IL NOSTRO CAMPIONATO INIZIA ORA

Signore e signori: benvenuti in serie A. Eccola qui la massima serie dove gli errori non si perdonano e la classe fa la differenza. Il Verona l’ha toccata con mano alla giornata numero due, dopo la sbornia dell’esordio e quei tre punti fantastici, importanti, quanti effimeri nel farci valutare la nostra squadra al cospetto delle altre. Non era il Milan il test che doveva dirci quanto valeva il Verona. Ma non é neanche la Roma del sergente Garcia, troppo forte, troppo in palla, troppo tutto.
Oggi il Verona ha semplicemente capito quanto sa di sale il pane altrui e quanto sará dura la lotta per la salvezza. E questo prima del match con il Sassuolo, questo si vero big-match salvezza, é assai importante.
Ora lasciamo da parte le critiche, recuperiamo bene tutti gli uomini, scacciamo tutti i fantasmi del mercato, arruoliamo qualche altro giocatore (prima di Iturbe, simil Messi, mi permetto di suggerire un utile terzino sinistro…) e tra quindici giorni facciamoci trovare pronti per questa gara giá molto importante. Se volete, il nostro campionato inizierá proprio dove avevamo finito: dal Sassuolo, nostro avversario in B, uscito sconfitto dal Bentegodi l’anno scorso e miracolosamente salvato al ritorno quando Gomez sbaglió il rigore che poteva cambiare il corso del campionato in testa alla classifica.

Aggiungo queste righe dopo aver appreso dell’agguato romano al pullman della squadra. A quanto so Mandorlini ha rischiato la vita, sfiorato dal sasso lanciato da delinquenti vigliacchi. Il Verona la scorsa settimana è stato multato vergognosamente per quarantamila euro, nonostante l’ineccepibile comportamento del suo pubblico sobillato tutta settimana dal miliardario bresciano, allevatore di maialini. Ora attendiamo giustizia: ma dai tempi (ancora recenti…) della Lega Pro a questa serie A, i pagliacci che governano il calcio italiano, non sembrano essere cambiati di molto…

QUEL BOATO L’HO SENTITO ANCH’IO…

Non c’ero ma é come se ci fossi stato. É come se avessi sentito a diecimila chilometri di distanza il boato per il primo gol di Toni e poi l’altro sotto la Curva Sud, e mi pare di aver visto davvero Mario Balotelli supino sul nuovo terreno del Bentegodi ad essere sbeffeggiato come solo noi sappiamo fare.
E a leggere le cronache noto quel velo di tristezza che mille inviati sbuffano nei loro pezzi per i cori razzisti “che dovevano esserci” ma che “non ci sono stati” loro malgrado. Che rabbia aver dovuto riporre nei taccuini analisi sociologiche sul “razzismo dei veronesi” , quella cittá che ha dato i “natali a Pietro Maso” dove “la furbizia contadina è stata contaminata dall’opulenza e quindi si é marcita fino a rifiutare il diverso”.
Inutile sperare di leggere anche un solo rigo sull’idiozia del miliardario milanista che ha provocato una settimana intera, fino a scambiare il razzismo con il suo essere bresciano. Oltre a una bella squalifica meriterebbe tale atteggiamento un bel calcione nel culo. Quantomeno educativo.
Impossibile sperare in tanta saggezza. Accontentiamoci di salutare il ritorno del Verona in serie A con una di quelle imprese che racconteremo ai nostri nipotini. Verona resta fatale per il Milan, ma ormai così indigesta che i rossoneri vorrebbero evitare di imboccare il casello di Verona Sud per arrivare al Bentegodi.
Lasciatemi dire che questo é il capolavoro di Andrea Mandorlini. Solo qualche post fa vi ho parlato di quanto ho visto quest’estate durante il mio peregrinare nei ritiri dell’Hellas. Un allenatore preparatissimo, un sacerdote dell’allenamento, un accanito professionista. Splendidamente guidato da una societá lucida e organizzata come mai prima d’ora, Andrea ha pensato solo al campo in questa lunga estate. Non al mercato, cercando di compensare alle mancanze altrui, non all’organizzazione, ai medici, ai fisioterapisti. Ha pensato solo ad allenare, cioé alla cosa che gli riesce meglio. E il risultato s’é visto. Anche qui lontanissimo da Verona. Toni che s’impenna in area come un ragazzino, Romulo che va su e giú e il giovin Albertazzi che tra qualche mese ne parleranno tutti. E poi Mimmone nostro, Vangelis l’oplita, piccolo Giorgio, l’islandese volante, bomber Daniele, Speedy Martinho, e tutta questa compagnia che da tre anni ci allieta il week-end facendoci dimenticare le lacrime, il sudore e il sangue di anni incredibili e umilianti. Anni che peró sono serviti a farci gioire oggi. E che ci permettono di guardare al futuro senza esaltarci. Sappiamo tutti benissimo che il nostro unico obiettivo in questa stagione sará la salvezza. Ma che bello iniziare urlando Luca Luca Luca Luca Toni Toni Toni Toni…. andiamoooooooooooo.

BALOTELLI, I VERONESI, IL RAZZISMO

Eccola la prima trappola: l’ho detto in tempi non sospetti. Il nostro ritorno in serie A sarebbe stato costellato da trappole mediatiche. Puntuale la prima é scattata. Balotelli, grandissimo giocatore, ricco viziato, uno che ha fatto saltare casa sua con i fuochi artificiali e che rifiuta a dei ragazzi l’autografo, ha parlato. Lui che quando deve portare una nuova velina da qualche parte viene a Gardaland ha detto che i veronesi sono razzisti. Perché? Balotelli non ha mai giocato contro il Verona, lo ha fatto solo una volta nella nostra cittá ma fu contro il Chievo e quella volta fu multato dopo deliranti dichiarazioni post partita e dopo che Campedelli, giustamente, lo mise spalle al muro. Paragonare Balotelli a simboli come Mandela e come Malcom X, francamente é come paragonare la merda alla cioccolata. Non me ne vogliano i due grandi della storia. Purtroppo, essendo noi italiani, abbiamo i simboli che ci meritiamo, anche dal punto di vista dell’integrazione.
Balotelli ha iniziato con una provocazione, pensando forse che il nostro livello di civiltá sia pari al suo. Certo qualche stupidotto magari fará anche il suo gioco. Ma Verona uscirá a testa alta da questa trappola. Balotelli non merita altre copertine. Al massimo merita la carta igienica con cui la sua auto é stata incartata qualche giorno fa.

L’IMPORTANTE E’ VINCERE

Se tutto funzionasse bene nel Verona mi preoccuperei. Non è questo il momento dell’anno in cui bisogna essere perfetti. Ci sono state molte cose buone nella gara di Palermo, altre meno. Mandorlini lo sa e ci metterà mano.

Il Verona sa soffrire e il salto di categoria non ha montato la testa a nessuno. E questa mi pare una buona notizia. Tutti siamo consci che ci sarà da soffrire tantissimo e che nessuno ci regalerà nulla. Lo spirito della squadra e la sua identità al di là del cambio di modulo, è rimasto inalterato e anche in questo Verona si trova impressa l’impronta del proprio tecnico.

Davanti Luca Toni è una sorpresa continua. Un giocatore che sta vivendo una seconda giovinezza e che risulta essere ad oggi uno degli acquisti più azzeccati. Jorginho è ormai sul taccuino di tutte le grandi e continua a migliorare, Sala un ottimo giocatore, Rafael la solita fabbrica di miracoli.

C’è da registrare qualche movimento difensivo e in genere il difetto congenito del Verona è quello di aspettare gli avversari abbassando troppo la linea. Questo non coinvolge solo i tre o quattro difensori ma tutta la squadra. In serie A, a maggiore ragione, secondo me dobbiamo stare stretti, giocare più corti con i reparti più serrati. Aspettare Balotelli, o Mario Gomez in area di rigore non è come aspettare Litteri o Ceravolo con tutto il rispetto.

Certi campioni ti possono far male anche da fuori area ma quando entrano nei trenta metri diventano letali. Dybala ci ha graziato, ma non sarà sempre così. Anzi: in serie A gli errori si pagano a caro prezzo e non bisogna commetterli. Con il Milan la musica sarà diversa ne sono certo. Comunque sia: l’importante nel calcio è vincere. E l’Hellas di Palermo il risultato positivo se l’è portato a casa. Non è poco, visto com’è andata su altri campi…

ANNI ’70

Non chiedetemi perchè: ma stamattina stavo ripensando ai favolosi anni’70. Parlo dal punto di vista calcistico, visto che in quegli anni ho passato la mia infanzia. E’ vero: chi come me è nato a cavallo degli anni sessanta, ricorda lo scudetto e l’epopea di Bagnoli come gli anni che ne hanno segnato l’adolescenza.

Ma in realtà i miei ricordi più belli e più poetici del calcio risalgono agli anni ’70. E’ in quegli anni che facevo la raccolta delle figurine e in cui certi giocatori divennero dei miti. L’immarcescibile Zoff che costellò tutte le collezioni dai primi anni ’70 ai primi anni ’80. Ma soprattutto il suo introvabile vice: Massimo Piloni, diventato famoso per essere il 12 di Zoff, ma soprattutto una specie di graal per noi bimbi. Erano anche gli anni in cui si iniziava a guardare al calcio estero con crescente interesse. C’era una trasmissione, Eurogol, condotta da Martino e De Laurentis, in cui si vedevano questi gol favolosi, con tiri mirabolanti da fuori area, tanto che quei gol divennero proprio “eurogol”, per antonomasia.

Joahn Cruyff era il profeta del gol. Sandro Ciotti gli dedicò uno dei più bei documentari calcistici che io abbia mai visto. Cruyff era lo straordinario interprete di una squadra meravigliosa che non vinse nulla. Gli olandesi furono sempre battuti dai tedeschi, ma restarono per sempre nella storia. A quell’epoca odiavo i tedeschi. L’aplomb e l’eleganza di Beckenbauer, la freddezza di Gerd Muller, le parate di Sepp Maier. Li vedevo come usurpatori del mio sogno di bambino di calcio totale. In realtà erano immensi campioni.

Nell’Olanda c’erano anche Johan Neeskens, i gemelli Van Der Kerkhof, Willy e Renè e Van der Korput, baffuto jolly olandese che vestì anche la maglia del Toro nei primi anni ’80 e che immediatamente a noi bambini veronesi faceva venire in mente il Falqui e la dolce Euchessina che la mamma ci dava alla sera per essere “regolari” alla mattina.

E il Verona? Per me aveva un nome e un cognome: Gianfranco Zigoni. E’ difficile spiegare oggi che cosa rappresentò per noi Zigo-gol. Un campione della baruffa, un guascone, mai determinante in campo, eppure ci bastavano i suoi lanci, i suoi dribbling e i suoi (pochi a paragone della sua classe) gol, per farci sognare.

Oltre a Zigoni , ricordo con amarezza la tragedia dei fratelli Giacomi. Mario era il portiere del Verona. Un veronese tra i pali. Nato al Chievo (i casi della vita…). Morì nel 1977, con il fratello Gianni, uccisi entrambi dall’ossido di carbonio di una stufa. I ricordi di un bimbo che iniziava a diventare grande.

 

MANDORLINI, TECNICO COMPLETO

Mi pare giusto darvi le mie sensazioni dal ritiro di Bad Kleimkircheim. Sto seguendo il Verona giorno per giorno da quando è nata la nuova stagione. Ho visto molti allenamenti di mister Mandorlini e del suo staff e tutte le amichevoli.

E’ un Verona che lavora nei dettagli. In profondità. L’allargamento dell’equipe permette di fare lavori specifici che prima non erano immaginabili.

Mandorlini ha un eccezionale collaboratore in Nicolini. Suo vecchio amico nello spogliatoio dell’Ascoli, Nicolini è un uomo di grande gentilezza, intelligenza e spessore umano.

Vedo un Mandorlini meno teso e molto concentrato. Un grande allenatore. Ho seguito in questi anni di lavoro tanti tecnici. Bagnoli, Fascetti, Liedholm e Corso, Mutti, Perotti, Cagni, Maddè, Prandelli, Salvioni, Malesani, Ficcadenti, Pellegrini, Sarri, Remondina, Giannini. Alcuni grandissimi, altri molto scarsi. Credo di essere in grado di giudicare.

Mandorlini a livello di didattica, idee, costanza e applicazione lo metto tra i grandissimi. Come lui (non penso ai risultati che sono un’altra cosa), metto Bagnoli, Prandelli, Malesani e Ficcadenti.

Tatticamente, sono sincero, non lo pensavo così bravo. Invece è davvero un gusto vederlo allenare. Duro quando serve, ma bravo quando deve dare una pacca sulla spalla. Molto coinvolgente quando spiega. Come quei bravi professori che a scuola ti facevano passare in un battibaleno l’ora di lezione.

Mandorlini sta insegnando il 3-5-2. O se volete il 5-3-2. Un divertimento. Mandorlini è davvero un tecnico completo e sbaglia chi crede che si sia fossilizzato solo sul 4-3-3. Ci saranno sorprese in questo senso. Credo che come Mourinho, Mandorlini abbia solide basi tattiche ancora prima che motivazionali. Ha un calcio in testa, il suo, fatto di equilibrio, ma anche di molta precisione e applicazione. Oggi il mister è molto più attento di prima al dialogo e al confronto. Sa che questa, come per tutti, è una stagione fondamentale per lui. Non ha perso la voglia di andare in guerra. Ha solo affinato il suo modo di allenare.

Ho visto una seduta in cui si sono provati fino alla sfinimento i movimenti ad uscire con la palla dalla difesa. Movimenti e situazioni che coinvolgono tutta la squadra, non solo i tre difensori.

Il 3-5-2 offre a Mandorlini tanti vantaggi. Squadra con le linee più strette, centrocampo folto e combattivo, e tante variabili in attacco. Credo che lo vedremo spesso. E sarà, come sempre, uno spasso.

ALLARME? NO, SOLO SANO REALISMO

La sconfitta col Levante non deve alzare l’allarme. É pur sempre calcio d’agosto e qualcosa di buono comunque s’é visto. Il Verona ha perso per colpa di un generoso rigore e una punizione pennellata da Ivanschitz. É pur vero che qualcosa va detto perché non tutto funziona alla perfezione. Ci sono problemi nel giocare bene la palla a terra, nel costruire una manova fluida, nell’alzare il ritmo. A vederla dal vero l’Hellas sembra sempre troppo compassata, con quella lunga fase di attesa in cui il pallone gira e gira e spesso non approda a nulla. Ho detto ieri sera al mister che forse ci ha abituato troppo bene negli anni passati, perché ci aspettiamo sempre delle giocate precise e soprattutto delle ripartenze veloci. Il miglior Verona é quello che tiene la palla e poi riesce a esplodere, mentre questo, qualche volta, sembra piú implodere. A mio avviso é anche colpa di una struttura piú massiccia che é stata data alla squadra. Per dirne una: se scegli Jankovic che ha due querce al posto delle gambe non puoi pretendere (ad agosto) di avere velocitá e rapiditá in fascia.
Il Verona mi é piaciuto alla ricerca della concentrazione e della compattezza. Meno quando si tratta di recuperare palla e di ripartire. La miglior gara, in questo senso, é stata quella col Feyenoord, quando forse anche le motivazioni erano massimali.
Vorrei dire che ci manca qualcosa (esperienza, classe?) e che mi aspetto dalla societá un paio di acquisti che ci facciano fare il salto di qualitá. Ma questo é scontato. Prima di me, di noi, lo sanno Sogliano e Setti. E questo, anche paragonato al passato, é confortante.
Col Levante siamo tornati tutti con i piedi sulla terra. Se ce lo eravamo scordato, ci sará da lottare. E nessuno a questo livello ti regala niente. Anzi, a volte, come ieri sera, con certe squadre, gli arbitri ti tolgono qualcosa. E devi essere piú bravo e piú forte anche di questo.

UNA FOLLIA CREARE IL DUALISMO CACIA-TONI

Pensieri d’estate: ma se gioca Toni, Cacia s’intristisce? Credo che Luca Toni nelle prime due amichevoli sia andato ben oltre ogni più rosea previsione. Ha smentito tutte le cassandre che ne parlavano come di un giocatore in declino o finito. Toni sarà una preziosa risorsa per il Verona che torna in serie A. Ma il Verona non potrà prescindere dal suo bomber principe. Cacia ha segnato la bellezza di 24 gol nell’ultimo campionato. Se il Verona ha raggiunto la A è anche grazie a queste reti. Le prime amichevoli non devono trarre in inganno. Cacia sarà tirato a puntino per l’inizio del torneo. E segnerà anche in serie A. Non c’è dubbio. Alimentare un dualismo tra i due è deleterio. Saranno utili alla causa, sia che giochi uno, sia che giochi l’altro, sia che giochino assieme (Mandorlini non l’ha escluso rispondendo a una mia precisa domanda a Trento).

Io la vedo così: Luca sarà utilissimo contro le grandi. Quando il baricentro si abbasserà e bisognerà iniziare a difendere partendo proprio dall’attacco. Come tiene palla lui non lo fa nessuno. E quando sei in difficoltà uno come Toni con centimetri e potenza sarà manna dal cielo.

Daniele giocherà contro le altre, quando bisognerà cercare la profondità per andare a vincere.

E poi i due, così diversi nel modo di giocare, offriranno a Mandorlini una varietà di soluzioni che possono sorprendere anche gli avversari. Per una volta che ne abbiamo due forti là davanti, per favore non facciamolo diventare un problema.

PS. Il rinnovo di Cacia è un falso problema. DC8 resterà e a settembre gli verrà proposto un buon contratto. E come a lui ad Hallfredsson, un altro che come Maietta,  ha sposato il Verona in Lega Pro. Da questi due, non si prescinde.

QUANDO NON ESISTEVA FACEBOOK

Certe volte mi piace fare un giochetto: pensare a cosa si sarebbe detto negli anni ’80 se ci fossero stati anche allora i social network e i blog… Chissà… Chissà cosa avrebbe scritto qualche fenomeno all’arrivo di Volpati… Forse che era a fine carriera? O bollito? Pensate un po’ che il dottor Volpati racconta ancora oggi che prima di arrivare a Verona aveva fatto un pensierino a dedicarsi solo agli studi di medicina e chiuderla con il calcio. L’avesse fatto non avremmo ammirato uno dei migliori centrocampisti mai sbarcati a Verona. Ma certamente, su Facebook (lo prendo come esempio del nostro modo di vivere 2.0) ci sarebbe stato chi avrebbe scritto che Volpati era solo un dinosauro a fine carriera, uno che non avrebbe dato nulla al Verona.

E che dire di Pietro Fanna? Pierino era stato scaricato dalla Juventus, chiuso da Causio e Marocchino. Venne a Verona quasi come uno scarto, poi divenne Pietro Fanna. I commenti (sempre dei sotuttomi) sarebbero stati sicuramente negativi: scarto della Juve, immagino, il più scontato.

Anche Galderisi era solo un ragazzotto di belle speranze che aveva segnato qualche golletto alla Juve (mi pare una tripletta…) e nulla più.

Garella era famoso per le papere alla Sampdoria (le garellate) e naturalmente sarebbe stato battezzato come un portiere che non dava nessuna sicurezza.

Andrei avanti all’infinito con gli esempi: Elkjaer era arrivato dallo sconosciuto Lokeren (e cos’è? una fabbrica di gelati?), Penzo non aveva mai segnato in serie A, Di Gennaro era stato scartato dalla Fiorentina, Ferroni dalla Sampdoria, e via di questo passo.

Cosa voglio dire? Voglio semplicemente dire che a volte rimpiango quegli anni, in cui non si giudicava un giocatore per la faccia, senza conoscerlo, per il gusto di dare un giudizio. Ci si fidava allora, di Bagnoli, di Mascetti, della società. E grazie a quel clima di entusiasmo e fiducia il Verona vinse poi lo scudetto…

NON TUTTE LE BANDIERE SI AMMAINANO

E’ vero che la maglia, il simbolo, i colori sono più forti di tutto e di tutti. Ma le maglie, i simboli e i colori non sono nulla senza gli Uomini che ne scrivono la Storia. E’ ineluttabile e inconfutabile che la Grande Storia dell’Hellas Verona si intreccia perfettamente con quella dei giocatori che l’hanno scritta. Ognuno di noi, nel proprio cuore, ha un un suo eroe a cui è particolarmente legato. Zigoni, Elkjaer, Briegel, Nanu Galderisi e poi via via su, ognuno con il proprio colore gialloblù e il proprio ricordo. Non è tanto che il giocatore sia più importante dell’Hellas è proprio che in un certo momento, in un certo spazio, quella persona, vestendo la maglia del Verona si identifica in essa fino a diventarne parte.

Il lungo preambolo è per parlare di Nicola Ferrari che ho ribattezzato Iron Nick, Nicola d’acciaio, per quel carattere tutto trentino di non mollare mai, di non arrendersi, di risorgere anche davanti ai terremoti della vita. Nicola Ferrari è un buon giocatore. Non è un fuoriclasse. Ma è stato il simbolo del Verona che è risorto dalle ceneri della Lega Pro. Un Verona che non mollava mai, un Verona disperato, un Verona avvilito eppure mai sconfitto. Nicola lo abbiamo amato per questo. Vedevamo in lui la grinta della nostra squadra, l’incredibile capacità di rialzarsi sempre. So con quanto dolore e quanta tristezza Ferrari abbia vissuto questo periodo. Avrebbe pagato di tasca sua per fare anche un solo minuto in serie A con la maglia del Verona. Ho persino evitato di sentirlo in questi giorni. Ne ho avvertito lo sguardo pieno di dolore e forse rabbia sabato al raduno. Qualche minuto fa gli ho mandato un’ sms.

Credo che Nicola abbia fatto la scelta giusta. A 30 anni, è giusto che un ragazzo come lui abbia scelto di andare allo Spezia dove l’attende un biennale utile per se e per la propria famiglia. Nicola non ha mai raccolto quanto meritava nel calcio. A mio avviso tecnicamente valeva più di quanto ha dimostrato. La sua generosità lo ha sempre portato a sacrificarsi e sarà per questo che ha sempre fatto le fortune di chi giocava al suo fianco. Avesse segnato di più, avrebbe guadagnato molto di più. Ma non sarebbe stato Nicola Ferrari d’acciaio.

Nel Verona che se ne va a giocare finalmente in serie A, ci sarà molto di Nicola Ferrari. Perchè alcune bandiere non si ammainano mai.