Erano in tre, quando prese il via la grande stagione della Verona dei canestri: Andrea Fadini, Dado Lombardi e Pino Brumatti. Il manager rampante arrivato da Udine (via Trapani) per spendere al meglio le risorse messe a disposizione dalla cornucopia-Fertonani, il coach-istrione che sbarcò in riva all’Adige per spezzare il pane cestistico ai veronesi che avevano solo assaggiato (amaramente) la serie A, ed il giocatore-simbolo delle mitiche Scarpette Rosse di Milano, approdato in gialloblù con un curriculum come mai nessuno in precedenza dalle nostre parti: tre Olimpiadi in Nazionale, Coppe e scudetto con il Simmenthal. Un monumento del basket italiano, secondo per carisma solo a Dino Meneghin (amico-rivale a Varese), che a 39 anni suonati fu un esempio di professionalità e passione.
A quei tempi ero responsabile del settore giovanile della Scaligera Basket ed ho avuto l’onore di vedere Pino Brumatti e Claudio Malagoli allenarsi e giocare insieme. Forse il più grande attaccante di tutti i tempi ed il Manuale del tiro, l’atleta che è stato definito il miglior Sesto Uomo, magari un po’ a torto perché era un Signor Giocatore. Però usciva dalla panchina e spaccava la partita. La prima stagione della Citrosil, dominata in B1, giocò i playoff con la frattura dello scafoide, senza dire niente a nessuno al di fuori del club. E l’anno dopo, a 41 primavere, giocò dei playout da favola.
Un "vecchietto" con l’entusiasmo di un ragazzino. Assieme a Malagoli (reggiano di Novellara, ma trapiantato a Udine), Moreno Sfiligoi e al piccolo, simpaticissimo Piero Cudia, con Pino cominciò la stagione dei friulani e degli isontini a Verona che piacevano tanto a Fadini, furlan di Udine. Epopea proseguita con Londero (genero di Brumatti) e che continua oggi con capitan Bellina. E Fadini richiamò per due anni Brumatti come team manager. Purtroppo mi ricordo anche il pianto di Pino davanti alla bara di Malagoli, finito troppo presto contro un maledetto albero quasi 23 anni fa.
Ho rivisto Brumatti in occasione della bella rimpatriata "Torniamo tutti a canestro", a ottobre del 2006, stava seduto in un angolo, di primo acchito non l’avevo riconosciuto e lui mi apostrofò subito: "Mona, non ti me saludi gnanca?". Chissà se adesso proverà di nuovo a giocare uno contro uno con Malagoli. Ti sia lieve la terra, grande vecchio Pino.
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