I MIEI SASSOLINI NELLA SCARPA…

Non mi sono piaciuti i tifosi dell’ultim’ora. Anzi, mi stanno sulle palle. Mi dà fastidio chi sale sul carro del vincitore quando la vittoria è lì ad un passo (tranne che se le cose non dovessero andare bene, dire “io l’avevo detto”). Ora che il traguardo è lì ad un centimetro (ad un centimetro ma non raggiunto), il Verona è tornato improvvisamente di moda. Feste, balli, canti, caccia al biglietto. Bello, tutto bello per carità. Ma bisogna pur ricordare cosa è successo in questi 11 anni. Ricapitolo. Il Verona è naufragato perché la città fece finta di non vedere (tranne rare eccezioni…) cosa stava combinando Pastorello. Il vicentino era appoggiato dall’establishment e da gran parte dei media locali che invece di svelare la verità, cioè il suo terribile conflitto di interesse (P&P che lavorava con l’Hellas) lo chiamava vergognosamente il “business man vicentino” come se quella fosse una tacca d’onore. Mi ricordo ancora finte dirette in cui intervenivano telefonicamente solo gli amici di Pastorello…

La città mise la testa sotto la sabbia. E l’unico alibi che si offriva alla mancanza di un disegno per il Verona era quello di mettere alla berlina i tifosi del Verona. Già, perché è meglio dirlo oggi: l’accusa di essere beceri e razzisti e forse responsabili di tre quarti dei mali del mondo, nasce qui, all’interno e non all’esterno. Per carità, poi qualcuno ci ha messo del suo a dare modo di scrivere e dire queste cose, ma è chiarissimo che l’esagerazione venne creata ad arte. Nel contempo e senza timore di essere smentito, il “salotto cittadino” offriva alla società del Chievo, cioè a Campedelli, l’occasione per diventare la prima squadra di Verona. Sulle maglie clivensi apparve come sponsor la Banca Popolare, cioè l’istituto bancario cittadino per antonomasia, un “segnale” forte che voleva dire tante cose.

Il Verona era tenuto con la testa sotto acqua, sotterrato dai debiti senza un piano. Tutti coloro che si approcciavano nel tentativo di allestire una trattativa scappavano davanti ai buchi milionari creati nel bilancio. Finì così che solo una pazzia di Arvedi, abilmente pilotato dallo stesso Pastorello, convinto anche da un presunto appoggio di un imprenditore foggiano, Casillo, permise al Verona di salvarsi dal fallimento. In realtà non lo fu tecnicamente, ma è come se lo fosse stato. Troppi i debiti, troppo lo sforzo economico. La squadra venne smembrata e Pastorello la indebolì ulteriormente facendo andare a scadenza i pezzi migliori che trovarono posto nel Genoa dove Pastorello divenne il vice di Preziosi.

In quel momento furono i tifosi del Verona diecimila e più fedelissimi a non mollare.

Il resto lo conoscete bene. Arrivò Martinelli che all’inizio era convinto di fare la fusione, così che il calcio veronese avrebbe trovato per sempre una collocazione. Il progetto naufragò ancora prima di partire. Martinelli diede l’anima e una paccata di soldi per riportare il Verona in B. Poi è arrivato Setti. Un altro non veronese. E sarà merito suo se, speriamo, si rigiocherà il derby in serie A. Non certo di Verona e dei veronesi facoltosi che ora sono pronti a saltare sul carro dei vincitori. Sono certo, perché li conosco bene: tra poco rosi dall’invidia diranno che Setti è qui per fare business, che è troppo distante dalla città, che… Al presidente dico: se ne freghi. Lui ha dimostrato di essere più veronese di tutti quelli che mettevano la testa nella sabbia e progettavano le fusioni.

CE LO MERITIAMO

Scrivo dall’auto con cui sto tornando da Castellammare. Ho incrociato butei, amici, conoscenti. Ho abbracciato il Titti all’autogrill. Quasi non ci siamo detti nulla. Parlavano i miei occhi che guardavano i suoi. Ce lo meritiamo Vigo, mi ha detto. La stessa frase che mi ha detto Marco che a New York ha sofferto come sempre e come un cane svegliando con il suo urlo di gioia la moglie che era ancora a letto visto che per il fuso orario a New York era mattina presto. La stessa frase che abbiamo ripetuto per mesi con Gigi e Giuliano, quando in Lega Pro ci eravamo inventati il rito del caffè propiziatorio del venerdì. Ce lo meritiamo perchè non abbiamo mai mollato, ma veramente non a parole ma con i fatti. Ce lo meritiamo perchè ci sono ragazzi che la A non l’hanno mai vista e hanno tifato il Verona perchè gli abbiamo raccontato la favola dello scudetto, di Elkjaer e Briegel, di Fanna e Bagnoli e loro hanno tenuto alte le nostre bandiere a Marcianise e a Pagani, a Manfredonia e a Sesto. Ce lo meritiamo perchè non ci hanno mai umiliato anche se il mondo attorno a noi crollava. Ce lo meritiamo perchè tifiamo la squadra più bella del mondo, con il colore del cielo e quello del sole. La festa è per noi. È undici anni che la prepariamo. E finalmente… Stan arrivando…

NON E’ FINITA

Ho esultato. Lo confesso. Mi spargo il capo di cenere per questo. Al gol di Carcuro sono esploso. Non lo farò mai più. Ho gioito ma sono stato subito ripreso dai Savonarola nostrani. Cilicio e frusta per noi dell’Hellas. Solo sofferenza. A parte gli scherzi: è vero, ha ragione chi invoca la calma, chi ci rimette con i piedi per terra. Non è finita. Le tabelle servono a poco. Anzi a nulla. Di tabelle si muore. Non c’è un risultato che sia stato pronosticato in una tabella che si sia verificato. C’era chi prevedeva un finale di campionato in surplace per il Livorno (andate a rileggere i commenti dopo Cittadella) e un Verona destinato ai play-off. Tre partite dopo, tutto si è ribaltato. Il Livorno ha perso punti nella gara più facile, il Verona ha dato dimostrazione di esaltante potenza. Ora il Verona veleggia verso la A e il Livorno è destinato ai play-off. Improvvisamente non ci frega più niente dei dieci punti dall’Empoli. Gli agguati però sono dietro l’angolo. L’unica stella che ci deve guidare è che il Verona ha tutto nelle proprie mani. Ora è l’unico padrone del proprio destino. La certezza: se vinciamo le ultime due siamo in serie A. Dici poco. Non sarà facile a Castellammare. Eviterei di caricare la gara di altri significati, che peraltro fatico a trovare (non ricordo gare epiche contro la Juve Stabia, non mi pare che sia una “classica” del calcio italiano…). E’ una partita importante per noi, importante anche per loro che hanno perso a Cesena. Ce la giocheremo. Consci che non è finita. Cilicio e sofferenza… Ancora per un po’.

RICORDI

E’ un piccolo pertugio. Laggiù, in fondo ad un tunnel lungo undici anni. C’è una luce intensa alla fine di quel tunnel. Ma noi ci siamo ancora dentro. Perchè non è ancora sufficiente, perchè la nostra sofferenza deve ancora allungarsi nel tempo e nello spazio. Cosa ricordare di questi undici anni? I miei flash adesso vanno ad una conferenza stampa in corte Pancaldo e Pastorello che mostrava le locandine dell’Arena che dicevano che i giocatori non volevano firmare le liberatorie per l’iscrizione al campionato e solo dopo una notte Malesani li convinse a farlo. Tra questi non c’era Mutu, che avrebbe avuto più motivi di tutti per non firmare, visto che era la stella supersitite della squadra (ma sarebbe stato ceduto a brevissimo…).

Altro flash: una telefonata del Conte Arvedi presa mentre ero sul mio terrazzino dopo un temporale: “Ho comprà el Verona assieme a dei banditi… Bisogna che te me aiuti”. Vicino a lui c’era Peppe Cannella da Nocera che ascoltava la telefonata in viva voce e poi mi rimproverò di aver detto al Conte: “Ferma tutto, Piero, pensaci su”. 23 dicembre, l’esonero del mio amico Ficcadenti. Cannella (e Arvedi) non ebbero il coraggio di farlo davanti alle telecamere dopo che avevano già deciso tutto. Sapevo di quanto Cannella, aiutato anche da qualche “collega” e con l’appoggio di qualche giocatore (troppi…) aveva lavorato ai fianchi nello spogliatoio il gladiatore Massimo. La ritenevo un’ingiustizia, avevo capito che il Verona era finito perchè stava saltando l’ultimo baluardo. Finimmo in Lega Pro, dopo una falsa rimonta perchè Cannella, nel tentativo di cacciare Ficcadenti aveva fatto perdere troppi punti per strada alla squadra.

E poi mi rivedo nell’ufficio di Prisciantelli nell’anno in cui Previdi aveva preso in mano la situazione dopo aver rischiato la C2. Dopo tante stagioni di oblio c’era un ds che mi faceva vedere la squadra con i possibili moduli e due alternative per ogni ruolo. Qui metto Bergamelli, qui Parolo, qui Girardi e qui Gomez. Non ne conoscevo uno, ma apprezzai che per la prima volta ci fosse un disegno su una carta e qualche idea di mercato che poi, tra l’altro si rivelò ottima.

La memoria mi porta adesso una sera a casa di Arvedi, villa deserta, non c’è nessuno, solo io e Piero. E Piero che mi tira fuori progetti, carte, mi fa vedere i terreni che ha in Montenegro, dove ha una regione tutta sua e dove vuole costruire una pista d’atterraggio per piccoli aerei dove portarci i cacciatori veronesi in cerca di quaglie e di qualche montenegrina (Arvedi faceva tutto un pacchetto…). Mi riempì di tristezza quella sera, perché vidi un uomo solo, terribilmente solo e capii che il Verona altro non era che il suo ultimo appiglio alla vita.

E’ mattina presto quando dopo una notte insonne sono al Carlo Poma di Mantova. Arvedi è in fin di vita, investito da un polacco ubriaco. Per tutto il giorno faccio collegamenti e metto notizie on -line sul sito Tggialloblu.it, la prima grande novità editoriale internet che i veronesi hanno iniziato ad apprezzare e a visitare in massa. Arvedi in fin di vita e il Verona sta per finire. Previdi sta male, Prisciantelli fa la spola tra l’ospedale, la sede e Modena dove anche Previdi ha i giorni contati.

Sono adesso al bancone di un bar in via San Fermo. Brindo con il nuovo padrone del Verona, Giovanni Martinelli. Gli chiedo dell’Hellas, mi sembra spaesato. Esco, prendo una telefonata, dall’altro capo un amico mi dice: non esultare, questi vogliono fare una sola squadra, Martinelli e Campedelli sono già d’accordo, chiediti chi è Davide Bovo… Non volli ascoltarlo, volevo solo pensare che era finita e che il Verona, l’Hellas, il mio Hellas aveva un futuro.

Adesso sono all’antistadio e vedo tre tifosi che circondano Martinelli dopo che Bovo (quel Bovo…) alla sera aveva fatto capire ad un calcio club che la fusione era cosa fatta e imminente. Vedo Martinelli e Ficcadenti. Capisco che è un punto di non ritorno. Non so cosa si siano detti. So che Bovo il giorno dopo sparirà dall’organico del Verona e da quel momento non si parlò più di fusione.

Mi rivedo in Piazza Bra alle 4 di mattina dopo Salerno. Ho appena terminato una diretta fiume durata più di tredici ore. Sono con il mio amico Nino Gazzini e con il mio fedelissimo pard Stefano Rasulo. Adesso ho solo voglia di festeggiare, come un tifoso qualunque. Arriva la squadra e intono cori.

L’ultimo flash: Verona-Varese è appena finita, Massa ha appena compiuto un misfatto. Sto guardando il monitor mentre scorrono le immagini di Sassuolo-Sampdoria. Vedo assegnato un rigore vergognoso. Capisco tutto. E’ una buffonata orchestrata per tirare su la squadra più blasonata. Mi imbufalisco e dico tutto in video. Il giorno dopo qualcuno negherà l’esistenza di complotti. E mi incazzerò ancora di più.

Ora sono qui: fermo nel limbo. Aspetto dopo undici anni di ritornare in serie A. Per asciugare le lacrime di Piacenza. E dimenticare tutto. C’è la luce in fondo a questo tunnel, ma la strada non si è ancora conclusa. Lo so, lo sappiamo: sei dell’Hellas? Devi soffrire. Ma ci siamo abituati. E’ più bello così…

 

CHI TIFA PER I PLAY-OFF

Sia chiaro: con tre vittorie il Verona va dritto in serie A. E dunque, non ci sono alibi: l’Hellas ha in mano il proprio destino. Da qui alla fine può succedere di tutto: il Verona può puntare ancora al secondo posto o distanziare l’Empoli di dieci o più punti e quindi raggiungere la A direttamente senza giocare i play-off.

Ad oggi è questa l’ipotesi più accreditata. Il Verona avrà l’ultima partita al Bentegodi proprio contro l’Empoli e lì, probabilmente si giocherà la serie A.

Una gara che vale una finale, una stagione, un campionato. Una gara molto simile a quella con il Varese della scorsa stagione, quando Massa di Imperia (lo stesso che ha fatto disastri a San Siro domenica sera in Milan-Catania…) impedì al Verona di salire in serie A, o comunque di andare a giocarsela.

In questo momento, sono in molti che tifano per i play-off. Una ghiotta coda economica per il campionato. Non è sfuggito a nessuno che in questi giorni Sky, in modo molto “inopportuno”, sta promuovendo un pacchetto play-off per acquistare le gare in diretta dopo la stagione regolare. 29 euro il costo. Nessuno, nella pubblicità, spiega che cosa succederà se i play-off non ci fossero. Verranno restituiti i soldi? Credo di sì, o almeno lo spero, però pubblicizzare un prodotto se non sei sicuro di averlo in casa non è una trovata geniale e non depone a favore delle grandi reti miliardarie di Murduch già padrone del calcio italiano, ormai fagocitato e prono ai suoi voleri.

A tifare per i play-off (con il Verona campione di pubblico e di incassi…) potrebbe essere anche la Lega che ha la gestione diretta dell’evento. Vende i biglietti (imponendo i prezzi) e divide equamente gli incassi tra le società trattenendo una percentuale. Conoscendo la professionalità e la correttezza del presidente Abodi non credo che ci possanno essere dubbi. Ma è oggettivo che l’occasione di avere uno show suppletivo è assai golosa. E quella riunione di Lega in casa di Sky non è che sia stata una trovata molto geniale…

Ci sono poi i soliti gufi che aleggiano sul Verona che si lasciano andare in pronostici ed esultano ad ogni gol dell’Empoli. Ma questi ormai li conosciamo bene e abbiamo imparato a sminarli. Anzi: lo hanno fatto con le loro stesse mani. E’ un anno che ci provano con ogni mezzo a seminare zizzania (ricordo che per loro il Verona ha già tre allenatori in casa: Mangia, Sannino e Mandorlini che ha il contratto fino al 2014…), senza peraltro riuscirci. Naturalmente saranno i primi a salire sull’eventuale carro dei vincitori. Ma la nostra memoria è lunga… Molto lunga…

GHE LA FEMO?

Eccola tornare come due anni fa la domanda più gettonata del globo (veronese). Vigo, ghe la femo? Mi piacerebbe terribilmente rispondere di sì. Anzi, a qualcuno l’ho detto in queste settimane. Avevo detto prima di Brescia: sì, ghe la femo se battiamo il Brescia. E poi, prima di Ascoli: sì, ghe la femo se battiamo l’Ascoli. Però, non è finita. Non è finita e tutto dipende sempre dalla prossima partita. Ed allora, adesso, dopo il roboante cinque a zero, dirò: ghe la femo se battiamo la Pro Vercelli. E come si batte la Pro Vercelli? Beh, prima di tutto non pensando di averla già battuta. Non alzando adesso “peana” in onore dei trionfatori di Ascoli, non pensando di avere un piede già in serie A.

La strada per arrivarci, credetemi è ancora stretta. E se ci passeremo sarà perché abbiamo vinto tutte e tre queste ultime partite. Tre gare, nove punti, l’ultima con l’Empoli. In questo momento, mentre il Livorno non perde terreno, questa è l’unica strada certa per arrivare alla promozione. Ora è inutile star qui a piangere sul latte versato, sui punti persi, buttati via in malo modo che ora sarebbero oro colato per la nostra classifica.

Ora bisogna solo guardare alla prossima che per forza di cose, diventa sempre la gara più importante della stagione. Archiviata, dunque, la passeggiata contro l’Ascoli, ora bisogna già pensare a venerdì sera (un altro tabù da sfatare questo del venerdì…) in cui arriva una squadra praticamente retrocessa che però ci renderà la vita durissima. Un avversario da rispettare in cui giocano, tra l’altro, molti ex del Verona (e questo non so se sia una bene o un male). Di certo non sono tre punti scontati. Ci sarà da lottare, sudare, correre. Ogni partita, dice Mandorlini a ragione, fa storia a sé. E credo che tutto l’ambiente, sia abbastanza maturo per non pensare adesso di avere un piede in serie A, solo per questa “manita” di Ascoli.

Certo, i segnali sono confortanti. Questo sontuoso Cacia, questo Gomez tornato Juanito, questo Martinho, questo Laner, questo Cacciatore, questo Agostini, questo Jorginho, non devono avere paura di nessuno. O forse sì: l’unico nemico del Verona da qui al 18 maggio, credo sia il Verona stesso. Buttiamo via gli specchi, pensiamo a battere la Pro Vercelli e alla fine: io credo che “ghe la faremo”.

ASSALTO ALL’ASCOLI

Dirò cose scontati e banali: ma non importa. Non è mai scontato ricordare quanto sia importante la gara con l’Ascoli. Troppo fresca e troppo recente la delusione con il Cittadella, per non invitare il Verona a tenere alta la guardia, a non fidarsi delle cinque gare perse dai marchigiani, a pensare che questa gara vale un’intera stagione. La rincorsa al Livorno non è ancora completata, c’è sempre questo punticino che ci divide e forse sarà così sino alla fine. Il Verona è condannato a vincere. Solo vincere. Senza se e senza ma. Senza guardare come arriva la vittoria, senza avere pause. Ho paura della gara con l’Ascoli, molto più che lo scontro con il Brescia. Dietro questa partita ci sono insidie altissime. La vittoria del Padova non dà alternative a Zaza e compagni. Devono vincere per non precipitare in Lega Pro. E questo rende la sfida durissima. Se il Verona gioca con sufficienza non la spunterà. Se il Verona avrà invece la rabbia e la determinazione avute contro il Brescia, allora potrà ottenere i tre punti. Gli strani intrecci del campionato ci portano poi all’imponderabile. Credo che nessuno si sarebbe aspettato nella propria vita di fare un po’ di tifo per il Vicenza. Men che meno noi. Però è indubbio che i biancorossi ci potrebbero fare un bel favore se fermassero il Livorno in un altro match testa-coda tutt’altro che scontato. Bojinov, che a Verona non ha mai fatto vedere il suo vero valore, potrebbe ricordarsi di tutto l’affetto con cui l’abbiamo circondato nei suoi mesi veronesi, facendolo tornare ad essere un giocatore importante. Il destino è nelle nostre mani e anche un po’ nelle sue. Ma concentriamoci su Ascoli. Lì si gioca la serie A del Verona.

PURTROPPO NON BASTA

Vorrei stare qui a lungo a parlare delle emozioni di Verona-Brescia. Vi basti sapere che sono ancora vivo. Sono le uniche due righe che concederó a questa impresa. Perché domani, diceva Rossella, é un altro giorno. E il Verona gioca sabato un altro spareggio decisivo. Non é finita, purtroppo. E il 4-2 serve solo a far diventare la prossima gara la piú importante della stagione. E così sará fino alla fine. Quattro ne mancano. Il Verona é riuscito a restare in corsa nel suo solito modo: soffrendo ed esaltando e poi soffrendo. Quando dico Verona dico tutto il Verona. Ad imiziare da quei commoventi tifosi che domenica si sono recati sotto il diluvio ad incitare la squadra a Sandrá. Poiché peró pare che questo gruppo abbia bisogno di qualche critica per giocare bene diró che: Jorginho mi é parso spaesato e fuori ruolo, Cacciatore un’ameboide inverterbrato, Agostini inconsistente sulla fascia, Crespo un acquisto inutile, Maietta il solito impreciso e Rafael… Beh i gol sono tutta colpa sua… Va bene così? Adesso farete una grande partita ad Ascoli? Se serve vi faremo incazzare ancora di piú da qui a sabato…

ps: sono in attesa di chi sosterrá che per vincere basta il custode dello stadio… che da stasera é il nuovo lavoro di Sean…

A TESTA ALTA

Chi ha letto le parole di Sogliano come un rimprovero alla tifoseria, francamente, non ha capito niente. Cosa ha voluto dire ieri il ds del Verona? Ha voluto mandare un messaggio, prima di tutto alla propria squadra. Troppi musi lunghi, troppo pessimismo, troppa rassegnazione. E’ chiaro che Sogliano si è accorto di questo, come ce ne siamo accorti noi. Quel Mandorlini, toccato fortemente dalla perdita tragica del fratello, è apparso troppo remissivo anche a noi. Come abbiamo già spiegato, è comprensibile, ma è proprio all’interno di questo ambiente, di cui Mandorlini è un leader riconosciuto, che il mister deve ricaricarsi e trovare gli stimoli per pilotare la nave in queste ultime cinque gare.

Sogliano ha voluto semplicemente dire questo: Verona ha un pubblico eccezionale e un ambiente che tiene veramente alla squadra. C’è pressione, certo, ma c’è anche un entusiasmo incredibile. Ed è folle in questo momento non riuscire a sfruttare questo entusiasmo e questo attaccamento. Ha poi voluto dire anche un’altra cosa. Il pessimismo attira la sfiga. Se tu pensi che una cosa andrà male, sta sicuro che questa cosa ti andrà male. Noi tifosi del Verona siamo campioni in questo. Vediamo nero persino quando tutto va bene, figurarsi quando qualcosa non funziona. C’è chi aveva pronosticato che il campionato fosse chiuso almeno settanta volte quest’anno. In molti vedevano il Livorno già in serie A dopo mercoledì, una vittoria sicura contro il Novara che gli “avrebbe sicuramente spianato la strada” (non si sa bene in base a cosa e perché). Invece il Livorno ha perso e il Verona ha addirittura recuperato un punto. Come si fa a non provarci? Come si fa a non avere entusiasmo in questa volata finale? Tabelle, elucubrazioni, manovre di palazzo per portarci ai play-off, per un po’ lasciamoli stare. C’è la gara con il Brescia da affrontare e vincere. Una gara delicatissima, in cui veramente bisogna creare una bolgia al Bentegodi, in cui la squadra deve rispecchiarsi in quella curva e spero anche in spalti un po’ meno fischianti (soprattutto a metà gara…). Qualcuno sul mio twitter mi ha scritto: una bolgia sì, ma vengo allo stadio solo se la società mette i biglietti a cinque euro. A questo amico dico: sta a casa. Davvero. Non c’è bisogno di te. Comprati la partita su Sky, pop-corn e coca cola, forse una birra. Al Bentegodi e fuori per queste cinque gare e per questo derby col Brescia c’è bisogno della nostra migliore tifoseria. Impalliniamo i gufi e gli sfigopessimisti. Male che vada, noi saremo sempre qua.

IL LIVORNO CICCA IL MATCH BALL, L’HELLAS E’ DI NUOVO IN CORSA. MA ADESSO CHI SBAGLIA E’ PERDUTO

Incredibile ma vero. Il Livorno sbaglia il match ball rilanciando il Novara che a questo punto diventa una temibilissima avversaria. Il risultato di mercoledì sera rimette in pista l’Hellas, aumentando da una parte i rimpianti per la nefanda gara di martedì, dall’altra però restituisce un po’ di speranza. Paradossalmente il Verona ha recuperato nell’ultimo turno un punto ai toscani che ora giocheranno con il peso di aver sbagliato una pazzesca occasione per andare direttamente in serie A. Diciamocelo chiaro: se stasera il Livorno avesse vinto, avrebbe chiuso praticamente il discorso. La sconfitta, invece, tiene vivo il Verona. La prossima giornata sarà un’altra altalena di emozioni. Sulla carta il Livorno ha il compito più semplice giocando contro lo spacciato Grosseto. C’è già chi vaneggia di una gara facile, agevolata dal fatto che il Grosseto ormai non oppone più resistenza. Ma chi lo dice non ha visto la gara del Grosseto con l’Empoli, in cui la squadra biancorossa ha attaccato in lungo e in largo, giocando un grande calcio e meritando sicuramente di più della sconfitta risicata.

Ancora una volta, però, tutto dipenderà solo ed esclusivamente dal Verona che non può più sbagliare un colpo. La gara contro il Brescia di Calori è una stretta via per riprendersi il secondo posto o quantomeno per tenere il passo del Livorno (che giocherà sabato), e il Verona avrà anche il vantaggio, oltre che la pressione, di sapere il risultato di quel match.

Ma per farlo serve un altro Verona e se mi permettete anche un altro Mandorlini. Il nostro grande mister è stato pesantemente colpito dalla scomparsa del fratello e lo si è visto chiaramente martedì sera, in cui lo sguardo spento e vuoto faceva capolino nelle telecamere a fine gara.

E chi lo può biasimare? Ma il mister deve sapere, una volta di più, che qui siamo tutti con lui e che il Verona aspetta solo un suo gesto per scatenare l’inferno (cit. Il Gladiatore…). Noi lo vogliamo cattivo, polemico, arrabbiato, incazzato. Ci mandi pure a fare in culo, noi e le nostre stupide domande sui moduli, su Gomez, su Ferrari. Ma si riprenda. Solo lui ci può regalare adesso quel sogno che da tanti, troppi anni inseguiamo.