Dispiace ovviamente molto aver perso oggi a Teramo, dopo 4 vittorie di fila. Personalmente però sono amareggiata non tanto per la battuta d’arresto in sè (pure Bisoli aveva detto alla vigilia: “Non è che adesso pretendo che le vinciamo tutte. Non siamo una corazzata, siamo una buona squadra come altre che aspirano alla parte alta della classifica”) quanto per la modalità con cui è arrivata.
Il Padova è uscito sconfitto dal “Bonolis” un po’ perché il Teramo ha saputo tenergli testa disputando la sua più che onesta partita e un po’ perché, dopo essersi portato in vantaggio con Capello, si è un po’ lasciato andare, forse nell’illusione di averla già vinta e di poter dunque portare a casa il quinto successo in 5 gare. A questo atteggiamento un po’ leggero si è aggiunto poi un carico di ansia e preoccupazione al momento del pareggio del Teramo, fatalità poco prima del riposo, carico che è degenerato in nervosismo quando gli uomini di Asta hanno trovato il vantaggio con Ilari.
Dal 2-1 in poi, mi dispiace dirlo, ma il Padova non è più stato il Padova. Ha cominciato a commettere falli inutili e ad affidarsi a lanci lunghi senza più nemmeno provare a costruire un’azione con palla a terra e manovra collettiva. Agli attaccanti, nel caso di Guidone e Chinellato già un po’ in difficoltà perché non riescono a segnare (Guidone) o a farlo con continuità (Chinellato, finora a segno solo col Fano), sono arrivati pochissimi palloni giocabili e il risultato è stato che la squadra si è incartata su sé stessa, favorendo la gestione tranquilla della partita da parte del Teramo.
E’ sempre la testa a fare la differenza. Quando il Padova l’ha messa in campo con la massima concentrazione i risultati sono sempre arrivati. Oggi è bastato perderne un po’ per poi perdere la partita. Succede e non è il caso di farne una tragedia. Ma col Bassano occorre tornare alla rotta intrapresa precedentemente. Quella buona. L’unica che può portare lontano.