UNA SCONFITTA CHE FA BEN SPERARE

Ci sono sconfitte e sconfitte. Quella contro il Milan la annoveriamo sotto la voce: sconfitte utili. Ci sono tante buone notizie che arrivano da questa partita. In cui il Verona ha affrontato a testa alta e senza paura una squadra molto forte. Il risultato ci sta, il Milan non ha rubato nulla, ma va detto che ha segnato su tre cavolate grandi come case del Verona e non con azioni schiaccianti.

Il Verona, nonostante tutto, non ha abbassato la testa, ha giocato fino all’ultimo minuto, ha anche illuso di poter riaprire la partita. Baroni ha giocato nel primo tempo cercando di non concedere profondità a Leao e a Theo Hernandez che sarebbero diventati devastanti senza la densità nella nostra metà campo. E’ piaciuto Centonze sulla destra, bene anche Serdar finchè è rimasto in campo, un po’ meno Suslov, Duda e Folorunsho che hanno faticato a trovare la posizione.

Baroni ha cambiato nel secondo tempo. Uomini e modulo. Peccato per il 2-0 propiziato da un errore di Dawidowicz che ha un po’ tagliato le gambe ma è a questo punto che è emersa la capacità di questa squadra di stare dentro le partite. Mitrovic è un giocatore che Baroni non può ignorare, idem Dani Silva. E con Swiderski vicino anche Nosilin è diventato più concreto ed efficace. La sua partita è stata da onorificenza del capo dello Stato, per voglia, grinta e anche qualità.

Ovviamente alzando il baricentro il Verona si è scoperto e il Milan ha avuto più spazi e più occasioni. Leao ha graziato Montipò calciando a lato ma poi Chukwueze ha approfittato dell’ennesima amnesia della difesa sugli sviluppi di un angolo. Ancora una volta, però, il Verona ha avuto un sussulto d’orgoglio e ha cercato fino all’ultimo di riaprire il match, tenuto in frigorifero anche da uno straordinario Maignan su Swiderski.

Morale della storia. Zero punti raccolti, ma la netta sensazione che questo Verona sia pronto a giocarsi la grande battaglia finale che l’aspetta in queste ultime nove partite. Nove gare che non si possono sbagliare. In cui si gioca anche una fetta di futuro del nostro piccolo ma “cazzuto” Hellas Verona.

SIAMO GIA’ DAVANTI AD UN MIRACOLO. VI SPIEGO PERCHE’

Se pensate a tutto quello che è successo, alla debolezza della società, alla morsa giudiziaria che attanaglia Setti, alla rivoluzione ritardata di gennaio, stiamo assistendo ad un miracolo. 

Vedere il Verona che lotta e che è ancora in corsa in un campionato durissimo, livellato, molto più difficile della scorsa stagione, non è scontato. Vedere che laggiù in fondo è dispersa una squadra come la Salernitana che ha speso quattro, cinque volte, forse sei quello che ha speso il Verona ci deve far riflettere su quanto l’Hellas sta facendo. Stiamo lottando con corazzate e chi si è risollevato, almeno parzialmente, ha cambiato tre allenatori per arrivare ad una quadra. 

Non sappiamo se il Verona si salverà. Può darsi che non ce la faccia, sebbene il colpaccio di Lecce sia evidentemente manna dal cielo. Ma intanto non deve passare in silenzio il miracolo dell’Hellas Verona che frettolosi opinionisti di mercato, bravi a farsi imbeccare dal procuratore di turno, molto meno sul piano della conoscenza calcistica, davano già per morto e sepolto alla fine di gennaio.

Ignoravano coloro e ahimè, purtroppo anche molti tifosi che si fanno imbeccare dai suddetti che non a caso spopolano più del papa sui vari social, che nel Verona lavora un ds che quando si tratta di costruire squadre e avere idee a basso costo dà due piste a tutti. 

Sogliano non è un portaborse, non è un lacchè, ed infatti non lavora con presidenti che amano circondarsi di maggiordomi zelanti. E’ un passionale, che ama Verona dove si sente realizzato. Quando lo ha richiamato a Verona, forza della disperazione, Setti ha compiuto un capolavoro. C’era bisogno nuovamente di “fare calcio” e Setti che è tutto, meno che scemo ha richiamato uno dei più bravi. 

Setti è uno che tiene sempre il frigo vuoto, zero soldi, pensiamo solo alla salvezza. Ma lascia autonomia e responsabilità come pochi. Può essere anche culo, non metto in dubbio, ma io al culo eterno non ci credo. Alla fine anche questo è un metodo di lavoro, può piacere o meno, ma se pensiamo alle sciagure del passato e a molte del presente, forse è meglio di tante altre storie.

Il Verona ha vinto a Lecce, oggi sarebbe salvo, Baroni e la sua squadra di ragazzi affamati hanno ora in mano il proprio destino. C’è ancora tanta strada da fare, tanto da lottare e da soffrire, toglietevi dalla testa che ci salveremo con abbondante anticipo. Ma siamo vivi, siamo cazzuti, lottiamo e ora se ne accorgono tutti. Non era scontato, ed è una bellissima notizia. 

PARLIAMO DI BEL GIOCO DOPO QUESTI TRE PUNTI? MA SIAMO DIVENTATI MATTI?

Ma vale la pena star qui a filosofeggiare su questo 1-0, vittoria conquistata con una squadra che spende dieci volte tanto, che si permette di cambiare il terzo allenatore in una settimana, pagandolo oltre un milione per quattro mesi di lavoro? Ma vi rendete conto voi che “ma manca il gioco”, di tutte le partite che si sono perse giocando bene? Ma state scherzando? A parte che non è fortuna: Swiderski ha pressato Henrique, ha dato il pallone a Bonazzoli che lo ha fatto accordare col diapason e poi davanti a Consigli lo ha appoggiato in gol con tocco felpato. Cambiate l’ordine dei fattori, cioè dei giocatori, e non credo che quello sarebbe stato gol. Ma a parte questo… Chissenefrega… Il Verona, povero, derelitto, senza soldi e con le pezze al culo, ha messo in cassa tre punti d’oro, ha battuto e inguaiato il Sassuolo, è di nuovo dentro un mischione pazzesco, in due punti c’è il mondo e la differenza che esiste tra inferno e paradiso.

Mi è piaciuta la partita? Nemmeno un po’. Ma avete guardato le altre? Qualcuno per favore, invece di leggere meme su Instagram e sparare sentenze, ha il coraggio di guardare qualche altra partita delle dirette concorrenti? Chi gioca bene? L’Empoli? Il Cagliari? Il Frosinone? L’Udinese? Dai per favore… Se vogliamo dirla tutta è uno schifo totale con la serie A che ha un livello spettacolare infimo, con giocatori che 20 anni avrebbero militato due categorie sotto questa, ma siccome tutto è relativo la situazione è esattamente questa. Siamo ancora vivi, siamo ancora in corsa e probabilmente ce la giocheremo fino all’ultimo secondo.

Sempre per i duri di comprendonio: il fatto scritto sopra è già un miracolo, visto le premesse di questa stagione e ancor di più gli sviluppi. Un presidente in massima difficoltà finanziaria che non regge più il gioco, per di più nella morsa di una azione giudiziaria che rischia di travolgerlo. Eppure nonostante ciò, e sarebbe sufficiente per assistere ad un campionato da ultima classifica, alla deriva come molti ne abbiamo visti nella nostra storia (sempre per gli smemorati), il Verona è dignitosamente, orgogliosamente, più che mai aggrappato alla serie A.

Che poi, anche in situazione normale (ossia con un presidente normale, bilanci normali etc) sarebbe comunque eccezionale partecipare per la sesta volta consecutiva alla serie A. E ora ditemi se quella di oggi non è una vittoria da sei punti e se vale la pena rispondere a chi parla di bel gioco dopo una gara così.

CHE DELUSIONE, TUTTO TROPPO FACILE PER IL BOLOGNA

Il problema non è scoprire se il Bologna è più forte del Verona (lo è) nè quanto lo sia di più (tanto). Il problema è che il Bologna ha battuto il Verona troppo facilmente, senza quasi sporcarsi le magliette, senza neanche sudare, quasi in “surplace”. 

Il Verona non mi è piaciuto, non mi è piaciuto l’atteggiamento, non ho capito che gara volesse fare Baroni, non ho capito alcune scelte. Qualche settimana fa, pure davanti a cocenti sconfitte, esempio quella di Napoli, eravamo qui ad applaudire i nostri ragazzi per l’impegno, l’orgoglio, la tenacia con cui avevano giocato. Questo per dire che sappiamo riconoscere una prestazione al di là del risultato e che non ci facciamo condizionare dal punteggio nel giudizio.

Ma il Verona di Bologna è stata una sberla in faccia alle nostre illusioni. Giocando così non ci si salva. C’è poco da fare. O questa squadra, questi ragazzi, l’allenatore si mettono in testa che per raggiungere l’obiettivo, dopo tutti i punti buttati sciaguratamente, bisogna fare qualcosa di eccezionale, o si scivola in maniera inesorabile verso il baratro.

Forse la gara con la Juventus ci aveva illuso che si fosse imboccata la strada giusta, un po’ come ci eravamo illusi dopo le due vittorie iniziali. Spero che Baroni, ora che il frigo delle scelte è tornato opulento, non inizi a fare la stessa confusione di qualche mese fa. Quando cominciò una girandola che ha portato alla crisi di risultati che quasi non sfociava con il suo esonero. Non voglio esagerare ma sembra quasi che il nostro allenatore lavori meglio in emergenza, quando è costretto a tirare fuori i ragni dai buchi, piuttosto che quando ha delle alternative. 

Ora, non è il caso di fare drammi che non portano da nessuna parte e non aiutano a ragionare. La sconfitta di Bologna la sia poteva anche mettere in preventivo, non è uno scandalo, piuttosto è preoccupante vedere questa involuzione nel gioco, questa incapacità nel cambiare passo e spartito al match dopo la cavolata di Montipò. C’è il Sassuolo alla prossima, uno spareggio. Se si gioca così, di sicuro non si vince e probabilmente si perde.

UN GRANDE VERONA CHE HA SMENTITO I GUFI

Il Verona non è ancora morto. Anzi è più vivo che mai. Smentendo le cassandre e i gufi che in giro per l’Italia lo davano già in serie B dopo la rivoluzione di gennaio, l’Hellas ha fatto tremare la Juventus, centrando un’impresa, sfiorando la vittoria. Alla fine, forse a recriminare è proprio la squadra gialloblù, brava, sbarazzina, che ha chiuso all’attacco, rischiando anche di perderla (grande Montipò), ma rischiando anche di vincerla (McKennie provvidenziale a chiudere di testa su Vinagre).

Baroni sembra un altro allenatore. Prepara le gare benissimo, azzecca i cambi, persino in sala stampa comunica in maniera diversa. E’ come se fosse padrone della materia, come se questa squadra fosse diventata veramente sua solo da un mese. Non è più un caso se il Verona ha fatto tremare tutte le grandi. Già a Firenze l’Hellas fece un partitone, ma a ben vedere giocò a testa alta anche con il Milan e con l’Atalanta al Bentegodi. Ma nelle ultime settimane il rendimento è migliorato di gara in gara, fino alle prove bellissime con Inter e Roma, in cui non si raccolse punti solo perché si sono sbagliati calci di rigore a ripetizione.

Ora si dirà: ma manca sempre la vittoria. Ed è vero. Anche contro la Juventus è mancato qualcosina per portare a casa i tre punti, dettagli che però fanno la differenza. Un rinvio sbagliato, un rilancio a caso, un po’ di sano cinismo davanti. Ma come si fa a non applaudire questi ragazzi che stanno veramente onorando la maglia, impegnandosi allo spasimo, pur con tutti i loro limiti, ma anche con tutte le loro qualità? Come si fa a non dire bravo a Dani Silva che viene scaraventato in campo un minuto prima dell’inizio perchè Serdar s’è fermato, come fai a non apprezzare Noslin che non solo ha corso come un dannato ovunque e comunque, ma ha pure segnato? E Belahyane, giovane promessa, un fuscello in mezzo ai colossi che entra, lotta, senza paura e persino si prende la briga di far lavorare Szczęsny?

Come scrivevo in mezzo a tanti scettici, il Verona ha preso forma, ora ha una logica, se la giocherà sicuramente per la salvezza. Non ho dubbi: se questa rivoluzione fosse arrivata quest’estate, il Verona si sarebbe sicuramente salvato. Ma viste le premesse, visto quello che è successo, visto la debolezza finanziaria della proprietà, essere ancora qui a giocarsela e giocarsela in questa maniera, è già un successo. Alla faccia di tutti i gufi…

UN PUNTO DA TENERSI STRETTO (MOLTO) E POCO IMPORTA SE IL VERONA NON È STATO BELLISSIMO

Dire che col Monza era meglio vincere è un esercizio alla Catalano. E’ sempre meglio vincere. Anche con il Napoli era meglio vincere (ma si è perso). Ed era meglio vincere tutte le volte in cui il Verona lo avrebbe meritato ma non solo non ha raccolto punti, ma ha sempre perso.

Ed allora questo punticino raccolto a Monza, che magari ci fa storcere il naso per il (non) gioco del secondo tempo va tenuto stretto, anzi strettissimo.

Quando si valuta una partita del genere bisogna sempre tenere presente tanti fattori. Innanzitutto il calcio non ha il potere transitivo. Ogni partita ha una storia, ha delle difficoltà, non si può dire “Se giocavamo come contro il Napoli, questa partita si vinceva”. Non funziona così. Giocare contro il Napoli, come contro la Roma o contro l’Inter (e prossimamente con la Juve) paradossalmente per il Verona è più facile. Sono quelle gare che dai per perse e che puoi affrontare con mente più leggera, senza condizionamenti, conscio che se pareggi o vinci fai un’impresona e se perdi non succede niente. Perdere con il Monza, invece, poteva essere una mazzata letale, il morale va sotto i tacchi, la classifica diventa problematica.

E poi bisogna pensare a questo nuovo Verona che ha cambiato quasi tutto, in corsa, senza il tempo di riassemblare la squadra. Una Babele di giocatori, che devono trovare un’intesa, uno spogliatoio, un rapporto comune. E poi c’è la preparazione fisica, diversa per ognuno di loro. So che nell’ultima settimana Baroni ci ha dato dentro parecchio da questo punto di vista, mettendo benzina nei muscoli, ma inevitabilmente appesantendoli. 

Aggiungiamoci che mancava Suslov, uno che è diventato leader sul campo, in questo momento di ribaltamenti una certezza.

Qualcosa di buono s’è visto. Primo: la squadra non ha avuto i soliti momenti di amnesia, nella difficoltà del match ha usato il corpo come un pugile che si difende, rendendo la partita più sporca, più brutta proprio per ottenere il risultato.

C’è un giocatore che sta diventando un grande faro: Serdar. Dove lo avesse relegato Baroni in precedenza non è dato a sapere. Dice il mister che ora Serdar ha capito che l’impegno deve essere massimale, ribatto che prima Serdar faceva la riserva a Hongla, con tutto il rispetto, non a Tardelli. Ma va bene lo stesso, meglio tardi che mai. 

C’è molto da lavorare in attacco, dove la vera e unica partenza dolorosa è stata quella di Ngonge. Baroni deve oliare meccanismi e movimenti. Swiderski che ha l’attitudine del vero attaccante, merita di essere messo in condizioni migliori e non essere trattato come se fosse un Djuric qualsiasi. Folorunsho la deve smettere con tacchi, tacchetti e tacchi a spillo. Usi i suoi polmoni per correre, fare le cose semplici, non il Maradona dei poveri. E da Lazovic è lecito aspettarsi molto di più. Passi che non abbia più gli strappi dei tempi di Juric, che non abbia più la gamba per stantuffare su e giù a sinistra, ma uno come lui, con le sue qualità e il suo carisma, davanti al portiere deve segnare. 

Prendiamoci questo punto e ora sotto con la Juventus. Come detto, in fondo, queste sono le partite più semplici e la Vecchia Signora al Bentegodi ha sempre fatto una fatica terribile. Sia mai che l’impresa è dietro l’angolo…

A TESTA ALTISSIMA, MA ZERO PUNTI E QUESTO E’ UN GRANDE PROBLEMA

Facciamo due conti. Sconfitta con la Juventus, a testa altissima. Sconfitta di Firenze, a testa altissima. Sconfitta di San Siro con l’Inter, a testa altissima. Sconfitta con la Roma, a testa altissima. Sconfitta con il Napoli, a testa altissima. Ma zero punti. E questo è un problema in un campionato così duro e così equilibrato in zona salvezza. Il Verona, tra rigori sbagliati e torti arbitrali (il rigore non dato a Swiderski con l’ennesimo intervento mancato del Var, ormai il vero manipolatore del campionato) sta buttando via la salvezza. Senza esagerare, ma pensando a tutte queste sconfitte e tramutandole in cinque pareggi e quindi in cinque punti che erano ampiamente alla portata del Verona, saremmo oggi a quota 23.

E quindi c’è un problema se stiamo buttando via tutte queste occasioni dopo gare giocate alla grande se non alla grandissima. Un peccato, perchè quest’anno il Verona gioca e gioca bene, senza dubbio molto meglio di quanto faceva la scorsa stagione quando non aveva mai veramente convinto. Però, incredibilmente, quel Verona era più concreto, vinceva 1-0 pur con partite orribili e alla fine si salvò.

Il destino di questo Verona è invece tutto da scrivere, sebbene abbiamo tutti la sensazione che “giocando così ti salvi”. E questa è la parte migliore, il bicchiere mezzo pieno che ci tiene ancora a galla, anche a livello motivazionale. E altro fattore. Ora, come scrivevo la settimana scorsa, la squadra ha una logica e una compattezza che nel girone d’andata sicuramente non aveva, sebbene con un Ngonge in più nel motore.

E le cose non possono che migliorare quando Baroni (bravissimo lasciatemelo dire in questa fase così confusa e difficile) avrà completato l’inserimento dei nuovi. Ma se non fai qualche punticino con le grandi vuol dire una cosa sola: non puoi sbagliare un colpo con le piccole e con le medie. Devi essere spietato in quelle partite, sangue freddo e cuore caldo. Ora appunto c’è il Monza ed è un’opportunità da non sbagliare, prima del big-match con la Juventus al Bentegodi.

SAPETE UNA COSA? IL VERONA HA PIU’ SENSO ADESSO CHE TRE MESI FA

Credo che dobbiamo distinguere due piani per giudicare il Verona e le ultime vicende: il primo è quello societario che ha venduto per sistemare il bilancio. Sono partiti Doig, Hien, Ngonge e Terracciano sull’altare delle plusvalenze. Di questi, personalmente rimpiango Ngonge che ha fatto veramente la differenza sia l’anno scorso sia quest’anno e Terracciano che è un prodotto del vivaio. Dura però per una società come il Verona rifiutare 25 milioni di plusvalenze piene per i due giocatori più i bonus che arriveranno. Per gli altri sinceramente non ho nessun rimpianto.

L’altro piano è quello tecnico-sportivo. Credo che Sogliano stia attuando ora quella rivoluzione che non era riuscito a fare alla fine della scorsa stagione per vari motivi. Una rivoluzione che era indispensabile e non più rimandabile. Il Verona era arrivato alla fine di un ciclo. Iniziato con Juric, proseguito con Tudor e poi portato allo sfinimento nel campionato scorso. Tanti giocatori che erano senza motivazioni e che dovevano cambiare aria. Inutile far nomi ma credo che l’evidenza sia sotto gli occhi di tutti.

Mi dà molto fastidio quando la questione viene affrontata con il main stream da social. Ora il Verona è la squadra da prendere in giro, Setti un presidente in difficoltà da sbeffeggiare, l’Hellas una vittima sacrificale da offrire al sistema.

Mi piace essere obiettivo, non mi piace seguire la massa, solo per il gusto di non contraddire. Io penso che il Verona che sta uscendo da questa rivoluzione abbia molto più senso di quello che è uscito dal mercato dell’estate, credo che Setti abbia fatto benissimo a cedere giocatori come Hien, Doig e Faraoni che non avevano più nulla da dire e da dare, credo che Magnani visto nelle ultime partite valga dieci volte lo svedese e che Cabal (questo Cabal…) valga cinque volte Doig che ha fatto bene solo qualche spezzone di partita l’anno scorso, sparendo poi dai radar per tutto il campionato.

Mi pare assurdo anche rimpiangere Djuric: utilissimo finchè c’è stato, ma non certamente Luca Toni. Mi fa sorridere che un attaccante non venga giudicato dai gol che fa ma dai duelli aerei che vince. Djuric, che ha trovato nel Verona una maglia da titolare, una grande opportunità che lui si è giocato con professionalità, è stato onesto: davanti all’offerta del Monza ha detto che non se la sentiva più di restare. E noi di questi giocatori, che restano magari col muso lungo e a testa bassa, o scontenti non ne abbiamo bisogno. Cosa doveva fare il Verona? Alzare l’ingaggio di Djuric e animare un’asta per convincerlo? Siamo seri?

Ha detto bene Baroni a fine gara col Frosinone. Serve gente che ce la metta tutta al trecento per cento. Come Suslov, come Duda, come l’ultima edizione di Folorunsho, come Magnani, Cabal e Noslin, ultimo arrivato. Questo farà la differenza quest’anno. il Verona di San Siro, il Verona che ha battuto l’Empoli, il Verona di Roma e anche questo che ha pareggiato con il Frosinone, facendoci masticare amaro, è ovvio, è una squadra che ha trovato orgoglio, compattezza, idee di gioco. Limitata, ne siamo consapevoli, ma ora con un’identità diversa.

A fine mercato avremo un’idea di che mercato ha fatto la società. Ma lo dico fin da adesso: arrivasse una punta forte, vera, con un po’ di gol in canna… forse chi oggi ci prende per i fondelli tra qualche mese si ricrederà.

PER I VERONESI L’UNICA COSA CHE CONTA E’ ONORARE LA MAGLIA

“L’unica cosa che conta alla Juventus è vincere”. Invece al Verona l’unica cosa che conta è l’orgoglio. Chissenefrega della vittoria, quando sei al cospetto di una squadra che sputa il sangue in campo, che supera immense difficoltà, che mantiene alta la bandiera di una città che ha assistito attonita e preoccupata ad una gigantesca vendita, come mai nella storia di questo club, nemmeno con il peggior Pastorello, nemmeno prima del fallimento con Chiampan e Polato.

E’ questa la differenza che c’è tra noi e tutti gli altri e magari c’è chi non capisce, ma dopo la gara dell’Olimpico non c’è un tifoso del Verona che non abbia gonfiato il petto, felice di vedere in campo undici piccoli eroi, con tutti i loro limiti, ma con la voglia di dimostrare al mondo di essere grandi professionisti e magari, anche di non essere così scarsi come magari frettolosamente li abbiamo battezzati. Una lezione di sport che andrebbe sottolineata e raccontata.

Questo piano di giudizio non va assolutamente mischiato con quello della società, che dopo anni di plusvalenze a nastro scopre di avere un buco milionario nel bilancio che metteva a repentaglio la vita stessa della società. Incredibile e senza giustificazioni. Come minimo c’è un problema di gestione finanziaria là dentro perchè i conti davvero non si riescono a far tornare dopo tutto quello che si è venduto in questi anni. Si sperava che almeno il bilancio fosse a posto, invece abbiamo scoperto che è un disastro che solo questa massiccia campagna di cessioni ha (forse) stabilizzato.

C’è invece da applaudire Marco Baroni. Non gli abbiamo risparmiato le critiche quando il Verona non aveva nè capo nè coda, quando pareva che non trasmettesse carattere alla squadra, quando ha brancolato nel buio tra difesa a tre e difesa a quattro. Ma nel momento più difficile, con la barca allo sbando, davanti a cessioni dolorose come quella di Ngonge che avrebbero mandato in tilt altri allenatori (pensate a Juric nella stessa condizione…), Baroni ha saputo dare un senso a tutto. Ha tenuto dentro gente come Cabal, Amione Coppola e Folorunsho, ha fatto crescere Duda e Suslov, ha ritrovato paradossalmente squadra e identità. Che fosse una brava persona lo sapevamo. Ma probabilmente è anche un buon allenatore.

Un appello, infine: tre rigori sbagliati non sono sfortuna. E’ evidente che nè Djuric nè Henry devono prendersi ancora questa responsabilità. Fateli tirare a qualcuno che abbia piedi buoni, personalità e freddezza. Tre rigori sbagliati sono punti preziosi buttati via. Almeno tre tra Firenze, Milano e ora Roma. Punti su cui si rischia di piangere a maggio.

IL VERONA E’ ANCORA VIVO. ED E’ L’UNICA COSA CHE CONTA

Nel momento più duro, il Verona ha scoperto se stesso. Ha scoperto l’orgoglio e la dignità. Mentre è in atto una svendita totale, quando tutto lasciava presagire una disfatta dietro l’altra, con la società debolissima, bloccata dal sequestro delle azioni, Baroni, Sogliano e una banda di ragazzini terribili, molti dei quali delle scommesse, stanno tenendo alta la bandiera gialloblù.

Chissà come finirà e chissà soprattutto quando finirà l’opera di liquidazione, forse si fermerà solo dopo la cessione del pezzo migliore, cioè Cyril Ngonge, ma intanto l’Hellas è vivo, lotta, non molla. L’era Setti, comunque andrà, finisce qui, impossibile pensare ad un futuro con questo presidente, ormai troppo debole per resistere alle tempeste calcistiche e al mondo che verrà. Ognuno si tenga la propria idea su Setti, ma ora bisogna pensare alla salvezza. Fondamentale per restare in vita e per non finire persi in mari che abbiamo già navigato e che possono tirarci in fondo all’abisso. Ma proprio giù, più in basso di quanto non siamo mai stati. E se per caso non ne foste convinti alzate lo sguardo e date un’occhiata ad esempi anche molto vicini.

Ringraziamo Dio che in un momento del genere, resiste un uomo come Sean Sogliano, punto di riferimento assoluto alle prese con un’impresa titanica: salvare il club dal punto di vista finanziario e salvare per quanto possibile l’aspetto tecnico, cercando almeno di lottare fino alla fine. Le ultime due gare ci stanno dicendo questo. Il Verona non è morto. Persino Baroni, adesso pare migliore. Ora che non c’è nulla da perdere è come se anche l’allenatore si fosse liberato di un peso.

C’è un fattore determinante in tutto questo: la gente di Verona. Che quando riesce a saldarsi con la squadra è capace di centrare imprese leggendarie. Come dico spesso, non è un caso che a Verona accadano, calcisticamente parlando, delle magie assurde. Dallo scudetto vinto, agli spareggi, alla fatal Verona che tante volte ha sgambettato le grandi. E’ una preziosa bevanda che, in questo momento e fino alla fine, sarà necessaria alla squadra per continuare a sperare. Soli contro tutti. Come sempre.