OTTIMISMO GHE N’E’?

In quanto tifoso dell’Hellas Verona tendo sempre a pensare al peggio. Ho preso male, malissimo la sconfitta con il Padova. Ma come? Proprio sul più bello quando credevamo di aver trovato un miniimo di continuità ecco cosa vanno a combinare… Passo indietro, nel gioco, nello spirito, in tutto. E non mi ha confortato, dico con sincerità, quel Mandorlini così abbacchiato di fine gara, quasi rassegnato, che si è affidato ad una formula sterile come il “siamo stati puniti dagli episodi” per spiegarmi/ci la terza sconfitta in fotocopia.

Immediatamente nella mia testa sono comparsi i soliti nuvoloni neri. Ne abbiamo passate troppe per essere ottimisti. E troppe squadre hanno festeggiato al Bentegodi. Abbiamo passato undici, dodici anni di merda, in cui la speranza non ci ha mai abbandonato, ma in cui la sofferenza l’ha fatta da padrona.

Avventurieri di ogni tipo si sono avvicendati al Bentegodi e ogni volta ci hanno rubato l’anima con le loro promesse e i loro progetti mai decollati.

Ogni volta il barile è stato raschiato. Ogni volta il fondo del pozzo è aumentato.

Abbiamo visto il Verona perdere un vantaggio abissale e poi perdere anche ai play-off. Abbiamo visto lo Spezia festeggiare in casa nostra.

Come fai ad essere ottimista, dopo questa sconfitta con il Padova? Logico che il pensiero va subito a quelle delusioni, a quelle sconfitte. Per questo, avremo bisogno di una parola rassicurante del nostro condottiero (Setti?). Per questo abbiamo bisogno di un sorriso. Per questo serve una scossa.

A cosa aggrapparci? A Mandorlini, certo. Anche se questo mister mi pare meno sicuro, meno brillante, meno sereno rispetto a quello che ci portò in serie B. C’è poco da fare: l’umiliazione della squalifica e la necessità di diventare politically correct hanno depotenziato il nostro allenatore. Io spero solo che sia un’apparenza. E che Mandorlini, là, nel chiuso dei suoi allenamenti di Sandrà, sia sempre una furia, che sappia spronare la sua spenta truppa verso il rush finale.

Ah proposito: sai che bene farebbe adesso allenarsi all’antistadio davanti a centinaia di tifosi appassionati? Altro che pressione… A Sandrà si sta che è una meraviglia. Tutto ovattato, tutto soft. Come troppo spesso è il Verona di questa stagione.

 

VERONA, DOVE SEI?

Giá visto. Come un dejavú. Con il solito amarissimo retrogusto della beffa. Giochi bene, non segni, sbagli l’impossibile, poi ti spegni come un’esangue candela. Black-out. Finish. The end. Il Verona butta nel cesso l’ennesima occasione di dare un senso ad un campionato che rischia l’anonimato e se va avanti cosí, anche il fallimento. Ormai non é più un caso e attaccarsi solo agli episodi é un esercizio inutile. Si tratta di capire, anche se si fa fatica. Come mai tre squadre mediocri, facendo lo stesso tipo di gara, hanno vinto? Il perché é da ricercarsi dentro il dna di questa squadra che non ha il sacro fuoco della rabbia, dell’orgoglio, nemmeno quello della cattiveria. É una squadra “ina” nel senso di “bellina”, “bravina”, “fortina”. La cosa incredibile é che il Verona non ricalca più l’indomito carattere del suo allenatore, quello guerriero e pugnace che abbiamo conosciuto, e, alla prima difficoltà, si scioglie come neve al sole, forse di testa, ma forse (e qui é piú preoccupante…) di gambe. La birra finisce, il titic titoc rimbomba nell’aria innocuo e l’irritante Cutolo del momento ci va dentro a nozze.
A proposito di Cutolo: perché farlo diventare un eroe, cadendo nella sua trappola? Perché non lasciarlo nella sua mediocritá, invece di costruirgli uno stadio che alla lunga é diventato una molla per loro? Era nessuno, l’abbiamo fatto diventare qualcuno.

MENO UNO

Adesso siamo a meno uno dal Livorno. Vuol dire tutto e non vuol dire niente. Vuol dire soprattutto che sei nel momento più duro del torneo. Il momento in cui devi solo vincere e non guardarti indietro. Bisogna stare concentrati, dosare bene le forze, essere cinici. Il Verona di Bari lo è stato. Anche se potevo esserlo di più e ammazzare prima la partita.

Il sontuoso Martinho ha dimostrato di essere da serie A, quando ha questo stato di forma. In questo momento possiamo tollerare persino lo scadimento di condizione di Cacia. Ma sono convinto che anche lui tornerà al cento per cento.

A Bari ho visto un Verona meno lezioso, sempre pronto alla profondità e alla verticalizzazione. Molto più furbo rispetto alle gare con Vicenza e Novara, dove ha fatto la partita ed è stato fregato. Stavolta abbiamo lasciato a loro, apparentemente, l’iniziativa, li abbiamo fatti alzare e negli spazi siamo andati a nozze. Questo Verona mi ha ricordato per certi versi quello della scorsa stagione. Con più qualità ovvio. Ma disposto al sacrificio e anche alla sofferenza.

Ho letto che qualcuno ha storto il naso per la qualità del gioco. Beh, mettiamoci d’accordo. E’ chiaro che il massimo è avere “ovo, galina e cul caldo”. Ma non sempre è così. Col Vicenza abbiamo giocato benissimo e abbiamo perso. Ieri sera abbiamo fatto un’altra partita (non è giusto dire che si è giocato male…) e abbiamo vinto. Ditemi voi cosa preferite.

La cosa più importante adesso è accelerare. Il Livorno è in difficoltà e le cose per loro peggioreranno perché sentiranno il nostro fiato sul collo. Col Padova è un’altra gara determinante. Andiamoli a prendere.

UN TURNO DI RIPOSO PER CACIA?

Credo che Daniele Cacia sia un giocatore importante del Verona. Importantissimo. Ma non indispensabile. Non me ne voglia Daniele, che ammiro e che stimo enormemente. Ma credo che in questo momento abbia bisogno di “respirare” un po’ e di ritrovare forma e lucidità. Nelle ultime gare Cacia ha sbagliato gol semplici, più in generale mi è sembrato leggermente opaco, meno lucido del solito, meno pronto a rubare il tempo agli avversari. Colpa di quel fastisdioso malanno al pube (non si parla ufficialmente di pubalgia, ma ci siamo vicino…) che condiziona i movimenti di qualsiasi giocatore.

Nella rosa del Verona, per fortuna, ci sono valide alternative. Per esempio Cocco, che fino ad oggi è andato a corrente alternata, facendo vedere cose ottime (gol di Palermo) a gare inguardabili.

E’ tempo di verificare se Cocco può giocare una partita dall’inizio prendendosi tutte le responsabilità del caso. L’anno scorso Cocco segnava anche quando si soffiava il naso. A Verona può dare di più. E Bari può essere la sua occasione.

Non parlo nemmeno di Nicola Ferrari. Lui ha motivazioni in abbondanza, credo ormai anche la gamba. Nicola è un pugnace giocatore, l’unico ostacolo vero che incontra nella sua vita è il viaggio aereo di cui ha il terrore. Ormai però ha superato anche questo “impasse”. Credo che Ferrari abbia in parte “sprecato” la sua carriera, sull’altare dell’altruismo. E’ un ragazzo generoso, nella vita come in campo. Fosse un po’ più egoista, il suo bottino di gol avrebbe avuto un’altra consistenza.

Mandorlini ha l’occasione di cambiare qualcosa nel suo Verona, forse anche il modo di giocare. Vediamo a Bari che cosa succederà.

 

UNITI SI VINCE

Non esisterebbero i bar sport e probabilmente le trasmissioni televisive che ne ricalcano lo spirito se il calcio non fosse materia opinabile e su cui si può discutere. Alla fine, tanto, è il risultato che fa la differenza, sommo giudice, comunque si sia giocata la partita, a mettere fine ad ogni discussione. Così, se contro il Vicenza il Verona aveva giocato una buona gara e perso, oggi con il Varese era indispensabile vincere per mantenere le distanze dalla quarta e non perdere terreno dalle prime, a prescindere dalla qualità del gioco espresso.

A me il Verona è piaciuto molto nel primo tempo, meno nella ripresa, ma credo anche che spesso ci dimentichiamo nella nostra analisi dell’avversario che abbiamo davanti. Il Varese è una buona squadra che rende sempre difficoltose le partite e il fatto che il Verona abbia vinto 2-0 è sintomo di una forza superiore, anche nel gioco, perchè no.

Mi auguro, ma credo invano, che questo successo sia il momento in cui tifosi, società, squadra e tecnico si siano ritrovati e compattati. Quando a Verona siamo riusciti a creare questo clima, molto di rado in verità, siamo riusciti a ottenere dei successi importanti. A Verona però ci sono sempre delle componenti che mancano affinchè l’ambiente sia sempre unito e compatto. A volte manca la società, a volte la squadra, a volte il tecnico, a volte sono i tifosi che si dividono, chi schierandosi con la squadra, chi con la società, chi con il tecnico e chi con la squadra. E’ un errore madornale: non fa bene al Verona, non fa bene a noi che a volte assomigliamo più a Tafazzi che non a una vera tifoseria. Ci martelliamo da soli gli zebedei, ricavando in cambio un perverso e sottile godimento, come quelli che amano farsi legare e imbavagliare nella loro intimità, magari mentre si fanno pure frustare dai loro partner.

A me francamente ha pure stufato la discussione su Mandorlini. Mi pare che sia diventata una fissazione che sconfina piú nello psichiatrico di qualcuno che non un vero problema. Vi dirò: non sempre condivido quello che fa Mandorlini, ad esempio la formazione del primo tempo a Novara, ma vorrei che la discussione vertesse leggera su temi tattici e tecnici e non mettesse a soqquadro l’intero progetto ogni volta. Mi dà un fastidio tremendo, poi, chi nella critica, fa di ogni erba un fascio e parlando del nostro tecnico gli imputa il coro contro la Salernitana e mille altre nefandezze.

Si può star qui a discutere mille anni su quel coro, ma la verità è semplice: senza le dichiarazioni di Mandorlini alla vigilia della gara con la Salernitana il Verona non avrebbe trovato lo slancio per andare in serie B. E la canzone degli Skiantos, era innocua, strumentalmente usata da un giornale politico che nel filmato riconobbe il sindaco di Verona Tosi. Mandorlini e il “ti amo terrone” venne usato strumentalmente per attaccare Verona, Tosi, e quindi la squadra che rappresenta la città e i veronesi. Quel giornale era ancora in debito di scuse con Verona dopo l’incredibile vicenda di Marsiglia, scuse che si arrivarono, ma a fatica e comunque piccate.

A questo si aggiungono altri giornalisti che tifano per squadre del Sud e che se la sono legata al dito dopo che la Salernitana è fallita pronti ogni volta a mettere in subbuglio Verona, Mandorlini, e l’Hellas. Il problema è che ogni volta abbocchiamo come polli a questo giochetto, rilanciando notizie che non hanno mai trovato conferma e ampliando i problemi. Mentre loro omettono circostanze inquietanti nei loro reportage a distanza sul Verona: tipo che a Mandorlini fu spedita alla vigilia della gara con la Salernitana una busta con un proiettile. Insomma facciamo il loro gioco.

Girassimo la testa verso il nostro passato e guardassimo indietro alla nostra storia, ci accorgeremo che proprio dal passato arriva la lezione migliore. O forse non fu un capolavoro quel volantino “Soli contro tutti” che unì la tifoseria dell’Hellas alla squadra e a Bagnoli nell’anno dello scudetto quando il Palazzo si accorse (in ritardo) che il Verona non era un bluff, cominciando a seminare zizzania e dubbi sulla reale consistenza della squadra del Magnifico Osvaldo? Se ci ripensate un attimo, quello è davvero il senso che dobbiamo dare al nostro essere tifosi e non lasciarci andare a critiche fuori ruolo che minano la sicurezza di tutto l’ambiente, anche del mister, che è umano come tutti noi e quindi soggetto a pressioni e anche a errori. Se dopo Varese stiamo uniti attorno a Mandorlini, Sogliano, Setti, la squadra, per me non ci ferma nessuno.

 

 

INFORMAZIONE ALLA ORWELL

Benvenuti nel 1984. Anche se siamo nel 2013 e il genio visionario di Orwell aveva sbagliato solo per difetto. Ricordate? Dice Orwell: “La menzogna diventa verità e passa alla storia”, “Chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato”.

Tre episodi di questi giorni mi fanno dire che Orwell aveva ragione.

Il primo: un sito di Novara s’inventa di sana pianta una notizia: parla di contestazioni della tifoseria del Verona durante il ricordo di Carmelo Imbriani. La notizia è falsa, ma non c’è nessuna verifica. Decine di siti la riprendono. Senza verificare. Lo chiamano effetto virale della rete. Per me è merda e scarsa deontologia professionale. Naturalmente c’è anche si lascia prendere la mano. E non solo non verifica. Ma invoca addirittura la radiazione del Verona dal calcio. Incredibile. Per fortuna i tifosi del Verona reagiscono. Il sito Tggialloblu scrive per primo che la notizia è falsa. Alla sera lo fa anche la società. Incredibilmente uno dopo l’altro gli articoli incriminati spariscono dai siti. Come in 1984, si riscrive la Storia, cancellando la memoria. Solo un sito, Canale Juve, fino ad oggi ha chiesto scusa ai tifosi del Verona. Chapeau a loro, ma per il resto non s’è letto una riga…

Il secondo: il Livorno è stato deferito per i cori sulle foibe. Ora: le foibe sono una tragedia nascosta di questo paese. Negli ultimi anni c’è stato un tentativo di riportare alla ribalta questa strage, che ha la stessa gravità delle stragi naziste. Invocare alle foibe in uno stadio è una cosa gravissima e assurda. Tanto quanto un coro vile su Morosini o una canzone che invoca alle camera a gas. Avete letto qualcosa? Beh, ieri mattina la Gazzetta dello sport in effetti dava la notizia. In una riga. Alla fine di un articolo sul Livorno. Senza citare le foibe. Senza un commento. E dopo aver ricordato che il sindaco di Livorno è pronto a dedicare un settore dello stadio a Morosini. Forse per lavarsi un po’ la coscienza.

Il terzo: lunedì è circolata la notizia che il Verona voleva sostituire Mandorlini con Mangia. Chi l’ha detto? I soliti siti. C’è stata una verifica? No. Qualcuno (Mangia, il Verona, Sogliano) ha detto che la notizia era vera? No. Tutto parte dal fatto che Sogliano è amico di Mangia. Che Setti a Milano è stato fotografato a tavola con Mangia durante il mercato (pare che sia stato casuale l’incontro). Indizi sufficienti per accostare Mangia al Verona in un momento in cui Mandorlini è in difficoltà. Conta qualcosa che Mandorlini è rimasto? No. Che Sogliano abbia detto che ha la sua fiducia? No. Le notizie che io ritengo strumentali (so perfettamente che Mandorlini per certa stampa rappresenta un problema perchè rappresenta i veronesi e perchè non lecca il culo come benissimo sanno fare altri nel suo ambito lavorativo…) e false (fino a prova contraria) sono più forti della verità oggettiva. E cioè che Mandorlini resta il tecnico del Verona. Loro malgrado…

CREDERCI SEMPRE

Ogni volta che vado a pisciare vicino alla tazza c’é un giornale che qualcuno dei miei figli ha portato dallo stadio. Sulla copertina c’é Rafael proteso in tuffo e il titolo che campeggia dice: Crederci sempre. Ogni volta che vado in bagno leggo distrattamente quel titolo vuoto che mi suona di vana retorica. Crederci sempre… Quante volte in questi anni in cui faccio il giornalista ho letto e sentito queste parole… Crederci sempre… Furono le prime parole che mi disse Giovanni Galli, assieme all’altra parola, altrettanto abusata, che starebbe benissimo anch’essa vicino alla tazza del mio cesso: progetto. Il conte Arvedi aveva un progetto. Un giorno nella sua camera da letto me lo fece vedere. Il progetto. Un foglio due per due per costruire uno stadio in un’area vicino ad una cava, che… gliel’aveva detto l’amico Pavesi, mi pare fosse la Speziala, e di mezzo c’erano pure i preti, forse il vescovo… Povero Piero…
Almeno Pastorello aveva il buongusto di non usare la parola “progetto”. Ma lui fu il primo a dire di “crederci sempre”. In B, dopo la retrocessione, il giorno dopo che vendette anche Frick e Seric.
Poi venne Cannella. Cacciò Ficcadenti e disse che bisognava crederci. Me lo disse anche Ventura, una sera, chiamandomi a casa, quando aveva capito che le speranze di salvezza erano ormai al lumicino. Lui non ci credeva più, eppure noi dovevamo crederci sempre.
E poi Bonato. Altro giro, altro progetto. Anche lui ci impose di crederci. Sempre, naturalmente. E vennero Siciliano, Gibellini e Giannini. E noi sempre che dovevamo crederci.
A ripensarci bene, uno che non mi ha mai chiesto di crederci é quello che alla fine ha ottenuto l’unico risultato in questi anni. Uno, che lo dico per davvero, all’inizio manco mi stava simpatico. Venuto a Verona per caso, forse per riannodare i fili di una carriera che stava per finire. Uno che era stato portato da un broker calabrese e un ds disoccupato. Uno che non mi pareva che fregasse qualcosa di Verona e del Verona. Uno che i miei colleghi di Padova amavano. E siccome penso che a Padova non capiscano nulla di calcio, credevo fosse l’ennesima volta in cui da lí a poco mi avrebbero chiesto di crederci. Invece nulla. Non me lo chiesero. E dopo tanti anni di promesse vuote e inutili atti di fede, andammo in serie B. Contro tutti. Contro tutto. Quell’uomo era Andrea Mandorlini.
Questo lo dico per la storia che non serve a nulla nel calcio. Il calcio é presente e oggi il Verona non mi piace. Il Verona di Novara men che meno. Peró rilevo che ancora una volta Mandorlini non mi ha chiesto di crederci. Ha detto solo: non sono e non sarò mai un problema per il Verona. Almeno ci ha risparmiato della vuota retorica. Posso tirare l’acqua più sollevato.

FINE DEGLI ALIBI

Credo che la colpa principale di Mandorlini sia una sola: essere stato un ombrello parafulmine per tutti fino ad oggi. Per la critica che si è concentrata su di lui, per i tifosi, per la società e anche per la squadra.

Mandorlini ha catalizzato ogni discussione, si sono scandagliati fino al vomito i suoi rapporti con la società, con Setti, con Sogliano, con Gardini. La stampa nazionale (una certa stampa…) ne ha fatto il bersaglio numero uno, incattivita dopo che il Verona ha eliminato la Salernitana ai play-off. In molti se la sono legata al dito, qualcuno, anche dall’interno, ha lavorato per indebolire Mandorlini. Penso a Gibellini e alle sue polpette avvelenate, frutto del livore personale che è nato tra i due.

La gara di oggi può anche essere colpa di Mandorlini, di certo, sta per cadere, nel bene o nel male, l’unico, o forse ultimo alibi per tutti. Mandorlini stesso. Può darsi che le scelte del mister, le stesse che ci hanno fatto vedere grande calcio in questi diciotto mesi non sempre siano state giuste. Può darsi che oggi Moras, Maietta, Ceccarelli e Cacciatore siano stati una scelta autolesionista.

Può darsi che Carrozza e Rivas siano diversi da quelli che abbiamo visto sino ad oggi. Può darsi che Gomez sia passato dall’essere un fenomeno allo stato di brocco in soli sei mesi. Può darsi che ci siamo sbagliati tutti su Jorginho. Di certo, ora, bisogna che qualcuno si prenda le proprie responsabilità come hanno fatto nel bene o nel male società e tecnico in questi mesi.

E la componente che manca è una sola… I giocatori, la squadra. Una squadra che non è ancora gruppo. A cui, forse, oggi è caduto l’ultimo alibi… E forse anche il parafulmine.

 

 

PARLIAMO DI CALCIO

Dopo tre giorni mi girano ancora le scatole. Anzi, ieri sera dopo la vittoria dell’Empoli mi sono girate ancora di più. La sconfitta nel derby proprio non ci voleva. Spero solo che questa mia/nostra rabbia sia anche la loro. E che domenica a Novara il Verona scenda in campo per riprendersi i tre punti persi.

Detto questo: la discussione si sta avviluppando su un concetto. Pro e contro Mandorlini. Non è che mi scandalizza. Ma è sbagliato. Si caccia un allenatore quando una squadra è al capolinea, quando la sensazione è quella di un gruppo che ha dato tutto, quando ci sono rotture insanabili nello spogliatoio, quando la fiducia tra il tecnico e la società non c’è più. Ora, francamente non mi pare sia così. Mandorlini è amatissimo dai giocatori. Non tutti, magari (ma non c’è spogliatoio al mondo in cui l’unanimità sia a favore del mister, neanche ai tempi di Bagnoli…) e stimato dalla società. Già, proprio così. La notizia è questa, perchè altrimenti ci sarebbe stato un ribaltone poco prima di Natale. Credo invece che alla Borghesiana, sia nato finalmente quel feeling che prima era mancato. La società ha rafforzato il tecnico con la cessione di Bojinov e gli acquisti di Agostini e Sgrigna. Ora, credo giustamente, si aspetta i risultati. Succede così in ogni azienda. Non c’è da scandalizzarsi neanche sotto questo aspetto.

Dire, quindi, che Mandorlini non è in discussione, mi pare solo un atto di buon senso. Pensare a delle alternative del resto in questo momento non è facile. Scartati tutti quelli che hanno avuto una panchina quest’anno e che quindi non possono rientrare, resta ben poco. Il nuovo mister si troverebbe in mano una bomba ad orologeria che in mancanza di risultati farebbe deflagare ancora di più l’ambiente, con il risultato di buttare a mare la stagione. Meglio quindi pensare a quello che il Verona è in questo momento, al perchè butta al vento partite come quella di sabato e come possa migliorare.

Calcisticamente parlando c’è un concetto che sfugge a molti: la verticalizzazione. Questo è un momento del calcio ben preciso. Si verticalizza rapidamente quando si riconquista palla e la squadra avversaria ha il baricentro spostato in avanti. Era quello che succedeva nella scorsa stagione. Il Verona stava chiuso e aveva una specie di doppio stopper a proteggere la difesa (Tachtsidis). Quando riprendeva palla cercava subito di verticalizzare. Anche perché davanti c’era un giocatore come Ferrari, abile a giocare con le spalle alla porta e a difendere il pallone. In questo contesto i due laterali potevano inserirsi e andare al tiro con più facilità. Da qui le 14 reti di Gomez, bomber principe della scorsa stagione. Il Verona di quest’anno, molto migliore come qualità tecnica e con un bomber come Cacia davanti, ha fatto una scelta diversa. Quella cioè del possesso palla. Tanto che è al primo posto in questa statistica. Il Verona tiene il pallone come nessun altro e lo fa molto bene. Può piacere o no, ma se guardate in giro non ci sono molte squadre che hanno intrapreso questa via. Il problema è allora un’ altro. Prandelli lo chiama “tempo di gioco”. Perché quando tu fai un possesso palla del genere, lo fai per cambiare repentinamente marcia, magari fronte di gioco, creare superiorità e andare alla conclusione.

Ecco: difetto di quest’Hellas. Avere sempre un andamento costante. Non c’è accelerazione, non c’è mai (o quasi), un cambio di passo. Anche il Barcellona avrebbe questo difetto se il cambio di passo non lo dessero fuoriclasse come Messi e Iniesta. Chi deve fare questo? Gli esterni. Gomez, Sgrigna, Rivas e Carrozza. Sgrigna è il migliore a fare questo gioco. Perchè si prende la responsabilità di giocare , sa puntare l’uomo e fa assist decisivi. Ma anche lui non ha ancora l’istinto del killer. Gli altri non sono ancora decisivi. Gomez in particolare. L’argentino lo conosco ormai benissimo. E’ un grande giocatore. A volte però è assalito da strani fantasmi che lo attanagliano. Gomez deve essere uno dei leader di questa squadra. Mandorlini lo ritiene così. Per questo gli ha dato tante occasioni. Bisogna pretendere di più da Gomez. Juanito deve crescere nella maturità e nella convinzione.

Rivas è tra coloro che sono sempre sul punto di esplodere ma non lo fanno mai. Con il Vicenza a me è piaciuto molto. Anche lui però è poco concreto, deve andare più al tiro e cercare più la giocata. Carrozza, mia opinione, non c’entra nulla nel 4-3-3. Lui ha bisogno di più spazio per essere incisivo sulla fascia. E’ un buonissimo giocatore, ma il modulo non gli si addice. Nel breve è inconsistente.

Vorrei anche parlare del centrocampo. Jorginho, lo sappiamo, è un sublime direttore d’orchestra. E’ un giocatore moderno, intelligente. Sa cantare e portare la croce. Potenzialmente è il leader della nostra squadra, frenato solo dall’età. Deve avere accanto due cursori. Hallfredsson e Laner sono l’ideale. Basta che siano al cento per cento. A me non è dispiaciuto nemmeno il Bacinovic di Reggio Calabria. Molto umile si è sacrificato per Jorginho in un pesante lavoro oscuro, tanto che quando è uscito, Jorginho non ha più saputo prendere in mano la squadra. I due cursori devono inserirsi di più. Una delle soluzioni che abbiamo è proprio quella del tiro. Hallfredsson è una bestia in questo senso, chissà perchè tira sempre troppo poco. E Laner, invece è bravissimo nella percussione (vedi il gol con il Vicenza all’andata), soluzione che viene provata pochissimo.

Infine la difesa. Errori individuali a parte, la nostra linea difensiva è sempre troppo bassa. E’ un grande difetto che si evidenzia in tutte le gare. Succede sempre dopo aver segnato. Come se inconsciamente la squadra si tirasse indietro a difendere l’1-0. E’ un errore. Perchè la linea difensiva alta mantiene i reparti vicini, permette agli esterni di fare meno strada, e ai centrocampisti di inserirsi di più.

Questo per parlare di calcio e fare qualche critica tesa a migliorare. Non a sparare contro il pianista, come purtroppo, sempre più spesso troppi tifosi stanno facendo.

LA VERITÁ DEL DERBY

Tiribocchi ha detto la verità su questo derby: ” Se giochi dieci partite come ha fatto il Verona oggi, nove volte le vinci”. Complimenti davvero per l’onestà. Ma adesso come si fa a spiegare questa sconfitta a chi guarda solo al risultato? In effetti, il calcio é prima di tutto risultato e il Verona ha perso con il Vicenza. Ha perso per un motivo semplice: non ha segnato e ha preso un gol da polli.
Quindi é attorno a queste due circostanze che dobbiamo riflettere. Non abbiamo segnato perché il nostro bomber principe ha ciccato un pallone da due passi, forse per eccesso di sicurezza e perché la nostra difesa, talvolta va a letto subito dopo Carosello, come noi quando eravamo bambini. Il resto sono solo strumentalizzazioni del solito partito che si scaglia puntualmente contro Mandorlini ad ogni fine gara come se ogni volta fosse colpa del mister se il risultato non viene.
Detto ciò, mi pare che il Verona spesso non abbia il sacro fuoco che gli scorre nelle vene. Può essere che una gara che stai dominando si metta male. Può essere che prendi un gol sull’unico tiro in porta degli avversari, ma se sei una squadra che vuole vincere il campionato devi saper ribaltare queste situazioni, girare la partita, andare anche contro le avversità. Ecco é qui che mi aspetto di più dal Verona ed è qui che il Verona quest’anno ha ancora problemi da risolvere. Insomma, giochiamo bene, attacchiamo, creiamo ma ancora questo non basta. Dobbiamo fare di più, senza dubbio.