FINI “TASSA” BERLUSCONI

 

Fini “tassa”, anzi tartassa Berlusconi. Nel senso che il presidente della Camera appoggia qualunque iniziativa e proposta che metta in difficoltà il presidente del consiglio: dai distinguo sul lodo Alfano, all’ipotesi del governo tecnico in alternativa alle urne, fino all’aumento delle tasse sulle cosiddette rendite finanziarie. E’ una strategia chiara, limpida, lecita e trasparente. Auguri.

Ma se Fini è convinto di tassare – in senso letterale – Berlusconi e i Berlusconi, cioè i ricchi, portando dal 12 al 25% l’aliquota sui bot, questa è una pia illusione. Anzi è una balla colossale, che ha cominciato a raccontarci anni fa Bertinotti e che ogni tanto la sinistra vecchia e nuova (Fini?) ci ripropone.

Nemmeno Travaglio ci crede che aumentando la tassa sui bot colpiamo Berlusconi! Anzi proprio lui, Travaglio, ci spiega che i ricchi veri hanno stuoli di società off-shore e stuoli di consulenti che consentono di investire i loro capitali con ben altra remunerazione rispetto al misero 2% (scarso) garantito dai bot.

Siamo noi, noi cittadini comuni che quando abbiamo risparmiato 30-50-100 mila euro – dal momento che non facciamo i finanzieri di mestiere, ne possiamo pagare profumate consulenze – invece che tenere i soldi sotto il materasso, compriamo i titoli di Stato sperando almeno di compensare l’inflazione.

Ovviamente si può sostenere che è indispensabile aumentare le tasse; che bisogna far cassa perchè non siamo fuori dalla crisi e servono risorse aggiuntive per gli ammortizzatori sociali. Servono risorse per l’università , la ricerca, la cultura e per non ridimensionare l’armata del pubblico impiego. Anche questa è una strategia lecita e trasparente. Non si può però raccontare che le nuove tasse andiamo ad attingerle dalle tasche dei ricchi. No: è chiaro che andiamo a tosare ancora di più le solite pecorelle del ceto medio. Puniamo le famiglie che hanno avuto il torto di investire i loro risparmi in titoli di Stato.

E’ quel ben noto risparmio diffuso delle famiglie italiane che – a giudizio comune – ha impedito al nostro Paese di piombare nella ben più grave crisi finanziaria e bancaria che ha investito Stati Uniti, Gran Bretagna e altre nazioni. Un risparmio frutto del lavoro e sul quale sono già state pagate le tasse. E che non ha nulla a che vedere con la facile rendita finanziaria, contrapposta al sudore della fronte, di cui favoleggia la sinistra ottocentesca.

Tartassiamoli pure, come vuol fare anche Fini, i sottoscrittori di bot. Esasperiamoli a facciamo loro comprendere che tanto vale tenersi i soldi sotto il materasso, invece che usarli per salvare il Paese dalla bancarotta…Però, se dopo arriviamo al crack definitivo, almeno sia chiaro che la colpa non è del destino cinico e baro…

UN SINDACATO ROSSO PER SILVIO

 

Rossa, rossissima la Fiom, proprio come le bandiere che garrivano in piazza S.Giovanni. Eppure – sotto il profilo politico – viene da domandarsi se non sia “gialla”, cioè se non faccia il gioco di Silvio Berlusconi aiutandolo a mantenere una maggioranza di consensi e quindi la guida del Paese.

E’ una preoccupazione che hanno espresso sia Casini che i riformisti del Pd. Posto che sia la vasta area moderata di centro, nella sua oscillazione elettorale, ad aggiudicare la vittoria a questo o all’altro schieramento, al centrodestra o al centrosinistra, come reagirà quest’area allo spettacolo di sabato pomeriggio a Roma?

Casini, Enrico Letta, Bersani (?) e Rutelli temono che di fronte alle bandiere rosse al vento, a certe parole d’ordine vibranti, a slogans da scontro sociale anni Settanta, i moderati trovino più rassicurante il Cavaliere (non ostante la Lega). Forse lo teme lo stesso Epifani che, sulla scelta dello sciopero generale, è sembrato più costretto che convinto…

Non paga cavalcare il radicalismo sociale perchè non ti permette di arrivare a governare il Paese. (Così come, se l’obiettivo è quello di governare il Paese e non solo alcune grandi Regioni del Nord, non paga nemmeno cavalcare il radicalismo territoriale. Ed in questo senso sarebbe perdente la candidatura a premier di un leghista).

Casini, Letta, Rutelli, Bersani (?) vogliono appunto governare il Paese al posto di Berlusconi, e per questo avrebbero preferito che la Fiom non fosse scesa in piazza sabato scorso. Diverso è l’obiettivo di un Di Pietro, inimmaginabile in versione governativa, dunque proteso a conquistare più consensi possibile alzando più possibile i toni (la sua preoccupazione è che Grillo non lo scavalchi sui toni).

Diverso è l’obiettivo della stessa Fiom, che vuol diventare, che già è, la punta di diamante del sindacalismo più radicale. Naturale dunque che cavalchi lo scontento per la crisi, la disoccupazione e il declinante potere d’acquisto dei salari. Anche se, va aggiunto, può farlo per l’arretratezza culturale di una sinistra italiana lascia ancora credere a…Gesù bambino: cioè che esista un’alternativa (di lotta) all’accordo tra capitale e lavoro.

Ma queste sono già altre valutazioni. Restiamo al dunque, cioè al risultato politico della grande manifestazione di sabato a piazza S. Giovanni: è stato un colpo di maglio al governo Berlusconi o ha contribuito a tenere in sella un Cavaliere traballante?

 

BESTIE SERBE E POLIZIA “PACIFISTA”

 

E’ un po’ ridicolo prendersela con le bestie serbe per quanto accaduto a Marassi, o con le autorità serbe che avrebbero dovuto avvisarci che le bestie erano in arrivo. Un po’ come dire che i clandestini del centro di Cagliari dovevano avvisarci che stavano ribellandosi per la terza volta in dieci giorni e che avrebbero bloccato l’aeroporto…

In realtà non sappiamo fronteggiare emergenze robuste come quella di Genova e nemmeno piccole emergenze come quella di Cagliari.

Ogni volta ci facciamo sorprendere impreparati. Perfino se mandiamo una pattuglia in quel quartiere di Milano dove il tassista è stato massacrato: poliziotti aggrediti e messi in fuga come se fossimo a Scampia.

A Marassi facevano tenerezza quei tutori dell’ordine visti in eurovisione: raccogliticci, incerti, intimoriti, in “assetto da ufficio” (da impiegati) più che in assetto antisommossa; spettatori impotenti mentre le bestie serbe dominavano la scena. Capisco il telespettatore che ha chiamato dalla provincia veronese dicendo che non si sente più sicuro perchè non sa se c’è qualcuno che lo difende nel paese dove abita.

Dobbiamo però anche capire e ricordare che proprio Genova è “fatale” alle nostre forze dell’ordine. Ai loro vertici appena condannati proprio per aver reagito e non solo assistito alla violenza delle bestie no global nostrane…

Anni ed anni di accuse – “polizia fascista!”, “polizia assassina!” – ci hanno consegnato questa polizia intimorita, preoccupata anzitutto di non farsi male in senso lato. Quella polizia “pacifista”, che in se è un ossimoro, ma che ha voluto e vuole una larga fetta di opinione pubblica e classe politica.

Immaginiamo una banda di padani guidati dal trota, o una banda di sardi capeggiati da Michela Murgia (scrittrice dichiaratamente indipendentista) che vadano allo stadio di Belgrado e gridare “Padania libera!”, “Sardegna indipendete!”, un po’ come hanno fatto le bestie a Marassi col Kosovo. La polizia serba li avrebbe presi a sprangate e rispediti in Italia su vagoni piombati.

Non dico che dobbiamo avere la stessa polizia e gli stessi metodi. Ma certo dobbiamo saper fronteggiare le emergenze di ordine pubblico. E dare ai cittadini quel senso di sicurezza che non hanno ricavato dalle immagini arrivate nelle case martedì sera in diretta da Marassi e dintorni.

Bisogna essere convinti che serve una polizia diversa. Ed anche una magistratura diversa. Che non conceda i domiciliari al ragazzo che a Roma ha mandato in coma la donna romena, che non lasci impunita e a piede libero la ragazza che ha sparato un lacrimogeno addosso a Bonanni.

Perché se dopo ci ritroveremo a dover fare i conti con una violenza da anni di piombo, non potremo certo dare la colpa alle autorità serbe che non ci avevano avvertito…

TANTE SARAH IN MEZZO A NOI

 

 

Ovvio che l’”orco” è come un pugno sullo stomaco: questo zio che strangola la nipote, colpevole di non essersi concessa, e la violenta da morta. Inevitabile la reazione di chi invoca la pena di morta, la castrazione; di chi lo esorta a suicidarsi.

Ma non possiamo nemmeno dimenticarci di Sarah, anzi delle tante Sarah che ci sono in mezzo a noi. Ragazzine fragili, immature; giovani donne che hanno come unico sogno, unico progetto di vita, l’evasione, la fuga dal paesello. Come passerotti ciechi che svolazzano senza méta perché nessuno gliel’ha indicata, nessuno ha fornito loro le coordinate.

Adesso le chiamano “grandi agenzie educative”. Sarebbero la scuola, la religione, lo stato, la famiglia, se volete ci mettiamo anche i partiti storici. Insomma quelle entità che, nei loro ambiti, tracciavano la rotta, educavano, indicavano valori e punti di riferimento. Tutte agenzie sull’orlo del fallimento, che hanno chiuso i battenti. Col risultato di rendere ciechi le passerotte come Sarah e i passerotti.

Troppe famiglie, in particolare. Famiglie dove – come ha scritto Carla Collicelli del Censis – “prevalgono figure genitoriali deboli e non autorevoli”. Genitori che, a loro volta, hanno già perso la rotta (a parte quella della palestra, delle vacanze, del tempo libero) e non sono dunque in grado di tracciarla per i figli.

A quel punto, incapaci di esistere come genitori, diventano libertari, anti-autoritari: lasciano i figli liberi, di uscire tutte le sere, di frequentare chiunque, di “farsi la propria vita”. E così i passerotti vanno a sbattere. Perché la prima cosa che ci chiedono i figli sono le regole, i principi, gli obiettivi. Mentre la cosa peggiore per loro e lasciarli senza una rotta. Al punto che dobbiamo capire e dire: meglio la rotta islamica, meglio il burqa del nulla. Meglio spingere una figlia a diventare suora di clausura che abbandonarla a se stessa.

Quei genitori islamici che vogliono coartare la volontà delle figlie, che vogliono imporre loro lo stile di vita e perfino il matrimonio arrivando ad usare la violenza, ci sembrano il peggio possibile. Ma loro, sia pure nella forma più distorta e inaccettabile per la nostra civiltà, si pongono l’obiettivo di educare le proprie figlie. Il peggio del peggio siamo noi quando rinunciamo completamente a farlo, per giunta ammantandoci da genitori liberal…

Così si moltiplicano i passerotti ciechi, le tante Sarah che vediamo in mezzo a noi. Che svolazzano e, ovviamente, non è detto che vadano a sbattere contro l’”orco”. Ma molto spesso vanno a sbattere contro un’esistenza insipida, una vita insulsa.

 

SE UN PREMIER VA DI CORPO…

 

 

Capisco che divampi lo scontro politico dopo le pubbliche dichiarazioni fatte da Berlusconi contro i pm. Capisco che si possa replicare affermando che i magistrati tutelano la libertà e che deve andare a casa un premier che li attacca così frontalmente. Ma non capisco proprio come possa nascere un affare di stato per delle battute, per delle barzellette – felici o infelici, blasfeme o meno – fatte in privato dallo stesso Berlusconi.

Ancora adesso dopo le trasmissioni serali mi capita di andare a cena con gli ospiti politici, una volta lo facevo sistematicamente. E ce ne era sempre qualcuno, di politico, che a tavola scherzava e raccontava barzellette su tutto: sugli ebrei, sui gay, su Dio e sulla Madonna, oltre che sul sesso. E mai c’è stato qualcuno così scemo o così in malafede da pensare che quel politico fosse ancora davanti alle telecamere; qualcuno che pretendesse di “inchiodarlo” per una battuta sconcia o blasfema o razzista.

E’ talmente evidente la differenza abissale tra la dimensione pubblica e quella privata. Tra Berlusconi che parla sul palco della festa del Pdl a Milano, assumendosi la responsabilità politica di ogni sua affermazione, e il Berlusconi che scherza durante una pausa del G8 all’Aquila o con i fans venuti a fargli gli auguri di compleanno. Solo la più completa malafede porta ad equiparare le due situazioni.

Non è questione dei telefonini che oramai riprendono tutto. Né delle telecamere del servizio di sicurezza che sembrerebbero aver ripreso la barzelletta a l’Aquila. Il problema è l’utilizzo che ne fai: cioè la divulgazione tramite i media, e la disponibilità ad innescare seriossime discussioni.

I telefonini nei bagni del premier a palazzo Grazioli sono già arrivati con la D’Addario. Alla prossima puntata ci sarà lui immortalato sulla tazza. Dopo di che l’Espresso ci spiegherà che un politico che fa queste cose, che arriva ad andare di corpo, non può certo restare a capo del governo!

Ma secondo voi deve andare a casa Berlusconi perché racconta barzellette o deve andare a cagare chi si arrampica perfino sulle battute?


CARROCCIOPOLI E DINTORNI

 

Toh, ci sono anche dei leghisti pizzicati con le mani nella marmellata. Ma che strano? Pensavamo arrivassero da Marte e fossero dunque immuni dalla corruzione!..I leghisti un errore l’hanno fatto: atteggiarsi a verginelle; presentarsi geneticamente diversi e superiori, cioè immuni dalle tentazioni del potere. Anche in questo come il vecchio Pci; quel Pci che Enrico Berlinguer spacciava per il “partito dalle mani pulite”.

Nella prima repubblica in effetti ce n’era uno, ma non era il Pci, era l’Msi; e non perché i missini fossero “etnicamente” immuni: semplicemente perché, esclusi in nome dell’antifascismo da qualunque luogo di potere, non potevano arraffare…E la riprova è arrivata dopo la svolta di Fiuggi: quando Fini li ha portati nelle istituzioni abbiamo cominciato a trovare anche esponenti di An con le mani nella marmellata, esattamente come gli uomini degli altri partiti.

Tuttavia resta una differenza, e molto precisa: quando viene pizzicato un uomo del Pd – da Bologna alla Puglia alle Cinque Terre ad Este – nessuno si sogna di scrivere che è scoppiata “domocratopoli” perchè – correttamente – si sa che le responsabilità sono individuali ed è iniquo attribuirle ad un intero partito. Invece quando capita lo stesso con i leghisti ce lo dimentichiamo e subito si scrive di “padanopoli” o “carrocciopoli”, quasi che fosse la Lega ad avere in se il germe del malaffare

Ovviamente è l’occasione – cioè il potere – che rende l’uomo ladro. Una tentazione uguale per tutti gli uomini, non diversa a seconda che militino in questo o quel partito. Perchè oggi al Nord troviamo meno esponenti del Pd implicati? Perchè sono stati folgorato sulla via della virtù? No: perchè sono stati “folgorati” dagli elettori che hanno assegnato loro meno potere di una volta…Gli stessi elettori che ora hanno messo i leghisti nella condizione di pociare il savoiardo…

Questo dovrebbe farci capire che l’unica seria contromisura etica è quella strutturale. Bisogna cioè ridurre in partenza le occasioni.

Perchè nella vecchia Unione sovietica la corruzione era divenuta endemica? Perché i russi erano ladri per natura? Perché votavano Lega? Fa ridere solo pensarlo. La corruzione era endemica perchè tutto era pubblico, cioè di nessuno. E, saltato il meccanismo di responsabilità, ognuno si sentiva autorizzato ad arraffare e/o a cazzeggiare. Esattamente come tende a capitare nel nostro settore pubblico.

Col che dovrebbe essere chiaro che comportamenti più etici in politica non si ottengono con le prediche, con i codici di comportamento, e nemmeno con la sola minaccia delle conseguenze giudiziarie (pure indispensabili). Si ottengono anzitutto con misure strutturali: cioè riducendo drasticamente lo spazio del pubblico, dimezzando la presenza dello Stato e degli enti locali in economia.

Ed è qui che anche la Lega come partito deve assumersi impegni precisi: il federalismo tanto atteso, la più equa distribuzione delle risorse tra Nord e Sud, a cosa servirà? Dovrà servire a far pagare meno tasse ai veneti. Se invece servirà ad ampliare lo spazio del pubblico anche in Veneto avrà come prima conseguenza di ampliare l’humus della corruzione.


 




 

METTI NOEMI AL POSTO DI GIANCARLO

 

 

Mesi di polemiche e prime pagine; dossieraggio, servizi segreti e ministri caraibici tirati in ballo. La lettera di Francis é vera, come ha confermato lui, o resta una patacca come insiste Bocchino? Tutto tempo perso, tutte pippe inutili. Perchè bastava mettere Noemi al posto di Giancarlo e il fulcro della vicenda sarebbe stato chiaro e inoppugnabile in un baleno.

Immaginiamo, per un attimo, che la Colleoni avesse donato l’appartamento a Forza Italia invece che ad An. E che un inviato di Repubblica, grazie ad una soffiata, fosse andato a suonare al campanello trovandosi di fronte Noemi. Saremmo forse stati a domandarci se era in affitto o in comodato d’uso, proprietà o in multiproprietà con la D’Addario e la Carfagna? No di certo: sarebbe bastato vederla per concludere che quel porco del Cavaliere aveva fatto un regalino alla sua amante imberbe sottraendolo al patrimonio del partito.

Allo stesso modo è bastato che ad aprire la porta fosse il Giancarlo per concludere che Fini aveva fatto un regalino al cognatino. Immaginiamo il Berlusca che casca dalle nuvole e balbetta: “Ma no? Noemi in quella casa? Non posso crederci! Ma che sorpresa, è la prima che sento!”. Sarebbe stato sommerso da un uragano di pernacchie. Lo stesso che ha sommerso Fini, anche se la stampa amica sua (perché nemica del Cavaliere) ha tentato di fargli scudo.

Non c’entra nulla la campagna di stampa, i servizi, lo scontro politico. Il punto, inoppugnabile, è che il quella casa di Montecarlo c’è Tulliani, il cognato dandy con Ferrari al lavaggio. Una realtà che non si può negare. Che si può cercare di sminuire, dicendo che è un caso personale e non politico, che non c’è alcun reato e via di seguito.

Oppure – e mi sembrerebbe una mossa più intelligente – si può osservare che non c’è paragone tra un leader che regala ad un famigliare un pezzettino del patrimonio del suo partito, ed un Bossi che al suo famigliare, detto “Trota”, vuole regalare l’intero partito!…Ed infatti l’Umberto sulla vicenda della casa è sempre rimasto molto defilato intuendo che, se qualcuno avesse mai sollevato la comparazione tra regali, non ne sarebbe uscito bene…

Dopo di che siamo a scene ordinarie di vita quotidiana. Ci siamo forse dimenticati di quello che abbiamo fatto noi e i nostri conoscenti per agevolare il parentado?

E allora è giusto anche immaginare e capirlo il Bossi con la Manuela che lo tormenta, che da anni gli rompe le palle con questo figli che sono piezzi e’ core: “Me lo sistemi si o no? Con tutti quei baluba che hai portano in Parlamento e nei consigli regionali, possibile che non puoi farmelo eleggere in Lombardia!”. E il povero Umberto o fa l’ictus definitivo o accetta di accontentare la Manuela purchè la smetta di rompere…

Allo stesso modo par di sentirla l’Elisabetta: “ Gianfry ma vuoi aiutalo sì o no il mio fratellone? Con tutto il potere che hai cosa ti costa? Guarda che, se non ti decidi, non te la do più o torno da Luciano!”. E il povero Gianfranco, infigato com’è fino alla punta dei capelli, cosa ha fatto? Lo stesso che avrebbe fatto ciascuno di noi se fosse infigato come lui…

Insomma a che pro discutere per mesi, tirare in ballo il servizi segreti e i depistaggi, immaginare manovre oscure, quando bastava riguardarsi un bel film di Totò o di Ciccio e Ingrassia.

 

 

SHOWROOM CATTOLICO PER L’ISLAM

 

 

L’on. Massimo Bitonci, sindaco di Cittadella, ha raccontato che nel suo comune il parroco ha concesso gli spazi del patronato ai mussulmani per celebrare la fine del Ramadan. Non è la prima volta che si manifesta questa “disponibilità” cattolica nei confronti dell’Islam. E lascia perplessi.

Non si tratta certo di mettere in discussione il principio della libertà religiosa, che va comunque garantita – anche in assenza di reciprocità – a qualunque credo. Esattamente come la libertà di pensiero politico va difesa anche (e soprattutto) per le ideologie che giudichiamo più aberranti.

Il confronto e il dialogo non possono certo essere ostacolati; vanno anzi promossi. Nell’epoca della comunicazione globale è infatti inevitabile che si raffrontino tutte le offerte: da quelle politiche, a quelle religiose, fino a quelle automobilistiche. Non a caso, restando alle auto, le pagine che più interessano di Quattroruote sono proprio quelle che confrontano prezzi e prestazioni delle Fiat con quelli delle Renault o delle Volkswagen o delle Toyota.

In questi giorni Marchionne ha bacchettato i rappresentanti americani della Crysler ingiungendo loro di tenere aperti gli showroom anche al sabato, ed ha così confermato di essere un duro. Ma, se avesse intimato di mettere gli showroom Crysler a disposizione delle auto General motor o Ford, avremmo tutti pensato che l’uomo del pullover era impazzito. Perchè un conto è rispettare la concorrenza, un altro impegnarsi ad agevolarla.

E cosa ha fatto il parroco di Cittadella se non mettere a disposizione dell’Islam il suo showroom cattolico?…

La “disponibilità” arriva a spingersi oltre: nei siti di alcune diocesi abbiamo addirittura trovato una raccolta di fondi pro moschea! E non si tratta di discutere il diritto di realizzare i luoghi di culto per qualunque fede. Si va perfino al di là di riaffermare il principio che tutte i credo hanno diritto ad accedere all’otto per mille. Perchè si arriva a finanziare direttamente l’avversario, o se volete, il concorrente religioso.

Cosa diremmo se Berlusconi si mettesse a raccogliere fondi per aiutare Fini a radicare Futuro e Libertà? Diremmo che il Cavaliere è andato via di testa.

Non dubito che Oriana Fallaci avrebbe bollato questa “disponibilità” cattolica come collusione con il nemico.

Forse però c’è un virus più sottile ed insidioso. L’ho pensato vedendo il cardinal Bertone a Porta Pia e Papa Benedetto con il cappello da bersagliere in testa. Non si tratta, per la Chiesa, di prendere atto della fine del potere temporale, ma addirittura di celebrarlo come un evento per lei fausto.

E allora mi domando se non ci sia una radice di autolesionismo: il Papa esalta i bersaglieri che 150 anni fa l’hanno “imprigionato” in Vaticano; il parroco di Cittadella offre oggi la parrocchia agli islamici in attesa che domani gli costruiscano un minareto sulla sua chiesa…

 

CHI DISCRIMINA I ROM

 

 

Chi discrimina i rom? E’ Sarkozy con i suoi provvedimenti, o si auto-discriminano con i loro comportamenti? La sentenza non sembra particolarmente ardua.

E’ arduo invece, anche se ispirato da un cieco amore zigano, l’accostamento tra i 300 euro con cui il presidente francese cerca di convincerli a ritornare volontariamente a Bucarest e le deportazioni con destinazione campo di sterminio che attuò Hitler; avendo imparato il metodo – scusate se oso ricordarlo – dal suo Gran Maestro, il compagno Stalin.

Sgombriamo il campo dai deliri e torniamo al dunque, cioè a chi discrimina chi.

Come mai, se viene ad abitare vicino a noi una famiglia di filippini, siamo al massimo incuriositi, mentre se arriva la carovana dei nomadi siamo allarmati? Come lo spieghiamo questo nostro “razzismo a corrente alterna”, che con uno scatta e con l’altro no? Perchè

(aggiungendo un particolare per il mio biografo Silvestro) a due operai moldavi ho dato le chiavi di casa mia dopo tre giorni che li conoscevo, mentre ad un rom non gliele darei nemmeno dopo trent’anni? E voi gliela dareste la chiave di casa vostra? Dubito lo farebbe perfino il presidente dell’Opera Nomadi…

Mi sembra evidente che chi – nel Terzo Millennio e in Occidente – vive ancora da nomade, ci racconta che si sostenta allevando cavalli e forgiando il rame, pretende di avere campi attrezzati e gratuiti quando tutti gli altri giramondo della domenica si pagano il campeggio e presentano i documenti senza sognarsi di sentirsi schedati. Mi sembra evidente che chi adotta questo stile di vita si auto-discrimina e minimo ispira diffidenza.

Abbiamo mai visto un nigeriano o un polacco mandare i propri bambini in strada a chiedere la carità e bastonarli se non obbediscono? Li abbiamo visti rifiutarsi di mandare i figli a scuola anche se arriva l’assistente sociale e il pulmino gratuito a prelevarli? Possiamo osservare che solo certi nomadi lo fanno? Oppure siamo razzisti e vogliamo noi discriminarli?

Che poi se ragioniamo così, se abbiamo questa libido nel lanciare l’accusa di razzismo, allora dobbiamo notare che la discriminazione esiste anche in positivo. Sindaci come Cacciari che ha destinato loro un intero villaggio o come Zanonato che gli ha dato alcune casette, hanno discriminato i nomadi; perchè dovevano dire loro di mettersi in coda per le case popolari come tutti gli altri cittadini italiani e stranieri.

Se ragioniamo così’, è razzista anche il sindaco di Verona Tosi che ha previsto interventi economici mirati per smantellare un campo nomadi. Interventi riservati solo a loro e non previsti per gli altri cittadini veronesi.

Se invece recuperiamo un po’ di buonsenso, dobbiamo riconoscere che per alcuni gruppi o etnie servono interventi mirati, sia in positivo che in negativo; ci vuole tanto il bastone quanto la carota e l’importante è dosarli bene se si vuole risolvere i problemi e non lasciarli marcire.

Il vero razzista è chi evoca la discriminazione , e addirittura il fantasma di Hitler; perchè tutto questo serve solo a convincerlo che lui mica è becero, lui appartiene alla razza superiore della fratellanza e dell’amore universale. ( almeno finché il “fratello” non si materializza nel suo salotto…)

SE IL PROFE BLOCCA LO STRETTO

 

 

L’anno scolastico è cominciato all’insegna della protesta degli insegnanti precari. A conferma che la funzione cruciale della nostra scuola non è trasmettere un sapere agli studenti, ma stabilizzare il posto di lavoro dei docenti. (Fosse il contrario l’anno sarebbe iniziato con la protesta delle famiglie per le tante ore che – come certificato dall’Ocse – i nostri figli passano con poco profitto sui banchi)

Diamo comunque per scontato che i precari abbiano tutte le ragioni del mondo. Resta – e spero siate d’accordo – inaccettabile la forma della loro protesta, cioè il reato che hanno compiuto quei tremila che per alcune ore hanno impedito il transito attraverso lo Stretto, bloccando i collegamenti tra la Sicilia e il continente.

Forse ho troppa considerazione per i docenti, ma trovo che il blocco di strade, ferrovie (e traghetti) attuato da loro sia ancora più grave di quando lo fanno i lavoratori di un’azienda. Perché gli insegnati (come dice il nome) dovrebbero insegnare anche l’educazione civica, il rispetto delle leggi. E l’idea che lo insegnino violando le leggi è un po’ della serie Dracula presidente dei donatori di sangue…Più che in cattedra alle medie li vedrei bene a tenere seminari nei centri sociali.

Prendiamo atto che anche loro invece adottano queste forma di ribellismo da Paese sudamericano, inaccettabili in una democrazia matura. Ma rendiamoci conto che vengono adottate per la semplice ragione che funzionano: che blocchi, occupazioni, picchettaggi e simili violazioni delle leggi e dei diritti, da un lato non vengono (quasi) mai sanzionate dalla magistratura dall’altro spingono (quasi) sempre la controparte a calare le braghe.

Quindi, chi spera che la protesta di strada alla Masaniello divenga anacronistica anche nel nostro Paese, deve auspicare che i manifestanti di Messina e Reggio Calabria non ottengano alcun risultato. In caso contrario avremo un effetto moltiplicatore.

Venendo al merito, e fermo restando che per tutte le professioni vale la regola che possono svolgerla non tutti coloro che lo desiderano ma tanti quanti ne richiede il mercato, bisogna sempre trovare un ragionevole equilibrio tra diritti e doveri. Nel senso che gli insegnanti hanno diritto ad un posto fisso e ad una retribuzione decorosa, se accompagnato al dovere di essere preparati nella loro materia, di saperla insegnare (capacità didattica) e di accettare verifiche periodiche.

Un equilibrio che si raggiunge solo se lo esige la controparte. Cioè il potere politico, che dovrebbe rappresentare il più vasto interesse degli studenti e delle loro famiglie ad avere una scuola che trasmetta un sapere, e non si limiti a funzionare da agenzia per l’impiego dei precari della pubblica istruzione.