IL VOSTRO FORNAIO DI FIDUCIA

Il 26 marzo alle ore 10.14 chiudevo così un mio post: “Infine: giusto per spegnere altre mille cazzate che leggeremo da qui alla fine dell’estate. Vi posso assicurare, al cento per cento, che se il Verona andrà in serie A, l’allenatore dell’Hellas sarà ancora Mandorlini. Vedremo chi avrà ragione… Così almeno potrò dire, una volta, che io l’avevo anticipato…”

Non voglio oggi fare lo sborone, dicendo che io l’avevo detto e scritto in tempi non sospetti. Non appartiene alla mia indole. Voglio solo farvi riflettere. Perchè da quel 26 marzo a oggi ne abbiamo lette e sentite di tutti i colori. In questi anni sono proliferati molti siti e questo, badate bene, è un toccasana per l’informazione. Ma ciò ha anche creato molta confusione e posto voi lettori in una posizione assolutamente diversa. Oggi voi avete molta più responsabilità quando scegliete sul web cosa leggere. Non è più possibile essere lettori “acritici”. Dovete responsabilmente scegliere quel fornaio che vi dà più fiducia.

Questa settimana Tggialloblu.it vi ha offerto queste informazioni: E’ stato il primo in assoluto ad annunciare che Sogliano, Setti e Mandorlini si prendevano le 48 ore di riflessione. E’ stato il primo a dire che Mandorlini era in vantaggio sugli altri concorrenti, il primo ad annunciare che Mandorlini sarebbe rimasto. Vuol dire che siamo i più bravi? No, per carità, dio ce ne liberi e scampi. Voglio dire solo che qui svolgiamo il nostro lavoro con scrupolosità e attenzione, vagliando le notizie e le fonti, partecipando a tutte le conferenze stampa di persona, fidandoci delle persone che ci danno le informazioni.

Non è facile neanche per noi: vi svelo un gustoso retroscena dell’altro giorno, quando Gazzetta.it, ha rilanciato (ciccando clamorosamente) che Mandorlini se ne sarebbe andato firmando un biennale per lo Spezia. Il nostro direttore, con la solita incredibile passione, è arrivato da noi, facendoci notare la cosa, quasi chiedendoci di rilanciare anche su Tggialloblu.it la notizia. Lo abbiamo gentilmente mandato a quel paese: fedeli alla nostra linea, alle nostre fonti e alle notizie che avevamo.

Oggi siamo felici per due motivi. Perchè Mandorlini resta sulla panchina dell’Hellas e perchè ci siamo dimostrati un fornaio affidabile.

Per questo, alla vigilia del calciomercato, vi chiedo un piccolo favore che mi pesa assai, essendo liberale di concezione. Evitate di linkare su questo blog che vanta migliaia di lettori, articoli di altri siti che sono residuali come la mozzarella light (0,1 per cento di grassi…). Mi sono un po’ rotto di dare ribalta e pubblicità gratuita a chi ha scelto di fare informazione senza verifiche e senza controllo. E fidatevi un po’ di più del vostro fornaio di fiducia…

LA DIFFICOLTA’ DI SCEGLIERE

Questa è una di quelle volte in cui io non vorrei essere nei loro panni. Setti e Sogliano si stanno prendendo una bella responsabilità Da una parte c’è da decidere se tenere o meno Mandorlini. Cioè l’allenatore più vincente dopo Bagnoli degli ultimi anni. Dall’altra, se prenderanno una strada diversa, dovranno accompagnare allo sfinimento il nuovo allenatore.

Le cifre e le statistiche sono sproporzionatamente a favore di Andrea. A guardarle non ci dovrebbe essere neanche bisogno di star lì a riflettere.

Invece, credo giustamente, che la società ci stia pensando. E dico giustamente perchè è “giusto” che una società faccia le proprie valutazioni e che “senta” quella scelta come propria e non imposta dalla piazza. Non è un passaggio di poco conto e ci fa capire come le cose siano cambiate in casa Hellas.

Fino ad oggi, in tanti, ci siamo affidati al “condottiero” L’abbiamo fatto per l’assenza di una società strutturata, perchè non c’era altro a cui aggrapparsi. Singolare che nell’Hellas negli ultimi anni l’allenatore sia sempre andato in conflitto con la società. Prandelli contro Pastorello (e due fazioni), poi Malesani contro Pastorello (e due fazioni), Ficcadenti contro tutti (prima contro Pastorello poi contro Cannella) e altre fazioni. Come se Capuleti e Montecchi non avessero mai finito di esistere.

Mandorlini ha straordinariamente surrogato l’assenza di organizzazione del Verona di Martinelli. Fece le veci del direttore generale e del ds, si prese responsabilità non sue, denunciò e si espose. Quel Mandorlini oggi non può più esistere. E’ la logica di un’azienda. A cui il tecnico quest’anno ha cercato di adattarsi e l’ha fatto anche bene (personalmente mi ha stupito, dico la verità). Ora però è il momento di stendere sul piatto tutte le analisi. E’ questo il momento, non agosto quando inizierà il campionato.

Se Mandorlini se ne andasse sarei veramente dispiaciuto. Ma capisco Setti e Sogliano che avranno compiuto questa scelta. E tifando io per il Verona, giudicherò il nuovo allenatore (se ci sarà…) solo per quello che vedrò in campo. E non come successore di Andrea Mandorlini.

L’IMPORTANZA DI UNA SOCIETA’

E’ anni che a Verona non c’era una società così forte e così organizzata. Bisogna andare a tanti anni fa. Ma tanti. Ci aveva provato la famiglia Mazzi, ma il tentativo non riuscì proprio con il buco. Forse solo Alberto Mazzi aveva capito veramente come funzionava il giocattolo. Poi venne Pastorello. Al quale non si può imputare di non aver conosciuto bene la materia. Ma quella gestione era troppo personalistica e troppo incistata di interessi personali che erano molto lontani dal bene comune, cioè l’Hellas Verona. Il resto, lo sapete. Anche Martinelli ha peccato sotto questo punto di vista. Non per colpa sua. O non solo per colpa sua. Tutti i suoi sforzi sono stati tesi a uscire dalla Lega Pro e a sanare i buchi. E l’ha fatto da grande dirigente. Poi, quando ha capito che il salto di qualità gli era impossibile, ha ceduto la mano. Ed è a questo punto che è arrivato Setti con la sua squadra. Avevo scritto che avremmo giudicato il nuovo proprietario dai fatti. La perplessità e lo scetticismo erano il frutto di tante, troppe fregature. Troppa gente che aveva parlato di progetto, troppi farabutti che si erano avvicinati al Verona, troppi avventurieri che hanno quasi distrutto l’Hellas. Non potevamo aprire una linea di credito a Setti, senza prima aver verificato le sue intenzioni. Setti ci ha conquistato. Ha messo gli uomini giusti al posto giusto, ha portato grandi professionisti e da lì in poi la strada si è fatta per forza in discesa. Per questo oggi dico che la prospettiva è cambiata e anche noi ci dobbiamo abituare a questo cambiamento. Avere una società forte vuol dire fidarsi. Fidarsi delle scelte di Sogliano, del presidente, dello staff. Sicuri che stanno lavorando per il bene del Verona e non per loro stessi. Lo hanno dimostrato in questo anno, in cui hanno passato mille difficoltà. Per una volta non ci sono da difendere i singoli ma tutto il Verona, certi che finalmente tutti remeranno dalla stessa parte. E’ una bella novità.

IL FUTURO

Purtroppo il presente e il passato non contano. Oggi è già tempo di pensare al domani. Raggiunta la serie A con l’apoteosi della festa in Piazza Bra, il Verona deve progettare il suo futuro. Manchiamo dalla serie A da 11 anni, un tempo abissale. Pensavo ieri sera che ci sono generazioni di giocatori che praticamente non abbiamo mai visto giocare dal vivo in questi 11 anni. Il Verona sarà una matricola in tutto e per tutto. Dovrà costruirsi una mentalità e in questo servirà un aiuto fondamentale dai propri tifosi. Quello che abbiamo vissuto in passato, questi 11 anni, devono essere un monito continuo su quello che può rappresentare uno scivolone in serie B, soprattutto se non sei consolidato a livello societario. L’altalena dalla A alla B e viceversa è sempre più frequente. Per questo, per la società, per Setti, per tutti noi, l’imperativo categorico e assoluto deve essere solo uno: la salvezza. Da perseguire attraverso partite gagliarde, orgogliose, attente. Il futuro si pianifica adesso, il tempo di passare qualche giorno e la società dovrà partire con i suoi nuovi progetti. Setti è un piccolo-medio imprenditore che cercherà di fare il meglio possibile. Ci saranno uno/due sacrifici importanti, ma prima di tutto, questo è chiarissimo, bisogna scegliere il tecnico che guiderà il Verona in serie A.

La società, per quello che ha fatto, si merita di riflettere serenamente. Sapete a che cosa mi riferisco. C’è la questione Mandorlini sul tappeto. Mandorlini non è stato scelto da Setti e da Sogliano. O meglio: è stato scelto solo in parte. Ma durante la stagione è nato un rapporto, anche molto profondo, tra Mandorlini, Sogliano e Setti. Non privo di conflitti. A Natale Setti avrebbe potuto esonerare Mandorlini. Dopo le corna di Cittadella la posizione del mister è stato in fortissimo dubbio. Ma la società con lungimiranza e notevole forza ha resistito e ha cercato di non cedere. Anzi: ha compiuto un’operazione che strappa gli applausi. Ha rafforzato il suo mister. Lo ha spronato, gli è stata vicino. Quelle sono state le premesse per questa promozione. Ecco perché, a mio avviso Mandorlini ha grandi chance di restare.

Non credo che Sogliano abbia già preso Devis Mangia che è un allenatore stimato e che ha con il ds di Varese un grande rapporto. Nè tantomeno Sannino, con cui a quanto so, il rapporto è più o meno quello che Sogliano ha con Mandorlini. Anzi, forse meno.

Ma dobbiamo concedere alla società questa riflessione. Sogliano e Setti hanno dimostrato la loro coerenza proprio in questa stagione. Voglio dire: scelto Mandorlini, Setti, Sogliano e aggiungerei anche Gardini, lo hanno difeso e tutelato. Altre società, che abbiamo visto all’opera, avrebbero fatto scoppiare tutti i dissidi. Il presidente del Verona e il suo ds hanno invece scelto la strada giusta. Per questo, ripeto, meritano di avere una pausa di riflessione. Siamo certi che se sceglieranno Mandorlini non sarà per cacciarlo dopo poche gare, ma per andare avanti con lui a lungo. Se, viceversa, scegliessero diversamente, si prenderanno una responsabilità enorme. Ma con la stessa coerenza dovranno difendere il nuovo tecnico. Perché la serie A sarà durissima e anche stavolta, se vogliamo farcela, dovremo remare tutti dalla stessa parte.

LA GRANDE ATTESA

Sembra di vivere quei momenti prima di un temporale. La natura si zittisce, gli uccellini smettono di cantare, persino le foglie degli alberi non si muovono più. Tutti ad aspettare qualcosa. Poi arriva un fulmine, segue un tuono e arriva il diluvio. Sarà così anche oggi. E’ la grande attesa… E la tensione sale…

I MIEI SASSOLINI NELLA SCARPA…

Non mi sono piaciuti i tifosi dell’ultim’ora. Anzi, mi stanno sulle palle. Mi dà fastidio chi sale sul carro del vincitore quando la vittoria è lì ad un passo (tranne che se le cose non dovessero andare bene, dire “io l’avevo detto”). Ora che il traguardo è lì ad un centimetro (ad un centimetro ma non raggiunto), il Verona è tornato improvvisamente di moda. Feste, balli, canti, caccia al biglietto. Bello, tutto bello per carità. Ma bisogna pur ricordare cosa è successo in questi 11 anni. Ricapitolo. Il Verona è naufragato perché la città fece finta di non vedere (tranne rare eccezioni…) cosa stava combinando Pastorello. Il vicentino era appoggiato dall’establishment e da gran parte dei media locali che invece di svelare la verità, cioè il suo terribile conflitto di interesse (P&P che lavorava con l’Hellas) lo chiamava vergognosamente il “business man vicentino” come se quella fosse una tacca d’onore. Mi ricordo ancora finte dirette in cui intervenivano telefonicamente solo gli amici di Pastorello…

La città mise la testa sotto la sabbia. E l’unico alibi che si offriva alla mancanza di un disegno per il Verona era quello di mettere alla berlina i tifosi del Verona. Già, perché è meglio dirlo oggi: l’accusa di essere beceri e razzisti e forse responsabili di tre quarti dei mali del mondo, nasce qui, all’interno e non all’esterno. Per carità, poi qualcuno ci ha messo del suo a dare modo di scrivere e dire queste cose, ma è chiarissimo che l’esagerazione venne creata ad arte. Nel contempo e senza timore di essere smentito, il “salotto cittadino” offriva alla società del Chievo, cioè a Campedelli, l’occasione per diventare la prima squadra di Verona. Sulle maglie clivensi apparve come sponsor la Banca Popolare, cioè l’istituto bancario cittadino per antonomasia, un “segnale” forte che voleva dire tante cose.

Il Verona era tenuto con la testa sotto acqua, sotterrato dai debiti senza un piano. Tutti coloro che si approcciavano nel tentativo di allestire una trattativa scappavano davanti ai buchi milionari creati nel bilancio. Finì così che solo una pazzia di Arvedi, abilmente pilotato dallo stesso Pastorello, convinto anche da un presunto appoggio di un imprenditore foggiano, Casillo, permise al Verona di salvarsi dal fallimento. In realtà non lo fu tecnicamente, ma è come se lo fosse stato. Troppi i debiti, troppo lo sforzo economico. La squadra venne smembrata e Pastorello la indebolì ulteriormente facendo andare a scadenza i pezzi migliori che trovarono posto nel Genoa dove Pastorello divenne il vice di Preziosi.

In quel momento furono i tifosi del Verona diecimila e più fedelissimi a non mollare.

Il resto lo conoscete bene. Arrivò Martinelli che all’inizio era convinto di fare la fusione, così che il calcio veronese avrebbe trovato per sempre una collocazione. Il progetto naufragò ancora prima di partire. Martinelli diede l’anima e una paccata di soldi per riportare il Verona in B. Poi è arrivato Setti. Un altro non veronese. E sarà merito suo se, speriamo, si rigiocherà il derby in serie A. Non certo di Verona e dei veronesi facoltosi che ora sono pronti a saltare sul carro dei vincitori. Sono certo, perché li conosco bene: tra poco rosi dall’invidia diranno che Setti è qui per fare business, che è troppo distante dalla città, che… Al presidente dico: se ne freghi. Lui ha dimostrato di essere più veronese di tutti quelli che mettevano la testa nella sabbia e progettavano le fusioni.

CE LO MERITIAMO

Scrivo dall’auto con cui sto tornando da Castellammare. Ho incrociato butei, amici, conoscenti. Ho abbracciato il Titti all’autogrill. Quasi non ci siamo detti nulla. Parlavano i miei occhi che guardavano i suoi. Ce lo meritiamo Vigo, mi ha detto. La stessa frase che mi ha detto Marco che a New York ha sofferto come sempre e come un cane svegliando con il suo urlo di gioia la moglie che era ancora a letto visto che per il fuso orario a New York era mattina presto. La stessa frase che abbiamo ripetuto per mesi con Gigi e Giuliano, quando in Lega Pro ci eravamo inventati il rito del caffè propiziatorio del venerdì. Ce lo meritiamo perchè non abbiamo mai mollato, ma veramente non a parole ma con i fatti. Ce lo meritiamo perchè ci sono ragazzi che la A non l’hanno mai vista e hanno tifato il Verona perchè gli abbiamo raccontato la favola dello scudetto, di Elkjaer e Briegel, di Fanna e Bagnoli e loro hanno tenuto alte le nostre bandiere a Marcianise e a Pagani, a Manfredonia e a Sesto. Ce lo meritiamo perchè non ci hanno mai umiliato anche se il mondo attorno a noi crollava. Ce lo meritiamo perchè tifiamo la squadra più bella del mondo, con il colore del cielo e quello del sole. La festa è per noi. È undici anni che la prepariamo. E finalmente… Stan arrivando…

NON E’ FINITA

Ho esultato. Lo confesso. Mi spargo il capo di cenere per questo. Al gol di Carcuro sono esploso. Non lo farò mai più. Ho gioito ma sono stato subito ripreso dai Savonarola nostrani. Cilicio e frusta per noi dell’Hellas. Solo sofferenza. A parte gli scherzi: è vero, ha ragione chi invoca la calma, chi ci rimette con i piedi per terra. Non è finita. Le tabelle servono a poco. Anzi a nulla. Di tabelle si muore. Non c’è un risultato che sia stato pronosticato in una tabella che si sia verificato. C’era chi prevedeva un finale di campionato in surplace per il Livorno (andate a rileggere i commenti dopo Cittadella) e un Verona destinato ai play-off. Tre partite dopo, tutto si è ribaltato. Il Livorno ha perso punti nella gara più facile, il Verona ha dato dimostrazione di esaltante potenza. Ora il Verona veleggia verso la A e il Livorno è destinato ai play-off. Improvvisamente non ci frega più niente dei dieci punti dall’Empoli. Gli agguati però sono dietro l’angolo. L’unica stella che ci deve guidare è che il Verona ha tutto nelle proprie mani. Ora è l’unico padrone del proprio destino. La certezza: se vinciamo le ultime due siamo in serie A. Dici poco. Non sarà facile a Castellammare. Eviterei di caricare la gara di altri significati, che peraltro fatico a trovare (non ricordo gare epiche contro la Juve Stabia, non mi pare che sia una “classica” del calcio italiano…). E’ una partita importante per noi, importante anche per loro che hanno perso a Cesena. Ce la giocheremo. Consci che non è finita. Cilicio e sofferenza… Ancora per un po’.

RICORDI

E’ un piccolo pertugio. Laggiù, in fondo ad un tunnel lungo undici anni. C’è una luce intensa alla fine di quel tunnel. Ma noi ci siamo ancora dentro. Perchè non è ancora sufficiente, perchè la nostra sofferenza deve ancora allungarsi nel tempo e nello spazio. Cosa ricordare di questi undici anni? I miei flash adesso vanno ad una conferenza stampa in corte Pancaldo e Pastorello che mostrava le locandine dell’Arena che dicevano che i giocatori non volevano firmare le liberatorie per l’iscrizione al campionato e solo dopo una notte Malesani li convinse a farlo. Tra questi non c’era Mutu, che avrebbe avuto più motivi di tutti per non firmare, visto che era la stella supersitite della squadra (ma sarebbe stato ceduto a brevissimo…).

Altro flash: una telefonata del Conte Arvedi presa mentre ero sul mio terrazzino dopo un temporale: “Ho comprà el Verona assieme a dei banditi… Bisogna che te me aiuti”. Vicino a lui c’era Peppe Cannella da Nocera che ascoltava la telefonata in viva voce e poi mi rimproverò di aver detto al Conte: “Ferma tutto, Piero, pensaci su”. 23 dicembre, l’esonero del mio amico Ficcadenti. Cannella (e Arvedi) non ebbero il coraggio di farlo davanti alle telecamere dopo che avevano già deciso tutto. Sapevo di quanto Cannella, aiutato anche da qualche “collega” e con l’appoggio di qualche giocatore (troppi…) aveva lavorato ai fianchi nello spogliatoio il gladiatore Massimo. La ritenevo un’ingiustizia, avevo capito che il Verona era finito perchè stava saltando l’ultimo baluardo. Finimmo in Lega Pro, dopo una falsa rimonta perchè Cannella, nel tentativo di cacciare Ficcadenti aveva fatto perdere troppi punti per strada alla squadra.

E poi mi rivedo nell’ufficio di Prisciantelli nell’anno in cui Previdi aveva preso in mano la situazione dopo aver rischiato la C2. Dopo tante stagioni di oblio c’era un ds che mi faceva vedere la squadra con i possibili moduli e due alternative per ogni ruolo. Qui metto Bergamelli, qui Parolo, qui Girardi e qui Gomez. Non ne conoscevo uno, ma apprezzai che per la prima volta ci fosse un disegno su una carta e qualche idea di mercato che poi, tra l’altro si rivelò ottima.

La memoria mi porta adesso una sera a casa di Arvedi, villa deserta, non c’è nessuno, solo io e Piero. E Piero che mi tira fuori progetti, carte, mi fa vedere i terreni che ha in Montenegro, dove ha una regione tutta sua e dove vuole costruire una pista d’atterraggio per piccoli aerei dove portarci i cacciatori veronesi in cerca di quaglie e di qualche montenegrina (Arvedi faceva tutto un pacchetto…). Mi riempì di tristezza quella sera, perché vidi un uomo solo, terribilmente solo e capii che il Verona altro non era che il suo ultimo appiglio alla vita.

E’ mattina presto quando dopo una notte insonne sono al Carlo Poma di Mantova. Arvedi è in fin di vita, investito da un polacco ubriaco. Per tutto il giorno faccio collegamenti e metto notizie on -line sul sito Tggialloblu.it, la prima grande novità editoriale internet che i veronesi hanno iniziato ad apprezzare e a visitare in massa. Arvedi in fin di vita e il Verona sta per finire. Previdi sta male, Prisciantelli fa la spola tra l’ospedale, la sede e Modena dove anche Previdi ha i giorni contati.

Sono adesso al bancone di un bar in via San Fermo. Brindo con il nuovo padrone del Verona, Giovanni Martinelli. Gli chiedo dell’Hellas, mi sembra spaesato. Esco, prendo una telefonata, dall’altro capo un amico mi dice: non esultare, questi vogliono fare una sola squadra, Martinelli e Campedelli sono già d’accordo, chiediti chi è Davide Bovo… Non volli ascoltarlo, volevo solo pensare che era finita e che il Verona, l’Hellas, il mio Hellas aveva un futuro.

Adesso sono all’antistadio e vedo tre tifosi che circondano Martinelli dopo che Bovo (quel Bovo…) alla sera aveva fatto capire ad un calcio club che la fusione era cosa fatta e imminente. Vedo Martinelli e Ficcadenti. Capisco che è un punto di non ritorno. Non so cosa si siano detti. So che Bovo il giorno dopo sparirà dall’organico del Verona e da quel momento non si parlò più di fusione.

Mi rivedo in Piazza Bra alle 4 di mattina dopo Salerno. Ho appena terminato una diretta fiume durata più di tredici ore. Sono con il mio amico Nino Gazzini e con il mio fedelissimo pard Stefano Rasulo. Adesso ho solo voglia di festeggiare, come un tifoso qualunque. Arriva la squadra e intono cori.

L’ultimo flash: Verona-Varese è appena finita, Massa ha appena compiuto un misfatto. Sto guardando il monitor mentre scorrono le immagini di Sassuolo-Sampdoria. Vedo assegnato un rigore vergognoso. Capisco tutto. E’ una buffonata orchestrata per tirare su la squadra più blasonata. Mi imbufalisco e dico tutto in video. Il giorno dopo qualcuno negherà l’esistenza di complotti. E mi incazzerò ancora di più.

Ora sono qui: fermo nel limbo. Aspetto dopo undici anni di ritornare in serie A. Per asciugare le lacrime di Piacenza. E dimenticare tutto. C’è la luce in fondo a questo tunnel, ma la strada non si è ancora conclusa. Lo so, lo sappiamo: sei dell’Hellas? Devi soffrire. Ma ci siamo abituati. E’ più bello così…

 

CHI TIFA PER I PLAY-OFF

Sia chiaro: con tre vittorie il Verona va dritto in serie A. E dunque, non ci sono alibi: l’Hellas ha in mano il proprio destino. Da qui alla fine può succedere di tutto: il Verona può puntare ancora al secondo posto o distanziare l’Empoli di dieci o più punti e quindi raggiungere la A direttamente senza giocare i play-off.

Ad oggi è questa l’ipotesi più accreditata. Il Verona avrà l’ultima partita al Bentegodi proprio contro l’Empoli e lì, probabilmente si giocherà la serie A.

Una gara che vale una finale, una stagione, un campionato. Una gara molto simile a quella con il Varese della scorsa stagione, quando Massa di Imperia (lo stesso che ha fatto disastri a San Siro domenica sera in Milan-Catania…) impedì al Verona di salire in serie A, o comunque di andare a giocarsela.

In questo momento, sono in molti che tifano per i play-off. Una ghiotta coda economica per il campionato. Non è sfuggito a nessuno che in questi giorni Sky, in modo molto “inopportuno”, sta promuovendo un pacchetto play-off per acquistare le gare in diretta dopo la stagione regolare. 29 euro il costo. Nessuno, nella pubblicità, spiega che cosa succederà se i play-off non ci fossero. Verranno restituiti i soldi? Credo di sì, o almeno lo spero, però pubblicizzare un prodotto se non sei sicuro di averlo in casa non è una trovata geniale e non depone a favore delle grandi reti miliardarie di Murduch già padrone del calcio italiano, ormai fagocitato e prono ai suoi voleri.

A tifare per i play-off (con il Verona campione di pubblico e di incassi…) potrebbe essere anche la Lega che ha la gestione diretta dell’evento. Vende i biglietti (imponendo i prezzi) e divide equamente gli incassi tra le società trattenendo una percentuale. Conoscendo la professionalità e la correttezza del presidente Abodi non credo che ci possanno essere dubbi. Ma è oggettivo che l’occasione di avere uno show suppletivo è assai golosa. E quella riunione di Lega in casa di Sky non è che sia stata una trovata molto geniale…

Ci sono poi i soliti gufi che aleggiano sul Verona che si lasciano andare in pronostici ed esultano ad ogni gol dell’Empoli. Ma questi ormai li conosciamo bene e abbiamo imparato a sminarli. Anzi: lo hanno fatto con le loro stesse mani. E’ un anno che ci provano con ogni mezzo a seminare zizzania (ricordo che per loro il Verona ha già tre allenatori in casa: Mangia, Sannino e Mandorlini che ha il contratto fino al 2014…), senza peraltro riuscirci. Naturalmente saranno i primi a salire sull’eventuale carro dei vincitori. Ma la nostra memoria è lunga… Molto lunga…