IL BICCHIERE DI MARIO MONTI

 Nel giudizio sull’operato del governo Monti è l’eterna storia del bicchiere. Sulle liberalizzazioni, volendo, è fin troppo facile vederlo mezzo vuoto; vien da dire che la montagna ha partorito il topolino.

Emblematico il caso dei notai che contiene l’equivoco di fondo, identico per altro a quello dei farmacisti: il problema non è liberalizzare il numero, cioè nella fattispecie notarile creare altri 500 privilegiati, ma liberalizzare la funzione, cioè sancire che tanti altri soggetti – dagli avvocati, ai commercialisti, ai consulenti del lavoro, ai segretari comunali – possono svolgere le stesse mansioni, facendo così crollare le tariffe. In America, terra della libertà, non ci sono tanti notai: semplicemente non esistono.( E i farmaci li compri in qualunque bottega).

Ma se invece guardiamo ai precedenti governi degli ultimi vent’anni, dobbiamo dire che il bicchiere è mezzo pieno. Perchè Mario Monti in due mesi ha fatto quello che né Prodi né soprattutto Silvio Berlusconi – il liberale, liberalizzatore per definizione – avevano nemmeno iniziato a fare.

Senza dimenticare il messaggio politico, che sottolineava ieri sul Corriere Francesco Giavazzi. Monti ha dimostrato che “non è vero che in Italia non si può fare; non è vero che l’Italia è bloccata dalle corporazioni”. Che le corporazioni si ribellino a tutela dei loro privilegi è comprensibile ed anche legittimo. L’importante è che il governo non ceda loro, dando priorità all’interesse generale.

Nel nostro Paese c’èra un comandamento non scritto, ma ben impresso nella mente di ogni politico: chi tocca le pensioni muore. Mario Monti le ha toccate, anzi ha reso operativa una riforma poderosa, con pesantissimi costi sociali (come tutte le riforme vere), e non è morto pur avendo infranto uno dei due massimi tabù italiani.

Rimane da infrangere l’altro tabù, quello dell’articolo18. Da rimuovere per due motivi fondamentali. Una questione di equità tra generazioni, tra padri iper protetti contrapposti a figli totalmente precarizzati. E poi perchè è la sola via per rilanciare sul serio la produttività, andando a colpire i tanti evasori dal lavoro totali e parziali; cioè ristabilendo il principio che lo stipendio bisogna guadagnarselo ogni mese, pena il “bastone” del licenziamento.

L’obbiettivo vero, serio, è quello di sancire la totale libertà di divorzio anche nei rapporti di lavoro, così come è stata sancita nei rapporti sentimentali (misura che ha comportato la moltiplicazione dei rapporti di coppia, non il loro crollo…); eliminando così pure l’incomprensibile distinzione tra aziende sopra e sotto i 15 dipendenti. Ma, anche in questo caso, consapevoli che non siamo la terra della libertà, possiamo accontentarci di un bicchiere mezzo pieno, ossia di iniziare a rimuovere il tabù.

E Mario Monti può farlo anche perchè – dettaglio non secondario – tutta la grande informazione, stampata e televisiva, è con lui. Come confermato ieri da Lucia Annunziata. Con Berlusconi ospite fu l’incarnazione del giornalista cane da guardia del potere: abbaiò al punto di farlo scappare. Ieri invece sembrava un pechinese che scodinzola e lecca il premier in loden.

MONTI DA DEL CORNUTO ALL’ASINO

 Quando dice che gli evasori fiscali mettono le mani in tasca ai cittadini Mario Monti sta dando del cornuto all’asino.

Chi infatti mette per primo le mani in tasca ai cittadini è lo Stato, sono i governi come il suo che continuano ad aumentare le tasse; che, come calcola oggi il Corriere economia, ci costringeranno nel 2012 a lavorare una settimana di più dell’anno scorso per pagare tasse e contributi, spostando il Tax Freedom Day dal 14 al 19 Giugno.

Lo Stato riesce a mettere le mani in tasca perfino agli evasori fiscali; i quali evasori totali non lo sono mai perchè, se vogliono fare il pieno, comprarsi la Nutella piuttosto che un felpa, le imposte indirette le pagano pure loro. Quando poi lo Stato non fornisce un equo controvalore di servizi rispetto ai soldi che preleva dalle tasche dei contribuenti – ed è il caso italiano – allora si comporta da delinquente più colpevole ancora di chi svicola le tasse.

Dopo di che l’evasione fiscale è un grave problema. Diamo anzi per scontato che sia il più grave di tutti. Domanda: chi deve risolverlo? Siamo forse noi cittadini contribuenti? Non mi sembra. Ma allora perchè Mario Monti viene in televisione a dirci che l’evasore mette le mani in tasca ai cittadini? Pensa forse di risolvere il problema con le prediche? Perchè – invece di perder tempo a predicare – non riforma l’Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza che così pochi frutti concreti hanno prodotto? Perchè non impone al Parlamento di varare leggi antievasione più severe? (Ergastolo agli evasori! Altrochè solo le manette)

Personalmente credo che il primo strumento per combattere l’evasione sia la riduzione della pressione fiscale, ma è indubbio che ci vuole anche una deterrenza efficace. Se – ad esempio – la deterrenza lo Stato è incapace di esprimerla nei confronti dei ladri, non andrà mica a prendersela con i derubati per l’aumento dei furti?…Qui sembra quasi che l’evasione fiscale sia colpa di chi paga le tasse. Quando invece è responsabilità prima dei governanti, passati e presenti, che consentono agli evasori di evadere. Ai ladri di rubare, agli stupratori di stuprare, agli scansafatiche di prendere lo stipendio senza lavorare.

Personalmente credo che l’evasione da lavoro faccia danni incommensurabili, più gravi ancora di quella fiscale. Facciamo anche qui un esempio con il mondo da cui proviene il prof. Mario Monti. Oggi l’attestato di laurea è carta straccia, dimostrata dal fatto che non garantisce occupazione alla larga maggioranza dei neolaureati. Carta straccia mascherata dal valore legale del titolo di studio, che giustifica la soppravvivenza del 95% dei nostri atenei che andrebbero invece rasi al suolo.

Docenti universitari che, una volta entrarti in ruolo, tali restano fino alla pensione: sia che insegnino per tre ore alla settimana, sia che eludano un compito tanto gravoso; sia che ricerchino sia che non pubblichino alcunchè; sia che evitino anche la fatica degli esami orali, ormai sostituiti in molte facoltà dai test scritti che vengono corretti automaticamente dal computer. Questa vergognosa evasione dal lavoro è forse colpa dei docenti universitari? No. Fossi uno di loro, farei anch’io una beata minchia come molti di loro.

La colpa è di un sistema, è di uno Stato che non sa o non vuole combattere l’evasione da lavoro esattamente come non ha mai combattuto quella fiscale.

Ecco perchè Mario Monti e i tanti buoi che prima di lui hanno pascolato a Palazzo Chigi (e, oso dire perfino, sono saliti al Quirinale) fanno ridere quando danno dal cornuto all’asino.


I CONSUMI, LA LEGNA E L’EREMITA

 

 

Natale non era ancora terminato che già ieri, nel giorno di Santo Stefano, prima i siti e poi i telegiornali della sera ci garantivano che era stato a luci spente. Crollo venticale dei consumi: meno 18% per il cenone e l’abbigliamento, meno 24% per l’arredamento, penalizzati perfino i giocattoli dei nostri bimbi con un meno 3%.

Giustamente il Tg di Mentana osservava che sono cifre buttate là a caso, perchè qualunque serio rilevamento ricchiederebbe giorni e giorni di raccolta dati. Ma lo sgangherato giornalismo all’italiana ha fretta e deve dare in pasto quei dati che sono imposti dall’approccio catastrofista dei tempi correnti.

Probabile che i consumi siano calati rispetto al Natale 2010. Certo l’effetto prodotto dai dati diffusi ora: li faranno crollare ulteriormente. Perchè chi ha speso senza pensarci troppo, sentendo che l’andamento generale è (sarebbe) al risparmio, è indotto a fare altrettanto cioè a chiudere i cordoni anche della sua borsa.

Ovvio che, se i consumi calano, non può aumentare la produzione. Calerà anche lei facendo aumentare la cassa integrzione e/o la perdita di posti di lavoro. In ogni caso riducendo la disponibilità economica delle famiglie e quindi facendo ulteriormente crollare i consumi. E avanti sempre più in questa perversa spirale che ci risucchia dentro al baratro.

Non distingui più tra causa ed effetto. Sembra proprio la storiella della legna e dell’eremita che ricordava Adriano Sofri.

Un distaccamento di soldati viene mandato in autunno ad accamparsi in montagna a metà costa. Il comandante, in vista dell’inverno, ordina di accatastare un po’ di legna. Poi si ricorda che, in cima al monte, c’è un eremita famoso per saggezza e conoscenza, e manda un messaggero ad interrogarlo su come sarà l’inverno. “Feddo”, risponde l’eremita. Al che il comandante ordina di accatastare altra legna e poi interroga nuovamente l’eremita che risponde: “L’inverno sarà molto freddo”. Ulteriore raccolta di legna, nuova ambasciata su dall’eremita che sentenzia: “Sarà di un freddo eccezionale!”. I poveri soldati continuano così a ramazzare più legna possibile, finchè al comandante viene in mente di domandare al vecchio saggio da dove venga la sua certezza sul freddo eccezionale. E l’eremita riponde: “Perchè mai ho visto accatastare così tanta legna come stanno facendo laggiù all’accampamento”.

Ditemi voi se non sta succedendo lo stesso: più lanci allarmi sulla crisi, più si riducono i consumi, più si va in recessione, più la crisi si aggrava.

Certo, all’orgine ci sono gli sprechi e gli sperperi di uno Stato irresponsabile, di uno Stato omertoso che non ha mai spiegato come spende i soldi incassati dai cittadini, che ha distribuito privilegi a raffica alle mille caste della società italiana. Eppure – a giudizio comune – i fondamentali dell’economia italiana restano migliori di quelli spagnoli. Eppure la Spagna ha uno spread sotto i 350 punti e noi invece sopra i 500.

Come si spiega? Vien da pensare alla legna e all’eremita: noi abbiamo accatastato ben cinque manovre, confermando così all’eremita-speculatore che l’inverno dell’economia italiana fosse di un freddo mai visto prima. Mentre la Spagna ha scelto di tenere quelle elezioni che, secondo in nostro eremita del Colle, sarebbero la madre di tutte le catastrofi e hanno invece prodotto la primavera iberica…

COLPIRE LO STATO NON EQUITALIA

 I brigatisti degli anni di piombo avevano le idee molto più chiare degli (pseudo) anarchici odierni: i primi infatti colpivano “al cuore dello stato”, mentre i secondi sono ridotti a colpire un povero funzionario di Equitalia.

Siamo a livello dell’automobilista che litiga col vigile urbano che ha piazzato l’autovelox, ignorando che il vigile obbedisce solo al sindaco che gli ordina da fare cassa. Allo stesso modo Equitalia è solo il braccio armato di uno stato affamato di imposte. Tanto più affamato in quanto non sa debellare il verme solitario (delle dimensioni di un drago) che divora risorse senza mai saziarsi.

Equitalia applica tassi da usuraio e tratta i cittadini con metodi da Bravi di don Rodrigo. Ma obbedisce solo agli ordini.

La soluzione sarebbe quella di colpire al cuore, con le riforme liberali, uno stato elefantiaco, costoso, oppressivo. Ma il condizionale è d’obbligo perchè nessuno lo farà. C’è poco da illudersi che lo stesso Mario Monti inizi un percorso davvero virtuoso.

Anche perchè, a farci perdere di vista la realtà, c’è l’altro mito: che basti colpire al cuore l’evasore. Dopo di che tutto potrebbe continuare come sempre, con lo stesso stato colabrodo che assume per clientelismo, che non controlla la produttività, che manda in pensione a qualunque età, che se ne frega di garantire le condizioni per gli investimenti limitandosi a berciare contro “la fuga dei capitali all’estero”.

La lotta all’evasione è questione complessa e certamente lunga. Tant’è che, se vuoi far cassa subito, devi aumentare le accise sui carburanti. Complessa perchè c’è tutto l’ampio capitolo di un sommmerso che, con la brusca riemersione, schiattarebbe solo d’embolia aggravando i problemi sociali invece che garantire gettito fiscale. Ma, anche ammesso di recuperare tutti i 275 miliardi di evasione presunta, cosa ne facciamo?

Cosa facciamo con questi soldi? Continuiamo a sprecare con una spesa pubblica sempre più fuori controllo? Oppure riduciamo le aliquote ai milioni di contribuenti onesti che pagano tasse tanto più spropositate in rapporto alla qualità scadente dei servizi ottenuti in contropartita? Se vogliamo smettere di sodomizzare i contribuenti dobbiamo, dovremmo, riformare lo stato.

Chi blatera di manette agli evasori, su modello americano, ogni volta dimentica di aggiungere che negli States l’aliquota fiscale più alta è fissata al 25% del reddito! Dimentica soprattutto che lo strumento più efficace di lotta all’evasione consiste nell’abbassare le aliquote: pagare meno per pagare tutti, non viceversa.

Purtroppo, con un minimo di retrospettiva storica, vediamo che l’obiettivo si allontana invece di avvicinarsi: nel senso che era più liberale l’Italia degli anni Cinquanta, mentre quella del nuovo millennio è sempre più statalista. E così, per non prendere atto del fallimento, c’è chi cerca una soluzione amputando la mano al funzionario di Equitalia e chi vagheggia di colpire al cuore l’evasore.

 

LA GIUNTA CIVILE DI MARIO MONTI

 Alla fine il SuperMonti ha partorito il topolino: patrimonialina, ritorno dell’Ici, innalzamento dell’Iva. Sarebbero queste le riforme “sorprendenti” che hanno lasciano a bocca aperta la Merkel cui (doverosamente) erano state anticipate? Direi che per un parto settimino del genere bastava perfino il Governo della Patonza. Di certo non era necessario arrivarci con un colpo di stato.

Ops…Mi è scappata la parola impronunciabile, assolutamente vietata; almeno per la nostra grande stampa. La stampa inglese invece, tutta indistintamente, dalla destra alla sinistra, sostiene e scrive che in Italia (e in Grecia) i tecnocrati europei hanno compiuto un golpe, mettendo qualcuno dei loro al posto dei governi legittimi. L’Inghilterra è la patria della democrazia e non conosce bizzantinismi: o un governo è scelto dai cittadini elettori, ed ha fondamento democratico, oppure va al potere con un colpo di stato. Con un golpe, che possono attuare tanto i militari quanto i civili.

Scrive il Daily Mail: “Giunte civili hanno preso il potere a Roma e ad Atene. L’Unione europea è più subdola dei colonnelli. Non c’è stato bisogno di arresti o carri armati nelle strade”. Osservazione folgorante: fossero tutti in divisa i nuovi ministri, anche un cieco capirebbe che hanno attuato un golpe; Monti e Napolitano invece hanno lasciato loro gli abiti civili… e così tutti beoti e contenti ad applaudire il governo tecnico che salverà la Patria!

Scrive Standpoint, settimanale liberalconservatore: “Gli eurocrati disprezzano la democrazia. Berlusconi ha detto che da quando è stato adottato l’euro gran parte degli italiani sono diventati più poveri. Non appena ha pronunciato queste parole era già finito. Se pensate che stiamo esagerando, considerate il modo in cui l’Unione europea ha reagito ai refrendum che sono andati nella direzione “sbagliata”. Considerate come Bruxelles ha liquidato i verdetti popolari delle urne in Francia, Olanda e Irlanda”.

E l’Indipendent, storico quotidiano della sinistra inglese, fa un’analisi pressochè identica: ”Il potere politico in Europa è passato in mano ad una esigua èlite di tecnocrati. Ma la democrazia non è un lusso, è il fondamento di un autogoverno che rispetti i diritti e i desideri dei cittadini”.

Chiudiamo con lo Spectator: “Se la primavera araba è guidata da sollevazioni popolari, l’Europa ha fatto l’inverso: una sollevazione di élite europee non elette che hanno deposto governi democratici”.

Perchè i giornali inglesi scrivono ed usano termini per noi vietati? Le ragioni sono remote.

Il liberalismo e la democrazia nascono con la rivoluzione protestante: con Lutero che fa saltare la mediazione dei tecnocrati-teocrati , annulla il loro potere, traducendo la Bibbia in tedesco e mettendola direttamente in mano ai cittadini; i quali non hanno più bisogno di sacerdoti né per conoscere la parola di Dio né per farsi perdonare i peccati né per conquistare la salvezza.

Noi siamo e restiamo un paese cattolico, con i sacerdoti-tecnocrati incaricati di spiegare al popolo bue come arrivare alla salvezza, perchè lui è troppo bue per trovarla da solo. La nostra cultura politica, se non è cattolica, è comunista: la minoranza leninista, la scuola di partito, il centralimo democratico, per istruire e servire il popolo; cioè sempre per indicargli quella strada verso il progresso, il benessere e la giustizia sociale, che mai saprebbe trovare da solo.

E così per noi la giunta civile di Mario Monti è il golpe perfetto, l’esito conseguente delle due culture politiche dominanti.

 

NON SI VIVE DI SOLE TASSE

 Non si vive di sole tasse. Questo è l’equivoco di fondo del governo Monti. Non c’è dubbio che la funzione essenziale del nuovo esecutivo sia appunto questa: ramazzare risorse in ogni modo possibile, reintroducendo l’Ici o con la patrimoniale o con l’Iva o qualunque altro intervento utile ad aumentare il gettito fiscale.

Ma è un puro tampone, che avrà il solo effetto di prolungare l’agonia del Paese. Non solo perchè servono tagli strutturali di spesa, senza i quali qualunque nuovo introito viene fagocitato nello spazio di un mattino. Anche, e soprattutto, perchè ogni settore si tiene: è molto riduttivo infatti pensare unicamente al governo dell’economia, a risistemare i conti pubblici, ignorando altre cause remote eppure determinanti nel dissesto.

Da decenni, ad esempio, si invoca la riforma della giustizia civile che, a causa dei suoi tempi bibblici, tutti sanno essere la ragione determinante dei mancati investimenti stranieri nel nostro Paese. Vi risulta che Mario Monti abbia dedicato una sola parola allo stato della giustizia?

Più clamoroso ancora è che il Professore che guida, come molti hanno scritto, il Governo dei Professori non abbia detto una sola parola sullo stato della scuola. Almeno lui e i suoi colleghi bocconiani non possono infatti ignorare che questo è il tema cruciale per il futuro del Paese.

Non possiamo infatti competere sul mercato globale grazie al costo della manodopera generica, dove l’offerta di altri Paesi è insostenibile. Possiamo e dobbiamo competere solamente con l’istruzione, la preparazione professionale, la cultura in senso lato, dove oggi siamo invece allo sbando. Allo sbando al punto che i laureati italiani trovano meno lavoro ancora dei non laureati. E nulla più di questo dato certifica il fallimento della scuola italiana: quando la laurea, il titolo di studio, diventano, appunto, un handicap invece che un vantaggio per trovare lavoro.

Eppure la scuola e l’università sono completamente assenti dal programma di governo di SuperMario.

Guardando all’esito delle elezioni spagnole, vien da pensare che qui – se ci avessero fatto votare – sarebbe successo esattamente lo stesso: trionfo dell’opposizione e Bersani premier con una solida maggioranza alla Rajoy, Berlusconi e il Pdl distrutti proprio come i socialisti di Zapatero.

Che il governo Monti sia servito a salvare il culo del Cavaliere? Più probabile, come scrive Panebinco, che serva ad avere il tempo di ricostituire un grande polo di centro; per cui il berlusconismo alla fine sarà stato solo una lunga parentesi tra la morte della Dc e la sua rinascita…

A CORONAMENTO DEI 150 ANNI…

 A conclusione dell’anno di celebrazioni per il 150simo dell’Unità d’Italia ci sarebbe un bel discorso, un annuncio da dare agli italiani. Ci vorrebbe, é vero, un Capo dello Stato un po’ più frizzante, sbarazzino, e magari propenso a raccontala giusta. Me lo vedo un Matteo Renzi che si affaccia sul Colle e dice qualcosa del genere:

"Cari cittadini, 150 anni fa abbiamo riunificato il paese e liberato il sacro suolo della Patria dallo straniero. Ma ora, a coronamento e compimento, abbiamo fatto un balzo all’indietro nella storia. Ho pertanto il piacere di annunciarvi che l’occupazione straniera è tornata! L’Italia – per dirla alla Metternich – è nuovamente un’espressione goegrafica! (cioè priva di sovranità propria)”.

Naturalmente il Capo dello Stato sbarazzino aggiungerebbe che adesso le conquiste non si fanno più col metodo barbaro e crudele delle Panzer Divisionen, grazie alle quali Hitler si illudeva di impadronirsi dell’Europa. Oggi la conquista, almeno nell’Occidente civile, è economica, commerciale, finanziaria: in sintesi la moneta ha sostituito i carriarmati.

D’altra parte come si spiega che, dal 1945 in poi, gli Stati Uniti siano rimasti i padroni del mondo pur avendo perso tutte le guerre che hanno combattuto? Si spiega col fatto che il dollaro resta la moneta di riferimento per gli scambi dell’economia mondiale. Lo si spiega col fatto che i Paesi terzi non possono che indebitarsi in dollari, cioè nella moneta dello straniero che poi di conseguenza comanda a casa loro.

I tedeschi sono tenaci, più li bastoni più imparano. Hanno imparato dagli americani. Con l’aggiunta di una (sorprendente) creatività: non hanno cioè detto in Europa comandiamo noi e quindi gli scambi si fanno in Marchi. No, hanno finto di inventarsi una nuova moneta comune chiamata Euro. Ci hanno spiegato che era un affare perchè i giovani, ad esempio, avrebbero potuto comprare casa col mutuo senza più l’incubo dell’inflazione che fa salire i tassi. Ed in effetti l’incubo inflazione non c’è più perchè le banche, semplicemente, non erogano più mutui né prestiti a nessuno…

Ma che fosse rimasto il Marco lo si è capito fin dalla follia di accettare quel cambio (un Euro=1.937 Lire) che in un colpo solo dimezzò la ricchezza degli italiani, trasformando un benestante da due milioni al mese in un annaspante da mille Euro…

Per il resto basta ricordare la lezione degli Asburgo che, nel Lombardo-Veneto dominato, non avevano la pretesa di metterci anche governanti locali austriaci, lasciavano pure che fossero italiani. E così a Palazzo Chigi può tranquillamente andarci il SuperMario, l’italiano “Europa servant”…

Il quale, consapevole o meno, rischia di diventare servant anche di disegni partici di bassa bottega. Il primo: fino al 2013 sei il presidente del governo del Presidente, il salvatore dell’Italia; poi nella rimavera dello stesso anno (ammesso che ci lascino votare) magari diventi il candidato presidente del centrosinista: il novello Prodi o una sorta di Dini bis (che da tecnico che era si fece Lista Dini).

Secondo disegno: finchè non si vota il gruppo parlamentare del Pd resta grasso e grosso, molto sovradimensionato rispetto alla divisioni reale dei consensi nella sinistra. Perchè Di Pietro ha ancora parlamentari per il 2,5% che conquistò nel 2008, mentre oggi i sondaggi lo danno al 7%; e Vendola con suo 8% abbondante di parlamentari non ha nemmeno uno. E questo spiega il sincero, caloroso, ed interessato sostegno del Pd al governo di SuperMario che rinvia la resa dei conti con le urne.


 

LA LOGGIA VERA, LA P-EUROPA

 

 

E’ arrivata, è scesa in campo a dettar legge nel nostro Paese, la Loggia vera. Potremmo chiamarla la P-Europa. E, essendo quella vera, nessuno lo denuncia. Anzi: nessuno fiata.

Niente di nuovo, è la storia che si ripete. Per decenni in Italia c’è stato un potere totalmente eversivo rispetto alle istituzioni e alle regole democratiche, di fronte al quale tutti si inginocchiavano; un potere tanto forte che non si osò neppure ipotizzare reati a suo carico; un potere eversivo con un nome preciso: Gianni Agnelli. Ma nessuno lo chiamava col suo vero nome. Anzi, per distrarre l’attenzione, fu inventato un falso scopo: Licio Gelli e la P2

Come se il Gran Maestro di Arezzo avesse mai avuto un millesimo del potere del Gran Maestro di Villar Perosa. Abbia promulgato leggi speciali ed istruito processi contro il superRotary della P2 (i cui affiliati erano ancora più fatui, cioè più illusi di contare qualcosa, di coloro che tutt’ora perdono le loro serate nei vari rotary…). Ed intanto l’Avvocato depredava indisturbato l’Italia a beneficio suo (anzitutto!) e della Fiat.

Così adesso. Raffica di denunce processuali e mediatiche contro la P3, la P4, la P5, queste che sono cricche da sagra di paese, al confronto della loggia vera, dalla P-Europa, che vuole mettere le mani sui gioielli della famiglia Italia – Enel, Eni, Finmeccanica – sulle nostre banche ricche e ben patrimonializzate, prive di titoli tossici, non infognate in prestici greci…Ma, al cospetto della loggia vera, il silenzio è totale o quasi. Proprio come con Agnelli, ci si limita a baciare devotamente la pantofola europea.

L’ex rettore dell’università di Padova, uomo stimato e considerato nonchè affamato di politica, per i meriti propri non è riuscito a diventare nemmeno…Scilipoti, cioè deputato nel partitino di Di Pietro! Ora d’accordo che la Bocconi conta più del Bo’, ma a chi la raccontiamo che il presidente della Bocconi sta diventando capo del governo della terza potenza economica d’Europa per meriti propri, per chiara fama?

Il primo merito di Mario Monti è tale e quale quello di Lucas Papademos, non a caso nuovo capo designato del governo greco: sono entrambi “Europa-servants”. Sono al totale servizio di quella Europa che l’uno, Papademos, ha già servito come vicepresidente dell Bce, l’altro, Monti, come commissario europeo. Insomma sono uomini della P-Europa che di loro si fida.

Vogliamo credere che Monti l’abbia scelto Napolitano? Che sia l’inquilino del Colle a comandare in Italia? Resta da spiegare come mai in tutti i decenni in cui è stato dirigente nazional del Pci (con Amendola, Pajetta, Longo, Ingrao) contava poco e non comandava per nulla. Sarà molto migliorato con l’età…

C’è un ultimo parallelo inquietante con la Grecia. Anche l’ex premier Papandreou voleva appellarsi alla sovranità popolare, voleva che fossero i cittadini greci a decidere con un referendum. La P-Europa l’ha vietato. Proprio come in Italia dove il fermo proposito di Berlusconi di andare ad elezioni anticipate si è dissolto nello spazio di un mattino, cioè nello spazio dell’ennesimo tsunami speculativo che ci ha investito ieri.

Chissà mai chi l’avrà orchestrato questo tsunami…Fatto sta che la sovranità popolare viene espropriata dai due “Europa-servants” che stanno per guidare Grecia ed Italia. Per risanare i due Paesi o per consegnarli definitivamente nelle mani degli speculatori (magari spiegando che, per salvarsi, non si possono che svendere i gioielli di famiglia…)?

Temo che la soluzione finale sia la seconda. Ma, anche fosse la prima, anche fosse il risanamento, bisogna concludere che ci si può arrivare solo mettendoci nelle mani di un Gran Maestro, cioè archiviando la sovranità del popolo italiano.

 

VIA SILVIO TORNANO I BISATTI

 

In attesa che Berlusconi getti la spugna, tra qualche ora o qualche giorno, la prospettiva, non proprio entusiasmente, è che tornino a tempo pieno i bisatti; che il Paese ripiombi in mano ai soliti Gattopardi.

Lo ha scritto, con molta chiarezza ed incisività, Piero Ostellino sul Corriere: “ex democristiani, missini, socialisti; quel che si dice anguilloni dei fondali della Prima Repubblica. Non si spiegherebbe perchè si auspichi il recupero di Pier Ferdinando Casini, altro bisatto ex democristiano”.

Ostellino spiega che Berslusconi non ha più futuro né credibilità, e se ne deve andare, non – come molti hanno sostenuto – per “le sue frequentazioni serali”, ma perchè non ha potuto o voluto realizzare quelle riforme che lui stesso aveva annunciato. E, a riprova della mancanza di volontà, ricorda che i pochi autentici liberali del suo entourage li ha sostituiti, appunto, con i bisatti della Prima Repubblica: Letta e Scajola, Sacconi e Tremonti, Gasparri e La Russa.

Non che le anguille, che già sguazzavano nel fondo limaccioso della Prima Repubblica, manchino nemmeno a sinistra: Veltroni dichiara di non essere mai stato comunista ma…se l’è scordato solo lui; Bersani e D’Alema non mentono, però sempre bisatti restano; perfino il rottamatore Matteo Renzi è un giovane democristiano (ex popolare) prontamente riciclato; Vendola un già rifondatore comunista folgorato sulla via di ecologia e libertà…(solo Di Pietro sbirro era e sbirro resta).

Tutto bene, tutto lecito per carità. Non fosse per un piccolo problema che ricorda Ostellino, e assieme a lui chiunque non chiuda gli occhi di fronte alla realtà: per risanare i conti e rilanciare la crescita l’Europa, con la famosa lettera Draghi-Trichet, ci chiede – anzi: ci ordina – soluzioni neoliberali: ridurre la spesa pubblica e la pressione fiscale, rimuovere quei lacci e laccioli che “mortificano le forze vive della società civile”.

E qui sta in punto. Se queste misure non ha saputo o voluto adottarle il liberale fedifrago Silvio Berlusconi, possiamo credere che le adotteranno al suo posto quei bisatti della Prima Repubblica che mai nemmeno hanno finto di dirsi tali?

Quindi cosa minaccia di succedere nel dopo Silvio (un dopo, sia chiaro, ormai tanto inevitabile quanto sacrosanto)? Un bel governo istituzionale, o del Presidente, o di salvezza nazionale, che metta assieme quanti più Gattopardi possibili uniti nella lotta per rimmettere comunque le proprie mani sui resti del Paese all’insegna del loro eterno slogan: far finta che tutto cambi, perchè tutto possa così rimanere uguale.


L’AUTO-MACELLERIA SOCIALE

 Se vogliamo chiamare “macelleria sociale” la norma che riguarda la (purtroppo solo parziale) liberalizzazione dei licenziamenti, come fa il sindacato teso a drammatizzare, abbiamo almeno il pudore di aggiungre che è una “macellera sociale” europea, ossia imposta al nostro Paese dai patner europei.

Non è infatti che la Bce, la Merkel e Sarkozy, si siano limitati a pretendere il risanamento dei conti, lasciandoci liberi di decidere come arrivarci. Non è che – ad esempio – possiamo continuare a spendere e assumere pubblici dipendenti, purchè aumentiamo le tasse e, magari con una bella patrimoniale all’anno, arriviamo appunto al pareggio. Non è così.

L’Europa ha fatto come Tremonti con i sindaci. Il quale non si è limitato a ridurre loro i trasferimenti, lasciandoli liberi di decidere dove e come risistemare i bilanci, ma ha precisato: va tagliata la cultura di tot, va tagliata la comuniczione di tot altro, e così via. Allo stesso modo la Ue ha imposto all’Italia, come alla Grecia, di tagliare la spesa pubblica, di ridurre i dipendenti pubblici, di innalzare l’età della pensione e, appunto, di liberalizzare il mercato del lavoro; cioè di superare quel residuo novecentesco che è lo Statuto dei lavoratori, col suo articolo 18 che impedisce i licenziamenti e che – questo è il punto che i sindacati fingono di ignorare – non esiste in nessun altro Paese occidentale moderno.

Oggi le esigenza della crescita e dello sviluppo impongono una svolta epocale, per certi versi simile al passaggio dalla schiavitù al lavoro salariato. Ed il posto fisso di lavoro ha più di un’assonanza con lo schiavismo: allora il rapporto a vita lo imponeva il padrone al lavoratore, oggi vorrebbe imporlo il sindacato all’imprenditore. Per il soggetto interessato – ieri lo schiavo, oggi il dipendente – è comunque una fregatura perchè limita la libertà e le potenzialità di crescita economica.

Se vogliamo anche lo schiavismo prevedeva una sorta di welfare, nel senso che il padrone doveva comunque provvedere ad alloggiare e nutrire lo schiavo anche quand’era ammalato o quando invecchiava; anche quand’era improduttivo. Tant’è che Gillo Pontecorvo, in un celebre film degli anni Sessanta “Queimada”, sosteneva che erano stati i padroni a scegliere di passare dalla schiavitù al lavoro salariato che trovavano più conveniente…

In realtà per il lavoratore l’abolizione della schiavitù significò opportunità prima impensabili; e altrettanto avviene (avverrà) oggi quando e se usciamo dalla logica micragnosa del posto fisso a vita. Certo: dobbiamo essere noi la prima tutela per noi stessi. Non ci tutela più lo Stato né il welfare né il sindacato. La garanzia ci deriva dalla nostra professionalità, dalla competenza e dalla voglia di lavorare.

Conosco una brava ragazza (non tantissime, ma ce ne sono diverse) che fa l’università a pieni voti e con gli esami in regola, e che si mantiene pure facendo la cameriera. Lo fa talmente bene che i bar e le pizzerie se la contendono, al punto che è lei a decidere per quante sere la settimana lavora e per quante ore. E i datori di lavoro accettano. E’ appunto lei che si tutela.

Fosse uno di quei camerieri svagati che portano un piatto alla volta con due mani, dovrebbe invocare lo Statuto dei lavoratori e iscriversi al sindacato. E nemmeno basterebbe ad evitare di perdere il posto…

Nessun datore ha mai licenziato un dipendente serio e capace, a meno che l’azienda non andasse in crisi. Nel qual caso il dipendente (serio e capace) ha sempre trovato un’occupazione alternativa in tempi accettabili.

E’ inutile, anzi è vergognoso, agitare la “macelleria sociale” illudendosi di conservare le tutele di un passato che è, appunto, passato. Oggi o sai essere un soggetto del nuovo mercato globale; oppure sei un servo, non della gleba ma del sindacato, che si automacella.