MENO MALE CHE C’E’ IL VERONA

Al termine della più assurda settimana degli ultimi anni, in cui si è parlato di più del razzismo, delle penalizzazioni, dei cori, delle maximulte che della meravigliosa vittoria di Torino, l’Hellas ci ha ricordato quanto stupendo sia gioire per i suoi gol, quanto sia fantastico vincere un derby, quanto è bello essere testimoni di gol fantastici come il primo di Gomez e quanto sia meraviglioso vedere il tuo portiere saracinesca chiudere la porta all’attaccante avversario.

E’ questa la magia del calcio a cui non si può resistere. Lo sport più bello e più seguito del mondo avrà sempre la meglio anche se cialtroni di ogni risma tentano di rovinarlo. E’ ancora più fantastico se tutto questo accade a Verona, la nostra stupenda città, dove il sole è un po’ più giallo e il cielo è po’ più blu rispetto ad altre parti. C’è un’alchimia che rasenta la magia tra il Verona e il suo pubblico. C’è un’onda emotiva che trascina la squadra e viceversa.

E’ qualcosa che esce dal nostro animo e si fa collettivo. Quando l’Hellas respira questa aria non teme avversari. Mi pare assurdo il dibattito che qualcuno ha tentato di animare in questi ultimi giorni. Prima i “butei” o prima il Verona? Ma che cosa vuol dire? Senza essere blasfemo è come se la religione cristiana dicesse che c’è prima il padre, poi il figlio e infine lo spirito santo. Ma vi sembra possibile? Il Verona è la nostra squadra, vive perché ci siamo noi e noi viviamo come tifosi perché c’è l’Hellas. La squadra, la società sono un bene prezioso e il nostro bene va salvaguardato come si salvaguarda un arcovolo dell’Arena o le Arche scaligere.

Senza i tifosi, non c’è dubbio, che non esisterebbe d’altro canto l’Hellas. Sappiamo bene quali manovre sono state messe in atto negli ultimi anni per cancellare questa centenaria storia e probabilmente se non ci fossero stati i “butei” a fare da muro invalicabile, il progetto sarebbe andato in porto. Che fine avrebbe fatto il Verona se diecimila e più veronesi non si fossero abbonati in Lega Pro, dimostrando amore incondizionato al di là di ogni categoria?

E’ giusto, quindi anche sentire le istanze di questa gente che spesso viene trattata peggio delle bestie, senza ragione, negli stadi italiani, inondati di piscio a Salerno o quasi avvelenati dal topicida a Pescara.Gente che sa benissimo che ora c’è poco da scherzare perché ci sono in ballo punti decisivi. Per il Verona, il “nostro” Verona, cioè noi. Il Verona di Mandorlini ci rende orgogliosi ogni sabato di essere suoi tifosi. Altro non c’è da aggiungere. Anzi, qualcosa c’è. Non ero allo stadio e leggo da molti di voi dei due razzi lanciati. Giovanni Vitacchio ne aveva parlato in diretta e ora che è tornato in redazione mi ha riferito l’episodio che riportiamo anche nella home page come notizia, sottolineando come comunque non ci sia stato nessun incidente nel dopo gara. Non so se rischiamo la squalifica. So solo che l’idiota che li ha lanciati è nemico dell’Hellas. Su questo sono d’accordissimo con Martinelli.

ADESSO DOBBIAMO PROTEGGERE L’HELLAS VERONA

Cantare “Veronese pezzo di merda” non è discriminazione territoriale. Ma cantare “Terrone ti amo” sì. L’ha deciso il Minculpop che gestisce il cristallino mondo del calcio italiano. Ma sì certo: gli stessi dei passaporti falsi, del calcioscommesse, delle partite vendute, di Moggi e degli arbitri chiusi nei camerini. Gli stessi che come delle verginelle assestano alle casse del Verona quarantamila euro di multa. Quarantamila.

Probabilmente gli stessi che giudicano un “uh” fatto allo Juventus Stadium appena visitato da Roi Michel che si è professato juventino a vita, non razzista, mentre uno fatto al Bentegodi o all’Olimpico di Torino dai tifosi del Verona, sì. Eppure non ho mai visto un giornalista che chiedesse ad Andrea Agnelli conto di quegli uh come ad ogni intervista fanno con Martinelli. Neanche a Moratti ieri sera dopo gli ululati razzisti di San Siro a Mandanda nessuno si è sognato di porre la domanda.

Grazie a orecchie bioniche, a Torino sono stati sentiti ululati razzisti in due specifiche occasioni. Al 1′ e al 30′ del secondo tempo. Vorrei specificare che Maietta ha segnato un gol pazzesco al 75′, cioè al 30′ del secondo tempo: ergo, dubito che in mezzo a quel delirio qualcuno possa aver bueggiato gli avversari. Vabbè. Ammettiamo che quella veronese sia veramente una tifoseria razzista. A questo punto i cori avrebbero dovuto colpire i giocatori di colore dal primo all’ultimo minuto e non solo due volte, se partiamo dal presupposto che quella del Verona sia una dependance del Ku Klux Klan. Non mi pare sia stato così. Si può dire che non è il numero di cori che fa la differenza nella multa. Ed allora cosa la fa? La simpatia del giudice o dei commissari? E’ politica? Che differenza c’è tra l’Olimpico di Roma e l’Olimpico di Torino? Perchè quarantamila al Verona, zero ad altri, ventimila alla Lazio? Anche perché il non senso della faccenda è che i cori più gravi, idioti e insensati nemmeno sono stati uditi e citati (e questa se vogliamo è un aggravante per i giudici e i commissari…).

Detto questo: a mio avviso il Verona farebbe bene a presentare subito un ricorso, come ha fatto anche recentemente il Padova per diecimila euro di multa.

Parallelamente deve partire un messaggio chiaro e forte: ormai siamo in mezzo alla bufera, qualsiasi cosa facciamo, diciamo, respiriamo può danneggiare pesantemente (e sottolineo pesantemente) la fantastica corsa dell’Hellas Verona verso la serie A. Non possiamo offrire il fianco a nessuna strumentalizzazione. Non è il momento dei se e dei ma, anche se come ho spiegato, sarebbe giusto qualche volta far sentire le proprie ragioni. Teniamone conto da qui in avanti. Martellarsi da soli i coglioni è un esercizio molto stupido.

BENVENUTI IN PARADISO

Quando tra una decina d’anni riguarderemo nelle nostre cineteche la gara con il Torino ci verrà da sorridere a ricordare una serata come questa: ti ricordi come giocava quel Verona di Mandorlini? Solo in paradiso giocano così.

In paradiso e a Verona, appunto. Non sia un’iperbole, ma l’Hellas all’Olimpico ha messo in scena uno spettacolo meraviglioso, una poesia infinita, una superiorità schiacciante. In casa della potenziale capolista che non aveva mai perso il Verona è stato perfetto. Non sai nemmeno da chi iniziare con gli elogi e con chi finire. Tutti perfetti, tutti uniti, un’orchestra eccezionale che ha suonato una sinfonia da pelle d’oca.

Quattro gol, uno più bello dell’altro, un palo, un miracolo di Benussi, almeno altre tre nitide occasioni. Non c’è stata partita perchè il Verona non ha voluto che ci fosse. Il Torino, cioè la squadra che più ci era stata superiore fino ad oggi, è stato schiantato da un Verona bellissimo, persino troppo perfetto. I meriti vanno davvero divisi tra tutti. Non si può non partire dalla testa, cioè da Martinelli, e poi a scendere Gibellini, Rafael, tutti coloro che hanno giocato e anche chi non ha giocato.

Ho tralasciato appositamente Mandorlini perchè lui è il demiurgo di questo Hellas, l’uomo che riesce a tramutare il paradiso in realtà. Siamo in corsa, siamo lì, e sicuramente dovranno fare i conti con noi. Ne ero certo dopo Genova, ne sono certissimo oggi. Il campionato non è finito, ma per una settimana non voglio scendere da questo paradiso. Dopo tanti anni di inferno, credo di meritarmelo. Anzi: ce lo meritiamo. Tutti noi.

LA PAURA

Un amico mi dice: c’è poco da fare. Se il Verona non va in serie A resteremo tutti molto delusi. Gli rispondo: ma se un anno fa ti avessero detto che saresti stato promosso in B e che a marzo stavamo giocando per la promozione cosa avresti pensato? Dice: è vero. Ma un tifoso guarda solo al presente e al futuro. E adesso ha paura di non farcela.
Legittimo. Ma sbagliato. Hai paura di non farcela quando hai qualcosa da perdere. In realtà il Verona di Mandorlini non ha nulla da perdere. Deve solo continuare a stupire. Con la testa sgombra, conscio di aver fatto già tantissimo.
Quella paura è la stessa che ci ha fatto giocare venti minuti con il “braccino” a Genova e che ogni tanto affiora in alcune gare. Credetemi. Se veramente vogliamo provare andare in serie A, dobbiamo liberarci di quella paura, noi tifosi e la squadra di conseguenza. Giocare “leggeri” da qui in avanti, con la consapevolezza di chi sa che non c’è nulla da perdere ma solo da guadagnare. È un campionato meraviglioso, non roviniamolo con le nostre stupide apprensioni.

CLIENTI O TIFOSI?

Ogni tanto c’è qualcuno che parlando di chi assiste ad una partita di calcio tira fuori il termine “cliente”. Lo fa anche oggi la Gazzetta rispondendo ad una lettera di un lettore. Mi fa un po’ ridere francamente. Cliente è qualcuno che paga per avere una merce sperando che quello che ha pagato corrisponda al valore della cosa comprata.
Fosse così, vedendo quanto costa assistere ad un match di calcio, raramente quel “cliente” sarebbe soddisfatto dell’acquisto. Senza contare il masochismo: alzate all’alba per seguire la squadra, ore di trasferte in pullman disagiati, tornelli, peripezie per acquistare i biglietti, eccetera, eccetera.
Fossimo stati “clienti” a Verona saremmo andati ad abbonarci in massa in Lega Pro? È evidente che il concetto di “cliente” è un concetto che esce dalla testa bacata di qualche addetto al marketing che ritiene quel povero tifoso, null’altro che un soggetto da spremere al fine di svuotargli il portafoglio.
È evidente anche che il calcio è molto di più del semplice rapporto tra azienda e cliente. C’è una passione, a volte persino malsana, che non è possibile riscontrare da nessuna parte. C’è una totale e cieca fiducia, tanto che si arriva a chiamarla “fede calcistica”.
È quella che ha permesso al Verona di non crollare in questi anni, di reggere l’urto di una squadra che stava in serie A, ma senza quell’appeal di passione e di emozione che il Verona ha riservato invece ai propri tifosi.
Il Chievo ha cercato di attingere in questi anni ad un pubblico “tiepido”, appunto un pubblico di “clienti” che era interessato più a vedere la serie A (Inter, Milan, Juve in primis) che il Chievo stesso. Colpisce quindi che Campedelli, ai mugugni di questo pubblico-cliente davanti a penosi spettacoli (non di risultati, sempre discreti in realtà) abbia risposto: “Se vogliono divertirsi vadano al cinema o al circo”.
Il problema, per Campedelli è infatti proprio questo. I clienti se ne sono andati da altre parti in cerca di uno spettacolo decente e lo stadio, così, è rimasto vuoto con l’unica cornice di pochi ma veri e affezionati tifosi (e non clienti, appunto).
Resta però un dubbio: lo spettatore televisivo di Sky e Mediaset premium è un cliente o un tifoso? Perchè oggi è proprio grazie ai diritti televisivi che chi non ha tifosi allo stadio riesce a sopravvivere. È giusto? Ma soprattutto reggeranno Sky e Mediaset Premium a distribuire denaro, tantissimo, senza un ritorno? È quello che vedremo nel prossimo futuro.

STEMO CALMI (tris)

Mi pare che troppa gente si sia già dimenticata da dove arriva il Verona. E la memoria corta fa brutti scherzi. Invece l’esercizio della memoria ci aiuta a capire che il Verona è una squadra con dei limiti che può (può e non deve) perdere con la Sampdoria.
Troppo catastrofismo attorno a queste gare del Verona. Che non è in grado, ribadiamolo, di ammazzare il campionato. Ma può fare cose straordinarie come ha fatto sino ad oggi. Non è vero che l’Hellas è inferiore alle grandi.
È vero, invece, che ognuna di queste gare ha visto giocare un Verona non all’altezza per un motivo o per l’altro. È stato così anche con la Sampdoria dove in troppi hanno fallito l’appuntamento e tra questi proprio chi deve fare la differenza. La gara sta tutta qui. Nella giornata no di giocatori troppo importanti per l’Hellas per regalarli agli avversari. Senza dimenticare i due fuorigioco che hanno penalizzato, negli episodi, i gialloblù. Ma il Verona, anche in una gara storta come questa non è crollato, e all’interno del gruppo ha ancora tante frecce. Da Pichlmann (in tribuna), a Pugliese, da Tachtsidis (squalificato ) a Berrettoni (anche lui in tribuna), da Abbate a Galli. Sono certo che Mandorlini non li ha accantonati e che torneranno utili da qui alla fine.
Come ripetiamo da tempo, non è che il campionato sia finito a Marassi. E non finirà neanche lunedì nel posticipo a Torino. Insomma: stemo calmi.

GRAZIE A TUTTI

 

Questo è l’articolo che il Secolo XIX, quotidiano di Genova, ci ha dedicato questa mattina. Vorrei davvero ringraziare tutti voi, perchè, ancora una volta, abbiamo dimostrato con i fatti che i tifosi del Verona non sono beceri e razzisti, ma hanno in realtà un grande cuore.
Ps: un ringraziamento speciale va a Roger, senza il quale questa iniziativa non avrebbe avuto successo.

CIAO GERMA

Era stato lui a portarmi a Telenuovo nel 1986. “Io non mi sbaglio mai su un giornalista” diceva. Ed infatti in tanti a Verona gli dobbiamo la carriera. Germano Mosconi era un formidabile talent-scout, uno nato per fare questo mestiere.
Era un adorabile conversatore, un intrattenitore, un barzellettiere, ma soprattutto era un grande cronista. Per me era anche qualcosa in più. L’ho mandato a quel paese più di una volta, giovane e irruente, mentre lui cercava di calmarmi e di farmi capire come andavano le cose della vita.
Bastava una sua battuta per farmi tornare il sorriso. Potrei raccontarvi mille aneddoti sul “Germa”. Come quando Uzzo, latitante e con un mandato di cattura sul groppone, lo chiamò in un pomeriggio agostano dalla sua barca in Sardegna, forse ignaro di essere inseguito dalla giustizia. Germano sbiancò in volto, ma poi riuscì a gestire la situazione da par suo.
Germano passava la giornata in redazione.
Un lavoratore instancabile, capace di macinare pagine su pagine di giornale, di scrivere centinaia di righe, di dirigere un telegiornale, fino a tarda notte, sempre con la sua sigaretta accesa e mille telefoni che squillavano.
Giocava a tennis e poi si era innamorato del golf. Per anni era stato il numero uno dei giornalisti sportivi veronesi, improvvisamente divenuto famosissimo per quei video in fuorionda che lo avevano reso una star della rete. Lorenzo Roata, anche lui a Telenuovo, disse la cosa più giusta su quella faccenda. Visti così e montati così quei video davano l’idea di un uomo che aveva passato la vita a imprecare. In realtà Germano era un uomo buono e che non aveva nemici. L’ho sentito una settimana fa per annunciargli che rimandavamo in onda la sua fantastica trasmissione la “Leggenda del Verona”. Mi ha ringraziato, mi ha fatto i complimenti, c’eravamo dati appuntamento a quando sarebbe stato meglio. Da oggi, senza di lui, sono molto più solo.

AMNISTIA?

Sento in una lunga intervista concessa a Sky (casuale?) il pm di Cremona Di Martino, invocare l’amnistia per i giocatori coinvolti nel calcioscommesse.
La logica del procuratore è la seguente: per rompere l’omertà è necessario che i calciatori rischino poco nella loro carriera.
Ergo: la giustizia sportiva dovrebbe azzerare tutto, mentre quella ordinaria procederebbe grazie alle confessioni.

Trovo aberrante una simile tesi, soprattutto se espressa da un magistrato.

Ma purtroppo so già che questa sarà la strada che si prenderà, nonostante le dichiarazioni più o meno contrarie di quest’oggi da parte dei vertici del calcio.
Già ci aveva pensato Preziosi qualche settimana fa a mettere le mani avanti: punire i calciatori, disse il pregiudicato presidente del Genoa, ma non le società. Sky, dal canto suo aveva fatto sapere tramite mister Mockridge, che se lo scandalo fosse continuato, avrebbe rivisto i contratti miliardari.
Scommettete che finirà tutto in una gigantesca bolla di sapone anche questa volta?

PADRONI DEL NOSTRO DESTINO

I recuperi ci hanno detto che non esistono corazzate. Il Pescara, che pareva armata invincibile, si è sgonfiato non appena Insigne si è fatto male e la fantastica condizione psico-fisica di gennaio si è interrotta.

Il Sassuolo è squadra coriacea, ma il suo calcio altamente difensivo, affidato solamente allo stellone di Sansone, va in difficoltà non appena il piccolo attaccante si appanna.

Il Toro è forte, forse fortissimo, ma per un motivo o per l’altro non è ancora stato in grado di dare la sterzata al campionato. Nonostante un parco attaccanti da serie A, la libidine di Ventura non si è ancora espressa. Meggiorini fatica a trovare la via delle rete, Bianchi è in crisi e se non ci pensano Antenucci e Stevanovic a segnare per i granata sono guai.

Il Padova, che pure deve recuperare ancora una partita è una bella incompiuta. Squadra fortissima, ma mai veramente squadra. Tante individualità che non si sono (per ora) fuse.
Morale: la classifica è cortissima e il Verona si ritrova a due punti dalla vetta e a un punto dalla seconda.

Tutto questo alla vigilia della sfida con la Sampdoria che tutto ritengono la più forte del campionato ma che non riesce ad uscire dalla palude. Insomma: mai come in questo momento il Verona è padrone del proprio destino.

L’Hellas sta bene, si è riposato, ha lavorato, e va a Genova con il miglior stato d’animo possibile. Una gara delicatissima. Si torna a giocare a Marassi che è sempre un bell’andare, le motivazioni arriveranno da sole, perchè trattasi di big-match in piena regola.

Non illudiamoci per la distanza ora abissale tra noi e la Sampdoria in classifica.

Lo sappiamo tutti che quel divario è bugiardo e che sabato conterà, ancora una volta, chi corre di più e chi è disposto a sacrificarsi fino in fondo. Non siamo ancora a metà dell’opera e opportunamente non vorrei parlare dell’altra trasferta a Torino.

Mandorlini ci ha insegnato a giocarcele una per una, certi che il campionato offrirà ancora chance in caso di passi falsi. Ma il coltello dalla parte del manico, stavolta, ce l’abbiamo noi.