Il quotidiano La Stampa parla oggi di “Bomba sanità sui conti” (pubblici). Il ministro del Welfar Sacconi, che per la spesa sanitaria fuori controllo ha commissariato Campania e Molise (deficit di un miliardo di euri nel solo 2009), denuncia “pericoli devastanti”. L’economista Pietro Garibaldi, sempre su La Stampa, spiega che le regioni – ieri Lazio e Abruzzo, oggi Molise e Campania – sforano così clamorosamente la loro quota del fondo sanitario nazionale perchè “non possono finanziariamente fallire” e quindi “finiscono sempre per essere salvate dallo Stato”.
Non in eterno. Vengono salvate finchè la bomba non esplode, finché i pericoli devastanti non travolgono anche lo Stato. Perchè lo Stato italiano di questo passo sarà lui a fallire. E – ecco il vero nucleo del dramma – bisogna che succeda qualcosa di veramente catastrofico perché cambi sul serio qualcosa nel nostro Paese: perchè cessi l’assistenzialismo dissennato che distrugge il Sud, perchè si superino i biechi interessi corporativi, per farla finita con lo scialo irresponsabile della spesa pubblica. O il fallimento dello Stato o una rivoluzione o una guerra. Scegliete. Ma finchè non arriva una di queste catastrofi finali temo che si continuerà tirando a campare alla Gattopardo: facendo cioè finta di cambiare qualcosa come alibi perfetto per non mutare assolutamente nulla.
Non fosse così, di fronte alla voragine dei conti sanitari di queste regioni, invece dell’inutile commissariamento, si risponderebbe dando immediata attuazione al più rigoroso dei federalismi. Invece, come sappiamo, il federalismo diventerà operativo non si sa bene quando; mentre si sa bene che sarà tutt’altro che rigoroso, avendo ottenuto il benestare anche delle regioni meridionali che avrebbero dovuto conoscere la lesina nei trasferimenti.
Il principio regolatore sulla carta è semplice e di una equità incontestabile: la quota del fondo sanitario nazionale deve essere uguale pro capite dalle Alpi a Lampedusa ripartita in base al numero degli abitanti di ciascuna regione. E gli amministratori delle varie regioni devono avere la responsabilità totale sull’utilizzo dei fondi stessi: costruendo strutture sanitarie e acquisendo tecnologie, medicinali, servizi a prezzi di mercato; assumendo medici e personale sanitario in rapporto ai pazienti assistiti. Ogni prestazione fuori regione dovrà essere erogata contemporaneamente alla copertura finanziaria da parte della Regione di residenza del paziente. Perchè quando si assumono tranquillamente in alcune asl del Sud il doppio di primari o il quadruplo di infermieri, significa che si sceglie di fare del clientelismo infischiandosene di garantire le cure alla globalità dei cittadini. I quali cittadini – se mai ci fosse un vero federalismo – ne sarebbero consapevoli sulla loro pelle e andrebbero di conseguenza a linciare i propri amministratori.
I quali amministratori e uomini politici meridionali, invece di vergognarsi per come hanno dissipato le risorse e tradito i propri amministrati, cosa fanno? Minacciano di fondare il “partito del Sud”, chiedono ulteriori finanziamenti pubblici, ricattano il governo Berlusconi; come sempre hanno fatto con qualunque governo di qualsiasi colore politico. Da non lato hanno portato le loro regioni al dissesto dei conti sanitari, dall’altro – spudoratamente – minacciano e ricattano!…Ditemi voi se non ci vuole una guerra o una rivoluzione o il fallimento del Stato per pensare di uscirne.