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L’APARTHEID DELLE PENSIONI

 Faccio fatica a dimenticare due dati pubblicati dal Corriere a margine dell’ipotesi di un prelievo dell’1% dalle babypensioni. Oggi, a sedici anni dallo stop (deciso dal governo Dini) l’Inps sborsa ancora ogni anni 9,5 miliardi di euro per i baby pensionati. Donne che, fin dai primi Anni Settanta, sono andate in pensione con 15 anni sei mesi e un giorno, uomini con 19 anni sei mesi e un giorno. E da allora, avendo versato contributi irrisori, continuano ad incassare l’assegno.

Secondo dato: dei 9,5 miliardi ben 7,4 vanno ad ex pubblici dipendenti che sono dunque all’80% i fruitori delle baby pensioni. Quindi, nel sistema pensionistico italiano fu introdotta a suo tempo, e vige tutt’ora (finchè morte non sopraggiunga) una sorta di apartheid: ci sono i bianchi, cioè gli statali, che fruiscono dell’assegno prima; e ci sono i negri, gli extracomunitari, cioè il resto degli italiani, che – essendo negri – dovevano lavorare minimo dieci anni più dei bianchi.

Ci fosse stato un cane tra i progressisti, tra i sindacalisti, tra gli estensori dello Statuto dei Lavoratori, tra i custodi della Costituzione, a denunciare questa vergognosa discriminzione tra lavoratori. Nemmeno uno, tutti silenti e d’accordo. Tutti razzisti.

Ne parlavamo a Rosso & Nero e un ospite mi fa notare che, sì, nella Prima Repubblica c’era questo vergognoso privilegio per gli statali ma, in compenso, con i lavoratori autonomi, si chiudevano tutti e due gli occhi: liberi cioè di evadere a manetta. Un altro ospite aggiunge che però i dipendenti privati di Marghera, erano ben felici di finire in cassa integrazione perchè così – senza alcun controllo – si mettevano a fare il secondo lavoro in nero…

Insomma non è che gli statali fossero gli unici privilegiati: ognuno aveva il suo benefit, godeva della sua piccola apartheid. Ed è così che negli anni di formò e si è ingessatqa l’Italia-India: dove c’è sì la casta dei politici, ma anche quella dei giornalisti, dei magistrati, dei pubblici dipendenti, dei farmacisti e via di corporativismo in corporativismo.

La cosa, se vogliamo, divertente è che i beneficiati sono ingrati. Le baby pensioni agli statali vennero infatti garantite dai governi democristiani, con l’appoggio in prima fila della Cisl; il risultato è quello noto: i pubblici dipendenti votavano a larga maggioraza Pci (tutt’ora votano in prevalenza a sinistra) e non disdegnavano le iscrizioni alla Cgil…

Questo riflesso, a mordere la mano che ti aiuta, mariterebbe uno studio di psicologia sociale. Il beneficiato ha un sussulto di dignità; vuol dimostrare di essere rimasto libero, che non c’è posto di lavoro al figlio o babypensione a lui in grado di comperare il consenso. Esistesse, al contrario, la gratitudine non ci sarebbe la mobilità elettorale con tutto il clientelismo che i partiti hanno esercitato e disseminatonei decenni.

Ci riflettessero i nostri governanti, così timorosi di perdere il consenso delle corporazioni, così tremebondi anche all’idea di liberalizzare tassisti o periti agrari. E se spuntasse un elettorato trasversale che apprezza il coraggio, la capacità di bastonare invece che di titillare, cioè la dote prima degli statisti veri?…

 

 

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