BANCA DEL SUD, SOLDI DEL NORD

 

Finalmente abbiamo capito perchè il Meridione non è tutto un pullulare di piccole e medie aziende come in Veneto: mancava il credito. Ma, adesso che il governo ha varato la Banca del Sud, questo fervore imprenditoriale, fin’ora latente, avrà modo di dispiegarsi in pieno. E, speculare al Nordest, vedremo sorgere il nuovo fenomeno del Sudovest! Alzi la mano chi è disposto a prendere per buona questa prospettiva…

Come ben sappiamo al Meridione non mancano i finanziamenti (La famigerata Cassa del Mezzogiorno, gli stessi fondi Fas, l’hanno sommerso di soldi). Mancano – più semplicemente e più tragicamente – le condizioni per esercitare l’attività imprenditoriale, libera ed indipendente dalle mafie: quasi sempre puoi fare l’imprenditore solo su mandato del padrino e sotto il suo controllo. Resta quindi prioritaria l’eterna questione della bonifica del territorio dalle mafie, senza la quale bonifica non può esistere (o è l’eccezione) una vera attività imprenditoriale.

Dopo di che non dimentichiamo che, per fare azienda, oltre agli imprenditori ci vogliono anche i lavoratori. E, come diceva Pavesi, lavorare stanca. In qualche modo devi esserci costretto. Costretto ad alzarti e andare nella bottega artigiana, in fabbrica, ad operare nel turismo. Ma è molto difficile farlo finchè hai l’alternativa di alzarti ed andare a sederti a Palazzo dei Normanni…Tanto per citare la sede di quella Regione Sicilia che di dipendenti ne ha trenta mila, dieci volte il Veneto. Non nascondiamoci cioè che il tumore dell’assistenzialismo, le metastasi dei posti pubblici a profusione, hanno ridotto in fin di vita la voglia di lavorare del Mezzogiorno. (E l’esito, sia chiaro, sarebbe identico se lo stesso tumore avesse colpito le aree settentrionali del Paese).

Il ministro Tremonti, promotore della Banca del Sud, spiega che sono i piccoli numeri a fare i grandi numeri; cioè sostiene che la banca servirà a finanziare tanti piccoli interventi. E fa tre esempi: l’albergo che vuole ampliarsi, lo stabilimento balneare che vuole aggiungere la pizzeria, il comune che vuol fare il centro congressi. Scommettiamo che sarà la terza opzione quella corrente? Un bel centro congressi per ogni comune, con cinquanta uscieri neo assunti ciascuno a presidiarli…

Se vogliamo l’unica nota positiva è che sono i ministri meridionali, da Fitto alla Prestigiacomo, a protestare contro la Banca del Sud. Protestano perchè volevano un bel “carrozzone” come ai tempi della Cassa del Mezzogiorno, mentre Tremonti – in epoca di casse pubbliche magre – non può che dar loro un “carrozzino”. Ma la logica è sempre quella. E sempre gli stessi sono i finanziatori del nuovo “carrozzino”, cioè i produttori del Nord: ieri con le tasse oggi con gli appositi bond per la Banca del Sud che solo loro potranno sottoscrivere (dato che al Meridione c’è molto meno risparmio e molte più occasioni per “investimenti” ben altrimenti remunerativi…)

In conclusione questa Banca del Sud fatta coi soldi del Nord è un’autentica beffa. Perchè qui sì, in Veneto e nel Nordest, il problema vero oggi è il credito al sistema vasto e radicato delle piccole e medie imprese che sono all’asfissia. Qui abbiamo i cavalli e non diamo loro da bere. E intanto costruiamo abbeveratoi al Sud in attesa che si creino le condizioni per cominciare ad allevare cavalli…

 

CALCIO PIU’ ONESTO DELLA POLITICA

 Leggo che Franceschini ha definito Berlusconi un “ominicchio”, e penso che il calcio è più serio ed onesto della politica. Nel senso che, nel calcio, ognuno tifa fino in fondo per la sua squadra, ma non è mai così fazioso ed obnubilato da non riconoscere i meriti e le capacità dei giocatori avversari. Perfino se si chiamano Mario Balotelli: tutti gli stadi lo fischiano perchè è nero o, più probabilmente, perchè è antipatico e arrogante; ma nessun tifoso avversario nega che sia capace di giocate da campione né lo ritiene una scamorza.

Personalmente sono interista da sempre, e vorrei che i nerazzurri vincessero di tutto e di più. Ma non posso negare che gli odiati rossoneri avevano un grandissimo fuoriclasse, che praticamente da solo ha fatto vincere l’ultima Champions al Milan nel 2007. Ragionassi come Franceschini dovrei dire che no, che Kakà è un brocco degno al massimo di giocare nella Spal…Gli esempi di sportività nel calcio sono infiniti: pensiamo solo ai tifosi del Real Madrid, lo scorso anno, tutti in piedi ad applaudire Messi e i suoi compagni che avevano stravinto al Bernabeu…Erano per caso diventati tutti tifosi del Barcellona? No, restavano madrilisti, sbavavano di rabbia e sognavano la riscossa, ma non potevano non riconoscere i meriti dei loro avversari.

Personalmente non ho mai tifato per Berlusconi, perchè lo considero il traditore della rivoluzione liberale (che pure aveva annunciato), perchè non ha nemmeno provato a ridurre il nostro apparato pubblico che è il più collassato d’Europa (e quindi continuiamo a pagare tasse svedesi per servizi turchi); ma non posso non constatare che, praticamente da solo, ha fatto vincere tre elezioni al centrodestra. Non posso negare che è lui il fuoriclasse sulla scena politica italiana della seconda Repubblica.

Un “campionato” che, oltre a lui, annovera un paio di Gattuso ringhianti (Bossi e Di Pietro) e qualche buon giocatore della prima Repubblica ormai imbolsito (D’Alema, Marini, Casini e Fini) nel deserto di nuovi talenti emergenti…Ma i tifosi del centrosinistra sono incapaci di apprezzare anche una sola giocata del Cavaliere: non c’è stato un applauso nemmeno quando è andato a Napoli a dare cappotto a Prodi nella partita dei rifiuti…

I tifosi del centrosinistra attribuiscono tutto al controllo dell’informazione. Come se i tifosi del calcio pensassero che il campionato lo vince chi controlla la Gazzetta dello sport…Il mondo del calcio è più serio perchè sa che una squadra sconfitta la ricostruisci con una robusta campagna acquisti di veri campioni, oppure aspettando che crescano dalle formazioni giovanili. Nel calcio non puoi pensare che basti prendere il maturo capitano della squadra dei boy scout, farlo diventare il perno della Spal , e pretendere che la porti a vincere in serie A. In politica invece ci si illude che basti questo…

NOBEL DELLA PACE A…ROMOLO AUGUSTOLO

 

A questo punto aspettiamoci che i clown di Stoccolma diano il nobel per la pace anche alla memoria di Romolo Augustolo.

Con l’Impero romano stremato, i barbari – che oggi chiameremo “le nuove potenze emergenti” – alle porte, persa anche l’ultima battaglia contro i Goti di Odoacre, l’ultimo imperatore romano era divenuto un pacifista più che convinto. Cioè convinto dalla dura necessità.

Obama Augustulus (letteralmente: un Augusto da poco) la sua ultima battaglia sta combattendola in Afganistan e, a conferma di quanto sia appropriato avergli conferito il nobel per la pace, sta dando il via libera all’incremento del contingente di militari usa: cioè tenta di giocarsela fino all’ultimo con le armi. L’Augustulus non è lui ma il Paese che guida, nel senso che mai gli Stati Uniti erano stati così deboli negli ultimi settant’anni come sono oggi, incalzati da enorme potenze economiche come la Cina. Oggi l’Impero americano è al declino; al tempo di Romolo Augustolo l’Impero romano era arrivato alla fine del declino, cioè al crollo; il declino era iniziato quando dovette cedere le ricchissime province nordafricane ai Visigoti, arretrare in Oriente sotto l’incalzare dei Persiani e in Occidente di fronte al dilagare dei Germani in Gallia.

Ma il paragone ci sta tutto. Nel senso che oggi Obama sta rinunciando al ruolo di Usa unico “guardiano” del mondo non perchè è stato folgorato dal pacifismo sulla via di Teheran, ma perchè non ha più la forza (economica e, di conseguenza, militare) necessaria per esercitare questo ruolo. E quindi non gli resta che aprirsi alla patnership con le altre potenze emerse. E’ l’unica soluzione per cercare di rallentare il declino dell’Impero americano, un po’ la setssa carta che giocarono gli imperatori romani dal terzo secolo in poi.

Solo chi ignora l’abc della storia degli imperi, solo i clown di Stoccolma, possono conferire il nobel per la pace all’ultimo, pragmatico, “gladiatore” statunitense.


GUERRA CIVILE PERMANENTE

 In risposta alla bocciatura del lodo Alfano, Berlusconi ha impugnato lo spadone e negato ogni imparzialità alla Corte costituzionale, ("sono magistrati di sinistra”) e al presidente Napolitano (“sappiamo bene da che parte sta”). Il Cavaliere ha ufficializzato il convincimento della totalità suoi elettori, cioè del popolo di centrodestra Lega compresa. Il popolo di centrosinistra è sdegnato, afferma che non si può delegittimare così le istituzioni e che la Consulta ha solo riaffermato il principio che la legge è uguale per tutti.

Immaginiamo per un attimo che la Corte avesse approvato il lodo. Cosa avrebbe detto lo stesso popolo di centrosinistra? Che Berlusconi si è comprato anche le supreme toghe; lui che già si è comprato il cervello di metà abbondante degli italiani, portandolo all’ammasso con le sue televisioni, cioè a votare per lui. (A riprova il fatto che anche il Custode della Legge, cioè Di Pietro, ha già dato del vigliacco a Napolitano per la firma sullo scudo fiscale). E cosa avrebbe detto in questa ipotesi lo stesso Berlusconi con il popolo di centrodestra? Avrebbero detto che “c’è un giudice a Berlino”, cioè avrebbero applaudito all’operato della Corte…Il che dimostra che nessuno crede nelle istituzioni a prescindere, né alla loro terzietà. Ma tutti le legittimano o meno a seconda che operino nella direzione che la nostra appartenenza politica si aspetta.

Se non legittimiamo l’esistenza di istituzioni terze, al di sopra delle parti politiche, non c’è più il cuscinetto di uno Stato riconosciuto da tutti. E ci sono invece le condizioni per una guerra civile permanente. Che è appunto la situazione in cui si trova il nostro Paese. Di chi è la colpa? E’ il cittadino fazioso che non ha più fiducia nelle istituzioni o sono le istituzioni stesse che con loro operato hanno seminato l’auto-discredito?

Proviamo a partire dal semaforo. Perché, mi diceva stamane un amico di sinistra, se non credi nella magistratura e non credi nei codici, va a finire che non credi neppure più nel codice della strada e non sappiamo nemmeno se col rosso bisogna fermarsi o si passa. Giusto. Ma la realtà è appunto questa: non possiamo più credere nemmeno al rosso del semaforo. E non perchè abbiamo un pregiudizio fazioso, ma perchè i nostri sindaci (di ogni colore politico) hanno fatto taroccare anche i semafori, facendo “scomparire” il giallo, pur di far cassa con gli automobilisti beccati a passare col rosso. Gli stessi sindaci che – sbandierando il nobile obiettivo della sicurezza stradale – hanno sguinzagliato i vigili come banditi da strada a rapinare i viandanti con autovelox imboscati…

E’ qui che comincia a sgretolarsi lo Stato, dal semaforo taroccato e dal codice della strada trasformato in tassa locale, per poi procedere attraverso i concorsi burla, il clientelismo più sfacciato, le nomine pilotate, per arrivare al vertice cioè ad una Corte Costituzionale i cui membri per oltre la metà sono campani. Si vede Dio ha deciso che la somma scienza giuridica andava infusa attorno al Vesuvio…

Il risultato è che restano in campo solo le ideologie contrapposte a minacciare la guerra civile. A minacciarla perennemente e basta. Il che, per certi versi, è peggio ancora che attuarla. Nel senso che non c’è mai un vincitore definitivo; ma si rimane sempre in mezzo al guado, con i governi (anche quelli di Prodi) paralizzati, che non decidono nessuna vera riforma, e il Paese che marcisce ogni giorno di più. Ed è appunto quello che sta succedendo dal 1994 ad oggi.

NON RESTA CHE COMMISSARIARE LA SICILIA

 

 

A sostenerlo non è stato Bossi ma il presidente Napolitano: “Il Sud non ha retto alla prova dell’autogoverno”. Come dire che la classe politica campana ha dimostrato di non saper governare i campani, quella pugliese i pugliesi, quella siciliana i siculi. Nello stesso tempo il Capo dello Stato ha attaccato le “bestemmie separatiste”. Tuttavia, se la secessione è una bestemmia e se i meridionali non sono capaci di autogovernarsi, proprio per preservare l’unità nazionalenon resta che una soluzione: bisogna che siano altri a governarli, magari politici ed amministratori del Nord…

E’ esattamente quello che propone Giancarlo Lehner sul Giornale, all’indomani della tragedia di Messina, che ha scritto “altro che fondi, la Sicilia va commissariata” all’isola “servono come il pane i sindaci e gli amministratori padani”. “La strage di Messina – sostiene Lehner – rappresenta l’ennesima imperdonabile vergogna degli amministratori i quali hanno continuato e continuano ad esigere finanziamenti per assumere nullafacenti o impiegati di primo livello e, magari, dirottarli a lavorare a tempo pieno nella propria villa o sul proprio yacht”.

Sappiamo bene che non bisogna fare discorsi in odore di razzismo, che non si può sostenere la superiorità degli amministratori del Nord rispetto a quelli del Sud. Giusto. Allora per favore trovatemi un sindaco padano che abbia fatto come il palermitano Diego Cammarata, dislocando in pianta stabile un dipendente comunale a tenergli la barca e affittarla in nero. Sappiamo bene che le catastrofi sono tutte annunciate, che non si fa abbastanza per la tutela del territorio e la prevenzione in tutto il Paese. Ma trovatemi anche qui al Nord un’intera cittadina che sia come Triscina, la spiaggia di Castelvetrano in provincia di Trapani, dove ci sono, e lo ho viste con i miei occhi, diecimila casa completamente abusive; tutte costruite senza piano regolatore, senza un qualunque permesso, nel silenzio complice e compiacente degli amministratori locali. Trovatemi una Triscina nel Lombardo-Veneto e non oserò più pensare che gli amministratori padani abbiano una storia, una tradizione, un costume che li rendono più affidabili di quelli siciliani.

Giancarlo Lehner riempie di giusti complimenti gli abitanti della Sicilia così ospitali, simpatici, intelligenti, pieni di doti umane e sociali ma – aggiunge – “Non sono capaci di autogoverno. Serve loro il greco, il romano, l’arabo, il normanno, lo svevo, l’angioino, lo spagnolo, addirittura il borbone napoletano, il bandito Giuliano o il democristiano romano, altrimenti si disperdono…”

Saranno i dieci secoli di Serenissima o il lascito della mitica burocrazia asburgica (che nemmeno il democristiano romano è riuscito a cancellare del tutto…) fatto sta che noi veneti siamo meno “dispersi” dei siciliani; i nostri amministratori hanno conservato il senso dello Stato. Per noi il federalismo e l’autonomia sono la speranza. Per loro invece, che li hanno sperimentati, sono stati la disfatta. E la speranza sarebbe, è, il commissariamento, cioè l’ennesima dominazione “straniera”.

LA LIBERTA’ DI SPUTTANARE

 Dopo aver visto la D’Addario ad AnnoZero sputtanare il premier in tutta libertà, faccio fatica a pensare che siamo al regime; non ho mai visto un dittatore sputtanato dalla televisione di Stato del suo Paese. Il grande, il grandissimo Michele Santoro (il più grande di tutti, come certifica la dura legge degli indici d’ascolto) non ha dovuto difendere gli studi della sua trasmissione, col machete campesino in pugno, dagli assalti squadristici di Scajola e Cicchitto: dopo la solita manfrina di pareri legali e diffide, AnnoZero è andato tranquillamente in onda nel tripudio guardone di oltre sette milioni di italiani (me compreso) ansiosi di sbirciare sotto le lenzuola del Cavaliere.

Condivido in pieno quanto scritto da Antonio Polito, direttore del Riformista: il conflitto d’interessi di Berlusconi pesa eccome, il premier tenta di condizionare anche la Rai (come chiunque vinca le elezioni), ma la libertà d’informazione in Italia ha conosciuto tempi assai più cupi. Quando esisteva un unico canale televisivo pubblico (e nessuno privato) controllato totalmente dalla Dc che censurava qualunque notizia sgradita, che licenziava in tronco Dario Fo e Franca Rame da Canzonissima perchè si erano permessi di ironizzare sul governo (e nessun magistrato di sognava di sentenziare la loro riassunzione). Allora anche tutti i quotidiani erano filogovernativi e l’opposizione comunista trovava spazio solo sull’Unità.

Ma erano enclave chiuse, riserve di caccia esclusive, anche i tre successivi canali Rai rigidamente lottizzati tra Dc, Psi e Pci. I radicali di Pannella, tanto per dire, non avevano spazio alcuno. E ciò non ostante il referendum sul divorzio vinse con un clamoroso e del tutto inaspettato 60%, a conferma che il controllo dell’informazione conta ma non è tutto.

La libertà d’informazione arrivò con quelle che, non a caso, furono chiamate le radio e le televisioni “libere”. Cioè arrivò quando il privato spezzò il monopolio pubblico. E tanto maggiore sarebbe questa libertà se venisse privatizzato il carrozzone Rai ed affidato ad editori puri (razza quasi inesistente nel nostro Paese).

Oggi l’informazione è un po come…la D’Addario. Nel senso che è lo specchio fedele di una società e di una democrazia italiana che – sempre Polito – ha definito “casinara e chiacchierona quante altre mai”. Io sarei un tantino più esplicito: siamo un po’ un puttanaio. Sembra cioè essersi verificata la profezia di quei galantuomini che, in perfetta buona fede, nel 1958 erano contrari alla chiusura delle case perché ritenevano che servissero a tenere circoscritto il fenomeno. Se chiudiamo i casini – dicevano – sarà l’Italia a diventare tutto un casino…

Guardando ieri sera AnnoZero, e assistendo alla sfilata della D’Addario e delle sue amiche, ascoltando con che disinvoltura parlavano di tariffe, di prestazioni, di contropartite, non potevo non pensare che fino al 1958 stavano in casino mentre adesso vanno in onda su Rai due. Tutto si può pensare di loro: che si vendono, che sono interessate, che mentono, che recitano una parte, che hanno secondi fini. Tutto. Ma non che non siano libere. Lo stesso dicasi per l’informazione italiana, che ha anzi toccato una nuova frontiera: la libertà di sputtanare.

 

DA PAPI A POLANSKY, IL PEDOFILO CHE PIACE

 Da Papi a Polansky cambia tutto, si rovescia completamente il giudizio dei nostri moralisti a corrente alterna. E, come osserva il Riformista, se di mezzo c’è il regista polacco al posto del Cavaliere Nero, ecco che di colpo “il pedofilo ci piace”.

Anche oggi, nel giorno del 73 compleanno del premier, Repubblica ha in mente un altro compleanno e gli ripete le celebri dieci domande, a cominciare dalla prima da cui tutto iniziò: “Ha frequentato e frequenta altre minorenni?”. Altre, oltre a Noemi Letizia. Con questa domanda Repubblica da per scontato ciò che scontato non è: cioè che Berlusconi, essendo andato alla feste per i diciott’anni di Noemi, la conoscesse e la “frequentasse” (cioè la scopasse) già da prima quando di anni ne aveva diciassette ed era quindi minorenne. Tutto da dimostrare, cosa che né Repubblica né altri sono riusciti a fare. Esistesse, per assurdo, una registrazione dal telefonino della D’Addario che ci mostra gli amplessi tra Berlusconi e una Noemi diciassettenne, non saremo comunque di fronte al reato di pedofilia perchè una diciassettenne può essere consenziente

Eppure senza prove, senza reato, sulla semplice base di illazioni ed insinuazioni, sappiamo quanto sia montata l’onda dello sdegno contro Berlusconi. Oso dire in maniera spropositata rispetto a fatti, che comunque non sono reati, e che restano tutti da dimostrare. Avessimo la conferma di tutto questo sesso a go go attribuito al Cavaliere, concluderemmo che ha sfruttato il suo potere come tanti altri uomini politici che certo non hanno praticato la castità né rispettato il vincolo matrimoniale: da Mao a Fidel Castro, da John a Ted Kennedy, da Clinton a Mitterrand a Giscard d’Estaing.

Tornando a Roman Polansky non ci sono né sospetti né insinuazioni, ma fatti, sentenze: condannato per aver stuprato quando aveva 45 anni una bambina di 13. E qui la tenera età della vittima esclude che possa essere consenziente, e quindi oltre allo stupro c’è la pedofilia. Non ci sono dubbi per questo reato tra i più odiosi: lei lo inchioda, lui è reo confesso e fugge dagli Stati Uniti per non finire in carcere. Eppure la stessa Repubblica, che crocefigge il Cavaliere dando per scontato ciò che scontato non è, assolve Polansky derubricando lo stupro tra gli “eccessi” di un “artista esagerato”. E aggiunge, come attenuante, che “nell’ambiente si sapeva che il regista aveva quello che qualcuno scherzando chiamava il morbo di Nabokov, cioè una predilezione per le lolite”.

Gli stessi che si lamentano per la prescrizione che avrebbe consentito a Berlusconi di cavarsela in vari processi, si indignano perchè non esiste col regista polacco e gli Usa continuano a perseguirlo anche trent’anni dopo. Moralisti a corrente alterna. Accendono lo sdegno con Papi, lo smorzano con Polansky

 

LIBERO CANONE IN LIBERO STATO

 Libero canone in libero Stato. Feltri e Belpietro, dopo la puntata d’esordio di AnnoZero, hanno rilanciato la campagna per la disdetta del canone Rai. Campagna che la Lega sostiene da sempre e alla quale ora aderisce anche Antonio Di Pietro, sia pure con motivi opposti a quelli dei direttori di Libero e Giornale: per il leader dell’Italia del Valori sarebbero cioè insopportabilmente faziosi i programmi di Vespa e il Tg1 di Minzolini e non le trasmissioni di Santoro, Floris e Fazio.

Il parallelo fatto da Di Pietro non è del tutto convincente. Perchè un conto è essere ossequioso nei confronti dei potenti, un conto è glissare sugli argomenti loro sgraditi, altro conto è usare la clava contro gli avversari politici: e mai abbiamo visto Vespa usare la clava contro Prodi, Bertinotti o Di Pietro; mentre Santoro e Travaglio hanno l’obiettivo prioritario di spaccarla in testa a Berlusconi.

Tuttavia proprio l’intervento del leader Idv ci fa capire qual’è il nocciolo della faccenda: il canone Rai non è un libero abbonamento (come a Sky), è una tassa che tutti i cittadini pagano ( o dovrebbero pagare, nel senso che già un’evasione del 30%). Chi paga appartiene ad un qualunque schieramento politico e non accetta che con i suoi soldi venga finanziata un’informazione pubblica che ritiene faziosa, ostile, o semplicemente svantaggiosa per il proprio partito. Ecco quindi le protesta degli elettori di centrodestra contro Santoro che sono speculari a quelle degli elettori di centrosinistra contro Vespa.

La televisione di Stato, essendo tale, non è paragonabile né alle televisioni private, che ognuno sceglie a gradimento o meno senza pagare tassa alcuna (e quindi non ha senso definire Fede contraltare di Santoro), né alla carta stampata che ognuno è libero di comprare o meno in edicola sempre a seconda del gradimento. Nessun lettore di sinistra è obbligato a comprare Libero, nessun lettore di destra il Manifesto; mentre i telespettatori sono obbligati, se non a guardare, a finanziare trasmissioni di orientamento politico sgradito e questo li fa infuriare.

Come esistono i giornali di partito così ci sono anche le televisioni di partito: Telepadania, Red Tv di d’Alema, la Tv della libertà che aveva messo in piedi la Brambilla. Ma anche queste non hanno canone, chi vuole le guarda chi non vuole le toglie pure dal telecomando. Mentre non dovrebbero esserci in Rai, pagate dai soldi di tutti, trasmissioni che sembrano prese pari pari da televisioni di partito; ed invece le troviamo puntualmente perchè i giornalisti Rai sono stati assunto proprio dai partiti col metodo della lottizzazione.

Aggiungiamo che la Rai è una sorta di “mostro” ermafrodito, sia uomo che donna, sia col canone che con la raccolta pubblicitaria. Un carrozzone che drena una gran fetta della pubblicità televisiva disponibile sul mercato, facendo così il grande favore a Berlusconi di ingurgitare le risorse indispensabili alla nascita di un grande polo televisivo nazionale privato alternativo a Mediaset (La vera legge sul conflitto di interessi sarebbe la privatizzazione della Rai, come sostiene da tempo Massimo D’Alema). La mitica Bbc, come la televisione di Stato francese non hanno un solo spot, non sono ermafrodite.

Essendo pubbliche vivono di finanziamenti pubblici, tratti dalla fiscalità generale o dal canone che paga solo chi vuole vederle e non è obbligatorio, come da noi, per chiunque possieda un televisore. Sono uno strumento di comunicazione pubblica, ovviamente utilizzato in primo luogo da chi è al governo in quel momento ma con spazi adeguati anche per l’opposizione. Strumenti di cultura e di divulgazione, che non spendono cifre rilevanti né per vallette né per programmi tipo Isola dei famosi. E che lasciamo tutto lo spazio alla pluralità dei poli televisivi privati.

Insomma un modello lontanissimo dal nostro; che nemmeno tentiamo di avvicinare perchè, da quei levantini che siamo, ci teniamo stretto il carrozzone Rai, beandoci con le zuffe su Santoro e rilanciando periodicamente lo sciopero del canone (senza mai attuarlo sul serio).


 

SE IL NERO DICE “VAFFANCULO” AL BIANCO

 Gli inglesi, come noto, il calcio l’hanno inventato e quindi non stupisce che un po’ tutte le novità, anche quelle collaterali, arrivino da questo Paese. L’ultima è così clamorosa che rischia di chiudere un epoca. El-Hadji Diouf, giocatore senegalese del Blackburn, durante l’ultimo turno di Premier League giocato a Liverpool, ha apostrofato un raccattapalle della squadra ospite dicendogli: “Vaffanculo ragazzo bianco!”.

Dopo tanti “negro di m…” urlati negli stadi, finalmente è arrivato anche il “bianco di m…”. Dico finalmente perchè mi auguro che questa “novità” giunta dall’Inghilterra serva a chiudere un’epoca. L’epoca in cui episodi e frasi del genere sono stati enfatizzati in modo spropositato quasi fossero il cancro del calcio (quando sono, se mai, simili ad un influenza suina).

Non voglio, sia chiaro, sostenere che gli ululati e gli insulti rivolti ai giocatori di colore siano edificanti. Li ritengo volgari, maleducati, stupidi. Ma non posso nemmeno accettare che li spaccino per il problema del calcio e nemmeno che ce li presentino come la prova del nuovo razzismo che serpeggia nella nostra società. Cerchiamo di collocarli nella loro giusta dimensione. Domandiamoci se ha senso che l’Uefa lanci campagne di spot milionarie contro il razzismo. Se è utile invocare la sospensione delle partite. Se è accettabile criminalizzare per i cori da stadio intere città, come accade abitualmente con Verona e come è successo adesso anche con Cagliari dopo che Balotelli è finito nel mirino dei tifosi sardi.

Trovo tutto questo spropositato e spero che un bel “vaffanculo ragazzo bianco”, pronunciato da un giocatore nero (che il politicamente corretto fatica assai ad accusare di razzismo…) serva a ritrovare una dimensione più equilibrata.

Anche chi giudica i cosiddetti “cori razzisti” un fenomeno molto inquietante, dovrebbe comunque domandarsi che risultati hanno ottenuto le contromisure fin qui adottate. Mi sembra che la massiccia campagna “No racism” promossa dall’Uefa abbia sortito un effetto simile alle campagna antidroga o antialcol: promuove e diffondere il prodotto che si vorrebbe bandire. Altrettanto dicasi per lo spazio e lo sdegno che ogni volta vengono profusi sia nei giornali che il televisione: quasi un istigazione a delinquere, una coazione a ripetere per gli urlatori da stadio che, se mai ottenessero la sospensione della partita, si sentirebbero ancor più appagati…

Non pensate che ignorarli, liquidarli in due parole, non farli sentire protagonisti risulterebbe più efficace? Senza aggiungere che il razzismo, quello vero, si manifesta nei fatti molto più che nelle parole: gente ammazzata per il colore della pelle, per il credo religioso; persone sottomesse e schiavizzate a causa del loro sesso, come avviene oggi con le donne in tanta parte del mondo islamico, comprese certe enclave presenti nelle nostre città. Vogliamo metterlo sullo stesso piano di un coro indirizzato a Mario Balotelli?

Quanto al calcio, la prima emergenza, specie qui nel nostro Veneto, è radere al suolo stadi come l’Euganeo di Padova o il Bentegodi di Verona. Stadi così mal fatti, così poco accoglienti e funzionali, da diventare la prima fonte di istigazione alla violenza per un tifoso che – raggiunto lo stadio, pagato il biglietto e superati i tornelli – si rende conto che…la partita l’avrebbe vista molto meglio standosene a casa davanti alla tivvù.

Non basta l’atmosfera e il coinvolgimento, che certo contano, ci vorrebbero anche stadi all’inglese che ti fanno stare nel terreno di gioco (non a cento metri di distanza come all’Euganeo); stadi con tutti servizi e il contorno di negozi, bar, ristoranti che invoglino intere famiglie, spettatori più tranquilli, a varcare i cancelli.

Stadi funzionali, moderni, accoglienti: questo serve a prevenire la violenza, che poi va anche repressa con la stessa fermezza giudiziaria usata dagli inglesi per stroncare gli hooligans. La violenza verbale, che è cosa diversa, la si combatte anzitutto ignorandola. E anche trovando qualche giusto contrappeso della serie “vaffanculo ragazzo bianco”. Onore al merito di El-Hadji Diouf

 

SANAA E L’ISLAM, UGUALI MA COSI’ DIVERSI

 

 

La tragedia di Sanaa, la ragazza marocchina massacrata a Pordenone da suo padre perchè voleva vivere all’Occidentale e convivere con un italiano, dovrebbe quantomeno servire a farci capire che di uguale ci sono solo i diritti. Tutto il resto è diverso. Diverse sono le culture, le religioni, le tradizioni, le storie de vari Paesi. Affermare che tutte le culture, le religioni, le tradizioni, sono uguali è una colossale fesseria che diciamo solo per paura di venir accusati di razzismo.

Nulla lo dimostra meglio di Sanaa. Questa ragazza marocchina voleva esercitare il suo diritto, a decidere della propria vita, che è eguale a quello di ogni ragazza maggiorenne italiana o eschimese. Ma glielo ha impedito proprio la diversa formazione culturale e/o religiosa di suo padre per il quale è inconcepibile che una figlia viva come voleva fare sua figlia. Non facciamo confusione con i delitti e le violenze passionali, diffusi in cultura, ma che nulla c’entrano con questo caso. Non esiste che un padre italiano arrivi ad uccidere la propria figlia perchè esce la sera o si sceglie un fidanzato a lui sgradito; mentre può succedere e succede con un padre musulmano. Se neghiamo questa differenza, non capiamo nemmeno dove esercitare una qualche prevenzione.

Le religioni. Un conto è dire che va salvaguardato il diritto alla libertà religiosa. Diritto che vale per ogni credo religioso (a meno che non contempli sacrifici umani nei suoi rituali). Ma affermare che tutte le religioni sono uguali è di nuovo una fesseria. Non sono uguali nemmeno sotto il profilo teologico, nel senso che tre solo sono monoteiste, figuriamoci per il resto ossia per i comportamenti sociali che inducono nei loro fedeli. Ci sono sì corsi e ricorsi storici. Ida Magli ricorda che in passato furono migliaia le ragazze cristiane “condannate dai padri al carcere monastico a vita”, quando magari le fanciulle musulmane godevano di maggiore libertà. Ma il confronto dobbiamo farlo nel presente: ed oggi chi pretende, fino ad arrivare a sgozzarle, di imporre stili di vita e scelte matrimoniali alle figlie è il padre islamico (non dico tutti) non quello cristiano.

L’immigrazione in certi casi funziona come una macchina del tempo. Porta cioè in Occidente persone da distanze che sembrano più ancora temporali che geografiche. Mi spiego. Certi uomini islamici, che provengono da Paesi dove la donna vive nascosta e sottomessa, e qui la trovano libera e magari anche discinta, restano sconvolti. Proprio come lo fu il buon Oscar Luigi Scalfaro nell’Italia cattolica e “morigerata” degli Anni Cinquanta, con la cultura che l’aveva formato, di fronte ad una signora col seno generoso in vista: la prese a sberle. Magari per reprimere l’impulso di saltarle addosso…(ed in questo senso i padri di Sanaa e di Hina sono un po’ l’altra faccia degli stupratori).

Quando provieni da queste distanze, da queste diversità di cultura e di costumi, non basta di sicuro imparare la lingua italiana e nemmeno la Costituzione. Quello puoi farlo in pochi mesi. Ma ci vogliono decenni, forse generazioni, per digerire e dimenticare certi dettami. Per accettare che la donna sia libera di disporre della propria vita. Almeno tanto tempo quanto ne impiegò Scalfaro per capire che non si possono prendere a sberle le signore scollate…

Concludendo con la tragedia di Sanaa e le contromisure concrete, ha certo ragione Ida Magli quando scrive che non è “sufficiente affermare che chi vive in Italia deve rispettare le leggi italiane”. Questa è solo una litania che ripetono alcuni politici. Bisognerebbe poter intervenire concretamente. Come secondo voi?