SUICIDIO ASSISTITO

Dire che il campionato è ancora lungo vuol dire solo spostare il problema in avanti. Mancano cinque partite, che sono pochissime. Altro che. Stasera abbiamo buttato via una grande opportunità, ma forse anche un pezzo di campionato.  Il problema è che il Verona ha giocato la peggior partita della stagione quando doveva invece andare in campo per fare la partita più bella. Sbagliare un colpo a sei gare dalla fine equivale a mettersi una pistola alla tempia sperando che il proiettile faccia pochi danni. Il Verona ha sprecato durante questo torneo più volte il bonus. Margini di errore non ce ne sono più. E forse quella con il Cittadella, speriamo di no, è stata la gara che ci condannerà a fare i play-off.

Sono deluso dal Verona. Molto deluso. Perchè ancora una volta questa squadra, coccolata, vezzeggiata, viziata fin troppo, ha dimostrato di non avere maturità e carattere. Ormai è troppe gare che il Verona stecca sul più bello, spesso con squadre infinitamente più deboli, dimostrando un’inconsistenza incomprensibile davanti alla perfezione creata da ambiente-società-tifosi. Purtroppo, come ho già scritto, la critica si è avviluppata attorno a mister Mandorlini, diventato un parafulmine per ogni genere di responsabilità.

Credo che il mister ne abbia, certamente. Ma ne hanno anche i giocatori che si son nutriti di questo alibi fin troppo. La sconcertante gara con il Cittadella non ha spiegazione. Se non nel fatto che è stata preparata con superficialità. Nessuno si deve offendere se dico questo. Perché non è possibile che il Verona passi dal match contro il Cesena a quello di stasera. Non sta nè in cielo nè in terra… Purtroppo abbiamo sotto gli occhi anche le altre partite e le altre squadre. E un paragone è giusto farlo. Quando Livorno, Sassuolo ed Empoli devono vincere lo fanno semplicemente. Solo il Verona non lo fa, perché? C’è da scommetterci, mi gioco la casa, che lunedì faremo una grande partita con il Brescia. Così come è stato con Sassuolo, Livorno, eccetera eccetera. Il che non è un’attenuante, ma un’aggravante. Il Verona ha sempre avuto bisogno di stimoli “supplettivi” per rendere. Vuoi la sfuriata di Setti, vuoi quella di Sogliano, vuoi quella della critica. Mi chiedo se è giusto educare un bambino con degli scapaccioni e non con delle parole dolci e affettuose. Mi chiedo anche perchè bisogna soffrire così tanto per ottenere un obiettivo che mai come quest’anno sentivamo così vicino e che invece stiamo dissipando in maniera dissenata. Nulla è compromesso, questo è vero. Anche se mi sento sulla pelle che qualcosa stasera si è rotto. Il destino non è più solo nelle nostre mani, come prima. Ora dobbiamo sperare che… E via con le speranze che di solito non si avverano mai. Spero che tutti meditino su questo pareggio indecente. Il tempo delle parole è veramente finito. Gli alibi anche. Da un pezzo.

 

VOLATONE FINALE

Disprezzare il pareggio di Cesena è da irresponsabili. Il Verona a Cesena ha fatto una grande gara (primo tempo superlativo) non ha segnato per pura jella, non ha chiuso il match contro una squadra rognosa all’inverosimile che ha cercato solo di distruggere. Dobbiamo essere ottimisti perchè il Verona ha buona gamba ed è in salute, nonostante una serie infinita di problemi che hanno colpito molti giocatori.

Come sempre succede in queste occasioni (in cui cioè non si vince), si cerca ossessivamente il “colpevole”. Sotto forma di capro espiatorio. Troppo facile dire che stavolta è colpa del cambio di modulo (quale? ne abbiamo cambiati almeno tre durante la gara con il Cesena) o forse è colpa di Gomez che è entrato al posto di Ferrari.

Il Verona è passato dal 4-3-1-2 al 4-3-3 al 4-2-4. Non è provato se con Iron Nick inserito nel primo tempo si poteva vincere. Ferrari non è un bomber risolutivo, alla pari di Gomez. E’ uno straordinario gregario. Non mi pare che Gomez si sia risparmiato in questo senso. Semmai siamo mancati sotto porta, dove Cacia ogni tanto evapora. E dove Gomez quest’anno fa sempre la scelta sbagliata. Povero Juanito. Si vede che il gol gli manca. Lo cerca in maniera ossessiva, con una volontà di ferro. Ma non riesce a sbloccarsi. Quando deve andare sul primo palo è in mezzo all’area, quando è in mezzo all’area arriva un cross, quando tenta il dribbling dovrebbe tirare, quando tira dovrebbe passare. Sono momenti così. E più ti intestardisci più il risultato è pessimo.

Il significato ultimo di questo campionato è che ci sarà da lottare e soffrire sino alla fine. Non è escluso, lo dico ora perché sia chiaro a tutti, che la strada della serie A passi attraverso i play-off. Che devono essere vissuti come una grande opportunità da affrontare con una squadra motivata e non come un fallimento. Questo è meglio metterselo in testa perché certi nichilismi non fanno bene e portano anche sfiga. Credo che la chiave del nostro campionato risiederà nelle prossime due gare al Bentegodi. Per me sono le partite fondamentali. Se battiamo Cittadella e Brescia abbiamo un piede in serie A.

Attenzione, infine: scrivo prima del match con il Livorno che gioca oggi a Varese. Può succedere che i toscani vincano e che ci sorpassino. E’ nella logica di questo volatone finale. Anche qui: non facciamo tragedie, abbiamo visto che ogni sabato, ogni gara, ogni turno riserva delle sorprese. Stiamo calmi. E gufiamo, allegramente…

L’ATROCITA’ DI UNA NOTIZIA

Che senso ha parlare di calcio, di diagonali, di verticalizzazioni quando la vita ti aggredisce con un pugno mortale… Spesso, quando arrivano notizie come quella di ieri, mi rendo conto di quanto fatuo, evanescente, inutile sia il nostro ciarlare di calcio. Stanotte, girandomi nel letto, mi chiedevo come farà ora Andrea a ritrovare lo spirito, la voglia di allenare i suoi ragazzi. Un lutto così forte e improvviso ti toglie il fiato. Ti fa perdere il senso della vita, rende tutto vano. In una società come la nostra dove l’atto doloroso della morte pare essere confinato in un’altra dimensione, quasi come non ci appartenesse, è utile una riflessione. Il calcio di oggi, con i suoi eccessi che poi sono i nostri eccessi, è in realtà solo una piccolissima parte delle nostre vite. Eppure è diventato importante, importantissimo per me, per voi, per Andrea che ne ha fatto il suo lavoro. Il fratello del mister lavorava in un vivaio. Dicono fosse più bravo di lui nel pallone. Eppure Andrea ce l’ha fatta a farsi strada nel mondo del calcio, mentre Paolo è andato a infrangersi un un campo, in via Zuccherificio. Andrea, sotto la scorza di burbero e di attaccabrighe è in realtà un uomo buono e mite. E’ un timidone che maschera la sua insicurezza. Un romantico del calcio. Un onesto. Uno vero. Per questo piace tanto a noi veronesi, che in fondo, neanche tanto, un po’ matti lo siamo. Ecco, sebbene la morte del fratello sia una cosa di un’enormità devastante capace di offuscare tutto il resto, Andrea sappia che tutto questo affetto, tutto questo amore nei suoi confronti non lo lascerà mai solo. Se una famiglia è importante in queste situazioni per affrontare l’atrocità del momento, il mister ha dalla sua parte la famiglia più generosa e grande che ci sia. Quella del Verona, della sua società dei suoi tifosi. E forse, in questa storia senza senso è l’unica cosa che ha un senso.

 

IL GIOCO DELLE COPPIE

Se in un sabato d’aprile Cacia si mette a fare il Ferrari e Ferrari il Cacia, possiamo dire di aver ottenuto un grande obiettivo. Vuol dire che il Verona è diventato una Squadra. Si noti la S maiuscola che spetta a quei gruppi che riescono a compensare a tante assenze, a pressione, a difficoltà, non risentendone per nulla o solo in minima parte nel risultato.

Dopo l’ingiusta sconfitta nel derby contro il Padova, il Verona “auzzaider” non ne ha più sbagliata una. Da quel momento, che ritengo cruciale per il nostro campionato, il Verona si è riunito sotto i colori gialloblù, tutti insieme, vecchia e nuova guardia, dove i primi hanno trascinato gli altri, formando, finalmente, una Squadra vera. La distinzione ora non ha più senso. Ma il nucleo su cui è stato costruito questo Verona è potente come l’acciaio di cui sono impastati alcuni di questi giocatori. Penso a Ferrari, a Ceccarelli, a Maietta, ad Hallfredsson, all’incredibile Raffaello, a Gomez, a Jorginho. A loro si sono aggiunti sopraffini professionisti: il re dei bomber Cacia, il pistone Agostini, il moschettiere Sgrigna, il sambodromo Martinho, il granatiere Cacciatore, il pivot Moras. Altri li aspettiamo ancora ma sono strasicuro che verranno ancora utili: il barbuto Crespo, la cicala Rivas, il generoso Carrozza, lo sfortunato Cocco. Persino una delusione come Bacinovic può ancora dare un senso al suo campionato.

Il campionato, tuttavia, non è finito e tutto può succedere. Non è una frase fatta. Pur sapendo benissimo che con i se non si va da nessuna parte, stasera fermo al semaforo rosso, pensavo a questa semplicissima ipotesi che poteva essere realtà: se il Verona avesse battuto il Sassuolo e avesse ottenuto due pareggi con Padova e Vicenza, tre risultati che non avrebbero scandalizzato nessuno, credo, neanche i gufi di professione e i guastatori che stanno fuori dalle nostra mura, oggi saremmo ad un punto dagli emiliani. Alla faccia di chi diceva che il campionato era finito due o tre domeniche fa. Con i se e con i ma, però non si va da nessuna parte e se questi sono i nostri punti, allora questo ci meritiamo.

La cosa che più si deve evitare adesso è la “tabella”. Non serve ad un piffero. E ci fa male. La prossima settimana sarà nuovamente cruciale. Venerdì c’è il Cesena, notoriamente un campo in cui i gufi di cui sopra, hanno sempre svolazzato alti come i Condor (Agostini, do you remember?), poi il Cittadella al martedì e nuovamente il Brescia al sabato. Rischiare ora di fare festa, pronostici, dieci punti sì dieci punti no, eccetera eccetera, è una follia. Ora c’è da pensare a Bisoli e al Cesena, che per i distratti è una delle retrocesse dalla A e quindi una delle delusioni dal campionato, così come delusione è il Novara che di stipendi, giusto per essere chiari, spende molto più del Verona ed è a oggi fuori dai play-off… In fondo il Verona è appena arrivato dalla Lega Pro, al secondo anno dopo essere sprofondato in C, ad un passo dal baratro del fallimento, quasi una matricola. Anzi, no, come si dice? E’ un’auzzaider… Appunto. Ma auzzaider d’acciaio…

TROPPA TRANQUILLITA’, NON VA BENE

Non mi piace questa calma. Tran tran quotidiano mentre ci avviciniamo ad una partita delicatissima. Certo, la Ternana non è il Sassuolo. Ma è la prima di otto finali. Il Verona è pieno di giocatori infortunati. La gara con il Sassuolo ci ha dato la consapevolezza che il Verona con le grandi se la gioca sempre. Ma io sono preoccupato dall’andamento con le altre. I punti che pesano il Verona li ha persi contro la Pro Vercelli, contro il Cesena, il Novara mica con Livorno e company. Ecco perchè nell’aria dovrebbe esserci la tensione giusta, un po’ di elettricità. Sbagliamo fortemente se pensiamo a questa gara come ad una formalità. Non è così. La Ternana è un’ottima squadra, ha una difesa bunker, ci farà sputare l’anima. E se noi scendiamo in campo per fare il compitino andiamo incontro ad una grossa fregatura.

Il Verona ha “svoltato” nel suo campionato da quando ha giocato con la famosa mentalità “auzzaider”. Meno pippe più fatti, verrebbe da dire. E’ un trend che deve continuare. Giustamente Mandorlini, due settimane fa ricordava che il campionato si sarebbe giocato dopo Pasqua. Ecco. Ci siamo. Scrivo questo perchè temo la tranquillità dell’ambiente. Questa squadra ha sempre avuto bisogno di un po’ di pepe per rendere al meglio. Pepe che è mancato questa settimana. Non facciamoci fregare.

TUTTI PER GOMEZ

Comincio subito dichiarando il mio conflitto d’interessi: sono un estimatore di Juanito Gomez. I miei giudizi, quindi possono essere condizionati da questa premessa. Ritengo Gomez uno dei tre migliori giocatori della rosa del Verona. E’ uno di quelli che possono giocare in serie A. Detto questo, come personale estimatore dell’argentino, non posso essere contento del suo campionato. Dopo i 14 gol della scorsa stagione, mi aspettavo un Gomez ancora più prolifico in fase realizzativa. Invece Juanito è fermo a quota sei, ha tirato quattro rigori, uno l’ha sbagliato. Non è tanto quel rigore fallito a Sassuolo che mi porta a giudicare Gomez negativamente. L’errore ci sta. Avrebbe potuto sbagliare Cacia e nessuno avrebbe detto niente. Gomez si è preso una bella responsabilità. Noto invece un’involuzione generale. Sembra quasi che Juanito faccia sempre la cosa sbagliata. E solitamente è l’ultima cosa. Per esempio: contro il Crotone fa fuori mezza squadra avversaria, entra in area, può tirare e scarica il pallone al compagno, quasi per togliersi di dosso l’incombenza. Perché? E’ chiaro che Gomez sente la pressione. L’anno scorso era l’uomo mercato del Verona, ora è in discussione all’interno della propria squadra. C’è chi dice, e con un po’ di ragione, che Mandorlini lo faccia giocare troppo largo. E’ vero pure che la presenza di Cacia e non di Ferrari al centro dell’attacco, costringe il Verona a giocare in modo diverso. Se avete notato a Grosseto, quando Iron Nick tornò a guidare l’attacco, Gomez pareva essere quello dello scorso anno. Nel giudicare Juanito bisogna anche tenere presente il lavoro sporco che è costretto a fare. Quanti ripiegamenti fa ogni partita? Quante diagonali difensive? Spesso lo si trova a ridosso della nostra area di rigore e raddoppiare sull’esterno avversario. Questo è sinonimo di grande intelligenza e generosità. Se il Verona prende pochi gol è anche merito di Gomez. A Sassuolo, con la testa fracassata, con il peso del rigore sbagliato, ha continuato a giocare e alla fine è risultato uno dei migliori nell’assalto finale. Per questo Mandorlini lo ha tenuto dentro. Juanito non è un giocatore che bacia la maglia. Che balla dopo un gol, che promette faville, che fa il ruffiano con i tifosi. E’ umile, motivato, sensibile. L’affetto se lo conquista con i fatti. Diamogli fiducia. Ci ripagherà.

APPLAUSI

Il pareggio con il Sassuolo é frutto di una delle migliori gare della stagione. Il Verona meritava di vincere. Peccato. Se Gomez avesse segnato il calcio di rigore forse la gara avrebbe preso una diversa piega, forse si poteva anche mettere il Sassuolo alle corde. La riprova non l’abbiamo. Mandorlini ha spiegato che la decisione di far tirare Juanito é stata presa dalla squadra. Dice ancora il mister che questo é anche meglio di un gol segnato. E se vogliamo, nell’amarezza di aver forse buttato due punti, io sono d’accordo con lui. Da ormai cinque gare, il Verona ha messo in campo quello spirito battagliero, invocato prima di tutti dal suo ds. Ha raccolto undici punti su quindici, resistendo a quelle che prima di queste cinque gare erano le prime due della classe. Ha rimontato punti, é in vantaggio sia con Livorno che con Sassuolo negli scontri diretti. Rispetto alla scorsa stagione ha un punto in più. Ma é chiaro che il campionato si gioca adesso. Un minitorneo di otto gare in cui vincerà chi ha più birra nelle gambe, più scelte in panchina, più freddezza. Ma dopo le sconfitte con Vicenza e soprattutto con il Padova, questo Verona può guardare avanti con fiducia. E forse, anche il piccolo grande gesto di generosità di Cacia che ha lasciato a Gomez l’incarico di battere il rigore, sarà visto come l’alba di un nuovo Hellas. Il Verona “auzzaider” che tanto ci piace..

SETTI, VOLPI E IL RISPETTO CHE IL VERONA RICHIEDE

E’ da quando Maurizio Setti è venuto a Verona che si vocifera che alle sue spalle ci sia Volpi, il patron dello Spezia. Sono stati i colleghi di Bologna i primi ad avanzare questa ipotesi, visto che Volpi, con Setti, aveva tentato di acquistare la società rossoblù. Sono voci, appunto, che finora non sono mai state provate. Setti a mia precisa domanda nella prima intervista che mi ha concesso ha dichiarato: “Volpi è un amico. Ma non è mio socio”. Ora a Verona siamo già stati scottati da un simile problema. Anche Pastorello sosteneva che Tanzi fosse solo un amico, invece, grazie alla magistratura di Parma abbiamo visto che quello che sospettavamo era vero. Cioè che senza Tanzi (e le sue firme bancarie) Pastorello non avrebbe potuto prendere il Verona.

Per questo siamo particolarmente sensibili all’argomento. Anche perchè quello sciagurato binomio ci aveva sì portato in serie A, ma ha poi ridotto l’Hellas in uno stato prefallimentare. Quindi l’attenzione che dobbiamo usare in simili discorsi deve essere massima.

Devo aggiungere, che ci sono sostanziali differenze tra Pastorello e Setti. Il primo era un manager calcistico che dal calcio doveva trarre sostentamento per sè e per la sua famiglia. Quello che a Verona non si voleva vedere era la sciagurata commistione tra la P&P, l’agenzia dei figli di Pastorello (ma in pratica dello stesso Pastorello) e la società. Fu questo cangerogeno rapporto a rovinare il Verona. E forse anche Pastorello che si fece prendere dall’ingordigia.

Setti è un imprenditore. I suoi marchi sono ben visibili sulle maglie del Verona. I suoi negozi sono sparsi in tutto il mondo. Le sue fabbriche esistono. Non è una differenza da poco. Non credo sia a Verona per fare beneficenza. Non ci credo perchè nessun imprenditore vuol fare beneficenza. E’ qui per fare business. Ma per fare business, Setti sa benissimo che deve costruire una squadra forte e all’altezza, una società competente, che deve andare e, soprattutto, restare in serie A. Solo dopo, molto dopo arriverà il business. Se devo guardare i fatti concreti, come tifoso e giornalista dell’Hellas, devo dire che Setti ha scelto di fare questo percorso nel migliore dei modi. Ha strutturato la società, le ha dato spessore, ha investito. Cos’altro posso chiedergli come tifoso?

E’ chiaro che, come giornalista mi dò anche il compito di vigilare. E’ giusto. E’ un ruolo legittimo. Personalmente vigilerò sul Verona, su Setti, pronto come sempre a denunciare se qualcosa non mi torna. Ma, con altrettanta sincerità, devo dirvi che mai come in questo momento il Verona mi pare essere una società seria e determinata. Piuttosto mi chiedo perchè periodicamente il Verona venga così scandagliato a fondo. Si facesse con tutte le altre società allora direi che è il normale procedere. Ma mi puzza questa faccenda che solo al Verona vengano fatte le pulci. Si indaga sui rapporti tra Setti e Volpi e mai nessun giornalista cuor di leone ha chiesto a Galliani e Preziosi dei loro tanti affari. Giocatori che vanno e vengono come figurine Panini, cene e pranzi da Giannino…  Perché? E nessuno chiede a Sartori e a Campedelli perchè hanno un rapporto privilegiato con l’Inter, tanto che il Chievo è persino diventato un parcheggio di giocatori nerazzurri che non potevano essere tesserati. Come mai sempre e solo il Verona?

Infine: giusto per spegnere altre mille cazzate che leggeremo da qui alla fine dell’estate. Vi posso assicurare, al cento per cento, che se il Verona andrà in serie A, l’allenatore dell’Hellas sarà ancora Mandorlini. Vedremo chi avrà ragione… Così almeno potrò dire, una volta, che io l’avevo anticipato…

 

 

 

QUA SEMO TUTI MATI

Se non è follia questa non saprei davvero che altro possa esserlo. Il Verona mette in scena una rassegna completa della pazzia, in 93 minuti che meritano il titolo di domenica più fuori di testa dell’anno. Abulico, indisponente, senza gamba nel primo tempo. Nel baratro dopo il gol del 2-0. E poi orgoglioso, straripante, generoso, fino alla sofferenza finale per una mezz’ora di adrenalina pura.

Qui il Verona è crollato, si è ritrovato, è risorto in una sorta di Pasqua calcistica che potrebbe sancire la svolta del nostro campionato. Il tutto trascinato da vecchia e nuova Guardia, mentre sfilava tutto il bello e il brutto di questo campionato, ad iniziare da quel sontuoso Cacia, per finire all’oggetto misterioso Bacinovic, ancora una volta nel tritacarne della critica, non sempre per la verità per colpa sua e forse anche con qualche attenuante generica che si può attribuire anche al più incallito dei criminali e dunque anche ad un giocatore di calcio che non può trovare d’incanto posizione in campo, brillantezza atletica e forza fisica, giocando una gara sì e sei no.

Veronesi tuti mati recita il proverbio e nulla sembra più vero in questa folle domenica. In cui, se usi un po’ di razionalità, qualche spunto lo riesci a trarre. Come per esempio quella strana coppia (Ferrari+Cacia) che nessuno poteva dire se funzionasse e che invece ha funzionato al cento per cento, con Iron Nick che dall’alto della sua generosità si è messo al servizio del compagno più dotato, immettendo nel cuore del Verona il suo sangue vitale, fatto di pressing, lavoro oscuro, spallate, scivolate. Repertorio dell’umiltà, ovvero della squadra “auzzaider”, che è ormai diventato il motto di questo Hellas, che a volte, purtroppo si perde nei panni del nobiluomo che tratta tutti con sufficienza e con snobismo.

Dopo un anno passato a chiederci se è lui o il fratello, sul più bello ritroviamo anche Emil Hallfredsson che proprio un anno fa di questi tempi, lasciava i nostri lidi per trasferirsi in vacanza. Ritrovato Alfredo, con questo Ferrari e con un Cacia in versione bomberissimo (visto che avevo ragione?), l’Hellas vola al secondo posto, rispondendo colpo su colpo al Livorno e anche al Sassuolo. Ora, è vero che nove punti sono infiniti, ma sai che ridere se giovedì portassimo a casa l’impresa e il divario dai modenesi di Confindustria si riducesse a sei punti? Sai che fantasmi nella testa di Nereo Bonato che già vide dilapidare dall’Hellas di Remondina un simile vantaggio? Logica vuole che non sia così, che il Sassuolo sia già in serie A e che il Verona se la vedrà fino alla fine con il Livorno. Logica appunto. Ma avete mai visto la logica funzionare a casa dei matti?

 

DANIELE CACIAAAAAA

Si può prescindere da uno che ha fatto 16 reti? No, non si può. Giratela come volete ma il Verona dipende da Cacia. Forse non nel senso stretto del termine (non credo che siamo Cacia-dipendenti, le alternative ci sono), ma è indubbio che il Verona può andare diretto in A se il suo bomber principe sta bene e ritrova il gol. Per me, uno come lui, vale 25 reti a stagione. Ed è ora che anche lui se ne faccia convinto. Dirò francamente che nell’ultimo periodo, più della pubalgia (che Cacia ha smentito a  più riprese sia a me sia a Luca Fioravanti) potè la scarsa fame. Come se Cacia si fosse un po’ appisolato sul suo bottino di quindici reti, accontentandosi di questo. E’ la differenza che passa tra un bomber grandissimo e uno, diciamo così, normale. Cacia potenzialmente ha tutto per essere un grandissimo. Ma grandissimo davvero. A livello di Inzaghi e compagnia varia. Gli fa difetto, evidente, la testa. La fame, appunto. Riguardare la carriera di Inzaghi gli sarebbe utile. Un attaccante fortemente determinato, per cui il gol era una questione di vita e di morte. Capace di crearsi un’ossessione ma anche di crearla ai difensori avversari. Detto questo: per me ha fatto bene Mandorlini a mandarlo in campo sempre. E ha fatto bene anche a dargli quella piccola scossa lunedì scorso. La reazione del bomber c’è stata. Perchè, è vero che quando è entrato Cacia ha fatto poco o niente, ma è anche vero che alla fine ha fatto la cosa più importante della partita. Ha preso il rigore (sacrosanto) e segnato il 2-1. Non è poco. Anzi è tantissimo. Cacia va fatto giocare a prescindere. E magari fatto rifiatare in qualche gara come è successo a Bari e a Lanciano. Il resto lo deve mettere lui. Che, come dice scherzando Mandorlini, è quello che guadagna di più. E se guadagna di più, un motivo ci sarà. O no?