CRAC SANITARIO E PARTITO DEL SUD

 

 

Il quotidiano La Stampa parla oggi di “Bomba sanità sui conti” (pubblici). Il ministro del Welfar Sacconi, che per la spesa sanitaria fuori controllo ha commissariato Campania e Molise (deficit di un miliardo di euri nel solo 2009), denuncia “pericoli devastanti”. L’economista Pietro Garibaldi, sempre su La Stampa, spiega che le regioni – ieri Lazio e Abruzzo, oggi Molise e Campania – sforano così clamorosamente la loro quota del fondo sanitario nazionale perchè “non possono finanziariamente fallire” e quindi “finiscono sempre per essere salvate dallo Stato”.

Non in eterno. Vengono salvate finchè la bomba non esplode, finché i pericoli devastanti non travolgono anche lo Stato. Perchè lo Stato italiano di questo passo sarà lui a fallire. E – ecco il vero nucleo del dramma – bisogna che succeda qualcosa di veramente catastrofico perché cambi sul serio qualcosa nel nostro Paese: perchè cessi l’assistenzialismo dissennato che distrugge il Sud, perchè si superino i biechi interessi corporativi, per farla finita con lo scialo irresponsabile della spesa pubblica. O il fallimento dello Stato o una rivoluzione o una guerra. Scegliete. Ma finchè non arriva una di queste catastrofi finali temo che si continuerà tirando a campare alla Gattopardo: facendo cioè finta di cambiare qualcosa come alibi perfetto per non mutare assolutamente nulla.

Non fosse così, di fronte alla voragine dei conti sanitari di queste regioni, invece dell’inutile commissariamento, si risponderebbe dando immediata attuazione al più rigoroso dei federalismi. Invece, come sappiamo, il federalismo diventerà operativo non si sa bene quando; mentre si sa bene che sarà tutt’altro che rigoroso, avendo ottenuto il benestare anche delle regioni meridionali che avrebbero dovuto conoscere la lesina nei trasferimenti.

Il principio regolatore sulla carta è semplice e di una equità incontestabile: la quota del fondo sanitario nazionale deve essere uguale pro capite dalle Alpi a Lampedusa ripartita in base al numero degli abitanti di ciascuna regione. E gli amministratori delle varie regioni devono avere la responsabilità totale sull’utilizzo dei fondi stessi: costruendo strutture sanitarie e acquisendo tecnologie, medicinali, servizi a prezzi di mercato; assumendo medici e personale sanitario in rapporto ai pazienti assistiti. Ogni prestazione fuori regione dovrà essere erogata contemporaneamente alla copertura finanziaria da parte della Regione di residenza del paziente. Perchè quando si assumono tranquillamente in alcune asl del Sud il doppio di primari o il quadruplo di infermieri, significa che si sceglie di fare del clientelismo infischiandosene di garantire le cure alla globalità dei cittadini. I quali cittadini – se mai ci fosse un vero federalismo – ne sarebbero consapevoli sulla loro pelle e andrebbero di conseguenza a linciare i propri amministratori.

I quali amministratori e uomini politici meridionali, invece di vergognarsi per come hanno dissipato le risorse e tradito i propri amministrati, cosa fanno? Minacciano di fondare il “partito del Sud”, chiedono ulteriori finanziamenti pubblici, ricattano il governo Berlusconi; come sempre hanno fatto con qualunque governo di qualsiasi colore politico. Da non lato hanno portato le loro regioni al dissesto dei conti sanitari, dall’altro – spudoratamente – minacciano e ricattano!…Ditemi voi se non ci vuole una guerra o una rivoluzione o il fallimento del Stato per pensare di uscirne.

 

 

RONDE, MOLDAVI E NAPOLITANO

 

 

Basta con queste ronde, diamoci in taglio. Da troppi mesi sono al centro delle discussioni come se fossero una questione vitale per la sicurezza. Lo stesso Napolitano firma con riserva il decreto perché è preoccupato che vengano istituzionalizzate le ronde. Facciamo così: diciamo che non servono a nulla (come, per altro, serve poco o nulla una gran fetta del volontariato); di certo non sono decisive né in positivo né in negativo.

Sono ben altri gli snodi cruciali per la sicurezza. Basta guardare agli esempi che arrivano quotidianamente dal nostro territorio. Come questa banda di predoni moldavi arrestata negli ultimi giorni. Avevano la loro base a Padova ma razziavano – abitazioni, garage, negozi, cantieri – anche a Verona, a Mantova, sul Lago di Garda. Razziavano e al telefono tra loro dicevano: “Siamo i padroni della città, siamo i re di Padova. Non ci prenderanno di certo questi scemi di poliziotti”. La convinzione totale dell’impunità, unita ad un altra certezza: “E, se anche ci prendono cosa volete che succeda? In due-tre giorni siamo di nuovo fuori…”

Altro che ronde. Ecco dove crolla la sicurezza: quando alla certezza della pena subentra la certezza dell’impunità, la certezza che in galera comunque non ci resti. Certezza suffragata da una catena ininterrotta di decisioni della magistratura. L’ultima ad Anzio dove i carabinieri hanno arrestato sette razziatori rumeni e i giudici ne hanno già rimessi sei in libertà. Non vi pare che Napolitano – da presidente del Consiglio superiore della magistratura – dovrebbe stigmatizzare l’operato di tanti giudici più che preoccuparsi del pannicello caldo (o freddo) delle ronde?

Si potrebbe obiettare che è carente la legge se, sempre a Padova, non avessimo sotto gli occhi la dimostrazione che il problema è invece la discrezionalità del magistrato nello stabilire che c’è il pericolo di reiterazione del reato, e quindi mantenere in carcere l’accusato, oppure escluderlo e rimetterlo in libertà. La dimostrazione è fornita dalla vicenda del “re” dei rifiuti, Levio Loris, accusato per un traffico internazionale di rifiuti tossici e nocivi. Appena arrestato Loris ha pensato anche lui di fare il duro come un predone moldavo, rifiutandosi di rispondere alle domande del magistrato. Il quale però ha buttato via la chiave, cioè lo ha lasciato a languire in carcere per tre settimane. Ed il predone è subito diventato un agnellino: ha chiesto lui di essere interrogato ed ha risposto a tutte le domande.

Con Levio Loris i magistrati hanno scelto di adottare la stessa tecnica usata con la prima ondata di arrestati per Tangentopoli: dentro finchè non confessavano. Con le ondate successive di arresti non servì nemmeno lasciarli in carcere perchè sapevano che avrebbero fatto quella fine e quindi parlarono immediatamente. Tutto questo si chiama deterrenza. La usassimo, la usassero i magistrati anche con i predoni moldavi piuttosto che con i razziatori rumeni – lasciandoli a languire per mesi nelle carceri – non sentiremmo più nessuno dire “tanto torno fuori in due-tre giorni”. Esattamente come nella fase calda di Tangentopoli nessun politico pensava di potersela cavare a buon mercato.

Purtroppo l’impressione è che sia l’ideologia, più che i codici, a determinare la scelta operativa di certi magistrati: con Levio Loris butto via la chiave perchè è uno sporco capitalista, mentre il predone moldavo lo rimetto in libertà perchè è un povero diseredato. Magari sarà anche così. Non dimentichiamo però che i reati attribuiti a Levio Loris, per quanto oggettivamente gravi, non destano allarme sociale; mentre lo destano eccome i furti e le rapine compiuti dai predoni stranieri, per quanto diseredati possano essere.

Aspettiamo dunque un fermo intervento del Colle. Non – sia chiaro – per rimettere subito in libertà i vari Levio Loris, ma per fare restare in galera almeno lo stesso tempo anche i tanti delinquenti stranieri.

 

AFRICA ROVINATA COME IL SUD

 

 

 

 

Il neo eurodeputato dell’Udc Magdi Allam ricorda ieri su Libero che “l’elemosina dei Grandi fa male al terzo mondo” e per questo giudica puramente demagogico l’impegno dei leader del G8 di donare 20 miliardi di dollari all’Africa nei prossimi tre anni. Quindi l’elemosina, i soldi pubblici o di Stato, non solo non aiutano ma addirittura fanno male. All’Africa come al nostro Sud, mi permetto di aggiungere. Perchè l’assistenzialismo corrompe gli animi e serve solo a trascinarti sempre più dentro un gorgo senza vie d’uscita.

Scrive Magdi Allam parlando dell’Africa :”L’elemosina di Stato alle popolazioni indigenti ha ostacolato la loro crescita economica, le ha rese ideologicamente dipendenti, parassitarie, sfiduciate e frustrate, ha favorito il consolidamento di regimi autoritari e la diffusione della corruzione che coinvolge le stesse organizzazioni internazionali preposte a combattere la fame nel mondo”. Basta sostituire al consolidamento dei regimi autoritari il consolidamento delle mafie, e la stessa realtà vale per il nostro Mezzogiorno: popolazione sempre più sfiduciata e parassitaria, corruzione dilagante, aiuti di Stato che servono anzitutto ad alimentare e pagare gli stipendi agli enti pubblici che dovrebbero farli arrivare ai cittadini; esattamente come la Banca Mondiale, la Fao, l’Ifad o le Ong che destinano “circa il 90% delle proprie risorse agli stipendi dei funzionari” e alle popolazioni lasciano sì e no le briciole.

Sempre Allam cita padre Piero Gheddo, presidente del Pontificio istituto missioni estere, il quale ribadisce il vecchio concetto dei Comboniani non dare il pesce agli africani, ma la canna da pesca ed insegnare ad usarla – e spiega che: ”Lo sviluppo viene dall’interno di un popolo, dalla sua educazione, maturazione culturale e storica”. Si parlava tanto di un G8 dell’Aquila che doveva introdurre i principi dell’etica nell’economia. Eccolo qui il principio cardine: lo sviluppo viene dall’interno di un popolo, non dai soldi pubblici che il proprio Stato o altri Stati possono elargire. E questo vale tanto per le popolazioni africane , quanto per quelle italiane. Come dimostra il ben diverso sviluppo del Centro-Nord e del Sud del nostro Paese.

Interessante aggiungere che il presidente usa Obama, terminato il G8, è andato in Ghana per parlare all’intero Continente Nero. Ed ha parlato chiaro: basta con l’autocommiserazione, lo sviluppo dipende da voi africani, dal buongoverno che saprete darvi. Un vero peccato che tra L’Aquila e il Ghana non abbia trovato il tempo per fare una capatina nel nostro Sud e ripetere l’identica esortazione…



I DUE VOLTI DELLO STESSO SILVIO

 Riuscendo a superare sia l’antiberlusconismo che l’adorazione acritica, si arriva forse a comprendere che i due volti – sia quello criticabile che quello apprezzabile – sono i due volti dello stesso Silvio. E portano ad una prima conclusione: Berlusconi di certo non è un democristiano. Non è cioè grigio e compito nei suoi comportamenti pubblici, ma nemmeno privo di creatività com’erano i vecchi notabili dello scudocrociato.

Di Gronchi al Quirinale si sussurravano avventure, riservate, da mille e una notte; ma mai si sarebbe fatto fotografare, non dico con cinque pin up sulle ginocchia, neppure con cinque Pie Madri della Nigrizia. Era lo stile democristiano che tutti seguivano: Moro lo ruppe solo da prigioniero delle Br, Cossiga due giorni prima di lasciare il Colle, Andreotti lo adotterà fino alla tomba. In compenso i diccì erano altrettanto “riservati” nel governare. Cioè non lasciarono traccia. Nessuno di loro avrebbe osato e neppure concepito il colpo d’ala e d’ingegno di spostare in tre mesi il G8 da La Maddalena a L’Aquila.

Restiamo al volto discutibile e criticabile del premier. Questa sua passione per l’altro sesso; troppo spesso circondato da veline, escort, semplici belle ragazze o un intreccio delle tre cose. Non riesco ad accodarmi alle critiche moralistiche. Il problema non è cosa faccia il premier: se se le porti a letto oppure, come sostengono alcuni, se si limiti al piacere della loro compagnia perchè altro non potrebbe fare dopo l’operazione alla prostata. Diamo pure per scontato che sia un “toro scatenato”. Ma il problema e la critica vera resta un altro: lui dovrebbe dedicarsi a faccende più interessanti e consone ad uomo della sua età ed intelligenza. Perchè circondarsi di escort e di pin up è, tutto sommato, una cosa da sfigati; nel senso che possono permettersi di farlo tutte le centinaia di migliaia di italiani che hanno una buona disponibilità economica; ma che non riuscirebbero mai a diventare, non dico presidente del consiglio, nemmeno leader di un sindacato, sindaco di una città, presidente di una associazione di categoria.

Chiariamo fino in fondo questo concetto. Chi ha in mano il potere, chi governa, amministra, dirige, progetta, ha qualcosa di infinitamente più interessante da fare che non sia andare a donne. E’ quindi comprensibile che ci vada chi non ha di meglio. Non che lo faccia uno che potrebbe passare le serate a palazzo Grazioli a progettare il futuro dell’Italia. E non perchè è riprovevole dedicarsi al sesso, ma perchè è infinitamente più stimolante l’altra attività. Ed è quindi sconcertante l’idea che un Berlusconi possa comportarsi come un artigianotto veneto in in missione in Romania con la camera di commercio. C’è il vecchio detto dei mafiosi: meglio comandare che fottere. Potremmo dire che Berlusconi, oltre a non essere democristiano, non è nemmeno mafioso…dal momento che dedica troppo tempo alla seconda attività. Oppure, rispolverando Freud, potremmo ricordare che una personalità adulta e matura impara che la libido puoi solo sublimarla nel lavoro, mentre una personalità immatura si illude di poter dare una soddisfazione concreta e diretta al desiderio sessuale.

Questa mi pare dunque la vera critica da fare a Berlusconi: per certi versi resta un adolescente, ha più di settant’anni e conserva le fantasie e i comportamenti di un ragazzone. Senza dimenticare pero che, senza questo volto criticabile, non esisterebbe nemmeno l’altro volto: la creatività sorprendente di chi ha saputo prima rivoluzionare la televisione (cioè la prima industria culturale del Paese) e poi la politica molto più di quanto avessero fatto generazioni di democristiani, comunisti e socialisti. E senza dimenticare anche un’altra cosa: che se dovessimo liberarci di questo adolescente pazzo, giocherellone e geniale, non sarebbe sostituito qui in Italia da un Barak Obama in maniche di camicia ma da un qualche neo democristiano grigio e compito (quale è e resta lo stesso Massimo D’Alema).

 

LA LEGA VENETA “SALVA” LE BADANTI

 

 

Vuoi vedere che il sondaggio di sky Tg 24 diventa attendibile e piace anche a Federico? Sì perchè questa volta il sondaggio dice che il 70% è favorevole a regolarizzare le badanti. Cioè la pensa come Giovanardi e come i vescovi italiani, e al contrario della Lega che esclude categoricamente la sanatoria. Ma la notizia vera è un’altra: le badanti sono così importanti da far vacillare perfino il monolitismo della Lega; fanno quasi rispuntare una fronda leghista veneta che osa distinguersi dai lumbard. Eccola la notizia, nel titolo di prima pagina del Gazzettino di oggi: ”La Lega veneta salva le badanti”. Le salva nel senso che il segretario veneto Paolo Gobbo, e perfino lo sceriffo trevigiano Gentilini, pur escludendo la sanatoria, sostengono che “le famiglie devono poter far emergere dall’irregolarità queste lavoratrici” e chiedono “una corsia preferenziale per regolarizzare chi è già qui”.

Posizione ben diversa da quella del ministro Calderoli che vuole mandar via tutte le irregolari, punto e basta. Gobbo e Gentilini, conoscendo la realtà di decine di migliaia di famiglie venete, sanno che non è possibile farlo perchè i nostri anziani si troverebbero d’improvviso senza chi (come dice il nome) bada loro. E’ inutile immaginarci diversi da quello che siamo diventati. E’ inutile sdegnarsi per l’egoismo dilagante e sostenere che i veneti dovrebbero riscoprire generosità ed altruismo ed accudire in prima persona i loro genitori, invece che pensare a partire per le vacanze. Nobili discorsi che però non cambiano realtà: i nostri vecchi li abbiamo scaricati sulle badanti. Cioè abbiamo affrontato IL problema epocale, l’invecchiamento della società, il prolungamento non della vita ma della vecchiaia (che è cosa ben diversa), lo abbiamo affrontato nella maniera più squinternata. Cioè scaricandolo appunto sulle dilettanti allo sbaraglio provenienti da ogni Paese e senza il minimo controllo di professionalità: possono capitarti delle brave persone, come ce ne sono, che si affezionano all’anziano e lo seguono con dedizione; possono capitarti delle cialtrone, e ce ne sono altrettante, che non stanno nemmeno attente a somministrare i medicinali giusti. Come va, va.

Ripensiamo ad un’altra svolta epocale, l’innalzamento dell’obbligo scolastico deciso in assenza di un adeguato corpo insegnati: se non altro abbiamo fatto finta di formarli, abbiamo almeno preteso che si laureassero, abbiamo fatto fare i supplenti agli studenti universitari, non abbiamo sbattuto in classe e messo sulla cattedra i primi che passavano per strada. Lo abbiamo fatto ora con i nostri anziani, affidandoli alle prime disperate che capitavano in cerca di lavoro. Per aprire un bar, un negozio, devi almeno far finta di frequentare dei corsi, devi averci un qualche attestato rilasciato dalla Camera di commercio. La badante invece non ha bisogno di alcun attestato. Evidentemente è meno delicato fare un clistere all’anziano che versare una bibita nel bicchiere…

Grazie ad un esercito di badanti in bianco, in nero, a pois, ma comunque pagate dai singoli cittadini, il servizio socio-sanitario pubblico, italiano, ha potuto accumulare un ritardo ormai incolmabile nell’assistenza domiciliare rispetto all’Europa civile. Ma la situazione oggi è ormai questa e, senza le badanti, noi e i nostri vecchi saremmo ancor più nella m…. Quindi anche la Lega veneta cerca di salvarle.

SE IL VATICANO SCOMUNICA LA SICUREZZA

 

 

Il tentativo di dare più sicurezza al nostro Paese, in particolare contrastando l’immigrazione clandestina, evidenzia un caso lampante di schizofrenia tra i cittadini e il Palazzo. Intendendo con Palazzo gli opinionisti, i giuristi, l’intellighenzia in genere, i grandi quotidiani, oltre ai Palazzi Vaticani veri e propri.

Il decreto sicurezza, ed in particolare l’introduzione dei reato di clandestinità, è stato infatti apprezzato dalla larga maggioranza dei cittadini, il sondaggio di Sky Tg 24 ha registrato un 72% di favorevoli, mentre il Palazzo l’ha subito stroncato. Significativo che i tre principali quotidiani – Corriere, Stampa e Repubblica – oltre ad ospitare fondi tranchant abbiano dato ampio risalto alle critiche della Chiesa, arrivando addirittura a “promuovere” a portavoce dell’intero Vaticano quel mons. Agostino Marchetto che in realtà è solo il segretario del Pontificio consiglio dei migranti (come dire il ministro per l’immigrazione della Santa Sede). Tant’è che tutti i quotidiani hanno appunto scritto che secondo il Vaticano (non secondo mons. Marchetto) questo decreto sicurezza “provocherà tanto dolore”.

Ora che lo provochi, il dolore, ai migranti clandestini è possibile (a giudizio di alcuni addirittura auspicabile…); ma è strano che la Chiesa non si preoccupi anche dell’altro “dolore”: cioè di quello procurato a tanti credenti italiani dalla presenza eccessiva e continuativa di clandestini nel nostro territorio nazionale.

Una valutazione più equilibrata dovrebbe forse distinguere tra l’impatto del decreto sicurezza e i suoi risultati concreti. Sui risultati io per primo sono scettico, e non per colpa del decreto, ma perchè abbiamo uno Stato in disfacimento. Uno Stato che l’azione congiunta della Chiesa cattolica e della “chiesa” comunista, con la loro doppia morale, ha progressivamente spappolato; lasciando spazio, tra l’altro, ad un’azione sindacale tutta volta a privilegiare gli addetti ai servizi a discapito degli utenti dei servizi. Dubito molto che questo Stato in liquidazione sia in grado di garantire la sicurezza; così come è evidente che non garantisce più la giustizia, la pubblica istruzione e, nella maggior parte delle regioni italiane, nemmeno la sanità.

Per questo è tutto da verificare che l’introduzione del reato di clandestinità funzioni sul serio da deterrente contro nuovi ingressi illegali e che possa rendere operative quelle espulsioni degli irregolari che fin’ora sono rimaste pura teoria. Temo che l’inefficienza della nostra macchina statale vanificherà anche questo tentativo di invertire la tendenza. E che per ciò la sicurezza resti più annunciata che tradotta in pratica. Ma trovo del tutto naturale che i cittadini apprezzino anche il semplice annuncio. La sicurezza è infatti alla base del contratto sociale, è la prima cosa che i cittadini chiedono alla Stato.

Quindi un decreto che promette sicurezza non può che essere accolto da un pregiudizio positivo dei cittadini. Mentre solo un’intellighenzia (e una Chiesa)  schizofrenica rispetto alle persone normali può accoglierlo, come è accaduto, con un pregiudizio negativo.


SCODINZOLO A SILVIO “TORO SCATENATO”

 

 

Gli inglesi, come sappiamo, del gossip sono i maestri. E quindi se devono intervistare una escort (magari pagandola in sterline sonanti) non è che si soffermano sul contorno, sperando di trovare dettagli utili sul terreno scivoloso dell’attacco politico. Gli inglesi le domande le puntano dritte al cuore del gossip stesso, cioè sulla questione che più interessa i loro lettori. Così il Sunday Times non è stato lì a chiedere a Patrizia D’Addario come è arrivata a Palazzo Grazioli, se l’ha portata Tarantini o se l’ha chiamata il premier, se le hanno pagato mille o duemila euro. Il Sunday va dritto alla sostanza: cioè si fa raccontare com’è Berlusconi sotto le lenzuola, come scopa il Cavaliere. E Patrizia risponde: “Non ho mai dormito. Era un toro instancabile”

Capite, cari amici, 72 anni suonati ma a letto resta un toro scatenato…Le due frasette virgolettate sono le uniche dell’intervista al Sunday Times che riporta il quotidiano La Stampa. La Repubblica, sia pur celandolo tra le righe in un fondo pagina, ne fa un resoconto un tantino più completo. Apprendiamo così, oltre alla conferma, che “Non ho mai dormito – racconta la donna – era instancabile” anche altri sorprendenti particolari:”La D’Addario dice che Berlusconi fece mezza dozzina di docce ghiacciate durante la notte e lei lo raggiunse a sua richiesta sotto la doccia”. Ad un certo punto la escort credeva di aver terminato la sua già robusta prestazione, ma non era così. Racconta infatti: “D’improvviso smise di muoversi e pensai tra me, grazie a Dio si è addormentato. Ma non durò…”. Era cioè solo una breve pausa, dopo di che il Cavaliere riprese la sua cavalcata fino a sfiancare una professionista del sesso a pagamento come la D’Addario. E scusate se è poco. Il giorno dopo lui le telefonò mentre rientrava a Bari: ”Bambina mia disse e poi chiese perchè avesse la voce roca. E lei spiego: per via delle docce”. Capito questo Berlusca? Non solo sfinisce Patrizia ma la lascia anche senza voce…

Naturalmente questo racconto fatto al Sunday Times mi ha profondamente scandalizzato. E’ una vergogna! Lo grido a piena voce, che non ci siano equivoci: concordo con quanto diceva anche questa mattina a Prima Pagina il cattolico tradizionalista Maurizio Ruggiero: Berlusconi è assolutamente indifendibile!…Eppure, per quando gridi e mi scandalizzi, non riesco a nascondere una certa invidia: lui a 72 anni toro scatenato, quando io a 58 sono ridotto a vivere quasi solo di ricordi…

E’ un sentimento, o un risentimento, che cresce: Hanno un bel dire certi amici del blog che io scodinzolo davanti al Cavaliere. Scodinzolo e basta? Ma è poco: io mi prostro al suo cospetto, lo adoro, lo supplico di svelarmi il segreto: erano quelle docce fredde durante la notte? C’era del Viagra nel miscelatore? Cosa devo fare per diventare, non dico toro scatenato, ma almeno un coniglietto impenitente?… Il racconto di Patrizia ci fa comprendere tante cose; anche perché alcune first ladies europee minaccino di disertare il G8 all’Aquila: forse più che scandalizzate sono preoccupate. Preoccupate di non riuscire a contenerlo, di ritrovarsi con la voce roca…Dubito ad esempio che una schifiltosa come Carlà sia in grado di reggere mezza dozzina di docce gelate…Ci vorrebbero le amazzoni di Gheddafi, che infatti non disertano…

Vi assicuro, cari amici, che sono disgustato. E’ inaccettabile avere un premier che si comporta così. Eppure più leggo l’intervista della D’Addario al Sunday e più scodinzolo.

EVASORI FIGLI DEI CORRUTTORI

 

 

La Corte dei conti ha fornito la cifra globale: 160 miliardi di euro, spiegando che tanto ci costano corruzione ed evasione. Giusto mettere assieme i due fenomeni che sono le due facce della stessa disonestà. Aggiungendo però che la disonestà dello Stato, della pubblica amministrazione, è ancora più grave di quella dei cittadini perchè il pubblico dovrebbe dare l’esempio. Con che faccia uno Stato che dilapida 60 miliardi con la corruzione dei suoi funzionari e dei suoi uomini politici va a chiedere ai cittadini di essere ligi, di versare fino all’ultima lira, di non evadere 100 miliardi di euro. Bisogna forse versarli nelle casse pubbliche perchè i corrotti abbiano più risorse da dilapidare o mettersi in tasca? Qui non si tratta di giustificare gli evasori. Ma di capire che finché è pieno di ladri di Stato diventa arduo dire ai ladri privati di non rubare.

Fanno colpo i sei evasori totali pescati nel padovano che, oltre a non pagare una lira di tasse, viaggiano in Porsche e usufruiscono degli alloggi pubblici sottratti ai veri poveri. Non sono certo gli unici. Gli evasori totali e parziali sono centinaia di migliaia. Ma sono tutti “figli”, non dimentichiamolo, dei 3.224 pubblici ufficiali denunciati per corruzione solo nell’ultimo anno. Funzionari pubblici e finanzieri più integri ridurrebbero di molto il numero degli evasori. Esattamente come una magistratura e forze di polizia efficienti riducono di molto il numero dei delinquenti comuni.

Va poi aggiunto che, sempre all’interno della pubblica amministrazione, è ampiamente diffusa quella “evasione dal lavoro” che è in tutto e per tutto uguale all’evasione fiscale; sia sotto il profilo etico che delle risorse economiche sottratte alla collettività.

Tornando ai sei evasori totali del padovano, che sono diventati un caso nazionale, non c’è dubbio che l’abbinamento tra Porsche e alloggi popolari colpisca come un pugno allo stomaco. Tuttavia, una volta ripreso il fiato, non possiamo nemmeno dimenticare che un conto è avere singoli evasori totali, altro conto è ritrovarci con interi territori nazionali che per il fisco non esistono…Quindi mi sembrerebbe più proficuo partire pancia a terra con la lotta all’evasione a Napoli o a Palermo. Non per trascurare né Padova né il Veneto, ma per gettare la rete anche dove è certo che si riempirà fino all’orlo.

Tornando al fenomeno che reputo più grave perché origina o quantomeno facilita l’altro, cioè la corruzione della pubblica amministrazione, non credo che sia contenibile né con le prediche né con gli appelli all’etica. Ci vorrebbero leggi draconiane e punizioni esemplari. Ci sarebbe anche una via da percorrere che darebbe risultati certi, letteralmente matematici: più riduci il numero dei pubblici di pendenti, più riduci le risorse economiche affidate alla loro gestione, più calano di conseguenza le cifre della corruzione. Ma è una strada che nessuno – ne Lega né Pdl, ne Pd né Idv né sinistra radicale – ha intenzione di percorrere. L’unica cosa su cui concordano è l’esatto contrario: più aumenta la torta pubblica più ce n’è da mangiare per tutti.

PALETTA E SECCHIELLO PER DARIO

 

 

La battuta è di una lettera al Foglio che cito per intero “Dopo quest’ultimo trionfo elettorale, Franceschini si è meritato paletta, secchiello e cappellino con l’elica. Gli amici lo aspettano al Lido di Pomposa”. Eh sì, meglio mandarlo al mare a costruire castelli di sabbia questo segretario del Pd che si dichiara soddisfatto del risultato del suo partito e certo di avere innescato il “declino della destra”.

Un Pd, un Franceschini che non sa fare i conti come osserva su La Stampa Luca Ricolfi. Conti elementari: su 32 grandi amministrazioni locali (province e comuni capoluogo) che hanno cambiato colore, non ce n’è nemmeno una che sia passata da destra a sinistra perchè tutte sono passate da sinistra a destra. Ed è un risultato omogeneo nell’intero Paese, nel senso che il Pd ha perso anche nelle “regioni rosse” del Centro Italia. Ed è stato un turno di elezioni amministrative dove il centrodestra è tradizionalmente più debole che nelle elezioni politiche.

Ma ci si aspettava di più dal Pdl, ma si era convinti che Berlusconi sbaragliasse definitivamente il campo; e quindi Franceschini esulta perchè non è stato travolto. A questa impostazione ha risposto un nostro telespettatore con l’esempio calcistico: “Come dire che siccome il Brasile non ha più giocato nel secondo tempo, e si è fermato sul 3 a 0 invece che andare 6 a 0, come dire che per questo…ha vinto l’Italia”. Giusto: Lega e Berlusconi si sono fermati sul 32 a 0 – non hanno conquistato anche Bologna, Firenze e Padova – ma non per questo ha vinto il partito di Franceschini.

Sempre Luca Ricolfi rovescia anzi la valutazione, ricorda cioè che la tornata amministrativa si è svolta in un momento di difficoltà e debolezza del centrodestra, con Berlusconi alle prese col processo Mills, il caso Noemi e il caso Patrizia; con una “concorrenza” tra Lega e Pdl piuttosto scoperta; con un Paese investito dalla crisi economica. Ed è finita 32 a 0. Ed il Pd di Franceschini non ha saputo approfittare nemmeno di circostanze sulla carta a lui favorevoli. A dimostrazione che è ben lontano dall’aver individuato una linea politica e un quadro di alleanze in grado di farlo tornare competitivo nei confronti elettorali.

Ritanna Armeni sul Riformista scrive che “la tenuta del Pd in alcune roccaforti ha i caratteri di una residualità più che di una rimonta”. Giusta anche questa osservazione. Basta pensare a quanto accaduto a Padova, città che il centrosinistra ha tenuto non certo per la rimonta del Pd (crollato anzi di 8 punti) ma solo per la capacità politico e amministrativa di un sindaco come Zanonato, che potremmo proprio definire “residuale” di quella che era la grande scuola di amministratori locali del Pci.

Insomma ad un Dario Franceschini soddisfatto per il risultato elettorale del suo Pd bisogna proprio mettere in mano paletta e secchiello, e in testa il cappellino con l’elica.

ECCO PERCHE’ LA GELMINI E’ DI SINISTRA

 

 

Mariastella Gelmini è proprio di sinistra. Anzi è il ministro della pubblica istruzione più a sinistra nella storia della nostra repubblica. Lo è perchè impegnata a riqualificare la scuola pubblica che resta il primo strumento di promozione sociale anzitutto per quelle classe meno abbienti che la sinistra per prima dovrebbe tutelare. E la scuola pubblica la riqualifichi solo reintroducendo il merito: cioè la promozione per gli studenti che si impegnano e la bocciatura per i cialtroni che non lo fanno.

La Gelmini è di sinistra perchè applaude alla timida risalita della percentuale dei bocciati, ed assicura che continuerà a crescere nei prossimi anni fino ad attestarsi su percentuali Ocse. La scuola che promuove tutti non serve a nessuno. Non premia chi da di più, non stimola ad aumentare le proprie conoscenze e competenze, ossia tutto quello che poi nella vita fa la differenza. I figli dei benestanti possono andare a studiare all’estero; possono sperare che basti ereditare l’azienda o lo studio professionale dei loro genitori. Sono i figli delle persone comuni che non hanno alternative; che hanno bisogno di diplomi e lauree assolutamente qualificanti per ottenere una promozione sociale ed economica. Ed i titoli di studio sono qualificanti, ti aprono la porta a lavori gratificanti e ben remunerati, solo se arrivano dopo la più dura delle selezioni. Democrazia significa garantire a tutti di poter arrivare al titolo di studio. Non garantire a tutti di conseguirlo, perchè questo lo garantisci solo promuovendo anche gli asini – come ha fatto negli ultimi decenni la nostra scuola pubblica – cioè rendendo carta straccia lo stesso titolo di studio.

Ma la Gelmini è di sinistra anzitutto perchè vuole cancellare la più vergognosa ingiustizia patita dai nostri giovani. Ci sono, e li conosciamo tutti, tanti ragazzi seri che sanno dare il giusto valore allo studio: che vanno anche in discoteca, che praticano sport e hanno i loro interessi, che non vivono da seminaristi ma che ritengono l’impegno scolastico prioritario sul resto. Sono quei ragazzi che tutti noi vorremmo avere come figli, perchè ci sembrano i più seri e i più maturi. Sono quei ragazzi e quelle ragazze che la sinistra per prima giudica alternativi alle veline e alle Noemi: perché non pensano di farsi strada nella vita esibendo il book delle loro foto, ma a seguito dell’impegno quotidiano sui books cioè sui libri di testo. Vi sembra giusto umiliare queste ragazze e questi ragazzi mettendoli sulle stesso piano dei cialtroni e dei bulletti e della aspiranti veline? No di certo. Ma è proprio quello che ha fatto la scuola pubblica italiana promuovendo tutti, gli studiosi al pari degli asini, gli studenti educati come i bifolchi, i giovani seri e quelli debosciati.

Li hanno umiliati e messi sullo stesso piano insegnati e presidi che, per primi, hanno voluto sottrarsi a qualsiasi controllo; che promuovevano tutti per non essere giudicati e bocciati loro. Ma la responsabilità capitale è di una classe politica, di ministri della pubblica istruzione che vanno ascritti alla destra più demagogica, populista e becera. La destra che se ne frega del futuro dei figli della gente comune. Per fortuna adesso è arrivata la Gelmini. Finalmente un serio ministro di sinistra che boccia gli alunni somari e vuol pagare meglio solo gli insegnanti più preparati.