FACCIAMO LE CORNA

Il Verona gioca a Vercelli, contro la gloriosa Pro. La gara è apparentemente semplice, prima di un lungo tour de force. Mandorlini, squalificato non sarà in panchina ma seguirà il suo Hellas dagli spalti, come un tifoso qualunque. Facciamo le corna e speriamo bene…

HANNO RAGIONE (SEMPRE) LORO

Fateci caso. C’é gente che parla del Verona e vuole sempre avere ragione. L’Hellas vince? Questo é scontato, perché la squadra é forte e fino a prova contraria, può andare in serie A anche se allenata dal custode dello stadio.
Perde? É colpa del modulo (lo stesso che ha fatto vincere e tanto). Se poi, come é successo con l’Ascoli, il Verona ha cambiato per mezzo tempo (mezzo…) il merito é del cambio e certo… Loro, i bene informati, osservatori attenti, perfettamente informati e abili tecnici, avevano naturalmente ragione…
Insomma hanno sempre ragione loro ed é chiaro che se il Verona non perde in casa dalla gara dello scorso anno col Torino (9 ottobre 2011) un anno e due mesi esatti, non é perché Mandorlini é un bravo allenatore che ha dato identità ed idee alla squadra ma é perché il riottoso allenatore, cocciuto e ostinato ha finalmente ascoltato lor signori.
Va bene… Facciamo finta che sia così. Questi grandi tecnici con ottime carriere sia come critici, allenatori e/o direttori sportivi, sostengono ad esempio che ieri si é visto un gran Bacinovic perché finalmente lo sloveno ha giocato in questo 4-4-2 che poi per loro é un 4-2-4 (ma stamattina ho letto di tutto, anche di un 4-3-1-2 e di un un 4-5-1). Bah… Io ho visto un gran Bacinovic perché lui, come Gomez, ce l’ha messa tutta, perché quando ha sbagliato qualche passaggio, ha rincorso il pallone, ha morso gli avversari, ha in sostanza messo in campo quella grinta e quella voglia che prima non gli avevo mai visto. Ancora più ameno il giudizio su Gomez. Si dice che Gomez nel 4-3-3 sia troppo lontano dalla porta. Infatti ieri con il nuovo modulo era lontanissimo. Eppure mai cosí presente. In area, in difesa, a centrocampo. Merito del modulo o di una voglia e di una condizione ritrovate?
Io credo che ieri fossero le motivazioni e la rabbia a fare la differenza. Molto più del modulo che per mia/nostra fortuna sceglie Mandorlini e non questi saccenti e anche un po’ noiosi osservatori.

LA NORMALITA’

Il Verona vince 3-1 con l’Ascoli. Normalità. E’ terzo in classifica: normalità. Ha otto punti sulla quarta normalità. Potrebbe essere allenato dal custode dello stadio: normalità. Ha cambiato modulo: normalità. Non è normale invece sentire tante cazzate come dopo Brescia. Non è normale che dei tifosi (?) chiedano la testa di un allenatore come Mandorlini. E non è normale, neanche fare più di un’ora di coda per avere una tessera del tifoso per andare a vedere una partita. Ma siamo normali? Credo di no.

CI RISOLLEVEREMO. CON MANDORLINI

Mi piacciono le critiche, ma quelle costruttive. Non mi piace, lo dico subito, questo up and down che non è degno dei tifosi del Verona. Non mi piace questo referendum popolare che si è creato ad ogni gara: Mandorlini si, Mandorlini no. Ad ogni turno, ad ogni gara vinta o persa le due fazioni si scontrano. Si passa dal Mandorlini profeta al Mandorlini coglione. E’ un approccio sbagliato e immaturo, che non è figlio, se mi permettete della nostra mentalità. Il Verona è una squadra forte, lo sappiamo, e la critica, non ditelo a noi di Telenuovo che ospitiamo sulle nostre pagine e sui nostri canali tutte le opinioni, quelle pro e quelle contro, sono il sale della civiltà. Guai a cassare le voci, anche quelle antitetiche. Ma questo non significa che si debba minare ad ogni sconfitta le fondamenta della costruzione. E’ un giochetto autolesionistico che non fa bene alla nostra squadra. Sentire che Mandorlini deve essere cacciato dopo questa gara con il Brescia è una bestialità. Dopo mille anni di merda, Mandorlini ci ha riportato a galla e a lui va, eternamente il nostro grazie e se mi permettete anche il nostro rispetto. Come ho detto mille volte: il mister ha un caratteraccio, risponde a tono alle critiche, però ci mette sempre la sua faccia, non si cela dietro uno pseudonimo o un nick. E non è mai banale. Paga per questo, in un calcio fatto improvvisamente da verginelle che fino all’altro giorno vendevano partite e fregavano i risparmiatori in borsa. Per lavarsi la coscienza il calcio di oggi ha deciso di essere politicamente corretto. Ma i ladroni sono sempre là. Intanto paga Mandorlini, per essere vero e poco banale. Così se a Livorno prima di una gara sono arrivati a picchiarlo e lui dice di essere fiero di questo odio, finisce attaccato da tutti.  Mandorlini ha dimostrato di avere in mano la situazione e di saper condurre questa nave. In questo momento i risultati non vengono, un po’ ci gira male, un po’ gli episodi ci condannano, un po’ bisogna migliorare. Mandorlini lo sa benissimo che questo Verona non si è ancora espresso al cento per cento e che tanto c’è da lavorare per fare il salto di qualità. I motivi sono tanti, compreso il fatto che  si è creato un clima di attesa eccessivo. Come se vincere fosse una formalità, mentre perdere un disastro totale. A Brescia ho visto un buon Verona che ha pagato un calcio d’angolo e gli errori di Cacia. La gara è tutta qui. Il 2-0 francamente non lo conto neanche. Ci risolleveremo. Con Mandorlini, statene certi.

IL CAMPIONATO É IL NOSTRO OBIETTIVO

Non c’é forse nemmeno il bisogno di dirlo e di scriverlo: ci siamo esaltati dall’impresa di Coppa Italia, bella bellissima, affascinante. Personalmente, come tifoso, non finiró mai di ringraziare mister Mandorlini per non avere snobbato l’appuntamento, ringraziamento esteso ai suoi ragazzi, nessuno escluso. Ma é chiaro che questo é un binario parallelo, che potrebbe anche diventare un binario morto, mentre quello a cui tutti noi teniamo é il campionato. Questa durissima serie B che qualcuno, non facendo il bene dell’Hellas, considera solo una formalità da sbrigare per una squadra forte come la nostra.
In realtà vincere non é mai facile e per farlo servono tante doti. Anche quella dell’attenzione e del rispetto degli avversari, che contro di noi giocano sempre alla morte.
La gara con il Brescia é una di queste partite. Difficilissima e durissima. Molto delicata, perché arriva dopo Cittadella. Il Verona non può sbagliare e tutti lo sanno. Ma l’impresa di Coppa ci ha fatto capire, una volta di più, che su Mandorlini e i suoi ragazzi si può contare sempre a occhi chiusi. Basta avere fede. E noi ne abbiamo in abbondanza.

IMPRESA A PALERMO

Mi sono appena risvegliato… Che strano sogno ho fatto… Pensate un po’… Mi sono sognato che il Verona tornerá a giocare alla Scala del calcio… San Siro… il Meazza… Sembra incredibile… Eppure l’altro ieri eravamo a Marcianise e anche a Legnano e in quello stadio con il muretto a un metro e quella presidentessa che scriveva lettere dicendo che siamo razzisti e naturalmente beceri… Mi sono anche sognato che abbiamo eliminato il Palermo dalla Coppa Italia. Che Rafael ha parato tutto, mentre quello che ha il nome di un grande attore, giovane e con la parlata forbita… Massí dai… l’Albertazzi… Dimostrava di essere un grande giocatore. E poi Abbate… Si sí Abbate, quello che una ne pensa e cento ne combina che ha giocato ovunque… A destra, a sinistra, persino nel ruolo di Jorginho… Ceccarelli e Moras poi… Nessuno la prendeva con loro due lá in mezzo… E ho sognato che Carrozza galoppava sulla fascia, Rivas dribblava anche i custodi del Barbera, mentre lá davanti il bulgaro… Bo… Bo.. Bojinov non faceva vedere palla a nessuno e ogni volta che la prendeva erano cavoli amari per tutti… Pensate che strani che sono i sogni… Ho visto segnare Cocco, ma mica un gol normale… Una rete sotto la traversa, un gol da paura… É chiaro che ho sognato perché anche Fatic é entrato in questa partita e ha giocato persino bene. Ah, poi per abitudine forse, ho visto segnare anche Cacia… Poi, cosí per scherzare, nel sogno Cacciatore veniva espulso per aver fatto una linguaccia all’arbitro. Alla fine abbiamo vinto 2-1 e l’ultima immagine che ricordo é di quel signore che da quando é arrivato a Verona ci ha fatto dimenticare di essere andati a Sesto e a Pagani e anche a Manfredonia. Aveva gli occhi spiritati e l’ho visto correre sotto uno spicchio di stadio con quattrocento pazzi che urlavano e cantavano e uno, sempre lui, tutto nudo che festeggiava come a Salerno…E per mezz’ora mi é venuta la tachicardia. Cuore in gola, tanto che quando mi sono risvegliato ero anche mezzo sudato… É evidente che é stato un sogno… O no?

SVEGLIA!

A meno di miracoli (in cui chi ha la fede è giusto che creda…), il Verona torna da Cittadella con un pugno di mosche. Si conoscevano i rischi di questa partita che il Verona, bisogna dirlo, ha giocato non in perfetto stato, con assenze importanti (Martinho e Hallfredsson è difficile concederli…). L’alibi reggerebbe se non avessimo detto fino a un paio di minuti fa che la rosa del Verona è vasta, completa e piena di qualità. In realtà il Verona di Cittadella è stato un brutto Verona. Timido e impacciato ha lasciato quasi sempre l’iniziativa agli avversari. I motivi sono più d’uno. Ma credo che in generale tutto vada sotto la voce: diamoci una svegliata. Per l’ennesima volta, anche Mandorlini lo ha detto a fine gara, abbiamo segnato e siamo stati raggiunti. Questo non è un limite, è uno stato mentale. I giocatori del Verona, quest’anno, hanno la fortuna di giocare in un clima idilliaco. Società perfetta, tifosi pazienti, critica tutto sommato all’acqua di rose. Direi che mai come in questo campionato c’è l’atmosfera giusta per esprimersi al meglio. Eppure non è così. Senza scendere nei particolari e colpevolizzare i singoli, mi pare di notare che troppi giocatori, dopo sedici giornate hanno reso sotto le aspettative. Questo credo non sia più possibile. Il rendimento deve essere massimale, perchè il paziente pubblico di Verona ha giustamente delle attese che corrispondono esattamente all’affetto e alla dedizione con cui questa tifoseria segue la propria squadra.

E’ meglio, insomma, non tirare troppo la corda, perché alla fine la gente si stufa, i mugugni aumentano e con essi anche le difficoltà. Non credo che sia ancora il caso di alzare preoccupanti campanelli d’allarme, ma è chiaro che serpeggia una certa delusione, a fronte di un Sassuolo e di un Livorno che vanno a mille e non si concedono pause, pause in cui invece il Verona finisce spesso e volentieri. La sveglia, insomma è suonata. Meglio alzarsi prima che sia troppo tardi.

IL CORAGGIO DI DON ABBONDIO

Sogliano ha parlato. E ha ribadito che questa squadra ancora non ha negli occhi lo sguardo della tigre. Il coraggio, dice Don Abbondio, uno non se lo può dare. Cioè uno ci nasce coraggioso oppure non può diventarlo. La verità é che Mandorlini aveva trasformato il suo Verona in una squadra impavida, senza paura, capace di risorgere dalle ceneri e di giocarsi sempre, fino in fondo qualsiasi match. Questa squadra invece é bellissima, a volte, ma é sempre un po’ svagata. Come quelle belle donne che sanno di piacere e un po’ se la tirano… E il coraggio, la rabbia ancora difetta.
Ci sono due, tre incongruenze tattiche in questo Verona, di cui anche Sean é responsabile. La prima é che il sostituto di Tachtsidis fino ad oggi ha clamorosamente fallito. E per fortuna che Jorginho é esploso, altrimenti lì si sarebbe aperto un baratro.
C’é poi la questione terzino sinistro che crea un effetto domino su tutta la squadra. Per tappare un buco se ne aprono un altro paio e la faccenda diventa ancora più evidente a gara in corso.
Infine c’é Bojinov che non é un rinforzo normale ma é un fuoriclasse. Ed ogni volta che va in panchina perché Mandorlini decide cosí fa sorgere dubbi. E se avesse giocato? E se fosse partito titolare? Per fortuna sia Valeri, sia Mandorlini stanno gestendo con grande intelligenza e professionalitá un rapporto potenzialmente esplosivo.
Nessuno, credo, può dire oggi di essere scontento di questo Verona.
Siamo felici, la posizione in classifica é buonissima, i margini di miglioramento ci sono tutti.
Ma sarebbe un errore, e le parole di Sogliano sono chiare, mettere la testa sotto la sabbia e dire che tutto va bene. Per un punto dieci anni fa siamo retrocessi in B. Per un punto non siamo ritornati in serie A. Per un punto abbiamo fatto lo spareggio e siamo retrocessi in C. E forse con un punto o due persi per strada, Massa a parte, anche la scorsa stagione poteva avere una piega diversa. Morale: quando vinci uno a zero dominando come col Cesena e poi pareggi in questo modo, ti girano le balle per tutta la settimana…

NESSUN DRAMMA MA LE GARE SI DEVONO CHIUDERE

Mi piacerebbe commentare una volta almeno un pareggio del Verona in cui gli avversari ci avessero veramente messi alle corde. Invece, per l’ennesima volta, sono qui costretto a parlare di un pareggio, dopo una partita dominata. E’ un fatto assurdo, che dimostra che il calcio non è una scienza esatta ma che a volte l’imponderabile riesce ad avere il sopravvento. Il Verona del primo tempo ha preso a pallate il Cesena checché ne dica il signor Bisoli, il quale, pure legittimamente, ha tirato l’acqua al suo mulino a fine partita.

Il risultato giusto sarebbe stato tre a zero, almeno. Il peccato del Verona sta tutto qui. Non aver chiuso il match quando c’era da chiuderlo. Il tiro della domenica fatto però di venerdì sera dell’omonimo del numero 1 del tennis mondiale, è stato il jolly che ha complicato il match. Il Verona si è aggrovigliato su se stesso, incapace forse di accettare il risultato che, appunto, doveva vederlo in netto vantaggio e invece diceva pareggio.

La vista si è annebbiata, le idee sono venute meno, la stanchezza ha fatto capolino e gli uomini che fanno la differenza hanno fatto meno la differenza. Vorrei dire che si è sentita anche la mancanza di Cacia, perchè magari giornalisticamente sarà anche un tema che tratteremo in questa settimana. Ma non sarebbe vero affermare che Cocco ha giocato male. A me Cocco è piaciuto, anche se è difficile dire che cosa avrebbe potuto fare Cacia di diverso.

Aggiungiamo anche una serata non felicissima dei guardalinee che non hanno dato un gol forse regolare (e nel dubbio, comunque, sempre contro al Verona…). Per questo pareggio io non farei drammi, ma trarrei degli insegnamenti. Il Verona deve assumere una mentalità vincente, spietata, utilitaristica. Deve piegare gli avversari al proprio volere, alla propria forza. Ancora questo non si è visto con continuità, o meglio si è visto con le due più forti (Livorno e poi Sassuolo) e questo vuol dire che anche la concentrazione, lo stimolo, l’aspetto mentale, ha una sua importanza.

CHE COSA SONO STATE LE BRIGATE GIALLOBLU’?

Da tre giorni mi sto documentando sulle Brigate gialloblù. Non che non le conoscessi, ma in vista della puntata del Vighini Show che ho voluto dedicare a questo argomento, ho cercato di rinfrescare la mia memoria.

Devo dire che più leggo, più ascolto, più vedo questo fenomeno di tifo mi risulta affascinante, proprio sotto il punto di vista giornalistico. Un rapporto quello tra le Brigate e la stampa che è sempre stato… diciamo così… controverso. E c’è da capirlo… Purtroppo troppo spesso il fenomeno è stato analizzato dal punto di vista ideologico, sempre con filtri stereotipati, cercando di mettere in risalto gli aspetti negativi e mai, o poche volte, quelli positivi.

Ho contattato decine di persone in questi giorni. In molti hanno accettato il mio invito a venire in studio stasera. Qualcuno lo ha rifiutato. Ma in tutti ho sentito lo “spirito” di un gruppo. Gente di estrazione sociale diversa, di cultura diversa che non appena dici “Brigate gialloblù” ha un brivido.

Ecco, già questo sarebbe sufficiente per affrontare il tema e la puntata di stasera senza pregiudizi. Certamente e lo so in anticipo, conoscendo la “maraia” meglio delle mie tasche, ci sarà qualcuno che storcerà il naso, che dirà che quella non è la sede, che si poteva fare meglio, che era meglio non farla, che no, quell’argomento si doveva approfondire o forse era meglio tralasciarlo. Beh, non sono presuntuoso e non m’importa di fare una puntata perfetta. Voglio solo che stasera si capisca qualcosa in più sulle Brigate Gialloblù.

Per questo voglio enormemente ringraziare tutti quelli che hanno accettato di raccontare quei vent’anni, vissuti in prima persona. E’ giusto sapere e conoscere, prima di giudicare. E’ uno dei motivi per cui tanti anni fa, ormai, decisi di fare il giornalista. Raccontare e soprattutto far raccontare alla gente la propria esperienza, le proprie emozioni. La propria vita.

PS: volevo pubblicamente qui ringraziare il mio grande amico Sbarde… Ho trasformato per un pomeriggio la sua edicola in una sezione staccata della redazione. Senza di lui non avrei fatto questa puntata… Grande Sbarde… Grazie ancora….