GAME, SETTI E MATCH…

Una volta si diceva che il pesce puzza dalla testa. Mai cosa fu più vera. Oggi potremmo dire che profuma dalla testa. La testa è quella di Maurizio Setti, il presidente dell’Hellas Verona. Sono le sue scelte che hanno reso il Verona così vincente e sorprendente. Non suoni questo post come un’ode al numero uno del Verona. E’ solo una constatazione, credo oggettiva.

In questi anni a Verona ne ho viste di tutti i colori. Ma soprattutto ho visto l’incapacità di molti dirigenti di circondarsi delle persone giuste. Setti lo ha fatto e non è cosa da poco. C’è chi, soprattutto nei “self made man”, ama circondarsi di mezze calzette. Mangiastipendi e signorsì, capaci solo di annuire al proprio capo. E’ un riflesso naturale del padrone che si è fatto da solo. Non ama che il proprio parere venga messo in discussione. Non capendo che questo alla fine, sarà la morte della propria azienda. Setti, in realtà, conosce una parola straordinaria che è “delegare”. Spiego meglio: cosa fa un grande imprenditore? Sceglie i propri collaboratori e crea loro un’area di indipendenza nelle scelte. Alla fine analizza il risultato. Se non è buono, si cambia. Se è buono si continua. Setti mi ha sorpreso in questo. Non so se anche all’interno delle sue aziende si comporti così. Se lo fa si merita grandi fortune. Di certo lo ha fatto nel Verona. Ha scelto Sogliano, poi Gardini e ha dato loro autonomia, dentro un programma e un budget. Questo è importante. La squadra è figlia di Sogliano, ma è soprattutto figlia del presidente che non mette mai becco in questioni tecniche, ma che ha una sua idea calcistica e anche molto raffinata.

Ecco: altro dato da apprezzare: Setti sa di calcio. Tanto. Conosce alla perfezione meccanismi e dinamiche. Ha anche ottime conoscenze tecniche e questo gli permette di analizzare freddamente e con obiettività i fatti.

Non credo che sia stato scandaloso dire che il Verona della scorsa stagione poteva avere cinque sei punti in più in classifica e che poteva andare in A senza soffrire troppo. Setti lo disse e non è vero che era in conflitto con Mandorlini. Era una posizione condivisibile dal suo punto di vista. Certo, vincere non è mai facile ma sono strasicuro che quello è stato un pungolo eccezionale. E i grandi capi sanno essere anche di stimolo per i propri collaboratori anche a costo di sembrare antipatici e dire cose che sono contro il sentire popolare. Non è il gradimento che deve inseguire Setti. Ma il risultato. E’ quello che fa la differenza.

Se ricordate, poi, Setti (accusato spesso di aver voluto cambiare Mandorlini) disse anche un’altra cosa: disse che il tecnico romagnolo e il suo calcio avrebbero trovato maggiore consacrazione, paradossalmente, proprio in A. Possiamo dire che aveva torto?

Ammettiamo comunque che Setti volesse cambiare Mandorlini. Come mai il tecnico è rimasto? Semplicemente perché Setti ha applicato la sua categoria: la delega. Ha lasciato che sia Sogliano, giustamente, a sbrogliare la matassa tecnica e quando Sogliano ha chiarito quello che aveva da chiarire col mister, Setti lo ha appoggiato in pieno. La differenza, credetemi, sta tutta in questo passaggio. Il resto è logica conseguenza. Ogni scelta è stata fatta per il bene del Verona e per il risultato finale. Tutti consci che perseguire il bene del Verona porta vantaggi all’intero ambiente. Spesso in passato abbiamo assistito ad assurdi personalismi.

Pastorello fece una scenata di gelosia quando la piazza diede i meriti della promozione a Prandelli. Purtroppo spesso nell’Hellas abbiamo vissuto queste situazioni. In cui un direttore sportivo si armava per far fuori un allenatore e viceversa e dove c’era un presidente che ascoltava i più disparati pareri, cambiando idea ogni tre per due. Per nostra fortuna, tutto questo, con Setti ha finito di esistere. Oggi c’è solo il Verona. E viene prima di tutto…

CARO CESARE, NON PUOI NON ACCORGERTI DI UN TONI COSI’

Ne esiste un altro del genere? Francamente in questo momento mi viene in mente solo Klose della Lazio (con caratteristiche comunque diverse) e Gomez della Fiorentina. Ma un altro come lui non c’è. Non esiste. E’ l’ultimo reduce di una generazione di attaccanti alti, forti fisicamente, che come si diceva qualche anno fa, “fanno reparto da soli”. Merce rara oggi. Non ne fanno più così. Tanto che per variare il menù, alcuni “creativi” si sono inventati il “finto centravanti”. Che altro non è che ammettere che gente come Luca Toni non esiste più. Toni, prima di tutto, è unico. Mica poca roba. E’ uno che semplifica il lavoro di qualsiasi allenatore. Perchè quando hai uno come lui le cose ti vengono molto più semplici. Sei in difficoltà? Salti il centrocampo e metti la palla lunga e Luca ti da sempre una mano. Toni ti permette di giocare sulla “seconda palla”, quindi di rimbalzo, permettendo ai due laterali di entrare e anche ai centrocampisti di andare al tiro. Fa assist, ma ha il senso della porta (e qui scatta l’istinto del bomber). Vedasi il gol di ieri: Luca sbaglia il primo tiro (più semplice) e azzecca il secondo (molto più difficile) infilando l’angolo sinistro (e solo lì la palla passava).

Inutile, persino poi parlare delle doti umane. Qui passiamo al capitolo “ragazzi perfetti, campioni veri”. Toni è umile, lavora, si diverte. E il suo sorriso è contagioso, aperto, simpatico (niente a che vedere con l’accigliato Balotelli in guerra con il mondo anche dopo un gol). Un ragazzo della bassa padana, un emiliano lavoratore, onesto e senza fronzoli. Sono doti che a una nazionale possono fare molto comodo.

Ricordo che il mio amico Cesare Prandelli, con cui ho scritto un libro biografico, avrebbe fatto carte false in quella stagione veronese per avere uno come Toni. Aveva Cammarata e siccome Cesare è un grande tecnico riuscì lo stesso a far girare la squadra e a far segnare dodici gol a Fabrizio.

Ma adesso uno come Toni lo può portare al mondiale. Sono sicuro che sono considerazioni che non possono sfuggire a Prandelli. Considerazioni tattiche ancora prima che umane. In mezzo a tante mezze calzette (giovani) diamo una chance a questo campione vero, anche se ha 36 anni.

DEDICATO A TUTTI QUELLI CHE…CON LA SAMPDORIA L’E’ UN PAREGGIO SCRITTO

Questa vittoria é dedicata a tutti quelli che “con la Sampdoria l’é un pareggio scritto…”.
Ma anche a quelli che… ” Halfreddson non é da A”
E quelli che “Gomez l’é inguardabile”.
E anche po’ a quelli che “Maietta puó giocare solo in B”.
E non ci si puó dimenticare di quelli che “Mandorlini non é in sintonia con Sogliano”.
Ma anche a quelli che “Toni é bollito”.
Va dedicata anche a quelli che “la maietta nera non la me piaze e con la nike avemo perso identitá”
E a quelli che ad ogni sconfitta scrivono “Svegliaaa”
Tre punti anche per ricordare quelli che “l’é colpa de bianchetti”. Anche se Bianchetti non ha giocato.

SERATA STORTA

Ci sta di perdere. Per caritá. Non muore nessuno e nulla é compromesso. Dispiace solo che i quattro gol dell’Inter siano stati praticamente regalati e che non é stato il miglior Verona quello che é sbarcato a San Siro.
Come se all’appuntamento con una bella donna avesse preso il due di picche, o peggio ancora, come se l’avesse portata a letto e poi fatto cilecca.
Il rammarico é questo: non aver visto il miglior Verona, se non nell’ultimo quarto d’ora. Ci sta. peró dagli errori si deve imparare e non si possono regalare all’Inter tre gol su angolo e un atteggiamento troppo da ballerina e poco da gladiatori. Abbiamo preso sedici gol fino ad oggi con questi quattro e peggio di noi ci sono solo Sassuolo e Bologna. Non é un allarme, ma una riflessione. E a proposito. Alla salvezza ne mancano sempre 24. E con Sampdoria e Cagliari, non possiamo sbagliare.

NON INTERROMPIAMO QUESTA EMOZIONE

Immaginatevi  quell’onda calda, forte vibrante che guida la squadra nei momenti difficili… quell’urlo incessante che prende per mano uno ad uno i nostri giocatori e li porta a vincere le partite… C’è un perché dietro i successi del favoloso Verona di Mandorlini. Si chiama tifo. Passione. Calore. Quella passione e quel calore che altrove nemmeno sanno cos’è. C’è gente che se lo sogna di avere uno stadio del genere. Pietro Leonardi, dg del Parma è uno di questi. Tanto da dire che gli arbitri sarebbero condizionati da tutta questa gente… Giocatori che non vedono l’ora di correre sotto una curva così. Adesso immaginatevi per un istante che il Verona giochi a spalti deserti. E che stia perdendo come è successo domenica scorsa per 2-1 contro il Parma. Chi aiuterebbe la squadra? Chi la condurrebbe alla vittoria? No, non è possibile, non è proprio possibile che l’Hellas e il suo tifo meraviglioso possano interrompere adesso questa emozione così forte, questo legame eccezionale che ci sta portando così in alto. Per questo, ragazzi, lo dico chiaro e forte, dobbiamo essere intelligenti (come lo siamo spessissimo) ed evitare a Milano ogni provocazione. Gli altri stanno facendo adesso battaglie che noi, da soli, abbiamo fatto anni fa. Ora noi ci siamo spostati. In avanti, come sempre. E come sempre restiamo al fianco della nostra squadra. Le battaglie, di retroguardia e francamente fuori moda, lasciamole fare agli altri…

GRAZIE A DIO SONO DELL’HELLAS

Non finiró mai di ringraziare chi mi ha fatto tifare per l’Hellas Verona. Non so se io ho scelto l’Hellas o l’Hellas ha scelto me. So che nessuno al mondo mi sa regalare queste emozioni, queste gioie, ma anche sofferenze, tristezza, rabbia. Il Verona é unico, non ce n’é un altro così. Capace di lottare per non andare in C2, capace di issarsi ai vertici della serie A, in pochi anni, tutto e il contrario di tutto, in mezzo a lutti e tragedie, tragicomiche, telenovele, farabutti, ladri, grassatori, truffatori, salite e discese, progetti e controprogetti.
Sembra un film. Invece é tutto vero. Come se tutto fosse disegnato nel cosmo, come se il nostro kharma avesse un preciso destino: mai essere normali o banali. Siamo l’unica squadra provinciale scudettata, abbiamo vissuto una gioia irripetibile come quell’annata tricolore, raccontata ai nostri bimbi, definita irripetibile. Abbiamo ammirato le nuove generazioni che s’innamoravano dell’Hellas che giocava a Manfredonia, spiegavamo loro come guerrieri dell’Iliade reduci da Troia che noi eravamo a Bergamo, a Stettino, a Utrecht, a Brema, luoghi mitici di una mitologia che pareva affondare le radici proprio ai tempi di Omero il cieco, tanto si stava allontanando nel tempo.
Ed ecco all’improvviso Mandorlini e i suoi ragazzi, una meravigliosa truppa che pare essere tornata a farci rivivere quelle vecchie emozioni che parevano finite e sepolte.
Non so come finirá questo campionato. Sicuramente ne mancano 24 a Itaca, che poi sono i punti che ci dividono dalla salvezza. Ma di certo, giá ora ringrazio questa favolosa squadra che mi sta regalando emozioni che mi riportano alla mia felice adolescenza. E agli dei che decisero che la mia squadra sarebbe stato il pazzo Verona dico che Penelope non ha ancora finito di tessere la sua tela. Altre avventure mirabolanti ci aspettano…

LA PATENTE

C’è un fatto di cronaca nera che avviene lontano dallo stadio, lontano da ogni gara, di notte in città. Quattro delle persone coinvolte, probabilmente i presunti carnefici (accertare i fatti è doveroso, finchè si è in uno stato civile) frequentano a titolo personale lo stadio Bentegodi. Come migliaia di altre persone in questa città. Se colpevoli sono delinquenti comuni. Non capisco, perché venga abbinato il fatto che siano frequentatori dello stadio. E soprattutto cosa c’entra che siano tifosi del Verona. E’ un’aggravante? E’ legato il fatto che siano tifosi del Verona al loro delinquere? Può darsi che abbiano frequentato le Giovani Marmotte in gioventù: per lo stesso concetto bisognerebbe titolare “Esponenti delle Giovani Marmotte picchiano di notte in città”?

Pensate un po’ se i due aggrediti (non lo so, lo dico così per fare un esempio..) fossero anche loro tifosi del Verona… Non mi pare un’ipotesi remota… A quel punto come la metteremmo? “Ultras del Verona picchiano tifosi del Verona”? No mi spiace, la notizia è che quattro scalmanati ubriachi e fatti di cocaina picchiano due poveri malcapitati (ripeto, se accertati i fatti).

Che ruolo avevano in Curva o in generale nella tifoseria dell’Hellas questi quattro? Non mi risulta che ci siano ruoli o che la Curva abbia un’organizzazione (le Brigate si sono sciolte anni fa). Il fatto che vadano allo stadio prescinde dal fatto che siano delinquenti e picchiatori.  Mi pare che siano più i mezzi d’informazione a dare un ruolo a questi delinquenti che non quello che loro realmente hanno. Le responsabilità penali, anche per i daspo, sono individuali. Se sono colpevoli devono pagare. Carissimo e salatissimo. Come delinquenti comuni.

L’UOMO CHE CI HA RIDATO LA DIGNITA’

Giovanni Martinelli è volato in cielo. E’ l’uomo che ha restituito dignità al popolo del Verona. Un piccolo, ma immenso personaggio al quale non si potrà mai finire di dire grazie.

Prima di lui la società era un ammasso informe e senza domani. Martinelli gli ha restituito l’onore e il futuro. Compiendo molti errori. Come è umano. Ma sempre con la buona fede di chi sapeva di avere davanti a sè un compito proibitivo. Pensava, all’inizio della sua avventura che la cosa migliore fosse unire le forze con il Chievo, per perseguire la strada della fusione. Ma si rese conto, prestissimo che quella strada che pervicacemente gli era stata messa davanti non era praticabile. Per fortuna. Martinelli ci mise poche settimane per innamorarsi del Verona e per capire che nulla, nella sua vita, dopo aver conosciuto l’Hellas e i suoi tifosi sarebbe più stato come prima.

Si mise a lavorare. Tantissimo. Mise a posto i conti (disastrati), pagò fornitori e creditori, costruì uno squadrone per uscire dalla serie C. Gli andò male e fu un colpo durissimo. Ma non si perse d’animo. Continuò, pagando di tasca sua, affidandosi a Mandorlini che con lui costruì un indistruttibile binomio. Conquistò la B, sfiorò la serie A. Il tutto in mezzo ad un cammino reso difficilissimo da interminabili operazioni, cadute e ricadute che avrebbero piegato un gigante. Ma non lui, il piccolo omino di Sandrà, che riusciva ad andare negli spogliatoi a spronare i suoi ragazzi anche dopo pochi giorni un intervento in cui aveva rischiato la vita.

Ha mollato quando ha capito che lui non avrebbe più potuto essere utile al Verona. Vi lascio in buone mani, aveva detto, affidando il Verona a Setti, a noi che avevamo mille dubbi. Se n’è andato dopo l’ultima impresa del nostro Hellas. E’ volato in cielo, ora che siamo la sorpresa del campionato. Dopo che, l’onore e la credibilità del Verona ci è stata restituita. Grazie, piccolo grande uomo. La terra ti sia lieve. Mandorlini e i tuoi ragazzi ti daranno ancora tante soddisfazioni.

LE DIFFERENZE

C’era un gioco sulla Settimana Enigmistica: trovate le differenze. Che differenza c’è tra il Bianchetti che viene paragonato a Thiago Silva dalla Gazzetta dopo un’esemplare gara con la maglia dell’Under 21 e il Bianchetti di Verona che in molti hanno frettolosamente “bollato” come brocco?

Non c’è nessuna differenza. Bianchetti è sempre lui. E’ un ragazzo del ’93 che ha giocato pochissime gare in serie A e che va seguito con affetto e senza mettergli addosso troppa pressione. Nel suo percorso di crescita c’è il Verona. Sconteremo i suoi errori, come in anni passati abbiamo scontato quelli di Gilardino, di Pegolo, di Dossena, di Cassani e Gamberini.

Spesso la fretta e la voglia di vedere sempre i nostri giocatori al top ci inducono ad un gioco al massacro che non ci aiuta. Se lavori con i giovani (e per il Verona non c’è altra via che questa se vuole avere un “ruolo” nel calcio di questo millennio…) devi avere pazienza. Si chiamino Bianchetti o Iturbe. Già, perché se è chiarissimo che l’argentino ha i crismi del fuoriclasse è altrettanto chiaro che non potrà essere sempre quello di Bologna. E allora che non salti fuori qualche genialoide con la penna caustica a dire che è un “fuoco di paglia” destinato a essere solo “un buon giocatore”. Aspettiamoli e godiamoceli. Almeno per un po’…

TORNIAMO A CORRERE

E’ stato bellissimo celebrare questa leggendaria vittoria di Bologna. E’ stato fantastico parlare di Iturbe, di Jorginho, di Toni. Ma dopo questa sbornia che ci siamo concessi, complice anche la sosta, è il caso di tornare in clima campionato. Un campionato che continua a essere durissimo e che non può tollerare pause o cali di tensione. Il Verona ha tredici punti che sono il frutto dell’umiltà e di un modo pragmatico di affrontare le gare. Chi parla di Uefa è un pazzo scatenato e non fa il bene del Verona. Continuo a pensare che ne mancano 27 alla salvezza. Solo dopo i 40 punti possiamo fare altri discorsi. Ora pensiamo al Parma, a come fermare una buonissima squadra, a preparare la gara come si deve. Non smarriamo questa strada per favore.

Ps: Bagnoli parlava di salvezza anche nel 1984-’85…