BENVENUTI IN PARADISO

Quando tra una decina d’anni riguarderemo nelle nostre cineteche la gara con il Torino ci verrà da sorridere a ricordare una serata come questa: ti ricordi come giocava quel Verona di Mandorlini? Solo in paradiso giocano così.

In paradiso e a Verona, appunto. Non sia un’iperbole, ma l’Hellas all’Olimpico ha messo in scena uno spettacolo meraviglioso, una poesia infinita, una superiorità schiacciante. In casa della potenziale capolista che non aveva mai perso il Verona è stato perfetto. Non sai nemmeno da chi iniziare con gli elogi e con chi finire. Tutti perfetti, tutti uniti, un’orchestra eccezionale che ha suonato una sinfonia da pelle d’oca.

Quattro gol, uno più bello dell’altro, un palo, un miracolo di Benussi, almeno altre tre nitide occasioni. Non c’è stata partita perchè il Verona non ha voluto che ci fosse. Il Torino, cioè la squadra che più ci era stata superiore fino ad oggi, è stato schiantato da un Verona bellissimo, persino troppo perfetto. I meriti vanno davvero divisi tra tutti. Non si può non partire dalla testa, cioè da Martinelli, e poi a scendere Gibellini, Rafael, tutti coloro che hanno giocato e anche chi non ha giocato.

Ho tralasciato appositamente Mandorlini perchè lui è il demiurgo di questo Hellas, l’uomo che riesce a tramutare il paradiso in realtà. Siamo in corsa, siamo lì, e sicuramente dovranno fare i conti con noi. Ne ero certo dopo Genova, ne sono certissimo oggi. Il campionato non è finito, ma per una settimana non voglio scendere da questo paradiso. Dopo tanti anni di inferno, credo di meritarmelo. Anzi: ce lo meritiamo. Tutti noi.

LA PAURA

Un amico mi dice: c’è poco da fare. Se il Verona non va in serie A resteremo tutti molto delusi. Gli rispondo: ma se un anno fa ti avessero detto che saresti stato promosso in B e che a marzo stavamo giocando per la promozione cosa avresti pensato? Dice: è vero. Ma un tifoso guarda solo al presente e al futuro. E adesso ha paura di non farcela.
Legittimo. Ma sbagliato. Hai paura di non farcela quando hai qualcosa da perdere. In realtà il Verona di Mandorlini non ha nulla da perdere. Deve solo continuare a stupire. Con la testa sgombra, conscio di aver fatto già tantissimo.
Quella paura è la stessa che ci ha fatto giocare venti minuti con il “braccino” a Genova e che ogni tanto affiora in alcune gare. Credetemi. Se veramente vogliamo provare andare in serie A, dobbiamo liberarci di quella paura, noi tifosi e la squadra di conseguenza. Giocare “leggeri” da qui in avanti, con la consapevolezza di chi sa che non c’è nulla da perdere ma solo da guadagnare. È un campionato meraviglioso, non roviniamolo con le nostre stupide apprensioni.

CLIENTI O TIFOSI?

Ogni tanto c’è qualcuno che parlando di chi assiste ad una partita di calcio tira fuori il termine “cliente”. Lo fa anche oggi la Gazzetta rispondendo ad una lettera di un lettore. Mi fa un po’ ridere francamente. Cliente è qualcuno che paga per avere una merce sperando che quello che ha pagato corrisponda al valore della cosa comprata.
Fosse così, vedendo quanto costa assistere ad un match di calcio, raramente quel “cliente” sarebbe soddisfatto dell’acquisto. Senza contare il masochismo: alzate all’alba per seguire la squadra, ore di trasferte in pullman disagiati, tornelli, peripezie per acquistare i biglietti, eccetera, eccetera.
Fossimo stati “clienti” a Verona saremmo andati ad abbonarci in massa in Lega Pro? È evidente che il concetto di “cliente” è un concetto che esce dalla testa bacata di qualche addetto al marketing che ritiene quel povero tifoso, null’altro che un soggetto da spremere al fine di svuotargli il portafoglio.
È evidente anche che il calcio è molto di più del semplice rapporto tra azienda e cliente. C’è una passione, a volte persino malsana, che non è possibile riscontrare da nessuna parte. C’è una totale e cieca fiducia, tanto che si arriva a chiamarla “fede calcistica”.
È quella che ha permesso al Verona di non crollare in questi anni, di reggere l’urto di una squadra che stava in serie A, ma senza quell’appeal di passione e di emozione che il Verona ha riservato invece ai propri tifosi.
Il Chievo ha cercato di attingere in questi anni ad un pubblico “tiepido”, appunto un pubblico di “clienti” che era interessato più a vedere la serie A (Inter, Milan, Juve in primis) che il Chievo stesso. Colpisce quindi che Campedelli, ai mugugni di questo pubblico-cliente davanti a penosi spettacoli (non di risultati, sempre discreti in realtà) abbia risposto: “Se vogliono divertirsi vadano al cinema o al circo”.
Il problema, per Campedelli è infatti proprio questo. I clienti se ne sono andati da altre parti in cerca di uno spettacolo decente e lo stadio, così, è rimasto vuoto con l’unica cornice di pochi ma veri e affezionati tifosi (e non clienti, appunto).
Resta però un dubbio: lo spettatore televisivo di Sky e Mediaset premium è un cliente o un tifoso? Perchè oggi è proprio grazie ai diritti televisivi che chi non ha tifosi allo stadio riesce a sopravvivere. È giusto? Ma soprattutto reggeranno Sky e Mediaset Premium a distribuire denaro, tantissimo, senza un ritorno? È quello che vedremo nel prossimo futuro.

STEMO CALMI (tris)

Mi pare che troppa gente si sia già dimenticata da dove arriva il Verona. E la memoria corta fa brutti scherzi. Invece l’esercizio della memoria ci aiuta a capire che il Verona è una squadra con dei limiti che può (può e non deve) perdere con la Sampdoria.
Troppo catastrofismo attorno a queste gare del Verona. Che non è in grado, ribadiamolo, di ammazzare il campionato. Ma può fare cose straordinarie come ha fatto sino ad oggi. Non è vero che l’Hellas è inferiore alle grandi.
È vero, invece, che ognuna di queste gare ha visto giocare un Verona non all’altezza per un motivo o per l’altro. È stato così anche con la Sampdoria dove in troppi hanno fallito l’appuntamento e tra questi proprio chi deve fare la differenza. La gara sta tutta qui. Nella giornata no di giocatori troppo importanti per l’Hellas per regalarli agli avversari. Senza dimenticare i due fuorigioco che hanno penalizzato, negli episodi, i gialloblù. Ma il Verona, anche in una gara storta come questa non è crollato, e all’interno del gruppo ha ancora tante frecce. Da Pichlmann (in tribuna), a Pugliese, da Tachtsidis (squalificato ) a Berrettoni (anche lui in tribuna), da Abbate a Galli. Sono certo che Mandorlini non li ha accantonati e che torneranno utili da qui alla fine.
Come ripetiamo da tempo, non è che il campionato sia finito a Marassi. E non finirà neanche lunedì nel posticipo a Torino. Insomma: stemo calmi.

GRAZIE A TUTTI

 

Questo è l’articolo che il Secolo XIX, quotidiano di Genova, ci ha dedicato questa mattina. Vorrei davvero ringraziare tutti voi, perchè, ancora una volta, abbiamo dimostrato con i fatti che i tifosi del Verona non sono beceri e razzisti, ma hanno in realtà un grande cuore.
Ps: un ringraziamento speciale va a Roger, senza il quale questa iniziativa non avrebbe avuto successo.

CIAO GERMA

Era stato lui a portarmi a Telenuovo nel 1986. “Io non mi sbaglio mai su un giornalista” diceva. Ed infatti in tanti a Verona gli dobbiamo la carriera. Germano Mosconi era un formidabile talent-scout, uno nato per fare questo mestiere.
Era un adorabile conversatore, un intrattenitore, un barzellettiere, ma soprattutto era un grande cronista. Per me era anche qualcosa in più. L’ho mandato a quel paese più di una volta, giovane e irruente, mentre lui cercava di calmarmi e di farmi capire come andavano le cose della vita.
Bastava una sua battuta per farmi tornare il sorriso. Potrei raccontarvi mille aneddoti sul “Germa”. Come quando Uzzo, latitante e con un mandato di cattura sul groppone, lo chiamò in un pomeriggio agostano dalla sua barca in Sardegna, forse ignaro di essere inseguito dalla giustizia. Germano sbiancò in volto, ma poi riuscì a gestire la situazione da par suo.
Germano passava la giornata in redazione.
Un lavoratore instancabile, capace di macinare pagine su pagine di giornale, di scrivere centinaia di righe, di dirigere un telegiornale, fino a tarda notte, sempre con la sua sigaretta accesa e mille telefoni che squillavano.
Giocava a tennis e poi si era innamorato del golf. Per anni era stato il numero uno dei giornalisti sportivi veronesi, improvvisamente divenuto famosissimo per quei video in fuorionda che lo avevano reso una star della rete. Lorenzo Roata, anche lui a Telenuovo, disse la cosa più giusta su quella faccenda. Visti così e montati così quei video davano l’idea di un uomo che aveva passato la vita a imprecare. In realtà Germano era un uomo buono e che non aveva nemici. L’ho sentito una settimana fa per annunciargli che rimandavamo in onda la sua fantastica trasmissione la “Leggenda del Verona”. Mi ha ringraziato, mi ha fatto i complimenti, c’eravamo dati appuntamento a quando sarebbe stato meglio. Da oggi, senza di lui, sono molto più solo.

AMNISTIA?

Sento in una lunga intervista concessa a Sky (casuale?) il pm di Cremona Di Martino, invocare l’amnistia per i giocatori coinvolti nel calcioscommesse.
La logica del procuratore è la seguente: per rompere l’omertà è necessario che i calciatori rischino poco nella loro carriera.
Ergo: la giustizia sportiva dovrebbe azzerare tutto, mentre quella ordinaria procederebbe grazie alle confessioni.

Trovo aberrante una simile tesi, soprattutto se espressa da un magistrato.

Ma purtroppo so già che questa sarà la strada che si prenderà, nonostante le dichiarazioni più o meno contrarie di quest’oggi da parte dei vertici del calcio.
Già ci aveva pensato Preziosi qualche settimana fa a mettere le mani avanti: punire i calciatori, disse il pregiudicato presidente del Genoa, ma non le società. Sky, dal canto suo aveva fatto sapere tramite mister Mockridge, che se lo scandalo fosse continuato, avrebbe rivisto i contratti miliardari.
Scommettete che finirà tutto in una gigantesca bolla di sapone anche questa volta?

PADRONI DEL NOSTRO DESTINO

I recuperi ci hanno detto che non esistono corazzate. Il Pescara, che pareva armata invincibile, si è sgonfiato non appena Insigne si è fatto male e la fantastica condizione psico-fisica di gennaio si è interrotta.

Il Sassuolo è squadra coriacea, ma il suo calcio altamente difensivo, affidato solamente allo stellone di Sansone, va in difficoltà non appena il piccolo attaccante si appanna.

Il Toro è forte, forse fortissimo, ma per un motivo o per l’altro non è ancora stato in grado di dare la sterzata al campionato. Nonostante un parco attaccanti da serie A, la libidine di Ventura non si è ancora espressa. Meggiorini fatica a trovare la via delle rete, Bianchi è in crisi e se non ci pensano Antenucci e Stevanovic a segnare per i granata sono guai.

Il Padova, che pure deve recuperare ancora una partita è una bella incompiuta. Squadra fortissima, ma mai veramente squadra. Tante individualità che non si sono (per ora) fuse.
Morale: la classifica è cortissima e il Verona si ritrova a due punti dalla vetta e a un punto dalla seconda.

Tutto questo alla vigilia della sfida con la Sampdoria che tutto ritengono la più forte del campionato ma che non riesce ad uscire dalla palude. Insomma: mai come in questo momento il Verona è padrone del proprio destino.

L’Hellas sta bene, si è riposato, ha lavorato, e va a Genova con il miglior stato d’animo possibile. Una gara delicatissima. Si torna a giocare a Marassi che è sempre un bell’andare, le motivazioni arriveranno da sole, perchè trattasi di big-match in piena regola.

Non illudiamoci per la distanza ora abissale tra noi e la Sampdoria in classifica.

Lo sappiamo tutti che quel divario è bugiardo e che sabato conterà, ancora una volta, chi corre di più e chi è disposto a sacrificarsi fino in fondo. Non siamo ancora a metà dell’opera e opportunamente non vorrei parlare dell’altra trasferta a Torino.

Mandorlini ci ha insegnato a giocarcele una per una, certi che il campionato offrirà ancora chance in caso di passi falsi. Ma il coltello dalla parte del manico, stavolta, ce l’abbiamo noi.

NON MI PIACE LA POLITICA DEL PIAGNISTEO

Giovanni Martinelli è il presidente più amato degli ultimi vent’anni. Su questo non ci sono dubbi. Il presidente se l’è meritato. Ha costruito due ottime squadre in Lega Pro, ha speso tantissimo, ha salvato il Verona dal fallimento, ma soprattutto è tornato in serie B. Quest’anno il Verona è la vera sorpresa del campionato e dopo essersi salvata, la squadra veronese potrebbe addirittura tentare il doppio salto. Tutto merito di Martinelli.

Il presidente stamattina sulla Gazzetta, rilascia un’intervista a Guglielmo Longhi, in cui però ancora una volta, denuncia la propria solitudine. Una litania che francamente non mi trova d’accordo. La politica del piagnisteo non mi piace e soprattutto non è così che attiri degli investitori. Partiamo da un presupposto. Anzi da due. Il primo: la crisi economica è tremenda. Ci sono pochi soldi e le aziende veronesi stanno facendo di tutto per portare a casa il deretano sano e salvo e il calcio, in questo momento è un po’ più lontano dai pensieri di tanti industriali (semmai l’hanno avuto). Il secondo: pensare a gente che ti compri il 49 per cento del Verona e accetti di non contare nel consiglio d’amministrazione è una pura utopia.

Chi investe dei soldi pretende di avere un potere decisionale. Per dirla alla romana: “E’ facile fare il frocio con il culo degli altri…”. E’ più semplice insomma, per Martinelli e per il Verona, in questo momento, avere dieci aziende a 100 mila euro che una ad un milione. Ecco in questo senso, rispetto a qualche anno fa, molto è stato fatto. Non c’è più la sensazione in città che il Verona sia un ramo morto da far morire in breve tempo a vantaggio di altre realtà (e sappiamo bene quali…). Il Verona è in cima ai pensieri di molti veronesi e l’entusiasmo che si è ritrovato non mi pare che possa far dire che il Verona è isolato e solo. Piuttosto: siamo sicuri che in questo momento l’Hellas stia facendo tutto il possibile per darsi un’immagine vincente? Siamo sicuri che la società sia veramente strutturata per affrontare la serie A? Siamo certi che marketing, comunicazione, eccetera stiano funzionando a dovere come deve fare una società di serie A, solo momentaneamente in serie B (speriamo…)?

Beh, a costo di essere il solito bastian contrario, io dico di no. C’è molto, tantissimo da fare. Ogni giorno raccolgo testimonianze di gente che pur amando tantissimo il Verona, non trovano nel Verona e nella sua società la giusta rispondenza. Non lo si trova quando vai a parlare con qualcuno del settore giovanile, non lo trovi quando c’è da organizzare una manifestazione, non lo trovi quando vai a Sandrà al campo d’allenamento e dopo quattro anni non trovi ancora un gazebo per le interviste, una struttura decente, ma anche e più semplicemente una targa, un cancello che ti dicano che quello è il campo d’allenamento dell’Hellas Verona.

Il ritorno all’antistadio è stato abortito, il Chievo ha persino messo le mani sul campo di via Sogare, mentre il Verona va ad allenarsi ad Ala quando c’è freddo e hai bisogno di un terreno sintetico. Ecco, io credo che al di là di tantissimi meriti, Martinelli ora abbia il dovere di dotare il Verona di una seria struttura e che, la società debba avere una “finalità” un obiettivo, anche al di là del progetto stadio. Non posso pensare che il Verona sia solo, presidente. Almeno ventimila veronesi sono sempre al suo fianco. Ogni settimana, ogni giorno.