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I DELINQUENTI DEL CALCIO E GLI ANGELI CATANESI

Sto invecchiando e comincia anche per me il rincoglionimento. Ero sicuro che Filippo Raciti fosse morto ammazzato a Catania, fuori dallo stadio; invece è stato ucciso dal freddo, da qualche altra parte, ma ben lontano dalla Sicilia. Dev’essere proprio così, stando a quello che ha scritto la società etnea in un piccato comunicato dopo l’aggressione ai tifosi del Chievo. “La nostra tifoseria è stata unanimemente riconosciuta come espressione di sano sostegno sportivo e buon esempio da seguire per i comportamenti virtuosi”. E ancora: “Si tratta di un mero atto delinquenziale che nulla ha a che vedere con il calcio ed i tifosi del Catania in particolare”.

Infatti quelli del Chievo non sono stati aggrediti fuori dallo stadio alla fine della partita e i due cialtroni che hanno avvisato la “vile teppaglia” (uso parole del Catania Calcio) non indossavano le sciarpe rossoazzurre della squadra etnea. Tutto inventato…Andiamo avanti, non è successo niente. Qualche tempo fa i media (e la polizia) non hanno avuto dubbi nell’attribuire una rapina a due tifosi del Verona solo perché i banditi si erano “travisati” con le sciarpe gialloblù. Peccato che fossero ultrà viola. Al contrario a Catania la Digos per prima si è affrettata a precisare che “l’assalto non è stato opera di ultrà del Catania. L’ipotesi privilegiata nelle indagini è quella della criminalità locale”.

Ma se un delinquente va allo stadio è solo un delinquente e non un tifoso? La responsabilità oggettiva vale solo per i sostenitori bravi e buoni? Troppo comodo. Dal Catania mi sarei aspettato qualche parola di solidarietà per i tifosi vittime dell’aggresisone, invece il club siciliano non ha nascosto il fastidio per le accuse di una “consociata”. Come dire: cane non morda cane. Così il nostro calcio è sempre più da cani.

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