ABBIAMO SVOLTATO? ANCORA NO E VI SPIEGO PERCHE’

E’ sufficiente la prestazione di Firenze, pur in assenza del risultato, per dire che il Verona ha finalmente “svoltato” come avrebbe voluto Zanetti dopo la gara tutta cuore con la Roma?

Ovviamente la gara con la Fiorentina non è nemmeno lontanamente paragonabile con la debacle di Bergamo e la successiva partita giocata in preda al terrore e alla paura di Lecce. Ma non è, purtroppo, nemmeno il passo in avanti che era auspicabile.

Dopo un buon/ottimo primo tempo, il Verona è tornato a commettere vecchi errori, ricadendo nei suoi vizi. Preso il secondo evitabilissimo gol per il solito errore in marcatura (al netto che Kean in questo momento segna anche quando sbadiglia), il Verona non è stato più in grado di leggere la partita, di ribattere colpo su colpo, l’uscita di Serdar ha peggiorato le cose, facendoci capire un volta di più quanto sia imprescindibile. Stavolta chi è entrato non ha portato niente, nè verticalità, nè adrenalina, nè freschezza. La Fiorentina poteva dilagare, i viola hanno avuto tre palle gol nitidissime (una con Colpani, due con Kean), in un modo o nell’altro il Verona ha trascinato il 2-1 sino alla fine.

Il tentativo di provare il tutto per tutto nel finale, si è interrotto con il perfetto rinvio di De Gea e il contropiede di Kean su cui è letteralmente rimbalzato il povero Belahyane, esile e piccolino davanti alla straripante forza dell’attaccante con il balletto incorporato.

Siamo alla partita numero 12, ormai certi errori fanno parte del Dna di questa squadra. La pochezza difensiva è davanti agli occhi di tutti, sia essa frutto del modo di stare in campo, o dei limiti degli interpreti. 27 gol presi sono un’enormità a cui Zanetti non riesce a mettere un freno e rischiano di tramutarsi in un peso che ci può tirare a fondo. Poiché non è possibile andare sempre oltre i propri limiti come contro la Roma, perché anche emotivamente quella situazione è super stressante, urge trovare rimedi.

Dunque, siamo guariti? Purtroppo no, direi che siamo solo convalescenti, di certo la sofferenza non è finita. Peccato. E’ stata solo un’illusione.

IL VERONA E’ COME L’ARABA FENICE. RISORGE SEMPRE DALLE PROPRIE CENERI

Ma davvero pensavate che due “hombre vertical” come Sogliano e Zanetti potessero alzare bandiera bianca, darsi per arresi, senza combattere? Davvero potevate pensare che lo spogliatoio del Verona fosse un crogiolo di congiurati, figli di Bruto che assassinò Cesare? Ecco se l’avete pensate avete sbagliato tutto. Perché quando il Verona lo date per morto, cari gufi di professione, il Verona vi sbatte la porta in faccia e risorge. Combattendo. Non fosse per il clima di pessimismo che tali gufacci creano, non meriterebbero un secondo di attenzione. Però questa gente si ciba di carogne, vive la propria esistenza seminando zizzania, mette dubbi, crea tensione. Si professano tifosi, brandendo i social come clave, senza senso di responsabilità, senza capire che un conto è criticare (legittimo, giusto, persino necessario), un altro è il disfattismo, che appartiene a chi è sconfitto dalla storia. “Volemoghe ben al Verona” hanno scritto in Curva quelli che ci sono sempre (con i fatti) e che hanno il compito di supportare e non di distruggere. Per loro e non per i gufacci che stasera saranno i primi probabilmente a salire sul carro fino almeno alla prossima difficoltà, alla prossima crisi, quando vomiteranno nuovamente la loro frustrazione e semineranno previsioni nefaste come Cassandra, il Verona ha tirato fuori questa prestazione, ritrovandosi, dopo settimane dure e tormentate. Ha ritrovato la vecchia guardia che fino ad oggi aveva latitato clamorosamente, ha ritrovato Montipò finalmente al suo standard dopo l’elettrochoc di Lecce, ha ritrovato Magnani e Coppolone, infine ha ritrovato, la cosa più importante, che sono i tre punti, benefico toccasana per una classifica che comunque non era mai stata drammatica.

Dopo la conferenza stampa di sabato, pensavo che essere costretti dai risultati a esonerare un tecnico come Zanetti sarebbe stata una grande occasione persa. Perché raramente ho visto e riscontrato un tale livello di empatia, sentimenti sinceri ed onesti, con una piazza e con una città. Un attaccamento che pareva dissonante o distonico, rispetto ai risultati che non venivano e alle ultime prestazioni.

Non hanno mai concesso alibi a Zanetti e lui stesso non se n’è mai concessi, eppure altri lamentosi allenatori che abbiamo conosciuto ci avrebbero ricordato ogni settimana le assenze di tanti giocatori, il migliore dell’anno scorso ad esempio (Serdar), gli infortuni a catena a centrocampo, l’infortunio di un esterno come Frese (indispensabile ad un certo punto), oltre che le difficoltà oggettive nell’allenare una squadra con molti giocatori-scommesse che arrivavano da campionati diversi e a cui va concesso un minimo di tempo d’ambientamento. Senza contare la flessione di rendimento di chi, appunto, doveva garantire la continuità rispetto al passato. La crisi non solo non ha “mangiato” Zanetti, ma è diventata un’opportunità. Zanetti ha “riallineato” la squadra, persino Faraoni, che pareva disperso, è apparso utilissimo nella serata contro la Roma.

E’ vera gloria? Non illudetevi, non illudiamoci: perché tutto quello che abbiamo detto e scritto in queste settimane è la verità. Il campionato è durissimo, salvarsi sarà un’altra gigantesca impresa, ci sono squadre attrezzate, si lotta con società ricche, organizzate e quindi per farcela serve un miracolo. Ma c’è una certezza. Il Verona non muore mai. E con Sogliano e Zanetti lotterà fino all’ultimo secondo dell’ultima giornata.

SEGNALE BRUTTO, MA PER FORTUNA NULLA E’ COMPROMESSO

Aspettavamo la gara di Lecce per sapere se la disfatta di Bergamo era solo un episodio avverso avvenuto contro una squadra fortissima. Dalla Puglia non sono arrivate le risposte che ci aspettavamo. Il Verona è attualmente un malato, non ancora grave, ma la crisi preoccupa soprattutto perché investe l’aspetto morale e psicologico.

La squadra di Zanetti attraversa una fase involutiva, attanagliata dalla paura di sbagliare, senza animo leggero. Tutti in questo momento sembrano controfigure dei giocatori che abbiamo conosciuto o pensavamo di conoscere. Da Serdar a Duda, Da Suslov a Lazovic, da Tchatchoua a Tengstedt. Troppo brutto per essere vero, insomma.

La verità sta nel mezzo, come sempre. Probabilmente c’è stato in molti una sopravvalutazione della squadra, delle doti dei singoli, del calciomercato. L’illusione di un campionato più tranquillo ha creato aspettative esagerate, che ora appaiono tradite. Se analizziamo la realtà con lucidità e un minimo di freddezza, capiremo che lavorare su mille scommesse ogni anno, un crogiuolo di giocatori che arrivano da campionati diversi, abitudini diverse, lingue diverse e trovare subito la quadra in situazioni simili non è facile.

Zanetti certamente deve ritrovare una strada, una via. Oltre ad un grande lavoro sul campo, bisogna lavorare sulla testa dei giocatori, sul loro umore, sulla loro disponibilità. Ma le certezze arrivano proprio dalla proposta del tecnico, dal modo in cui questa proposta viene messa in pratica dallo staff tecnico, dall’intensità degli allenamenti.

Vedendo lavorare Zanetti durante l’estate, mi è apparso un allenatore, bravo, preparato, efficace. Vedevo una linea, un progetto tattico, entusiasmo che andava a braccetto con rigore e professionalità. Ho visto tante cose buone in molte partite, ma anche tanti troppi errori che si sono ripetuti. Questi errori hanno minato il lavoro di Zanetti e minato la tranquillità e la serenità della squadra. Gare pazzesche da raccontare come quella di Como, come quella con il Torino, quella con il Monza, hanno lasciato strascichi nelle fondamenta della squadra che evidentemente non erano ancora così solide.

Ora il momento è brutto, non terribile e per fortuna non drammatico nè tantomeno compromesso. Ma il livello di allarme dopo Lecce, seconda sconfitta contro una diretta concorrente, è acceso. Quando accade una cosa del genere, o si affonda o si riemerge più forti di prima. Ora appare tutto nero, credo che fidarsi di Sogliano che ha salvato il Verona con le sue scelte anche controcorrente nelle ultime due stagioni, sia la miglior via per continuare ad avere fiducia in questa squadra.

BENTORNATI ALL’INFERNO. ORA BISOGNA FARE SCELTE FORTI

Game, set, partita. L’Atalanta sembrava Sinner contro il Verona. Spazzati via, maltrattati, bistrattati. Non è la sconfitta a fare male, a preoccupare. E’ come è arrivata.

La Bergamasca calcio targata Gasperini ha portato a galla tutte le preoccupazioni, evidenziato tutti i problemi in una serata in cui purtroppo il Verona e il suo allenatore hanno sbagliato tutto. Il peggior avversario da incontrare a tre giorni dalla sfida con il Lecce, sfida decisiva, ma non un buon motivo per alzare bandiera bianca dopo una manciata di minuti, una resa così netta che non avevamo memoria.

Resettare è la parola d’ordine, lavare via dalla testa le sei reti. Ma la pessima partita di Bergamo, alza interrogativi a cui bisogna dare risposta pratica sul campo, pena un campionato che rischia di diventare così in discesa da farci precipitare.

C’è un problema difensivo ormai evidente. Legato ai singoli ma anche probabilmente ad un assetto troppo presuntuoso. Non è solo una questione della linea, si difende di squadra, ormai il calcio è questo. Siamo leggeri in mezzo, sulle fasce, non si fa filtro, ci bucano ovunque. I limiti tecnici e di personalità dei nostri centrali, fanno il resto.

Lookman e De Katelaere probabilmente sarebbero scappati a chiunque sabato sera, ma l’inconsistenza della squadra scaligera è oltre la soglia della tollerabilità. Perdere si può, con l’Atalanta in serata di grazia non è uno scandalo, perdere così però non è dignitoso.

Zanetti è un buon allenatore. Continuo a sostenerlo perché sono convinto che farà il bene del Verona. Sta soffrendo come un cane, forse questo attaccamento sta diventando anche un limite nel momento in cui deve trovare delle soluzioni. Deve assolutamente ritrovare una via, forse anche la lucidità e lo deve fare anche attraverso scelte nette, forti, decise. La coperta, mi rendo conto, non è abbondante, soprattutto dietro, però ora deve cercare dentro la rosa le persone più affidabili. Il Verona non può essere la chase longue di uno psicologo per soggetti affetti da crisi d’ansia. Se qualcuno non è all’altezza non può giocare qui. Semplice.

La partita con il Lecce assume ora un’importanza fondamentale. Intanto non è “una partita da vincere a tutti i costi” ma è prima di tutto “una partita da non perdere a tutti i costi”. Una buona prestazione in Puglia, catalogherebbe la sconfitta di Bergamo a “episodio”, viceversa si aprirebbe una crisi pericolosa. Attendiamo con fiducia, perché questo Verona ci ha dato anche tanti segnali positivi fino ad oggi. Poi che sarebbe stata sofferenza anche quest’anno lo sapevamo. Non ci eravamo illusi. Bentornati all’inferno.

UN PECCATO DI PRESUNZIONE DA EVITARE DA QUI ALLA FINE

È successo ancora. Ogni volta che il Verona tenta un piccolo salto di qualità, fa un passo indietro, scende sulla terra, ci ricorda e si ricorda di quanto la salvezza sia dura, difficile, tutt’altro che scontata. Banalizzare a ordinaria amministrazione gli ultimi campionati e le ultime salvezze, pensare che siano dovute solo perché “siamo il Verona” è un argomento che appartiene agli stolti. Quelle miracolose salvezze, quelle straordinarie imprese ci danno invece il vantaggio di sapere esattamente cosa si prova, che nulla è finito fino all’ultimo secondo e quanto la sofferenza sia il necessario viatico verso la felicità ovvero un altro anno di serie A. Questa la premessa. Necessaria per capire la sconfitta (pesante, oltre misura) contro il Monza. L’impressione è che si sia stato un piccolo e inconsapevole peccato di presunzione. A fin di bene, sia chiaro. Con l’intenzione di divertire, divertirsi e fare magari anche punti per sognare un pochetto. Perdendo un po’ di vista quella sana ruvidezza di talune partite in cui il gioco e l’estetica devono lasciare il posto alla concretezza e alla sporcizia. Il Monza, ultimo e un po’ alla disperazione ci ha messo nel sacco proprio con le nostre armi. Palla lunga per la spizzata di Djuric, un banalissimo artificio che conosciamo perfettamente e che la dabbenaggine di una difesa imbarazzante ha trasformato in una portentosa goleada. Abbiamo un evidente problema difensivo, un problema legato ai singoli, certamente, ma anche a letture imperfette, a sbavature assurde, ad un lavoro, mi si permetta una piccola critica a Paolo Zanetti, che non riesce ancora ad andare in profondità. Il mister credo sia il primo ad essere angustiato per questo problema che sta rovinando le partite e le prestazioni. Non l’aiuta certamente una rosa che avrà bisogno di ritocchi pesanti a gennaio, almeno nella retroguardia e non solo per dare qualità al reparto ma anche per dotare la squadra di giocatori con caratteristiche diverse rispetto a quelle degli attuali. Manca un vero regista difensivo, manca un terzino sinistro, manca un giocatore veloce che sappia recuperare in rapidità quando ci si sbilancia in avanti. Ma poiché fino a gennaio la situazione non potrà cambiare, Zanetti deve fare di tutto per trovare soluzioni adeguate. 

Lascio per ultimo l’argomento Montipó. Se da una parte il portiere ha meritato qualche critica nelle prime gare, trovo vergognosi i fischi che gli sono piovuti addosso dopo il Monza. Fischi che non appartengono alla cultura sportiva della tifoseria dell’Hellas che si è sempre elevata rispetto ad altre proprio per lo straordinario supporto che ha sempre dato anche nei momenti più duri e difficili alla squadra e ai suoi giocatori. Montipó è il primo a sapere che il suo campionato non è all’altezza delle sue doti e del suo passato ma credo sia proprio questo il momento di stargli vicino. Per riconoscenza, per stima e perché criticarlo, creargli pressione, mettergli insicurezza è fare come quel tale che se lo taglió per fare dispetto alla moglie…

IL VERONA E’ FINALMENTE NATO

Dopo alcuni mesi di gestazione, dopo un lungo travaglio, stasera possiamo annunciarlo ufficialmente: Il Verona di Paolo Zanetti è nato!

Sono stati mesi duri e complicati, in cui il Verona ha cambiato ancora, tanto. In panchina, in campo. Ha perso giocatori importanti, ne ha presi altri. Non è facile trovare subito alchimia, equilibri, semplicemente lo stare insieme in uno spogliatoio, il parlare una lingua comune, le abitudini di vita e alimentari. una squadra di calcio è sempre un grande laboratorio sociale. ci sono sensibilità diverse, incastri generazionali, compagni con cui passerai i prossimi mesi, ogni giorno assieme. Ci sono tensioni, pressioni, c’è stanchezza mentale, fisica. Insomma è una grande casino e ogni volta la variabile dell’imprevedibilità gioca una parte da protagonista,

Neppure chi ha costruito questa squadra sa come andrà finire, chi renderà di più, le sorprese in bene e in male. Nello specifico nemmeno il ds Sogliano sa chi dei ragazzi che ha portato si adatterà, chi avrà difficoltà, chi semplicemente getterà la spugna. La sfida logora ed è logorante. Il Verona riparte quasi da zero ogni anno, deve raschiare continuamente il barile delle motivazioni, qualcuno non ne può più di essere sotto pressione ed allora è quando si sente dire: “Chi non non ne ha più deve andarsene”.

Ecco il perché dare giudizi affrettati su una squadra non ha senso. C’è un tempo ragionevole in cui la squadra si deve formare, in cui si scontano errori e battute d’arresto, in cui magari non tutto procede come si vorrebbe, in cui serve pazienza. Sette, otto gare di campionato sono questo tempo ragionevole e stasera, dopo aver giocato con il Venezia, il primo vero e importante scontro diretto del nostro campionato, possiamo dirlo: il Verona è nato.

Che non significa che è già grande, maturo e vaccinato, ma oggi abbiamo un bambino nella culla e a vederlo lì non pare neanche male. Zanetti ha fatto delle scelte precise e ora che la strada è presa bisogna continuare a perseguirla. Al nostro allenatore (che sente Verona come se fosse il suo Real Madrid), piace una squadra aggressiva, poco meditativa, alta, un poco matta. Che è esattamente quello che piace a noi veronesi. Cioè gioco verticale, all’inglese, pochi fronzoli, tanta forza, tanta corsa, tanta generosità. Gente che corre sulle fasce, come Bradaric, come Tchatchoua, gente che non molla niente come Belahyane e Duda, gente attaccata alla maglia non a parole ma a fatti come Lazovic, gente che non ha paura del Bentegodi come Ghilardi, gente generosa come il duo “sesso e samba” Mosquera e Livramento e gente che ha classe da vendere come il danese Tengstedt (più Laudrup e Bergkamp che Elkjaer in verità).

Ora tutto questo ci ha portato nove punti che, butei, sono una roba pazzesca, viste le premesse. E’ bene dirlo, perché sennò sembra tutto facile, banale, scontato. Invece è frutto di lavoro, incazzature, richiami, di gente che lavora con passione che ci crede veramente. Frutto di una società povera ma che sa benissimo che questo enorme gap finanziario va colmato col lavoro, ogni giorno, senza mai mollare un centimetro. Un miracolo meraviglioso. Il piccolo Golia che sfida i Giganti che spendono ventimila euro per far suonare un rapper prima di una partita. Qui con 20 mila euro arriva Lambourde, il prossimo baby fenomeno. Il Verona è nato. Ed anche quest’anno lotterà per la salvezza. Sappiatelo.

CINQUE CONSIDERAZIONI PER SPIEGARE LA SCONFITTA DI COMO

Prima considerazione: senza la vergognosa espulsione di Suslov, inventata letteralmente da Giua (nella migliore delle ipotesi arbitro inadeguato) questa partita il Verona non la perdeva mai.

Seconda considerazione. Se il Como avesse finito il primo tempo sul 3-0 non avrebbe rubato nulla. Però è anche vero che nel calcio i gol bisogna segnarli e che il portiere è un giocatore e che quindi se para non è uno scandalo (Montipò strepitoso). Quindi, sebbene il Como abbia dominato in lungo e in largo la gara era ancora apertissima.

Terza considerazione. Il Como è un’ottima squadra, ha speso cinquanta milioni sul mercato, è una grande mascherata da piccola. Ma il Verona del primo tempo, al netto di una differenza di classe tecnica è stato molto deludente. Sbagliato l’approccio, poca grinta, poca reattività anche a trovare le contromisure. Non può accadere. Ma il Verona del secondo tempo si è corretto. Zanetti ha fatto i cambi giusti, ha alzato il baricentro, probabilmente ha scosso la squadra nello spogliatoio. E’ rientrato in partita e proprio sul più bello quando si avvertiva che l’inerzia era dalla nostra parte è arrivato Giua a rovinare tutto.

Quarta considerazione. Il Verona prende gol con troppa facilità. C’è una fragilità nei centrali difensivi, chiunque essi siano (smettiamola col giochetto “meglio questo, meglio quello”) che è molto preoccupante. Forse ha ragione chi sostiene che il problema sia stato un po’ messo sotto il tappeto durante il mercato, forse andava affrontato con maggiore incisività. Probabilmente ci siamo illusi che gli attori della scorsa stagione potessero essere affidabili, invece stanno emergendo tutti i difetti “di fabbricazione” che purtroppo conoscevamo. Poco si può fare da qui a gennaio. In questi casi bisogna solo mettersi a testa bassa a lavorare, ma soprattutto bisogna riaccendere la testa.

Ultima e quinta considerazione. Non vorrei sbagliarmi ma vedo qualche giocatore che ha staccato la spina, anche in maniera inconsapevole. Chi forse si aspettava di andarsene al mercato, chi semplicemente è fragile di testa, chi è inesperto. Zanetti deve essere bravo e psicologo a recuperare questi giocatori. Bisogna farlo in fretta. Il Verona non può più aspettare.

DIFESA SENZA… DIFESA. ADESSO BASTA

Ho appena finito di riguardare i tre gol presi contro il Torino. Ho voluto rivederli a freddo, con calma, per capire. E quello che ho visto è andato oltre la rabbia che avevo a caldo. Una vergogna totale. Ma proprio una vergogna, cari amici miei. Ma non per gli errori. Per l’atteggiamento generale dei nostri difensori. Molli, deconcentrati, travolti dai loro pensieri, dalle loro paure. Il terzo gol ti fa voglia di prendere a calci la televisione. La follia di Dawidowicz che ha compromesso la partita, di spegnere tutto e andare a letto. Mi chiedo cosa ci sia che non va. Se è una questione di modulo, dei tre o dei quattro, dei movimenti, ma poi quando li rivedi ti chiedi cosa c’entra il modulo quando Coppola lancia indietro il pallone, Magnani è lento e distratto, Montipò è tra il cielo e la terra, accenna ad uscire, ritorna in porta?

Cosa c’entra il modulo se Dawidowicz spegne la luce e tira una gomitata in area all’avversario dopo che Montipò aveva già abbrancato il pallone, una volta tanto che era uscito? Cosa c’entra il modulo se Magnani che è quasi due metri e deve marcare Zapata è fuori posizione e salta da bestie lasciando che il colombiano colpisca il pallone indisturbato?

No, no signori miei. Qui purtroppo la faccenda è più grave. Qui si parla di atteggiamento di voglia di grinta, di attenzione: tutte qualità che il Verona non può non avere. Sarebbe sufficiente che Coppola, Magnani e Dawidowicz avessero metà della voglia e della grinta di Belahyane, ragazzino di vent’anni con due “cocones” foderati di cuoio. Piccolo e cazzuto, va persino a rubare palla al 90′ in area dopo una partita sontuosa rovinata dal trio Titanic. Un esempio che dovrebbe far salire la vergogna in coloro che dovrebbero essere i leader anche morali della squadra.

Poiché non è la prima volta e gli errori si ripetono in serie, è ovvio che anche Paolo Zanetti si starà facendo delle domande. Qualcosa deve cambiare, ma prima di tutto deve cambiare qualcosa nella testa di questi tre ragazzoni perché non ci possiamo permettere di buttare le partite in questa maniera. Juventus, Lazio e Torino. Sembriamo ormai delle fotocopiatrici anche nei commenti. Che rabbia, che rammarico. Giochiamo bene ma poi… gli errori difensivi. Basta così. Se non cambiano le teste, cambiamo i protagonisti. Com’è già avvenuto l’anno scorso a gennaio. Quando la rivoluzione fece pulizia e ci salvammo.

SEGNALI DI UN GRANDE VERONA (NONOSTANTE LA SCONFITTA)

Una volta tanto bisogna lasciar perdere il risultato e andare un po’ oltre. Perché se è vero che il Verona che ha giocato contro la Lazio mancava di quattro importantissimi giocatori (Serdar, Duda, Suslov e Frese) è altrettanto vero che la squadra di Zanetti ha giocato una grande partita. La migliore, probabilmente tra quelle giocate fino ad oggi, almeno finché c’è stata la possibilità e le condizioni lo hanno permesso. Teniamo presente che la Lazio, checché se ne dica è una grande, forse grandissima del campionato. Che è vero che ha perso giocatori importanti e che hanno fatto la storia, ma che ne ha altri di altrettanto importanti (Nuno Tavares, ad esempio è top assoluto, non a caso è dell’Arsenal) ma non c’è proprio paragone con il piccolo Hellas. Eppure il Verona se l’è giocata a viso aperto, al netto dei soliti clamorosi errori difensivi (ci sta concedere qualche occasione, ma regalare gol anche no…), pareggiando la gara con Tengstedt (ribadisco, giocatore di caratura superiore), non riuscendola a rimetterla in carreggiata a causa degli infortuni di Kastanos e Harroui, probabilmente gli unici che non dovevano farsi male lunedì sera, essendo anche gli unici che era impossibile sostituire.

Nell’emergenza Zanetti ha forzato la mano con Mosquera, mossa comprensibile ma che non mi è piaciuta (il colombiano, che amo per la generosità, mi pare ancora troppo acerbo e ingenuo per interpretare quel ruolo che il mister vuole dargli), forse la velocità e la scaltrezza di Livramento potevano servire di più.

Ma guardiamo appunto oltre. Il Verona gioca e gioca bene, il centrocampo per una ventina di minuti sembrava un’orologio di lusso, Belahyane è un fuoriclasse, ormai lo si può dire senza paura di smentite, mentre considerare Dani Silva un rincalzo appare una bestemmia calcistica. Aggiungiamoci che Kastanos e Harroui sono due giocatori veri, forti e smaliziati e il quadro è completo. Insomma, amici miei, mi voglio sbilanciare per una volta e lo faccio proprio dopo questa sconfitta. Il Verona è forte, ancora più forte della scorsa stagione e questa gara con la Lazio vorrei rigiocarmela al meglio delle possibilità, con Duda, Serdar, Suslov e Frese. Sono certo, più che certo, che non sarebbe finita così…

UNA VITTORIA MOLTO PIU’ IMPORTANTE CHE QUELLA CON IL NAPOLI

Questa vittoria con il Genoa, oltre ad aver rotto il tabù maledetto sul campo di Marassi che durava dal 1989, ha un sapore molto diverso rispetto a quella della prima giornata contro il Napoli.

E’ una vittoria molto più importante, perchè avviene alla terza giornata a mercato chiuso contro una buona squadra che fino a questa partita aveva messo in difficoltà l’Inter e sconfitto il Monza.

E’ un successo che avviene con un Verona che è ancora alla ricerca della migliore condizione, con molti giocatori ancora da inserire, possiamo ipotizzare un Verona al sessanta per cento delle sue potenzialità. Proprio per questo sono tre punti che lasciano un dolce sapore sulle labbra, un bel bacio alla terza giornata di campionato.

Gli episodi stavolta sono andati dalla nostra parte, il calcio è anche questo, così come erano stati penalizzanti con la Juventus. Ma il Verona del secondo tempo di Genova è stato un capolavoro. Zanetti ha scelto ancora una volta la strategia giusta, sacrificio e sofferenza nel primo tempo e poi subito aggressione nella ripresa, adattando perfettamente questa strategia ai cambi che hanno portato la gara dalla parte dell’Hellas.

Stiamo assistendo alla nascita di un fuoriclasse. Reda Belhayane è un giocatore come forse non se n’erano mai visti. Un giovane ragazzino esile ma con una determinazione da veterano, un carisma e una classe da grande giocatore. Ha preso in mano il centrocampo del Verona sostituendo quello che fino a prova contraria è l’uomo più forte che abbiamo: Serdar. Non solo non lo ha fatto rimpiangere ma a questo punto sarà difficilissimo tenerlo fuori. Fa tutto benissimo, chiude, non spreca un pallone, dirige i compagni. Incredibile questa scoperta di Sogliano.

Assieme a lui, non possiamo non parlare dei ragazzi della difesa che a volte abbiamo sculacciato ma che è giusto elogiare dopo serate del genere. Benissimo Tchatchoua a destra, bravo Frese a sinistra, ottimo Coppolone in mezzo, bravissimo Dawidowicz nostro. Anche Montipò è tornato tra noi e questa è un’altra bellissima notizia. E bravi anche Daniliuc (non ha sprecato un pallone) e Bradaric.

Ultima nota: Paolo Zanetti. Credo proprio sia l’allenatore perfetto per il Verona. Ha voluto questa piazza che ha amato prima di essere ingaggiato. Sapeva che il suo carattere si sposava benissimo con i veronesi e sta cercando di legare il suo calcio a quello che piace a noi. Un calcio concreto, senza fronzoli, bello, efficace, verticale. Lo fa con un lavoro maniacale, ribadendo costantemente a tutti che giocare nel Verona è e deve essere un grande onore. E’ spontaneo nelle dichiarazioni, parla di calcio nelle interviste. Non vende fumo. A Verona diventerà un grande tecnico. Ne sono certo.

Mancano trentasei punti alla salvezza. E’ bene ricordare anche questo.