MA IL VERO STRONZO E’ FINI

 

Non so se esista il reato di vilipendio al presidente della Camera, ma mi prendi il rischio e lo scrivo: qui il vero stronzo è Fini.

Lo è anche per un aspetto formale. Che pena questa Terza Carica dello Stato che si atteggia a bulletto davanti ai ragazzini facendo (crede lui) il trasgressivo, cioè usando un epiteto del linguaggio corrente! Nessuno gli ha spiegato che mai come oggi gli studenti, fin troppo bulletti e trasgressivi di loro, hanno bisogno di trovarsi di fronte un serio educatore che ristabilisca le distanze anche con il rigore del linguaggio, e non un complice d’accatto?

Ma Fini stronzo lo è, soprattutto, per la questione sostanziale: nel senso che uno degli stronzi peggiori è colui che nega, che banalizza, la realtà in omaggio al politicamente corretto. Cosa vuole spiegarci il presidente della Camera che i veronesi “tuti mati” sono uguali ai padovani “gran dotori” o ai vicentini “magna gati”? Siamo forse di fronte alla riedizione della storica idiozia del proto femminismo che voleva omologare la donna all’uomo?

Per fortuna uomini e donne sono diversi, profondamente diversi. Per fortuna – intesa come ricchezza della varietà del mondo – ci sono differenze anche tra i vari “campanili” della nostra regione. E poi tra veneti e lombardi, tra settentrionali e meridionali. Tra italiani e tedeschi, tra europei e africani e asiatici. O Fini pensa che la storia, la cultura, le tradizioni, possano essere cancellate e negate? E’ banalizzando che si costruisce una “moderna destra europea”?

Ovviamente non stiamo parlando di diritti e doveri. Ovvio che uomini e donne, veronesi e padovani, bianchi e neri hanno gli stessi diritti. (Magari è meno accettato che abbiano anche gli stessi doveri). Chiaro che nessuno può essere discriminato per il colore della pelle, il credo religioso o le convinzioni politiche (al punto che anche Fini resta libero di dire le sue stronzate). Ma riaffermare questi principi è e resta una grande battaglia democratica e civile proprio perchè si parte da profonde diversità. Non ci fossero questi diversità, fossimo tutti “uguali” come banalmente si dice, non ci sarebbe nessuna battaglia da combattere.

D’altra parte perchè oggi è così difficile da governare la società multietnica? Difficile non solo in Italia ma anche in Francia, in Gran Bretagna, in Spagna, dovunque. Non perchè qualche stronzo dice che le varie etnie sono diverse; ma perchè sono diverse nei fatti ed è quindi molto difficile farle convivere in modo civile e pacifico. Avesse ragione Fini nella sua semplificazione, basterebbe mettere a tacere qualche stronzo e avremmo risolto i problemi.

Mentre i problemi riusciamo almeno ad affrontarli (non dico a risolverli,) solo se guardiamo in faccia la realtà invece che negarla. E la realtà è che oggi nel nostro Paese si trovano a convivere persone con stili di vita, culture, religioni molto diverse; al punto di essere spesso conflittuali. La convinvenza per tanto diventa possibile se si accetta un punto di partenza, che invece l’ultima dichiarazione di Fini rende ambiguo: c’è chi si trova a casa propria e chi arriva a casa d’altri; e questi ultimi sarebbe dunque tenuti – non dico a rinunciare alla propria diversità – ma almeno a non confliggere con lo stile di vita di chi li ha accolti.

Qui però emerge il vero problema, l’autentico dramma tutto italiano. Nel senso che noi italiani siamo così diversi tra noi, manchiamo di un’idea condivisa del nostro stesso Paese, della sua storia, del suo futuro, da non avere nemmeno una cultura intesa in senso lato (come possono avere i tedeschi o i francesi) da prospettare come stile di vita agli stranieri. I quali hanno dunque trovato da noi il Bengodi dove scorrazzare forti della loro diversità.

 

L’ONDA DEI PROFE FERMA I VANDALI

 

 

Finalmente un buona notizia: nell’autunno 2009 la solita “onda” (sempre più stantia e striminzita) degli studenti pronti ad occupare le scuole è stata fermata dall’onda dei profe che a Roma sono andati a presidiare il loro liceo impedendo così che venisse occupato, cioè devastato. Tanto di cappello a questi professori, e al loro coraggio, che hanno rischiato, anche fisicamente, pur di preservare un minimo di strumenti, lo stesso spazio fisico dove svolgere l’attività didattica. Hanno rischiato e rischiano il linciaggio pur di continuare il loro lavoro.

Avessimo un informazione seria, invece di andare ad accogliere come eroi (in un tripudio di flash e telecamere) i due teppisti che i magistrati milanesi hanno avuto la dabbenaggine di rilasciare impuniti dopo gli scontri e le auto bruciate del corteo anti Gelmini. Avessimo un informazione seria – dicevo – andrebbe a mostrare come riducono le scuole questi delinquenti che le occupano in nome di sedicenti motivazioni politiche: computer rubati, telefoni rotti, servizi igienici devastati, aule ridotte peggio delle curve dello stadio Olimpico.

Quando occupavamo quarant’anni fa noi sessantottini, facevamo almeno finta di avere una motivazione nobile: bisognava fare anti informazione, perchè la scuola borghese si rifiutava di insegnarci come si abbatte lo Stato borghese, e così organizzavamo in autogestione la nostra “oretta di religione”, cioè il corso di mistica marxista o le istruzione per l’uso della bomba molotov rivoluzionaria… Questi invece, quarant’anni dopo, nemmeno fanno più finta di avere un motivo per occupare. Motivo comunque inesistente. Perchè può aver senso occupare una fabbrica, puntando a bloccare le produzione e danneggiare la controparte. Ma quando occupi una scuola chi danneggi se non te stesso negandoti un qualunque apprendimento?

Da decenni le scuole vengono occupate dall’onda degli sfaticati e dei violenti. Da chi non vuole impegnarsi a studiare e da chi coglie ogni occasione per sfogare un aggressività distruttiva. Eppure i veri colpevoli, o i principali colpevoli, non sono questi teppisti travestiti da agitatori politici. I primi responsabili siamo noi adulti: politici, genitori, insegnanti. Tutti coloro che, con un atteggiamento che non può che essere definito da pedofili, hanno continuato a lusingare, a sedurre, questi ragazzi prendendo per buone le loro motivazioni ufficiali, accettando di fingere che ci fosse un problema e quindi una giustificazione politica ai loro atti. Quando invece tutti – politici, appunto, genitori, insegnanti e anche magistrati – dovevano solo prendere in mano il bastone e rimandarli sui banchi, oppure mandarli a lavorare

Non che la scuola non abbia mille problemi, non che la riforma della Gelmini sia il toccasana. Ma anche un idiota capisce che l’occupazione non serve né a risolvere una virgola né a migliorare di un etta la riforma. Oggi anche gli esponenti della sinistra scoprono che la maggioranza degli studenti vogliono entrare a scuola e fare lezione. Ma questo era evidente già nel Sessantotto; già allora le facoltà e i licei venivano occupati da una minoranza che violava il diritto allo studio della maggioranza, che commetteva un reato tanto preciso quanto grave. Ma per quarant’anni, da pedofili, abbiamo fatto finta di niente. (Forse per gli occupanti vigeva un qualche Lodo che ha sospeso l’obbligatorietà dell’azione penale…?)

Oggi è arrivata l’onda dei professori coraggiosi. L’importante è non lasciarli soli. E’ fondamentale dimostrare che tutta l’Italia civile è dalla loro parte, cioè è consapevole che la ricostruzione di una scuola degna di questo nome inizia proprio difendendo dai vandali lo spazio e le strutture dove deve svolgersi l’attività didattica.

GHEDDAFI LIBERO DI SPUTTANARE GESU’

 

 

Quanto combinato a Roma da Gheddafi è tanto più inaudito alla luce del precedente: le vignette satiriche su Maometto che innescarono le fiamme della rivolta nel mondo islamico. Una la mostrò anche il ministro Calderoli stampata sulla sua maglietta e provocò l’assalto della folla al nostro consolato proprio nella Libia del Colonnello.

Reazioni giustificate – a detta di molti – perchè tutte le religioni meritano rispetto e nessuna deve essere oggetto di ironie. Anche chi allora non prese una posizione così politicamente corretta, rimase comunque impressionato dalla forza di quella reazione, dalla fede granitica che permeava e permea i credenti mussulmani.

C’è poi l’altro precedente – per molti versi ancor più clamoroso – di un Papa Razinger che pensava di essere rimasto un professore di teologia colto e insinuante e che, a Ratisbona, osò citare quell’imperatore bizantino, Manuele Paleologo, secondo il quale l’Islam sarebbe una religione di guerra. Ricordate cosa successe? Il Papa dovette scusarsi e umiliarsi in ogni modo e luogo, per evitare che nei Paesi mussulmani iniziasse la caccia al sacerdore e al fedele cattolico.

Messi a fuoco i due precedenti, veniamo al nostro ineffabile Maummar Gheddafi che arriva a Roma che (come ben sappiamo) prima di essere la capitale d’Italia è la capitale del cristianesimo, la Mecca dei cristiani. Arriva e si mette a predicare il Corano alle escort. Fin qui niente da dire perchè anche Gesù amava circondarsi di Maddalene…Ma poi, nella sua predica, non è che abbia solo ironizzato né fatto semplicemente della satira sulla religione cristiana. Ha invece rivolto il peggiore insulto a quel Cristo che è il fulcro stesso della nostra religione, lo ha sputtanato definendolo – questo ha detto il Colonnello – un vigliacco che, dopo aver predicato bene, razzolò malissimo: cioè nel momento cruciale sarebbe scappato tra le braccia di Dio padre, mandando un suo sosia a morire sulla croce!… Se avete un dubbio, o eravate distratti, andate a leggervi i resoconti della “lectio magistralis” tenuta dal leader libico al cospetto delle cento fanciulle ingaggiate per ascoltarlo.

Dopo di che, più sconcertante ancora delle parole di Gheddafi è il silenzio totale che è seguito. Non mi aspettavo certo una rivolta di piazza da parte del popolo del Dio cristiano, ma mi sarebbe sembrato il minimo una protesta ufficiale. Anzitutto da parte della segreteria di Stato vaticana.

Invece a difendere il cristianesimo da un attacco così ignobile è rimasto solo l’agente segreto “betulla”, alias Renato Farina, che ha espresso tutto il suo sacrosanto sdegno di giornalista cattolico sul Giornale. Pierluigi Battista ha scritto sul Corriere un pezzo incentrato sulla dicriminazione della ragazze piccole e brutte, escluse dall’invito del Colonnello. Per il resto silenzio assordante.

E, se vogliamo, bene che se ne sia stato zitto il mondo politico; evitandoci così la replica della ridicola strumentalizzazione fatta attorno al crocifisso “sentenziato” dalla Corte europea (fatto, per altro, molto più veniale dei pesanti insulti lanciati impunemente da Gheddafi). Ma lascia allibiti il comportamento, la mancanza di reazioni, del Vaticano. Forse il cardinal Bertone era distratto…dalle voci che danno Lippi di ritorno sulla panchina della sua Juventus…Ma con tutti quegli uffici pontifici che intervengono e prendono posizione su tante questioni, anche non di pertinenza della fede, possibile che non ci sia stato nemmeno un monsignore pronto ad insorgere, a difendere Gesù Cristo dalla sciabolata islamica del Colonnello?

Da chiedersi se non avesse ragione la profetessa Oriana Fallaci a parlare di Eurabia, di un Occidente cristiano che si arrende senza nemmeno tentare di resistere.

 



 

MAFIA E (FINTA) FOLLA FESTANTE

 Ogni volta che viene catturato un boss della mafia puntualmente ce lo spacciano come il “numero uno di Cosa Nostra”; oppure, mal che vada, come il numero due. Ed è appunto il caso dell’ultimo, cioè di questo Domenico Raccuglia. Todos caballeros, todos generale: si vede che nelle cosche manca la truppa…Oppure che ci spacciano per “boss dei boss” uno che è poco più di un picciotto. Quale ipotesi vi sembra più convincente?

Intanto mi sembra molto poco convincente anche quella folla plaudente che ogni volta vediamo accogliere, fuori dalle questure, l’arrivo del mafioso ammanettato. L’ho appena vista anche con Raccuglia nei telegiornali della sera. E mi ricorda le claque che battono le mani nei vari studi televisivi quando si accende la scritta “applausi!”. Intanto definirla folla è un’esagerazione: per quanto le telecamere stringano, non riescono a nascondere che sono massimo una cinquantina di persone. Così come erano sparuti i lenzuoli bianchi che anni fa comparvero sui balconi di Palermo come manifestazione di protesta contro la mafia: pare li avessero esposti solo i famigliari dei tutori dell’ordine in servizio nella città siciliana.

La finta folla festante per la cattura del boss, che ci viene proposta, dovrebbe essere la dimostrazione di un’opinione pubblica locale – siciliana, piuttosto che calabrese o campana – che esulta per l’ennesimo “duro colpo inferto alla grande criminalità organizzata”. Quando in realtà, nella migliore delle ipotesi, è indifferente. Nella peggiore pronta a solidarizzare con i boss, anche sui campi di calcio.

E arriviamo alla vera questione. Perchè delle due l’una: o siamo razzisti, e quindi convinti che i cittadini del Mezzogiorno siano geneticamente predisposti al crimine; oppure dobbiamo domandarci come mai il nostro Stato abbia clamorosamente fallito ai loro occhi al punto di risultare meno appetibile delle cosche. Non ostante l’enorme quantità di risorse che lo Stato ha profuso al Sud sia come aiuti economici che sul piano della repressione affidata ai magistrati e alle forze di polizia.

Ripeto e concludo: o prendiamo per buona la folla festante fuori dalle questure, e ci convinciamo che rappresenti l’opinione pubblica meridionale, oppure dobbiamo capire perchè considera quelle dello Stato truppe di occupazione e quelle della mafia le sue brigate partigiane.


COSA INSEGNA DROGBA “L’INGLESE”

 

Se l’ivoriano Didier Drogaba diventa "inglese", dobbiamo concludere che è determinante nella formazione di ognuno il Paese dove vivi e non quello dove sei nato. Ammesso, e non concesso, che un Paese sappia formare le persone.

Fin’ora questo grande centravanti del Chelsea aveva atteggiamenti tipici dei calciatori latini: sceneggiate a non finire ogni volta che subiva un fallo, proteste plateali nei confronti degli arbitri (sembrava un Totti o un Inzaghi, tanto per capirci) al punto che è stato espulso anche di recente dopo l’ennesimo litigio con un direttore di gara. Ma adesso non lo farà più, lo ha assicurato in un’intervista alla Gazzetta dello sport dove ha spiegato che è stato suo figlio a rimproverarlo dicendogli che non si deve mai discutere con gli arbitri!

E’ un cardine della cultura calcistica inglese che, anche per questo, la rende profondamente diversa dalla nostra: giuste o sbagliate, le decisioni degli arbitri si accettano senza protestare e si continua a giocare invece che perdere tempo a polemizzare. Nessun calciatore inglese discute col direttore di gare e tanto meno lo insulta, lo manda a vaffa…, come invece succede ogni domenica nei nostri stadi.

Ma la cosa notevole è che questo principio, squisitamente inglese, sia stato recepito dal figlio di Drogba un bambino di soli otto anni che da cinque vive in Inghilterra. Recepito al punto che lui è diventato il maestro, l’educatore, di suo padre. Significa che in quel Paese certi principi di civiltà calcistica li respiri nell’area, permeano l’esistenza quotidiana, “impregnano” chiunque viva là. E questo vale non solo per il calcio ma per tutti gli altri principi che stanno alla base di una civile convivenza: l’educazione che ti da, o non ti da, un Paese è fondamentale.

Anzitutto per questo, credo, quasi non ci si accorge dei milioni di turchi che vivono e lavorano in Germania: perchè sono diventati tedeschi. Così come sono diventati austriaci i membri di quella comunità bosniaca, che ho conosciuto anni fa a Linz, i quali mi hanno portato a vedere i monumenti della città con lo stesso orgoglio come se si fosse trattato della loro città natale .Ed erano talmente inseriti da preoccuparsi di fare loro da filtro sui nuovi arrivi: per essere certi che a Linz venissero a lavorare solo bosniaci seri che non li facessero sfigurare agli occhi dei concittadini austriaci…

In una splendida intervista a La Stampa il regista Pupi Avati sostiene che la disgregazione della società italiana è cominciata dalla famiglia per poi riversarsi sulla politica, sulla scuola, sulla stessa Chiesa. Non so se tutto parta dalla famiglia. Ma concorso sul risultato finale: siamo una società disgregata, dove nessuno più riesce ad esercitare un ruolo educativo. Trovo patetico il timore espresso ieri da Giorgio Israel sul Giornale; timore che gli insegnanti di sinistra, attraverso l’ora di educazione civica, arrivino a indottrinare gli studenti al culto dello Stato e della Costituzione. Magari arrivassero ad indottrinarli, a catechizzarli. Perchè sarebbe già qualcosa…Mentre oggi è peggio. Nel senso che qualunque cosa dica oggi ai nostri giovani la scuola, la famiglia, la Chiesa, l’informazione, la politica, tutto scorre su di loro come l’acqua sull’impermeabile senza lasciare traccia.

Il nostro è appunto un Paese che non sa più educare. Nemmeno i propri cittadini. Figuriamoci gli stranieri. Da noi Drogba sarebbe rimasto ivoriano, continuando a mandare affa…l’arbitro proprio come un Totti qualsiasi.

LA SANITA’ USA VA…DI LA’ DEL MURO

 

 

La Camera Usa ha detto sì alla riforma della sanità voluta da Barack Obama ed il presidente ha parlato di “una giornata storica per l’America”. Un voto arrivato in un altra giornata storica per l’Europa e per il mondo: l’anniversario della caduta del Muro di Berlino. Ed è curioso osservare che quella assistenza sanitaria garantita anche a chi non può pagarsela, che Barack è impegnato ad introdurre negli Usa, esisteva per tutti e assolutamente gratuita in ogni Paese dell’Europa comunista. E funzionava anche in maniera più che accettabile.

Ma l’intero modello comunista – con la sua sanità gratuita, con la sua ottima pubblica istruzione, con i suoi fondamenti etici inoppugnabili – è saltato per aria,oltre che per la mancanza di libertà, perchè aveva costi insostenibili. Insostenibili a fronte di una produttività in progressiva ed inarrestabile dissoluzione. Lo statalismo, l’assistenzialismo, che elargiscono e garantiscono comunque e a prescindere, finiscono col distruggere la responsabilità individuale. Le persone lavorano sempre meno; non perchè siano cialtrone, ma perchè il sistema le fa diventare cialtrone. E così un modello che sulla carta ha – lo ripeto – un alto valore morale e umanitario, all’atto pratico diventa insostenibile.

Oggi la riforma sanitaria che Obama vuole introdurre negli Stati Uniti incontra fortissima resistenze non perchè gli americani siano insensibili alle esigenze della solidarietà e dell’umanità, ma perchè temono gli effetti deleteri dell’assistenzialismo che arriva a corrompere la vitalità dell’uomo. E’ un concetto che spiega molto bene oggi sul Corriere Massimo Gaggi che scrive: “Figli dei pionieri, influenzati dalla cultura protestante, gli americani restano convinti, in maggioranza, che ognuno è responsabile del proprio destino; che in nessun settore, nemmeno nella sanità, possono esserci i “pasti gratis”.

Per noi invece i “pasti gratis” ad ogni livello sono diventati la norma, la pretesa, il diritto acquisito e irrinunciabile. Ci beiamo autoproclamandoci molto più civili degli americani, che accusiamo di lasciar morire per strada chi non ha in tasca la carta di credito o l’assicurazione sanitaria. Dovremmo invece guardarci allo specchio e vedere i guasti che l’assistenzialismo ha prodotto tra di noi proprio perchè toglie ad ognuno la responsabilità del proprio destino. Qualunque cosa venga garantita gratuitamente è diseducativa perchè puoi averla senza merito e senza fatica. E i risultati li vediamo in almeno metà del nostro Paese…

Il Muro non c’è più ma, in compenso, noi abbiamo trasferito l’assistenzialismo anche in famiglia, dentro le mura delle nostre case: ai figli diamo la paghetta, le vacanze garantite, i vestiti griffati, l’università con appartamento pagato fuori sede, e poi ci lamentiamo che non comincino mai a lavorare…Quando, avendo tolto loro la responsabilità del proprio destino, c’è se mai da stupirsi che qualcuno si metta a lavorare ugualmente…

 

 

SI STAVA MEGLIO FINCHE’ C’ERA IL MURO

 

Alla vigilia del 9 novembre, ventesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino, un grido dovrebbe levarsi da tutti noi come da un sol uomo: arridatece er Muro! Ovvio che è solo un sogno, certo che l’orologio della storia non torna mai indietro (come il nostro, biologico, per altro…), ma che almeno sia chiaro che noi non abbiamo proprio nulla da festeggiare. Noi stavamo molto meglio prima. Proprio perchè loro, quelli che vivevano dietro il Muro, stavano molto peggio: è l’ovvietà dei vasi comunicanti.

Giusto quindi che festeggino l’anniversario i cittadini che abitavano nei Paesi ex comunisti la cui vita è migliorata sotto ogni profilo, sia economico che delle libertà individuali. Ma noi dovremmo vestirci e lutto e suonare le campane a morto: il 9 Novembre è la data del funerale dell’Occidente, del suo benessere, della stabilità. Una stabilità che era tutta a nostro beneficio e che, paradossalmente, sul piano planetario era garantita dai “nemici”, cioè dal pugno di ferro dell’Unione Sovietica (Si potesse riportarlo indietro, quel maledetto orologio, vedremmo le truppe usa combattere fianco a fianco dell’Armata rossa in Afganistan, altro che finanziare Bin Laden e i talebani!).

La retorica martellante sugli immigrati che sono “una risorsa” non serve a farci dimenticare che, prima del 1989, questa risorsa proprio non sapevamo cosa fosse. l’Unione Sovietica infatti, ferrea guardiana dello statu quo, bloccava qualsiasi flusso migratorio non solo dietro alla Cortina ma anche in Africa e nel resto del Mondo. E, dove non ci pensava l’Urss, c’era la vecchia, cara, Cina Comunista di quel tempo che ci aveva non solo il Muro ma addirittura la Muraglia attraverso la quale non transitava nemmeno uno spillo.

Dopo il 9 Novembre di venti anni fa, i primi ad attraversare le macerie non sono stati né i lavoratori né le badanti ma i delinquenti, pronti e svegli come sempre ad andare ad arraffare la dove c’è il grasso che cola. Poi col passare degli anni ha cominciato ad arrivare la “risorsa”, cioè i lavoratori stranieri; ed ora negli ultimi anni è giunta anche l’iper risorsa: cioè i cinesi ed altre popolazioni orientali. Iper risorsa nel senso che i cinesi, come vediamo, lavorano molto più degli africani e di chi è arrivato dall’Europa dell’Est (che già lavorano più dei “nativi”, che saremmo noi). E noi, abbiamo semplicemente chiuso gli occhi e cercato di ignorare la realtà: come se ci fosse ancora il Muro a garantirci, pensiamo di potere avere il posto fisso; pensiamo di poter lavorare poco, lavorare tutti come se…fossimo noi ancora di là del Muro!

Per farla breve la caduta del Muro ha segnato l’inizio della globalizzazione, cioè la fine dei nostri privilegi. I terzomondisti militanti ci spiegano che finalmente è cominciata a finire la vergogna di un Occidente che si approfittava delle disgrazie altrui: delle popolazioni schiacciate sotto il tallone del comunismo, e delle altre a cui portavamo via impunemente le risorse. Tutto vero, tutto giusto. Ma con una piccola conseguenza. In questo mondo più equo e più libero dovremmo imparare a lavorare come cinesi, ad accettare la logica degli agenti di commercio:; si guadagna in proporzione a quanto di fattura e si produce. Perchè il Muro cadendo ha ripristinato la comunicazione tra i vasi del mondo.

Invece dentro di noi coltiviamo l’assurda utopia che il Muro sia ancora in piedi. Aiutati da una politica che per prima ha fatto finta di niente, pensando che bastasse cambiare nome…Quando invece i comunisti avrebbero dovuto scomparire anche di qua del muro come successo di là (E, non a caso, oggi sono i polacchi a dirci che è inaccettabile affidare ad un ex comunista la politica estera dell’Unione europea…). Chiudendo gli occhi di fronte ad una nuova realtà sgradita ci illudiamo che tutto possa continuare come prima: Quando è evidente che le macerie hanno liberato chi stava di là, rotolando però addosso a noi che dal Muro eravamo difesi.



LA FORMICA ATTACCA L’ELEFANTE CIA

 Dunque i magistrati di Milano hanno prima messo sotto processo e poi condannato non solo gli uomini della Cia, responsabili del sequestro di Abu Omar, ma, per loro tramite, anche le modalità di lotta al terrorismo islamico adottate dall’amministrazione Bush: rapimenti, interrogatori con tortura, carcere duro stile Guantanamo. Caspita.

La prima cosa che colpisce in questa vicenda è la protervia della formica che pretende di mettere in riga l’elefante. Mi spiego. Quando eravamo noi padroni del mondo cosa sarebbe accaduto se un qualche procuratore della Macedonia o della Numidia ( tanto per citare due delle centodiciassette province in cui era diviso l’Impero romano ai tempi di Marco Aurelio) avessero preteso di mettere sotto accusa e condannare i funzionari imperiali e magari lo stesso Cesare? Sarebbe accaduto che a Roma da un lato avrebbero irriso alle pretese della formica ma dall’altro si sarebbero irritati per la sua protervia. Esattamente quello che oggi succede a Washington.

Come noto il procuratore Spataro voleva processare anche i nostri servizi segreti accusati di aver agito in maniera illegale. E per loro non c’è stata condanna solo perchè è scattato il “lodo” del segreto di Stato. Mi pare che non abbia alcun senso discutere i dettagli. Diamo pure per scontato che la verità sia quella sostenuta dal procuratore Armando Spataro: i nostri servizi hanno tenuto bordone a quelli americani nel commettere tutta una serie di reati, a partire dal rapimento dell’ex imam di Milano. Tuttavia le questioni da discutere sono altre. E precisamente

1) Se accettiamo l’idea che possono e devono esistere dei servizi segreti è chiaro che questi non si comporteranno come vigili urbani. Si trattasse di agire nell’ambito della legge basterebbero le altre forze dell’ordine. Mentre se istituiamo dei servizi segreti lo facciamo accettando il principio che, in segreto, agiscano ai confini della legalità e anche al di fuori. Mi sembra che tutto questo sia connaturato alla loro esistenza. Servono, non servono? Sono utili a garantire la sicurezza oppure dannosi per le loro trame occulte? Si può discutere, ma solo tenendo fermo che alla fine la decisione spetta agli unici interpreti della sovranità popolare: cioè ai politici, e non ai magistrati che con processi come quello di Milano smantellano i nostri servizi segreti e li rendono inaffidabili agli occhi degli alleati.

2) Che limiti poniamo alle azioni border-line dei servizi segreti: possono solo spiare o anche corrompere? Possono rapire e torturare oppure no? Fino a che punto possono agire al di fuori della legge e delle regole della civiltà democratica? Anche qui la più ampia discussione, ma sempre tenendo fermo il punto che sono i politici a stabilire che reati sono concessi ai servizi e che reati no. Mai comunque i magistrato

3) Il rapimento a Milano di Abu Omar da parte di agenti Cia con la complicità dei nostri servizi è la conferma che siamo i lacchè degli Usa, che il nostro è un Paese a sovranità limitata? Può essere. E magari si può pretendere di ritrovare uno scatto d’orgoglio come ai tempi di Sigonella. Ma anche questo lo decidono solo i depositari della nostra sovranità popolare. Perchè la novità più clamorosa di questo processo alla Cia è che certi magistrati, i quali da anni pretendono di determinare la politica interna del nostro Paese, per la prima volta han voluto dettare anche le linee di politica estera, la scelta delle alleanze, i termini del rapporto della provincia Italica con l’Impero Usa.

In conclusione però senza dimenticare mai che questa esondazione dagli argini di competenza della magistratura può avvenire solo perchè il potere politico dorme o è in altre faccende affaccendato oppure è preda di un attacco di panico. I paletti può e deve metterli la politica, invece di accusare i magistrati di aver attraversato confini inesistenti. Nella fattispecie, dopo l’11 settembre, lo scudo del segreto di Stato avrebbe dovuto essere esteso e coprire anche l’attività dei servizi segreti alleati, Cia in primis. Evitando così di essere coprotagonisti nella comica della formica che va all’assalto dell’elefante.

 

 

MARRAZZO, VELINE E SPECCHIETTI PER ALLODOLE

 

C’è una nemesi nel caso Marrazzo, una nemesi tutta politica che prescinde dai risvolti etici e dagli sviluppi giudiziari: è la giusta punizione per chi ha pensato di conquistare il consenso dei cittadini usando gli specchietti per allodole. Nella fattispecie per chi ha puntato ad ottenere la guida del Lazio, di una delle più grandi e complesse regioni italiane, candidando una star del giornalismo televisivo prestata alla politica senza alcuna preventiva verifica di attitudini e capacità specifiche. Non che il Pd sia l’unico a ricorrere allo specchietto per allodole; ma rischia di essere recidivo se è vero, come si racconta, che sarebbe pronto a candidare al posto del Marrazzo bruciato una sua fotocopia, cioè Davide Sassoli (fotocopia non nel senso dei trans e della coca, ma in quanto anche lui star del giornalismo televisivo prestato alla politica).

Si è tanto criticato Berlusconi per la sua volontà di candidare le veline; sostenendo che erano un oltraggio alla democrazia, un insulto all’intelligenza dei cittadini elettori, uno sfregio all’arte nobile della politica. C ‘è del vero in queste reprimende. Ma aggiungiamo che le veline sono il più banale specchietto per allodole, il più scoperto, il più ovvio: candido una bella gnocca che gli amanti del genere me la votano…Mentre trovo più subdolo, più vergognoso, e alla fine anche più stupido candidare la star del giornalismo, il medico di grido, l’intellettuale engagée, l’imprenditore di successo, il magistrato d’assalto, attori e cantanti, l’avvocato bravo a difendermi in tribunale, il rampollo di casa Savoia. Categorie ricordate a posta per riassumere le scelte operate da quasi tutti i partiti. Scelte fatte in spregio alla specificità della professione politica che richiede doti e caratteristiche diverse. Il medico, il giornalista, l’imprenditore di successo si è già realizzato nella sua professione e quasi mai è capace di farlo anche nella professione politica. Paradossalmente è più probabile che diventi un bravo politico l’oscuro giornalista di provincia rispetto a Scalfari, il medico di base nei confronti di Umberto Veronesi, nel senso che magari fin’ora avevano sbagliato mestiere e potrebbero “esplodere” nel cambio di professione. Mentre tutti i “grandi” passati alla politica hanno deluso.

E poi, come dicevo, queste veline d’alto bordo sono una scelta stupida per i partiti che l’hanno fatta: cosa hanno dato al Pd un Santoro o una Lilli Gruber mandati a Strasburgo? Quanti nuovi consensi ha conquistato in Veneto candidando ieri Massimo Carraro e oggi Calearo? Il Pd in Veneto ha vinto candidando un solido e quadrato professionista della politica come Flavio Zanonato, non una star o un qualunque specchietto per allodole. (Perchè gli stessi elettori del Pd sono meno stupidi di quanto pensino certi loro dirigenti…E il declino del vecchio Pci è iniziato quando ha cominciato a preferire i “cattolici del dissenso” ai suoi fidati funzionari che per il partito lavoravano 24 ore al giorno).

A Strasburgo ha senso mandarci i Lorenzo Fontana che, da quando c’è approdato, lavora pancia a terra per garantire al proprio territorio e al proprio partito i tanti possibili “ritorni” della comunità europea. E, con Fontana, siamo arrivati all’eccezione: cioè alla Lega che è l’unico partito – correggetemi se sbaglio – che non candida specchietti per allodole: non ne ricordo uno di attore, cantante, intellettuale, giornalista di fama, magistrato, noto imprenditore candidato dal Carroccio negli ultimi dieci-quindici anni (qualcuno c’era agli esordi, ascrivibile a errori di gioventù…). La Lega privilegia i Tosi, gli Zaia, i Bitonci, formatesi e cresciuti nel territorio, proprio come accadeva un tempo con la Dc e il Pci; persone con autentica dimensione popolare capaci di stare con i cittadini comuni e recepire le loro attese.

Galan ironizza su un Luca Zaia pronto a inaugurare tutte le fiere e presente a tutte le sagre. Ma anche qui c’è una nemesi: sappiamo infatti come sta per concludersi la partita tra loro due…

 


E’ LA MERKEL CHE FA CUCU’ A SILVIO

 Altro che fare cucù alla Merkel. Sulla questione cruciale per qualunque governante – quella delle tasse – è Angela che fa cucù a Silvio! Nel senso che il cancelliere tedesco, appena insediato il suo nuovo governo di coalizione con i liberali, ha annunciato un piano di sgravi fiscali che il Cavaliere se lo sogna: 14 miliardi di euro dal gennaio 2010 e altri 24 a partire dal 2011. Sgravi sia per le famiglie che per le imprese. E in Germania quello che si annuncia si attua.

Ecco perchè il Cavaliere, sulla carta imprenditore e dunque campione del liberalismo, dovrebbe andare a lezione da questa democristiana cresciuta nella ex Germania comunista. Andare a lezione ed imparare, anzitutto a mantenere gli impegni presi con gli elettori, e poi a tagliare le tasse con l’accetta.

Nel 2001 Berlusconi si era impegnato a portare l’Irpef a due sole aliquote, 23 e 33%. Nel 2008 aveva annunciato l’abolizione dell’Irap. Oggi si è perso anche il ricordo di ridurre l’imposta sul reddito, mentre ci si accapiglia attorno ad un “taglietto” dell’Irap con Tremonti che sostiene manchino le risorse per farlo. C’è la crisi e quindi non si taglia l’Irap, così come nel 2001 ci furono le Torri Gemelle e quindi non si tagliò l’Irpef. In realtà non c’è stato nemmeno il taglio…delle palle, perchè la nostra classe politica non le ha mai avute…E noi cittadini dovremmo prendere atto che il vero problema è la mancanza di quegli attributi che ha invece Frau Angela Merkel.

La Germania infatti è alle prese con una crisi economica molto più grave della nostra. Ma appunto per questo la Merkel taglia drasticamente le tasse. Ha il coraggio di farlo sorretta dalla consapevolezza che questo è il vero punto di ripartenza, questo è il fulcro per rilanciare la produzione, i consumi e quindi anche gli introiti fiscali dello Stato e i conti pubblici. Noi invece (e perfino il Cav. pseudo liberale) ragioniamo come gamberi statalisti e diciamo: prima bisogna ridurre il debito pubblico, prima bisogna uscire dalla crisi, prima bisogna combattere l’evasione fiscale, e solo dopo potremo ridurre le tasse. Confidiamo cioè che sia un miracolo a salvarci e non scelte coraggiose di politica economica. Quando perfino il povero Veltroni l’aveva capito e, rovesciando il dogma della sinistra jurassica, su tasse ed evasione aveva detto: pagare meno per pagare tutti.

Per dei cittadini, come noi italiani, cresciuti a pane ed ideologia è assai difficile diventare laici e capire che la cosa fondamentale, la base del contratto sociale, è il rapporto fiscale che si stabilisce tra governati e governanti: conta solo quanto pago e che qualità di servizi ottengo in cambio, il resto è fuffa o quasi. E noi da decenni abbiamo costi svedesi per servizi maghrebini.

Quando il passaggio dal governo Prodi al governo Berlusconi comporta una qualità dei servizi immutati, con le aliquote che si innalzano ulteriormente sopra il 43%, dovrebbe essere chiaro che questo cambio può entusiasmare solo chi…ha i gusti di Marrazzo.