Un titolo lunghissimo, forse il più lungo che ho mai fatto. Per spiegare un concetto. Io non ho mai creduto ai filantropi. Neanche a quelli che la storia ci ha raccontato esserlo. Come minimo erano ricchi da far schifo, così ricchi da essere stufi di possedere qualsiasi cosa terrena, così ricchi che hanno pensato bene di “acquistarsi” la gloria eterna, sponsorizzando artisti e opere. Figurarsi se oggi può esistere una cosa di questo tipo. Il filantropo ha sempre uno scopo. Diretto o indiretto. Nella vita e a maggior ragione nel calcio.
Oggi il calcio assomiglia sempre di più ad un’industria. Un’industria del divertimento e dello svago, dove la passione della gente e la fidelizzazione ha un tasso anomalo rispetto ad altre realtà “merceologiche” simili e dove il risultato sportivo, è sempre sovrano. In questo ambito si sono susseguiti in questi anni vari “gestori” dell’Hellas Verona. I quali, spesso, hanno una caratteristica: non sono veronesi. E questo è paradossale, visto l’attaccamento viscerale che il popolo veronese (parlo di popolo volutamente, perchè ci sarebbe molto da parlare per quanto riguarda la cosiddetta “crema” della città) ha nei confronti della sua squadra.
Eppure questo amore (con numeri eccezionali, da far impallidire qualsiasi ufficio marketing soprattutto quelli di qualche azienda veronese che spiegavano dall’alto della loro grande sapienza che sponsorizzare l’Hellas era controproducente…) non riesce ad esprimere un industriale vero che possa guidare la società. Certo, qualcuno dirà che Arvedi e Martinelli erano due veronesi. In realtà sono proprio loro due le eccezioni che confermano la regola. Arvedi era un “contadino” facoltoso che si era innamorato per vari motivi del Verona ma che non aveva nessuno scopo “strategico” nell’avere rilevato la società. E Martinelli un piccolo imprenditore (del Garda, tra l’altro) che sperava di poter coagulare altri compagni d’avventura senza che questo sia mai avvenuto.
Prima di loro c’è stato Pastorello. Al quale del Verona non fregava niente. Era solo un’ottima società per far transitare giocatori, metterli in mostra e fare un “giro” di mercato attraverso la sua società di procuratori. In questo sarebbe stato “stampellato” come ci dicono ora i pm di Parma, dalla Parmalat di Calisto Tanzi. A noi questa esperienza ha toccato da vicino. Il Verona ha rischiato di sparire sotto i colpi mortali che Pastorello gli aveva inferto. E che io assieme a pochi altri a Verona, avevo denunciato, mentre in molti stimavano l’abilità di Pastorello. E’ una lezione che dobbiamo sempre tenere presente.
Ora è arrivato Setti. Il quale ha parlato più con i fatti che con le parole. Può piacere o non piacere il suo modo di fare un po’ guascone, ma l’antipatia o la simpatia non devono condizionare un giudizio. Setti ha capito qual era il tallone d’Achille del Verona: l’organizzazione. E ha dotato la società della migliore organizzazione che da anni non vedevamo a Verona. Ogni aspetto è oggi curato nei minimi particolari, scontando anni di ritardo. Il lavoro fatto è stato imponente è ha colmato in pochi mesi un gap pazzesco. E’ difficile spiegarlo questo ai nostri lettori e ai tifosi del Verona. L’Hellas era una tabula rasa, sorretta dalla buona volontà delle impiegate e degli impiegati che hanno lavorato molto spesso quasi in modo volontaristico e senza nessuno riconoscimento (mi ricordo le prese in giro per un post che elogiava il lavoro oscuro di queste persone…). In meno di sei mesi quel divario è stato colmato. E’ stato un lavoro imponente. Lo dicevo quest’estate parlando con Mazzola, il team manager gialloblù: “In tre mesi” mi spiegava Sandro “abbiano recuperato dieci anni di lavoro arretrato”. E’ chiaro che gli errori ci stanno davanti a tanta mole di lavoro. Ma sono errori “veniali” mai sostanziali. Errori che noi tutti commettiamo, ogni giorno, nei nostri posto di lavoro, quando lavoriamo con passione e dedizione. Se apri e organizzi un Hellas Store in piazza Bra, se cambi lo sponsor e ti affidi, primo caso per una provinciale, a Nike in meno di tre mesi, se devi affrontare una campagna acquisti, se devi strutturarti nel marketing, se devi strutturarti nella comunicazione, se devi ricostruire un settore giovanile, come fai a non sbagliare?
Ma (ecco perchè giudico positivo l’operato di Setti), io devo guardare all’insieme generale, a quello che era il Verona due anni fa e a quello che è oggi. Oggi il Verona è passato dall’essere un “bersaglio” facile e uno zimbello (vi ricordate la vicenda della finta vendita al finto cardinale?) ad una società stimata dal Palazzo. Una società che ha numeri eccezionali. Uomini giusti al posto giusto. Professionisti seri. E che ha ottenuto risultati apprezzabili.
A questo punto, a me che osservo e vigilo che cosa importa? Che Setti abbia la camicia aperta o che operi per il bene del Verona? Io credo sia molto più importante la seconda. E a parte questo che è colore e gossip. Mi interessa ancora di più che il signor Setti sia qui a Verona non per creare un personale business privato ma qualcosa che vada a beneficio dell’Hellas.Anzi: personalmente lo aiuterò perché questo sia sempre più possibile. Ma lo ostacolerò, come ho sempre fatto, dovessi intravvedere anche lontanamente, un tentativo di speculazione o peggio di un vantaggio personale a scapito del nostro caro, vecchio Verona.