A Zanzibar dicono “pole pole” (che in swahili significa adagio adagio) e “Hakuna Matata” (no pensieri/no problemi). Un linguaggio, uno stile di vita. Fatto suo, ieri, scusate il gioco di parole, anche da Zanzi, di nome Italo, il nuovo presidente esecutivo del Verona, 50enne avvocato, manager, fu sportivo ed ex politico, che nel 2006 – ai tempi della sua candidatura alle elezioni di Midterm con i Repubblicani a New York (dove è nato) – venne definito dal progressista New York Times “carismatico, istruito, combattivo e anche glamour”.
E, aggiungo, tuttora “politico”. Già, perché ieri la montagna ha partorito il topolino. L’attesa conferenza stampa dell’ex Ceo della Roma, in un divertente italiano spagnoleggiante (i suoi genitori sono cileni e ha lavorato a lungo con l’America Latina), non ha chiarito per nulla cosa è, cosa vuole e come agirà Presidio Investors, il fondo d’investimento da poco proprietario del club.
Zanzi, uomo brillante, educato, affabile, pragmatico e camaleontico – nel 2008 sostenitore sfegatato di McCain contro Obama, pochi anni dopo a cena accanto all’allora presidente degli Stati Uniti in una serata romana – ieri è stato vago, generico, quasi ineffabile, impermeabile alla sostanza. Non ha svelato alcun dettaglio economico, né dell’acquisizione né sulle future ricapitalizzazioni per dare slancio al progetto (“i termini sono riservati”). Ha detto che la società ha potenzialità commerciali, ma non ha chiarito come avverrà l’up grade; sullo stadio ha ammesso non esserci nulla di concreto e che comunque non è cruciale e non rientra nel business plan; ha detto che Presidio ha fiducia nella squadra (“ha potenziale”) e non c’è la paura di retrocedere, salvo non specificare quale sarebbe il piano qualora accadesse (si è limitato a un “siamo pronti in qualsiasi caso”). Certo, ha definito “infelice” l’uscita pubblica di Setti su Belahyane e Lotito, ma quello è sembrato un bonario rimbrotto (“non facciamo drammi”), il minimo sindacale date le circostanze, più che una reale presa di distanza. È stato sfuggente sul futuro dello stesso Setti, definito – con una certa ambiguità nel sottotesto – “consulente esterno”, mentre è parso più deciso sulla centralità di Simona Gioè (dg) e Sean Sogliano (ds); e non si è pronunciato sul futuro tecnico del Verona (“è prematuro parlare della prossima sessione di mercato”). La conferenza si è chiusa con il trito e ritrito “appello” agli imprenditori veronesi ad “entrare nel progetto” (quale?) investendo come sponsor.
Insomma, ancora non ci è dato a sapere qual è la leva economica-finanziaria, il motivo di business che giustifica l’acquisto del club, dal momento che non è lo stadio e assodato che i ricavi li incrementi restando in serie A (eppure a gennaio la squadra, in lotta per non retrocedere, è stata indebolita). Sappiamo invece, come ha riportato Calcio e Finanza, che è stata creata una catena di controllo che da Austin, dove ha sede il fondo e dove è ubicata l’attività centrale, passa anche per società in Delaware e Lussemburgo. Tutto molto finanziario e complesso.
Il resto, dicevamo, rimane ignoto e non chiarito da Zanzi in un’ora di conferenza. A proposito, viene in mente quel cronista che a fine anni 80 intercettò in Transatlantico a Montecitorio l’allora segretario della Dc Arnaldo Forlani dicendogli: “Lei parla molto senza dire niente”. E l’altro di rimando: “Potrei andare avanti per ore”.