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MANETTE AGLI EVASORI…DAL LAVORO

 

 

E così a Perugia sono scattate le manette ai polsi degli evasori. Non di quelli fiscali, degli evasori dal lavoro: cioè di quei sei dipendenti della Provincia che per mesi i carabinieri hanno filmato mentre – timbrato il cartellino – se ne andavano via chi a trovare la mamma, chi a fare la sauna, chi in giro per acquisti. Misura francamente eccessiva, questa delle manette. Se non altro per motivi logistici: se cominciamo ad arrestarli tutti, quelli che fanno finta di lavorare (anche nel privato), poi dove li mettiamo? Quanti milioni di nuovi posti in carcere dovremo costruire?…

Eccessive dunque le manette; ma fuori luogo anche le proteste di quanti vorrebbero vedere ai ferri, al loro posto, gli evasori fiscali. E’ infatti molto più grave – in puri termini economici – l’evasione dal lavoro di quella fiscale. Perchè l’artigiano, l’idraulico che non ti fa la fattura, ha comunque lavorato, ha comunque prodotto, si è guadagnato quello che prende; dopo di che non versa allo Stato la quota dovuta. Mentre l’evasore dal lavoro non produce, non si è guadagnato assolutamente nulla; incassa indebitamente l’intero stipendio e poi restituisce (allo Stato) solo un pezzetto dell’intero furto prendendosi, per giunta, il lusso di fare il moralista nei confronti dell’evasore fiscale…

Tornando alla Provincia di Perugia, il problema vero è che nessuno s’era accorto dei sei finiti in manette. Nel senso che il tran tran burocratico di quella amministrazione procedeva comunque, fossero in ufficio o fossero in sauna. Così come procede nei nostri enti locali dove l’assenteismo è fisiologico. E dove, rispetto ai picchi di assunzione clientelari di fine anni Ottanta, gli organici sono stati quasi ovunque ridotti. E sempre senza che nessuno se ne accorgesse. Perchè un grossa quota dei “comunali” era ed è superflua (Anche nei nostri comuni “virtuosi” del Nord, una buona metà potrebbero starsene a casa da domani). Ma, se sono superflui come lo sono, è anche chiaro che non fa nessuna differenza se vanno a trovare la mamma o se si presentano in ufficio per grattarsi o per giochicchiare al computer.

Anzi, aggiungo che farei anch’io esattamente come i sei di Perugia: se non mi danno qualcosa da fare, e se nessuno viene a controllare se l’abbia fatto oppure no, e se a fine mese mi pagano sia che abbia lavorato sia che abbia fatto “fanella”, nemmeno io me stare in ufficio a fingere un’occupazione inesistente. Andrei al bar con gli amici. Anche perché è meno ipocrita e meno disonesto andarsene via!

Col che arriviamo al piano delle responsabilità, e magari anche a capire quel è la causa e quale l’effetto. La causa è una classe politico-amministrativa che, da decenni, ha rinunciato ad esercitare ogni serio controllo sul numero e sul carico di lavoro degli addetti al pubblico impiego. Non ha fatto alcuna verifica di produttività. Non ha riso in faccia ai sindacati che lamentavano carenze di organico inesistenti, perchè aveva l’interesse clientelare ad ampliare indefinitamente gli organici stessi (Ed ha smesso ora solo perché non c’è più una lira in cassa). L’effetto sono dei dipendenti privi di ogni motivazione e indotti a farsi gli affari loro.

Chiudo con l’esempio pedagogico ormai ricorrente. Se sto via da casa tutto il giorno, se quando rientro la sera non ho voglia di perder tempo a controllarli, poi non posso lamentarmi se i figli non hanno fatto i compiti. E sarebbe un delirio metter loro le manette per punizione. Devo metterle a me, ed impaccarmi al trave più alto.

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