NON CREDO AI FILANTROPI. MA CREDO CHE SI POSSA FARE CALCIO ONESTAMENTE SENZA RIMETTERCI

Un titolo lunghissimo, forse il più lungo che ho mai fatto. Per spiegare un concetto. Io non ho mai creduto ai filantropi. Neanche a quelli che la storia ci ha raccontato esserlo. Come minimo erano ricchi da far schifo, così ricchi da essere stufi di possedere qualsiasi cosa terrena, così ricchi che hanno pensato bene di “acquistarsi” la gloria eterna, sponsorizzando artisti e opere. Figurarsi se oggi può esistere una cosa di questo tipo. Il filantropo ha sempre uno scopo. Diretto o indiretto. Nella vita e a maggior ragione nel calcio.

Oggi il calcio assomiglia sempre di più ad un’industria. Un’industria del divertimento e dello svago, dove la passione della gente e la fidelizzazione ha un tasso anomalo rispetto ad altre realtà “merceologiche” simili e dove il risultato sportivo, è sempre sovrano. In questo ambito si sono susseguiti in questi anni vari “gestori” dell’Hellas Verona. I quali, spesso, hanno una caratteristica: non sono veronesi. E questo è paradossale, visto l’attaccamento viscerale che il popolo veronese (parlo di popolo volutamente, perchè ci sarebbe molto da parlare per quanto riguarda la cosiddetta “crema” della città) ha nei confronti della sua squadra.

Eppure questo amore (con numeri eccezionali, da far impallidire qualsiasi ufficio marketing soprattutto quelli di qualche azienda veronese che spiegavano dall’alto della loro grande sapienza che sponsorizzare l’Hellas era controproducente…) non riesce ad esprimere un industriale vero che possa guidare la società. Certo, qualcuno dirà che Arvedi e Martinelli erano due veronesi. In realtà sono proprio loro due le eccezioni che confermano la regola. Arvedi era un “contadino” facoltoso che si era innamorato per vari motivi del Verona ma che non aveva nessuno scopo “strategico” nell’avere rilevato la società. E Martinelli un piccolo imprenditore (del Garda, tra l’altro) che sperava di poter coagulare altri compagni d’avventura senza che questo sia mai avvenuto.

Prima di loro c’è stato Pastorello. Al quale del Verona non fregava niente. Era solo un’ottima società per far transitare giocatori, metterli in mostra e fare un “giro” di mercato attraverso la sua società di procuratori. In questo sarebbe stato “stampellato” come ci dicono ora i pm di Parma, dalla Parmalat di Calisto Tanzi. A noi questa esperienza ha toccato da vicino. Il Verona ha rischiato di sparire sotto i colpi mortali che Pastorello gli aveva inferto. E che io assieme a pochi altri a Verona, avevo denunciato, mentre in molti stimavano l’abilità di Pastorello. E’ una lezione che dobbiamo sempre tenere presente.

Ora è arrivato Setti. Il quale ha parlato più con i fatti che con le parole. Può piacere o non piacere il suo modo di fare un po’ guascone, ma l’antipatia o la simpatia non devono condizionare un giudizio. Setti ha capito qual era il tallone d’Achille del Verona: l’organizzazione. E ha dotato la società della migliore organizzazione che da anni non vedevamo a Verona. Ogni aspetto è oggi curato nei minimi particolari, scontando anni di ritardo. Il lavoro fatto è stato imponente è ha colmato in pochi mesi un gap pazzesco. E’ difficile spiegarlo questo ai nostri lettori e ai tifosi del Verona. L’Hellas era una tabula rasa, sorretta dalla buona volontà delle impiegate e degli impiegati che hanno lavorato molto spesso quasi in modo volontaristico e senza nessuno riconoscimento (mi ricordo le prese in giro per un post che elogiava il lavoro oscuro di queste persone…). In meno di sei mesi quel divario è stato colmato. E’ stato un lavoro imponente. Lo dicevo quest’estate parlando con Mazzola, il team manager gialloblù: “In tre mesi” mi spiegava Sandro “abbiano recuperato dieci anni di lavoro arretrato”. E’ chiaro che gli errori ci stanno davanti a tanta mole di lavoro. Ma sono errori “veniali” mai sostanziali. Errori che noi tutti commettiamo, ogni giorno, nei nostri posto di lavoro, quando lavoriamo con passione e dedizione. Se apri e organizzi un Hellas Store in piazza Bra, se cambi lo sponsor e ti affidi, primo caso per una provinciale, a Nike in meno di tre mesi, se devi affrontare una campagna acquisti, se devi strutturarti nel marketing, se devi strutturarti nella comunicazione, se devi ricostruire un settore giovanile, come fai a non sbagliare?

Ma (ecco perchè giudico positivo l’operato di Setti), io devo guardare all’insieme generale, a quello che era il Verona due anni fa e a quello che è oggi. Oggi il Verona è passato dall’essere un “bersaglio” facile e uno zimbello (vi ricordate la vicenda della finta vendita al finto cardinale?) ad una società stimata dal Palazzo. Una società che ha numeri eccezionali. Uomini giusti al posto giusto. Professionisti seri. E che ha ottenuto risultati apprezzabili.

A questo punto, a me che osservo e vigilo che cosa importa? Che Setti abbia la camicia aperta o che operi per il bene del Verona? Io credo sia molto più importante la seconda. E a parte questo che è colore e gossip. Mi interessa ancora di più che il signor Setti sia qui a Verona non per creare un personale business privato ma qualcosa che vada a beneficio dell’Hellas.Anzi: personalmente lo aiuterò perché questo sia sempre più possibile. Ma lo ostacolerò, come ho sempre fatto, dovessi intravvedere anche lontanamente, un tentativo di speculazione o peggio di un vantaggio personale a scapito del nostro caro, vecchio Verona.

CACIA, PRIMISSIMA SCELTA

Guardo in giro e sinceramente non vedo niente di meglio. Penso al Sassuolo che ha preso Zaza (quindici reti) di cui si dice “rivelazione” della B. Guardo il Chievo che ha preso Ardemagni e che giustamente lo ritiene un grande colpo (23 gol al Modena). Giro l’occhio su altre squadre di livello Hellas e non mi viene in mente nessuno come lui. Cacia di gol l’anno scorso ne ha fatti 24. Avesse un altro carattere, ne avrebbe messi dentro una trentina. Anche così, comunque, la sua annata è stata sontuosa. Cacia è stato il re dei bomber e grazie a questi gol il Verona è andato in serie A. Cacia non è un ripiego. E’ una prima scelta. Anzi primissima. E dunque, se mancherà Toni domenica contro il Sassuolo, il Verona può schierare un grande attaccante.

Certo, poi si devono fare alcune considerazioni: Cacia è Cacia, Toni è Toni. Lo andiamo ripetendo dall’inizio della stagione. Uno viene incontro, l’altro va in profondità. Uno è forte sugli angoli, sui traversoni, sulle palle “sporche”, l’altro è micidiale nei tagli e nel tenere le difese avversarie in apprensione quando gioca sempre sul filo del fuorigioco. Ma questo è un “problema” che deve risolvere Mandorlini, mica noi che siamo qui a tifare e a giudicare.

Cacia ha solo bisogno del gol. Lo sappiamo benissimo. E’ uno che si crea un sacco di “teghe” mentali quando non riesce a segnare. Figurarsi adesso che il suo compagno (tra l’altro stimatissimo) segna a raffica. Se lo conosco bene, Daniele è lì che vuole esplodere come un vulcano. Gli fosse entrato il gol col Milan o quello con la Roma fermato sulla linea, sarebbe un’altra persona adesso. Daniele deve sentire fiducia attorno a lui, me l’ha ripetuto un sacco di volte. Sappia che nessuno, come noi qui a Verona, abbiamo fiducia nei suoi mezzi. Io credo che Cacia sia pronto per la A. Credo che sarà utilissimo per il Verona in questa stagione in cui Toni (e i suoi 36 anni…) vanno “gestiti” come ha detto Mandorlini.

Cacia non può essere una riserva, ma un titolare, anche quando non gioca. Cacia è il nostro bomber. Come mai ne avevamo avuti nei nostri 110 anni di storia.

SOGLIANO SI MERITA UN APPLAUSO

Stavolta mi voglio sbilanciare. Sarebbe troppo facile rifugiarsi dietro al solito democristiano “sarà il campo a giudicare il mercato”. Dovere di un giornalista sportivo, a mio avviso, è anche valutare le mosse di una società prima che tocchi al campo valutare la bontà del lavoro.

Inizio subito col dire che il lavoro di Sogliano a parer mio è stato eccellente. Sogliano ha lavorato con un budget non eccezionale, mettendoci creatività, idee e passione. Alcune trattative sono state geniali. Il capolavoro resta l’arrivo di Cirigliano. Sogliano ha superato se stesso per convincere una società tignosa e altolocata come il River Plate a darci il ragazzo. Ma Iturbe è una ciliegina che potrebbe farci venire l’acquolina in bocca.

Andiamo con ordine. Sogliano prima di tutto ha tenuto chi doveva tenere: Martinho, Cacciatore, Moras, Agostini, Albertazzi, Bianchetti. Tutta merce di qualità, importantissima per l’oggi e per il domani. Ha poi venduto tutti i pezzi in esubero. Alcuni abbastanza facili da piazzare data la qualità della “merce” (Ferrari, Ceccarelli, Rivas, Carrozza, Grossi, Cocco), altri meno (Esposito, Abbate eccetera). Ricordarsi che un direttore sportivo si deve giudicare anche dal mercato in uscita è buona regola di un critico (capisco che per un tifoso sia meno evidente).

Sogliano si è poi dedicato a scovare giocatori giovani di qualità. Segnatevi bene queste parole: giovani di qualità. Questo sarà, DOVRA’ essere, il motto di casa Hellas. Non sono scommesse. E’ un’esigenza. Di più: è una questione di vita o di morte. Solo così, il Verona avrà vita garantita. Qui Sogliano ha dato il meglio di sé. Penso a Sala, preso a parametro zero. Una plusvalenza che potrebbe diventare favolosa tra qualche anno. O appunto Cirigliano. O Albertazzi e Bianchetti, o adesso Iturbe. Senza dimenticare Longo che Sogliano ha strappato al Livorno. Se tutto va come dovrà andare il Verona ha messo le basi per il futuro. Da qui a tre anni potremo avere una squadra fortissima, piena di gente talentuosa da rivendere nel mercato europeo e quindi dotare la società di risorse indispensabili per vivere.

Ma Sogliano non si è limitato a questo. Anche lui, come il presidente Setti, sa esattamente che se non arrivasse la salvezza in questa stagione, ogni discorso sul futuro sarebbe inutile. E quindi sono arrivate anche delle certezze. Penso a Romulo, a mio avviso grandissimo colpo per una società di livello del Verona. E poi sono stati tappate alcune falle (Rubin a sinistra in alternativa a Agostini, Donadel a centrocampo) che si erano intraviste in precampionato e nelle prime due giornate. Persino nel ruolo di portiere il Verona è oggi copertissimo, con Rafael e alle sue spalle Mihaijlov, nazionale bulgaro.

Al capitolo scommesse, o se volete, giocatori da scoprire, metterei Gonzalez e Marques. Qui solo Sogliano sa che tipo di giocatori ha portato. Lasciatemi però dire che non avevo mai visto un ds del Verona andare due  volte in un mese in Sudamerica per vedere dal vivo i giocatori che vuole prendere. E’ sintomo di serietà, passione, attaccamento e professionalità in un mondo che si affida spesso ai dvd, se non peggio, a qualche filmatino su youtube.

Infine, aggiungo, che il Verona non ha venduto nessun gioiello. Sono rimasti Cacia (sarà prezioso, fidatevi), Hallfredsson, ma soprattutto Jorginho. Sarebbe stato facile per Sogliano cavalcare una delle tante notizie di mercato che sono sorte attorno al nostro golden-boy. Eppure, Sean non ha mai voluto farlo. Fedele ad una linea concordata con il presidente. Chi vuole Jorginho si presenti con i soldi (si parte da 10 milioni di euro, credo giustamente). Il resto era (è) aria fritta.

Alla luce di tutte queste considerazioni, e relativamente al budget e ai mezzi a disposizione, credo quindi che il lavoro di Sean sia stato molto buono. Ora naturalmente toccherà al campo, sommo giudice, dirci come ha lavorato il nostro uomo mercato. Ma le premesse per centrare la salvezza ci sono tutte.

IL NOSTRO CAMPIONATO INIZIA ORA

Signore e signori: benvenuti in serie A. Eccola qui la massima serie dove gli errori non si perdonano e la classe fa la differenza. Il Verona l’ha toccata con mano alla giornata numero due, dopo la sbornia dell’esordio e quei tre punti fantastici, importanti, quanti effimeri nel farci valutare la nostra squadra al cospetto delle altre. Non era il Milan il test che doveva dirci quanto valeva il Verona. Ma non é neanche la Roma del sergente Garcia, troppo forte, troppo in palla, troppo tutto.
Oggi il Verona ha semplicemente capito quanto sa di sale il pane altrui e quanto sará dura la lotta per la salvezza. E questo prima del match con il Sassuolo, questo si vero big-match salvezza, é assai importante.
Ora lasciamo da parte le critiche, recuperiamo bene tutti gli uomini, scacciamo tutti i fantasmi del mercato, arruoliamo qualche altro giocatore (prima di Iturbe, simil Messi, mi permetto di suggerire un utile terzino sinistro…) e tra quindici giorni facciamoci trovare pronti per questa gara giá molto importante. Se volete, il nostro campionato inizierá proprio dove avevamo finito: dal Sassuolo, nostro avversario in B, uscito sconfitto dal Bentegodi l’anno scorso e miracolosamente salvato al ritorno quando Gomez sbaglió il rigore che poteva cambiare il corso del campionato in testa alla classifica.

Aggiungo queste righe dopo aver appreso dell’agguato romano al pullman della squadra. A quanto so Mandorlini ha rischiato la vita, sfiorato dal sasso lanciato da delinquenti vigliacchi. Il Verona la scorsa settimana è stato multato vergognosamente per quarantamila euro, nonostante l’ineccepibile comportamento del suo pubblico sobillato tutta settimana dal miliardario bresciano, allevatore di maialini. Ora attendiamo giustizia: ma dai tempi (ancora recenti…) della Lega Pro a questa serie A, i pagliacci che governano il calcio italiano, non sembrano essere cambiati di molto…

QUEL BOATO L’HO SENTITO ANCH’IO…

Non c’ero ma é come se ci fossi stato. É come se avessi sentito a diecimila chilometri di distanza il boato per il primo gol di Toni e poi l’altro sotto la Curva Sud, e mi pare di aver visto davvero Mario Balotelli supino sul nuovo terreno del Bentegodi ad essere sbeffeggiato come solo noi sappiamo fare.
E a leggere le cronache noto quel velo di tristezza che mille inviati sbuffano nei loro pezzi per i cori razzisti “che dovevano esserci” ma che “non ci sono stati” loro malgrado. Che rabbia aver dovuto riporre nei taccuini analisi sociologiche sul “razzismo dei veronesi” , quella cittá che ha dato i “natali a Pietro Maso” dove “la furbizia contadina è stata contaminata dall’opulenza e quindi si é marcita fino a rifiutare il diverso”.
Inutile sperare di leggere anche un solo rigo sull’idiozia del miliardario milanista che ha provocato una settimana intera, fino a scambiare il razzismo con il suo essere bresciano. Oltre a una bella squalifica meriterebbe tale atteggiamento un bel calcione nel culo. Quantomeno educativo.
Impossibile sperare in tanta saggezza. Accontentiamoci di salutare il ritorno del Verona in serie A con una di quelle imprese che racconteremo ai nostri nipotini. Verona resta fatale per il Milan, ma ormai così indigesta che i rossoneri vorrebbero evitare di imboccare il casello di Verona Sud per arrivare al Bentegodi.
Lasciatemi dire che questo é il capolavoro di Andrea Mandorlini. Solo qualche post fa vi ho parlato di quanto ho visto quest’estate durante il mio peregrinare nei ritiri dell’Hellas. Un allenatore preparatissimo, un sacerdote dell’allenamento, un accanito professionista. Splendidamente guidato da una societá lucida e organizzata come mai prima d’ora, Andrea ha pensato solo al campo in questa lunga estate. Non al mercato, cercando di compensare alle mancanze altrui, non all’organizzazione, ai medici, ai fisioterapisti. Ha pensato solo ad allenare, cioé alla cosa che gli riesce meglio. E il risultato s’é visto. Anche qui lontanissimo da Verona. Toni che s’impenna in area come un ragazzino, Romulo che va su e giú e il giovin Albertazzi che tra qualche mese ne parleranno tutti. E poi Mimmone nostro, Vangelis l’oplita, piccolo Giorgio, l’islandese volante, bomber Daniele, Speedy Martinho, e tutta questa compagnia che da tre anni ci allieta il week-end facendoci dimenticare le lacrime, il sudore e il sangue di anni incredibili e umilianti. Anni che peró sono serviti a farci gioire oggi. E che ci permettono di guardare al futuro senza esaltarci. Sappiamo tutti benissimo che il nostro unico obiettivo in questa stagione sará la salvezza. Ma che bello iniziare urlando Luca Luca Luca Luca Toni Toni Toni Toni…. andiamoooooooooooo.

BALOTELLI, I VERONESI, IL RAZZISMO

Eccola la prima trappola: l’ho detto in tempi non sospetti. Il nostro ritorno in serie A sarebbe stato costellato da trappole mediatiche. Puntuale la prima é scattata. Balotelli, grandissimo giocatore, ricco viziato, uno che ha fatto saltare casa sua con i fuochi artificiali e che rifiuta a dei ragazzi l’autografo, ha parlato. Lui che quando deve portare una nuova velina da qualche parte viene a Gardaland ha detto che i veronesi sono razzisti. Perché? Balotelli non ha mai giocato contro il Verona, lo ha fatto solo una volta nella nostra cittá ma fu contro il Chievo e quella volta fu multato dopo deliranti dichiarazioni post partita e dopo che Campedelli, giustamente, lo mise spalle al muro. Paragonare Balotelli a simboli come Mandela e come Malcom X, francamente é come paragonare la merda alla cioccolata. Non me ne vogliano i due grandi della storia. Purtroppo, essendo noi italiani, abbiamo i simboli che ci meritiamo, anche dal punto di vista dell’integrazione.
Balotelli ha iniziato con una provocazione, pensando forse che il nostro livello di civiltá sia pari al suo. Certo qualche stupidotto magari fará anche il suo gioco. Ma Verona uscirá a testa alta da questa trappola. Balotelli non merita altre copertine. Al massimo merita la carta igienica con cui la sua auto é stata incartata qualche giorno fa.

L’IMPORTANTE E’ VINCERE

Se tutto funzionasse bene nel Verona mi preoccuperei. Non è questo il momento dell’anno in cui bisogna essere perfetti. Ci sono state molte cose buone nella gara di Palermo, altre meno. Mandorlini lo sa e ci metterà mano.

Il Verona sa soffrire e il salto di categoria non ha montato la testa a nessuno. E questa mi pare una buona notizia. Tutti siamo consci che ci sarà da soffrire tantissimo e che nessuno ci regalerà nulla. Lo spirito della squadra e la sua identità al di là del cambio di modulo, è rimasto inalterato e anche in questo Verona si trova impressa l’impronta del proprio tecnico.

Davanti Luca Toni è una sorpresa continua. Un giocatore che sta vivendo una seconda giovinezza e che risulta essere ad oggi uno degli acquisti più azzeccati. Jorginho è ormai sul taccuino di tutte le grandi e continua a migliorare, Sala un ottimo giocatore, Rafael la solita fabbrica di miracoli.

C’è da registrare qualche movimento difensivo e in genere il difetto congenito del Verona è quello di aspettare gli avversari abbassando troppo la linea. Questo non coinvolge solo i tre o quattro difensori ma tutta la squadra. In serie A, a maggiore ragione, secondo me dobbiamo stare stretti, giocare più corti con i reparti più serrati. Aspettare Balotelli, o Mario Gomez in area di rigore non è come aspettare Litteri o Ceravolo con tutto il rispetto.

Certi campioni ti possono far male anche da fuori area ma quando entrano nei trenta metri diventano letali. Dybala ci ha graziato, ma non sarà sempre così. Anzi: in serie A gli errori si pagano a caro prezzo e non bisogna commetterli. Con il Milan la musica sarà diversa ne sono certo. Comunque sia: l’importante nel calcio è vincere. E l’Hellas di Palermo il risultato positivo se l’è portato a casa. Non è poco, visto com’è andata su altri campi…

ANNI ’70

Non chiedetemi perchè: ma stamattina stavo ripensando ai favolosi anni’70. Parlo dal punto di vista calcistico, visto che in quegli anni ho passato la mia infanzia. E’ vero: chi come me è nato a cavallo degli anni sessanta, ricorda lo scudetto e l’epopea di Bagnoli come gli anni che ne hanno segnato l’adolescenza.

Ma in realtà i miei ricordi più belli e più poetici del calcio risalgono agli anni ’70. E’ in quegli anni che facevo la raccolta delle figurine e in cui certi giocatori divennero dei miti. L’immarcescibile Zoff che costellò tutte le collezioni dai primi anni ’70 ai primi anni ’80. Ma soprattutto il suo introvabile vice: Massimo Piloni, diventato famoso per essere il 12 di Zoff, ma soprattutto una specie di graal per noi bimbi. Erano anche gli anni in cui si iniziava a guardare al calcio estero con crescente interesse. C’era una trasmissione, Eurogol, condotta da Martino e De Laurentis, in cui si vedevano questi gol favolosi, con tiri mirabolanti da fuori area, tanto che quei gol divennero proprio “eurogol”, per antonomasia.

Joahn Cruyff era il profeta del gol. Sandro Ciotti gli dedicò uno dei più bei documentari calcistici che io abbia mai visto. Cruyff era lo straordinario interprete di una squadra meravigliosa che non vinse nulla. Gli olandesi furono sempre battuti dai tedeschi, ma restarono per sempre nella storia. A quell’epoca odiavo i tedeschi. L’aplomb e l’eleganza di Beckenbauer, la freddezza di Gerd Muller, le parate di Sepp Maier. Li vedevo come usurpatori del mio sogno di bambino di calcio totale. In realtà erano immensi campioni.

Nell’Olanda c’erano anche Johan Neeskens, i gemelli Van Der Kerkhof, Willy e Renè e Van der Korput, baffuto jolly olandese che vestì anche la maglia del Toro nei primi anni ’80 e che immediatamente a noi bambini veronesi faceva venire in mente il Falqui e la dolce Euchessina che la mamma ci dava alla sera per essere “regolari” alla mattina.

E il Verona? Per me aveva un nome e un cognome: Gianfranco Zigoni. E’ difficile spiegare oggi che cosa rappresentò per noi Zigo-gol. Un campione della baruffa, un guascone, mai determinante in campo, eppure ci bastavano i suoi lanci, i suoi dribbling e i suoi (pochi a paragone della sua classe) gol, per farci sognare.

Oltre a Zigoni , ricordo con amarezza la tragedia dei fratelli Giacomi. Mario era il portiere del Verona. Un veronese tra i pali. Nato al Chievo (i casi della vita…). Morì nel 1977, con il fratello Gianni, uccisi entrambi dall’ossido di carbonio di una stufa. I ricordi di un bimbo che iniziava a diventare grande.

 

MANDORLINI, TECNICO COMPLETO

Mi pare giusto darvi le mie sensazioni dal ritiro di Bad Kleimkircheim. Sto seguendo il Verona giorno per giorno da quando è nata la nuova stagione. Ho visto molti allenamenti di mister Mandorlini e del suo staff e tutte le amichevoli.

E’ un Verona che lavora nei dettagli. In profondità. L’allargamento dell’equipe permette di fare lavori specifici che prima non erano immaginabili.

Mandorlini ha un eccezionale collaboratore in Nicolini. Suo vecchio amico nello spogliatoio dell’Ascoli, Nicolini è un uomo di grande gentilezza, intelligenza e spessore umano.

Vedo un Mandorlini meno teso e molto concentrato. Un grande allenatore. Ho seguito in questi anni di lavoro tanti tecnici. Bagnoli, Fascetti, Liedholm e Corso, Mutti, Perotti, Cagni, Maddè, Prandelli, Salvioni, Malesani, Ficcadenti, Pellegrini, Sarri, Remondina, Giannini. Alcuni grandissimi, altri molto scarsi. Credo di essere in grado di giudicare.

Mandorlini a livello di didattica, idee, costanza e applicazione lo metto tra i grandissimi. Come lui (non penso ai risultati che sono un’altra cosa), metto Bagnoli, Prandelli, Malesani e Ficcadenti.

Tatticamente, sono sincero, non lo pensavo così bravo. Invece è davvero un gusto vederlo allenare. Duro quando serve, ma bravo quando deve dare una pacca sulla spalla. Molto coinvolgente quando spiega. Come quei bravi professori che a scuola ti facevano passare in un battibaleno l’ora di lezione.

Mandorlini sta insegnando il 3-5-2. O se volete il 5-3-2. Un divertimento. Mandorlini è davvero un tecnico completo e sbaglia chi crede che si sia fossilizzato solo sul 4-3-3. Ci saranno sorprese in questo senso. Credo che come Mourinho, Mandorlini abbia solide basi tattiche ancora prima che motivazionali. Ha un calcio in testa, il suo, fatto di equilibrio, ma anche di molta precisione e applicazione. Oggi il mister è molto più attento di prima al dialogo e al confronto. Sa che questa, come per tutti, è una stagione fondamentale per lui. Non ha perso la voglia di andare in guerra. Ha solo affinato il suo modo di allenare.

Ho visto una seduta in cui si sono provati fino alla sfinimento i movimenti ad uscire con la palla dalla difesa. Movimenti e situazioni che coinvolgono tutta la squadra, non solo i tre difensori.

Il 3-5-2 offre a Mandorlini tanti vantaggi. Squadra con le linee più strette, centrocampo folto e combattivo, e tante variabili in attacco. Credo che lo vedremo spesso. E sarà, come sempre, uno spasso.

ALLARME? NO, SOLO SANO REALISMO

La sconfitta col Levante non deve alzare l’allarme. É pur sempre calcio d’agosto e qualcosa di buono comunque s’é visto. Il Verona ha perso per colpa di un generoso rigore e una punizione pennellata da Ivanschitz. É pur vero che qualcosa va detto perché non tutto funziona alla perfezione. Ci sono problemi nel giocare bene la palla a terra, nel costruire una manova fluida, nell’alzare il ritmo. A vederla dal vero l’Hellas sembra sempre troppo compassata, con quella lunga fase di attesa in cui il pallone gira e gira e spesso non approda a nulla. Ho detto ieri sera al mister che forse ci ha abituato troppo bene negli anni passati, perché ci aspettiamo sempre delle giocate precise e soprattutto delle ripartenze veloci. Il miglior Verona é quello che tiene la palla e poi riesce a esplodere, mentre questo, qualche volta, sembra piú implodere. A mio avviso é anche colpa di una struttura piú massiccia che é stata data alla squadra. Per dirne una: se scegli Jankovic che ha due querce al posto delle gambe non puoi pretendere (ad agosto) di avere velocitá e rapiditá in fascia.
Il Verona mi é piaciuto alla ricerca della concentrazione e della compattezza. Meno quando si tratta di recuperare palla e di ripartire. La miglior gara, in questo senso, é stata quella col Feyenoord, quando forse anche le motivazioni erano massimali.
Vorrei dire che ci manca qualcosa (esperienza, classe?) e che mi aspetto dalla societá un paio di acquisti che ci facciano fare il salto di qualitá. Ma questo é scontato. Prima di me, di noi, lo sanno Sogliano e Setti. E questo, anche paragonato al passato, é confortante.
Col Levante siamo tornati tutti con i piedi sulla terra. Se ce lo eravamo scordato, ci sará da lottare. E nessuno a questo livello ti regala niente. Anzi, a volte, come ieri sera, con certe squadre, gli arbitri ti tolgono qualcosa. E devi essere piú bravo e piú forte anche di questo.