorlini va cambiato subito…E via di questo passo con toni che spesso sono molto peggiori di quelli riportati ad esempio.

Chiusa la parentesi, il dato che più allarma e che mi allarma è quello dei gol presi: sono 24. Un’enormità che sistema il Verona tra le ultime del torneo. Bisogna trovare immediatamente dei correttivi. La sensazione che ho avuto a Firenze, purtroppo è stata di un’inconsistenza a livello individuale ancora prima che di squadra. Nel reparto non si respira mai sicurezza. Non la dà Gonzalez, non la dà Cacciatore, non la dà Agostini. Cerca di darla, ma più con la sua forza d’animo Mimmo Maietta. Ma è troppo poco. Sarebbe sbagliato però colpevolizzare solo chi sta dietro. Il primo filtro è dato dal nostro centrocampo, dove purtroppo, c’è un giocatore che sta subendo un’involuzione preoccupante: Jorginho. Il piccolo brasiliano non riesce più a tamponare, è meno lucido in ripartenza (mai visto sbagliare tanti passaggi), spesso va in affanno, pur giocando con la solita enorme generosità. Jorginho va recuperato al più presto. Credo e spero che Cirigliano sia un’alternativa di qualità che permetta anche a Jorginho di rifiatare e ritrovarsi.

Accanto ai 24 gol presi, c’è però un dato brillante: 25 gol fatti. E qui il Verona viaggia al ritmo delle prime. E’ un dato da tenersi stretto perché l’Hellas dà sempre la sensazione di trovare la via del gol con disarmante facilità. Ed anche se Toni non segna più, il suo lavoro di sponde e sportellate, permette a Iturbe e ai centrocampisti inserimenti devastanti.

Chiudo dicendo che la crisi va affrontata con coraggio: pessimismo e clima da ultima spiaggia non aiutano l’Hellas Verona. E’ in questi momenti che si vede la differenza tra un tifoso vero e uno dei tanti salito per sbaglio sul carro dei vincitori. Che appunto, non essendo in questo momento contingente, dei vincitori, non fa più per lui. E allora dico a questo passeggero casuale che è pregato di scendere. Ma per favore, poi non risalga più. Che larghi a bordo si sta meglio…

CARO SEAN, AL MILAN NON SARAI PIU’ UN AUZZAIDER…

Capisco che il Milan del nuovo corso barbarico possa pensare a Sean Sogliano come nuovo ds. E’ facile presupporlo. Sogliano è uno dei migliori ds che ci sono oggi in Italia. Un uomo tutto d’un pezzo, poco adatto a fare giochetti, trappole, depistaggi. Sogliano è prima di tutto un lavoratore e un grande appassionato di calcio. Se ha tre giorni liberi, come è successo la settimana scorsa prende un aereo e vola in Brasile a caccia di talenti. Logico che poi riesca a fare un mercato di qualità con la forza delle idee. Le idee nel calcio e nel lavoro di Sogliano sono tutto. Se la crisi ti stritola e non hai molti soldi da spendere devi inventarti qualcosa. E’ in quella condizione lì che si vede la capacità di un ds, la sua rete di rapporti, il suo intuito. Iturbe, Sala, e Cirigliano rappresentano i fiori all’occhiello della campagna trasferimenti del Verona. Al di là delle presenze, sono tre colpi perfetti per il futuro del Verona. Il primo permetterà all’Hellas di avere un enorme beneficio quando si parlerà con il Porto. Il secondo sarà il Jorginho del domani. Il terzo diventerà sicuramente un caposaldo. A loro si devono aggiungere il capitano della nazionale Under 21, Bianchetti e Samuele Longo, attaccante che poteva andare a giocare a Livorno e invece ha scelto, rischiando molto per la sua carriera, il Verona.

Inoltre vorrei parlare di altri due colpi eccezionali di Sogliano: il primo è Luca Toni. A 36 anni e con una carriera del genere non è facile ipotizzare per un giocatore una stagione di simile livello. Sogliano mi disse quest’estate: “Non mi piace lavorare con giocatori così vecchi. Ma ho parlato con Toni, l’ho visto tante volte nella scorsa stagione… Beh, ti dico che è tutt’altro che finito”. Aveva ragione lui.

E poi Romulo. Sogliano sapeva che il brasiliano sarebbe diventato un giocatore di grande qualità. Ha blandito la Fiorentina, ha inseguito il giocatore. Poi al momento giusto ha calato i suoi assi, aggiudicandosi un elemento determinante. Senza contare Mihaylov, che è pur sempre un nazionale, venuto a fare il dodicesimo a Verona…

Sean è un ragazzo che ama profondamente questo tipo di scommesse. Anche se penso che sia pronto per il Milan professionalmente parlando. Non è questo il problema. Ma credo che il Milan lo svuoterebbe, impedendogli di mettere a frutto tutte le sue doti che in un ambiente del genere diventerebbero in fretta limiti invalicabili. Per come l’ho conosciuto io, lui deve lavorare in ambienti stimolanti e appassionati. Perfetta intesa con il presidente, possibilità di essere creativo, di avere idee, di imporle. Come fai nel Milan a fare tutto questo? E soprattutto come fai a farlo nel Milan del dopo Galliani? Già ora zio Fester sta sbandierando ai quattro venti la sfilza di trofei che ha vinto. Vi immaginate che ambientino si creerà a Milano al primo momento di difficoltà? Secondo voi nessuno rinfaccerà a BB la sua rivoluzione? E non ne andranno di mezzo i suoi collaboratori?

E poi, caro Sean, la storia dell’Auzzaider lì non avrà più nessun valore. Se vai al Milan, devi vincere e basta. Sei un “Favorito” punto e stop . No mi dispiace: non ti ci vedo proprio dietro una scrivania (non se ne parla di andare in panchina…). E se posso darti un piccolo consiglio: dopo le smentite del presidente, per evitare questo continuo vociare da Milano, mi piacerebbe sentire anche il tuo “No, grazie, resto a Verona”… So che non è nel tuo stile, ma per una volta fai un’eccezione. Poi torna pure ad essere il nostro ds Auzzaider… Che a noi ci piaci così!

DOPO LA SOSTA TORNA IL CAMPIONATO…

E’ stata una lunga pausa. Addirittura di ventuno giorni. E adesso torna il campionato. Lunedì il Verona affronta la Fiorentina in una gara che solo tre anni fa ci sognavamo di giocare. A Firenze, contro gli amici della Viola, che ci hanno sempre sostenuto e aiutato in questi anni molto bui, servono punti. Punti salvezza, perché la nostra classifica non dice la verità sul campionato. Questo è un torneo durissimo, livellato, dove non si intravvede ancora una squadra che possa retrocedere. Chi sono le indiziate? Il Chievo forse? Beh, non direi. Il Sassuolo? L’ho visto ieri e ve lo dico ora: saranno cazzi amari (pardon) per tutti quelli che ci giocheranno contro (capite quanto importante è stato batterlo al Bentegodi adesso?). Il Livorno? Sessanta minuti a far soffrire la Juve e senza Paulinho. La Sampdoria? Beh lì è arrivato Sinisa che qualcosa s’inventerà. E il Bologna da noi calpestato, ha fermato l’Inter. Insomma: non dormiamo sugli allori, dimentichiamoci subito di questi maledetti 22 punti, pensiamo a giocare solo per salvarci. A Firenze non partiamo battuti (e questa aria di sconfitta che vedo, leggo, annuso non mi piace. Qualche opinionista mi pare afflitto dalla sindrome da Titanic…), andiamo per giocarcela fino in fondo, con l’ardore che abbiamo messo in campo contro il Milan, la voglia di stupire che abbiamo palesato a Bologna. Abbiamo uomini, mezzi, entusiasmo, capacità per tornare ad essere la rivelazione di questo campionato. Ma solo a patto di dimenticarcelo…

Ps: titolo e incipit non sono errori. Sabato al Bentegodi, il Verona di Mandorlini, non era in campo…

GUARDIAMO AVANTI

L’errore più grande che possiamo fare adesso è fare un dramma per questa sconfitta. Certo brucia tantissimo perdere al 47′ del secondo tempo. Il pareggio era il risultato più giusto ma il Chievo, sia chiaro, non ha rubato nulla. Qualche uomo in casa del Verona appare stanco, da Genova in poi si è persa brillantezza e un po’ di fame. Il Verona non è abituato a stare così in alto e a mio parere si è un po’ scordato come ha conquistato 22 punti: lottando su ogni pallone con umiltà e fame. Senza questa componente l’Hellas diventa una squadra normale capace di perdere con l’ultima in classifica. E la gara con il Chievo può essere una grande lezione, persino, se presa dal punto di vista giusto. Il campionato di A è una canea, un attimo sei su, un attimo dopo sei giù. I valori sono livellati e la differenza la fanno la compattezza dell’ambiente, la voglia di vincere, la rabbia agonistica. Il Verona deve ripartire subito, assimilando questa delusione e convogliandola in campo contro la Fiorentina, una gara proibitiva sulla carta. Dove noi non siamo i favoriti. Per fortuna.

DERBY

Sarà un topic un po’ più lungo del solito. Mi scuso. Spero abbiate la pazienza di leggere fino in fondo. Verona e il Verona si appresta a giocare una partita diversa dalle altre, molto diversa, una gara che le nuove generazioni, quelle che hanno vissuto con astio la rivalità con il Chievo vedono come la Sfida, con la esse maiuscola.

Comincio col dire a questi ragazzi, che non è così. Una Sfida con la esse maiuscola è una partita che fa parte della Storia di una società. Troppo diverse e distanti le storie di Verona e Chievo per poter essere definita una gara storica. Il vero derby è col Vicenza, lo diciamo non per senso di superiorità ma a testimoniare che il Verona ha una storia tutta diversa rispetto al Chievo che lasciò i colori biancoazzurri per assumere il gialloblù proprio per “omaggiare” la prima squadra della città, cioè l’Hellas Verona, o il Verona, come ricorda anche Franco Bottacini nel suo libro che racconta la storia del Chievo. Non c’è dubbio che il Verona e solo il Verona abbiano sempre rappresentato la città in 110 anni di storia. Lo ha fatto anche scendendo di categoria, anche in Lega Pro, quando il Chievo era in serie A.

E’ proprio in quel momento (Verona al minimo storico, Chievo al suo massimo) che la rivalità ha finito di cessare. Cos’altro devono dimostrare il Verona e i suoi tifosi dopo quel periodo? Quando tu sei in 11 mila in Lega Pro, in 5 mila per una gara che vale la salvezza in C2, mentre dall’altra parte non riesci neanche a essere in 10 mila in serie A, la rivalità per il primato cittadino, finisce di esistere.

Ho polemizzato in passato con il Chievo. Purtroppo sono stato frainteso. E spero ora di fare chiarezza. Ho polemizzato soprattutto con coloro che tifavano per le due squadre. Quel pubblico che va allo stadio “per vedere la serie A”. Cerchiobottisti, rappresentanti del vizio italico di stare sempre con il vincente di turno. Tranne poi abbandonarlo alle prime difficoltà. Anche oggi provo una sorta di disprezzo per chi ha la doppia tessera e alla domenica va a vedere il Verona e il Chievo. Li considero opportunisti. Era a quel pubblico che il Chievo si rivolgeva. Ed è quel pubblico che, come era facile prevedere, ha tradito Campedelli in questi anni. Non so se siano tornati a vedere il Verona costoro. Francamente spero di no. Ma ho l’impressione che si annidi proprio in mezzo a questo pubblico chi critica Mandorlini, chi storce il naso un minuto dopo che è stata data la formazione, chi fischia un nostro giocatore.

Affermo, con altrettanta sicurezza, che ho grande rispetto, per chi ha scelto il Chievo come squadra del cuore. Chi la segue in trasferta, siano sei, dieci o dodici. Non mi piace il dileggio in questo senso. E’ vero: la North Side in certe domeniche fa quasi tristezza, ma quei ragazzi che sono lì, soffrono per la loro squadra, la seguono ovunque, e quindi meritano quantomeno l’onore delle armi. Non so se cresceranno. Ma per loro il Chievo ha lo stesso valore che ha per noi l’Hellas Verona.

Non sopporto invece, quella sorta di superiorità etica e morale con cui la tifoseria clivense ha voluto vestirsi in questi anni. Come se qualsiasi tifoso del Verona fosse cattivo, razzista, maleducato e loro un’isola felice in cui il bon ton, il galateo e il fair play la facessero da padroni. Questo ha contribuito, anche per aiuto di alcuni mezzi di informazione cittadini che hanno volutamente fatto passare questo messaggio, a creare quell’immagine negativa del Verona che poi si è ripercossa sull’intera città. Nessuno ha mai messo in risalto abbastanza l’interminabile applauso post retrocessione in C. Le grandi trasferte con migliaia di persone senza che nulla succedesse. Il civile comportamento anche dopo un torto vergognoso perpetrato dall’arbitro Massa in una gara che valeva la serie A. Mi chiedevo in questo giorni cosa sarebbe capitato al malcapitato fischietto di Imperia se si fosse comportato così a Nocera…

Il Chievo ha un limite: è come un partito personale, non radicato nel territorio. Che fine farà il giorno in cui Campedelli dovesse decidere di ritirarsi? Il Verona, viceversa è radicato nel territorio, nel popolo, ancora prima delle istituzioni. Solo negli ultimi anni, finalmente, qualcuno ha deciso che l’Hellas era una realtà importante. E il merito è proprio della gente che l’ha sempre sostenuto. Nonostante questo, quando Agsm decise di sponsorizzare il Verona, le polemiche si sono sprecate, mentre tutti sono rimasti zitti quando la Banca Popolare, pur attraversando difficoltà e con le azioni in caduta libera (risparmi delle famiglie veronesi in molti casi…) elargiva abbondanti sponsorizzazioni al Chievo. Su questo argomento anche Campedelli avrebbe dovuto usare il buon senso e quantomeno evitare di commentare seguendo il vecchio consiglio del padre appeso nella sede di via Galvani.

Evito qui di parlare, perché l’ho già fatto, dell’assurdo tentativo di sostituire la storia del Verona, sovrapponendosi con simboli, colori, persino assumendo molti giocatori, tecnici e dirigenti che facevano parte della storia del Verona. L’errore più grande di Campedelli a mio avviso.

Per chiudere questo lungo intervento: penso che l’unico che veramente tiene a questa partita sia proprio Campedelli. E’ il Chievo che si “nutre” della storia del Verona e non viceversa. Ed è il Chievo che battendo il Verona scriverebbe una ulteriore pagina nel suo libro. Per il Verona sarà solo una gara diversa. Bella, affascinante e pericolosa come molte altre di questo campionato. E’ persino superfluo, quindi, dire che la gara andrà vissuta solo ed esclusivamente sugli spalti. Dove il Verona non avrà nessuna difficoltà a vincere. Come sempre.

 

I GIOVANI SONO IL FUTURO DELL’HELLAS

Non è retorica. Non è una frase fatta. E’ proprio così. Non ci sono alternative. O si capisce questo concetto o il Verona non avrà futuro. I giovani, meglio se di talento, rappresentano il domani della nostra società. E’ l’indirizzo voluto da Setti e Sogliano. E a cui non c’è alternativa. Solo così il Verona potrà ritagliarsi un suo spazio nel mondo degli sceicchi, dei fondi d’investimento, delle multinazionali. Questo è la “mission” a cui l’Hellas si deve votare. Come ho già avuto modo di dire, questo implica un modo diverso di guardare la questione anche da parte di tutti noi. Lavorare con i giovani è una sfida bellissima e affascinante. Serve la pazienza, puoi ricevere mille, ma anche uno. La difficoltà sta nel capire quali sono i margini di crescita. Bisogna capire che si sconta sempre una maturazione. Ma, rispetto al passato, oggi questa maturazione la scontiamo pro Hellas Verona e non pro altre società (un caso su tutti fu Tachtsidis, in cui il Verona non riuscì a monetizzare l’incredibile valorizzazione). Ecco perché bisogna mettere una cintura di sicurezza attorno ai nostri ragazzi. “Bruciarli” sull’altare di giudizi affrettati è un esercizio inutile e anzi dannoso. Dire per un piccolo errore “non farà carriera” o “non è adatto alla serie A” o “è inguardabile” fa parte di una cultura vecchia e sorpassata. Pensate un po’ a quante volte abbiamo sbagliato nei giudizi in questi anni. Penso a Rafael, massacrato dopo la gara con il Portogruaro. O a Jorginho, massacrato quando Mandorlini lo mise in campo contro il Torino, o a Bianchetti, recentemente. In realtà, e in questo mi ci metto dentro pure io, serve maggior equilibrio. E maggiore maturità. I giovani ci servono, saranno la nostra linfa. Di più, sono il nostro patrimonio. Vanno sgridati, stimolati, educati, ma mai “ammazzati” (moralmente). Proprio come facciamo con i nostri figli.

LA VERITA’

Non si può morire perché si va in trasferta a seguire la squadra del cuore. No, non è giusto. Se poi si rischia di morire perché una porta di un bus cede, perché 130 persone vengono stipate in un carro bestiame, perché non si è in grado di organizzare una trasferta, è veramente uno schifo. Giorgio Leoni è un ragazzo, un uomo di 43 anni. E’ caduto da un bus fatiscente lanciato in una folle corsa verso lo stadio, non è stato nemmeno raccolto. Sta lottando tra la vita e la morte e ha due figlie. E’ tifoso dell’Hellas Verona e come noi ama follemente questa squadra. Spero che la verità venga a galla e che non ci siano coperture di sorta. Questo Stato, (lo scriviamo da cittadini ancora con la S maiuscola, nonostante tutto) proprio a Genova, in una scuola, ha scritto una delle pagine più vergognose, umilianti e inquietanti della sua storia. Ora di storia ce n’è un’altra, più piccola, meno importante forse. Ma noi non molleremo di un centimetro per sapere la verità. E intanto complimenti ai giornalisti del Secolo XIX, giornale genovese, che hanno raccontato e fatto vedere senza reticenze quello che è successo. Mentre altri hanno subito cercato di fornire notizie false per coprire all’italiana le solite responsabilità.

#forzaleo, non mollare.

DISTRAZIONI FATALI

A 22 punti istituire processi al Verona mi pare una follia. Soprattutto dopo una partita in cui dare un voto a Rafael é arduo.
Però qualcosa va detto dopo questo 2-0 che ha molte attinenze con la sconfitta di San Siro contro l’Inter. Lá furono mortali i tre angoli, ma almeno i gol arrivarono attraverso un lavoro anche dei nerazzurri(blocchi, schemi e bravura degli avversari). La partita di ieri e il gol dell’1-0, soprattutto, dice che a volte commettiamo errori imperdonabili e anche inspiegabili. Un episodio condiziona una partita a questi livelli. E accentua i problemi. Per esempio, dopo quel gol, si é visto che Iturbe non era in giornata, che Cacciatore ha bisogno di un po’ di riposo, che forse Moras, bravo sulle palle alte era la scelta migliore (la riprova non c’é e qualcuno mi dirá che Llorente ha segnato proprio di testa con Moras che lo marcava).
Colpa degli episodi, uniti al fatto che non ci é girata per niente bene, come altre volte é successo.
Volessimo vederla in modo positivo, la sconfitta ci fará arrivare un po’ piú incazzati al derby…

GAME, SETTI E MATCH…

Una volta si diceva che il pesce puzza dalla testa. Mai cosa fu più vera. Oggi potremmo dire che profuma dalla testa. La testa è quella di Maurizio Setti, il presidente dell’Hellas Verona. Sono le sue scelte che hanno reso il Verona così vincente e sorprendente. Non suoni questo post come un’ode al numero uno del Verona. E’ solo una constatazione, credo oggettiva.

In questi anni a Verona ne ho viste di tutti i colori. Ma soprattutto ho visto l’incapacità di molti dirigenti di circondarsi delle persone giuste. Setti lo ha fatto e non è cosa da poco. C’è chi, soprattutto nei “self made man”, ama circondarsi di mezze calzette. Mangiastipendi e signorsì, capaci solo di annuire al proprio capo. E’ un riflesso naturale del padrone che si è fatto da solo. Non ama che il proprio parere venga messo in discussione. Non capendo che questo alla fine, sarà la morte della propria azienda. Setti, in realtà, conosce una parola straordinaria che è “delegare”. Spiego meglio: cosa fa un grande imprenditore? Sceglie i propri collaboratori e crea loro un’area di indipendenza nelle scelte. Alla fine analizza il risultato. Se non è buono, si cambia. Se è buono si continua. Setti mi ha sorpreso in questo. Non so se anche all’interno delle sue aziende si comporti così. Se lo fa si merita grandi fortune. Di certo lo ha fatto nel Verona. Ha scelto Sogliano, poi Gardini e ha dato loro autonomia, dentro un programma e un budget. Questo è importante. La squadra è figlia di Sogliano, ma è soprattutto figlia del presidente che non mette mai becco in questioni tecniche, ma che ha una sua idea calcistica e anche molto raffinata.

Ecco: altro dato da apprezzare: Setti sa di calcio. Tanto. Conosce alla perfezione meccanismi e dinamiche. Ha anche ottime conoscenze tecniche e questo gli permette di analizzare freddamente e con obiettività i fatti.

Non credo che sia stato scandaloso dire che il Verona della scorsa stagione poteva avere cinque sei punti in più in classifica e che poteva andare in A senza soffrire troppo. Setti lo disse e non è vero che era in conflitto con Mandorlini. Era una posizione condivisibile dal suo punto di vista. Certo, vincere non è mai facile ma sono strasicuro che quello è stato un pungolo eccezionale. E i grandi capi sanno essere anche di stimolo per i propri collaboratori anche a costo di sembrare antipatici e dire cose che sono contro il sentire popolare. Non è il gradimento che deve inseguire Setti. Ma il risultato. E’ quello che fa la differenza.

Se ricordate, poi, Setti (accusato spesso di aver voluto cambiare Mandorlini) disse anche un’altra cosa: disse che il tecnico romagnolo e il suo calcio avrebbero trovato maggiore consacrazione, paradossalmente, proprio in A. Possiamo dire che aveva torto?

Ammettiamo comunque che Setti volesse cambiare Mandorlini. Come mai il tecnico è rimasto? Semplicemente perché Setti ha applicato la sua categoria: la delega. Ha lasciato che sia Sogliano, giustamente, a sbrogliare la matassa tecnica e quando Sogliano ha chiarito quello che aveva da chiarire col mister, Setti lo ha appoggiato in pieno. La differenza, credetemi, sta tutta in questo passaggio. Il resto è logica conseguenza. Ogni scelta è stata fatta per il bene del Verona e per il risultato finale. Tutti consci che perseguire il bene del Verona porta vantaggi all’intero ambiente. Spesso in passato abbiamo assistito ad assurdi personalismi.

Pastorello fece una scenata di gelosia quando la piazza diede i meriti della promozione a Prandelli. Purtroppo spesso nell’Hellas abbiamo vissuto queste situazioni. In cui un direttore sportivo si armava per far fuori un allenatore e viceversa e dove c’era un presidente che ascoltava i più disparati pareri, cambiando idea ogni tre per due. Per nostra fortuna, tutto questo, con Setti ha finito di esistere. Oggi c’è solo il Verona. E viene prima di tutto…

CARO CESARE, NON PUOI NON ACCORGERTI DI UN TONI COSI’

Ne esiste un altro del genere? Francamente in questo momento mi viene in mente solo Klose della Lazio (con caratteristiche comunque diverse) e Gomez della Fiorentina. Ma un altro come lui non c’è. Non esiste. E’ l’ultimo reduce di una generazione di attaccanti alti, forti fisicamente, che come si diceva qualche anno fa, “fanno reparto da soli”. Merce rara oggi. Non ne fanno più così. Tanto che per variare il menù, alcuni “creativi” si sono inventati il “finto centravanti”. Che altro non è che ammettere che gente come Luca Toni non esiste più. Toni, prima di tutto, è unico. Mica poca roba. E’ uno che semplifica il lavoro di qualsiasi allenatore. Perchè quando hai uno come lui le cose ti vengono molto più semplici. Sei in difficoltà? Salti il centrocampo e metti la palla lunga e Luca ti da sempre una mano. Toni ti permette di giocare sulla “seconda palla”, quindi di rimbalzo, permettendo ai due laterali di entrare e anche ai centrocampisti di andare al tiro. Fa assist, ma ha il senso della porta (e qui scatta l’istinto del bomber). Vedasi il gol di ieri: Luca sbaglia il primo tiro (più semplice) e azzecca il secondo (molto più difficile) infilando l’angolo sinistro (e solo lì la palla passava).

Inutile, persino poi parlare delle doti umane. Qui passiamo al capitolo “ragazzi perfetti, campioni veri”. Toni è umile, lavora, si diverte. E il suo sorriso è contagioso, aperto, simpatico (niente a che vedere con l’accigliato Balotelli in guerra con il mondo anche dopo un gol). Un ragazzo della bassa padana, un emiliano lavoratore, onesto e senza fronzoli. Sono doti che a una nazionale possono fare molto comodo.

Ricordo che il mio amico Cesare Prandelli, con cui ho scritto un libro biografico, avrebbe fatto carte false in quella stagione veronese per avere uno come Toni. Aveva Cammarata e siccome Cesare è un grande tecnico riuscì lo stesso a far girare la squadra e a far segnare dodici gol a Fabrizio.

Ma adesso uno come Toni lo può portare al mondiale. Sono sicuro che sono considerazioni che non possono sfuggire a Prandelli. Considerazioni tattiche ancora prima che umane. In mezzo a tante mezze calzette (giovani) diamo una chance a questo campione vero, anche se ha 36 anni.