FACCIAMO PASSARE LA NOTTE, L’ALBA NON PUO’ ESSERE MOLTO LONTANA GIOCANDO COSI’

Andare a San Siro con la squadra rabberciata, senza i tuoi uomini migliori e pensare di uscire indenni assomiglia ad un romanzo di fantascienza. Per la cronaca e per i distratti: il Milan ha acquistato nell’ultimo calciomercato Walker, Gimenez, Sottil, Bondo e Joao Felix, il Verona ha preso Niasse, Bernede, Oyegoke e Valentini in prestito dalla Fiorentina, cedendo Belahyane e Dani Silva. Non solo: il Verona ha perso strada facendo Frese, Harroui, Tengstedt e Serdar: tutti gli uomini migliori. Come se il Milan non avesse avuto Leao, Hernandez, Joao Felix, Hernandez, Pulisic e Gimenez.

Il Milan nel secondo tempo ha messo in campo Leao e Pulisic, il Verona Mosquera e il giovane Cissè. Eppure, porca miseria, ci siamo andati vicinissimi. Sino al 75′ il Verona ha fatto una partita onorevolissima. Nel primo tempo ha persino punto il Milan e poteva fargli male con un pizzico di convinzione in più. E’ servita una meraviglia di Jimenez (l’altro) e soprattutto di Leao, per confezionare il gol della vittoria rossonera. Poi ci ha pensato l’arbitro Forneau a “congelare” il match girando le ultime punizioni e impedendo al Verona di impensierire lo squadrone rossonero che nel frattempo perdeva tempo come se fosse stato l’Avellino (con grande rispetto per l’Avellino che fu una delle due squadre che riuscirono a battere il Verona nell’anno dello scudetto).

Credo che in un momento del genere vada fatto un esercizio di calma e pazienza. Ovviamente non si può pensare di dare perse tutte queste partite, è obbligo cercare di fare punti anche ora, anche in emergenza. Ma il nostro campionato non si gioca adesso. Bisogna fare passare la notte e con prestazioni come quella di ieri, l’alba non può essere molto lontana.

TRASPARENZA E VERITA’. GLI AMERICANI ADESSO DEVONO DIRCI TUTTO

Il momento è questo. Infortuni a catena, giocatori chiave che mancano, mercato gravemente insufficiente. Aggiungeteci l’afflosciamento generale per l’inazione della nuova proprietà e le inopportune dichiarazioni di Setti al sito laziale per completare il quadro.

La situazione è delicata, una squadra è figlia di equilibri precari, il Verona di gennaio ha perso quelle poche certezze che aveva ed ora è una squadra che cerca un’altra volta se stessa. Se ci fa stare bene urliamo pure vergogna, ma questo non aggiunge nulla di costruttivo all’analisi. Si è stata una gara vergognosa, non è che serva un genio per capirlo, ma bisognerebbe invece cercare di capire perché.

Il Verona è uscito indebolito dal mercato di gennaio. Perdendo Serdar e Tengstedt la cessione di Belahyane doveva essere almeno differita a giugno. Il minimo, ma proprio il minimo che ci si poteva aspettare da una nuova proprietà. Non solo è partito Belahyane (faccio notare che non era una riserva ma alla prova dei fatti un titolarissimo) ma la proprietà ha chiesto anche un’altra cessione. E così è partito Dani Silva. Significa aver smantellato un reparto. Certo sono arrivati Niasse e Bernede. Entrambi in campo per necessità contro l’Atalanta che lì in mezzo è capace di triturare chiunque. Le alternative potevano essere: Dawidowicz (cioè Dawidowicz, non Tardelli) e/o Kastanos.

Questioni di lana caprina insomma. Piuttosto c’è da rimboccarsi le maniche perchè senza i suoi leader (Serdar è un leader tecnico, Tengestdet l’uomo di maggiore qualità, Duda resta imprescindibile come unico leader morale) bisogna cercare di nuovo di riannodare i fili. Non si può nemmeno mettere la croce addosso ai due nuovi arrivati. Qualcuno dirà che è colpa di Zanetti, una vecchia litania che fa finta di niente quando la squadra pareggia a Venezia dominando la partita e vince a Monza e riemerge quando le cose vanno male come oggi.

La grande responsabilità è della nuova proprietà. Che ha accettato che sia la vecchia proprietà (Setti) a fare il mercato senza prevedere un minimo di investimento. Che non ha fatto chiarezza, che ha lasciato che un’intervista improvvida alimentasse dubbi e misteri addirittura sulla veridicità della cessione.

Solo una grande azione di chiarezza e trasparenza nella (speriamo) prossima conferenza stampa che dovrebbe essere convocata potrebbe segnare l’inizio della nuova era americana. Trasparenza e verità. Sul ruolo di Setti, sui mancati investimenti di gennaio, sul bilancio, sui programmi futuri. La salvezza arriverà di conseguenza.

LA FAME DI MOSQUERA, LA GRINTA DI REDA, LA TENACIA DI SEAN. E I BUTEI CHE NON MOLLANO

Vi dò un solo dato per farvi capire che razza di miracolo stia facendo il Verona fino ad oggi. Il Como ha buttato nel mercato di gennaio cinquanta milioni di euro. Il Como, stasera, ha un punto in meno del Verona. 23-22. Probabilmente la squadra di Fabregas non sarà dietro al povero Hellas a fine campionato, ma questa è la realtà di oggi. 

Il Verona di Paolo Zanetti ha giocato oggi con una scommessa di mercato come Mosquera, costato 650 mila euro. Mosquera, detto El Bufalo, o come lo chiama Sogliano, il Panterone ha messo in campo l’anima. Non solo: il cuore, la grinta, la fame di un giocatore che considera il Verona come il suo paradiso terrestre. Qui non abbiamo bisogno di divi con la Lamborghini e la Ferrari, fighette che s’intristiscono se non arrivano contratti miliardari, abbiamo bisogno di tanti Mosquera. 

Suslov guadagna come un giocatore di serie C, s’era imbronciato poverino perchè ci sono degli scarponi che prendono tre volte quello che prende lui, ma oggi ha tenuto il Verona in piedi. Meriterebbe più di tanti altri un riconoscimento. 

Belahyane è un ragazzo del 2004, questa settimana Radio Mercato lo ha dato nell’ordine: al Milan, al Rennes, al Chelsea e alla Lazio. Belahyane che in campo pensa alla mamma che fa le pulizie e al papà cuoco, ha sputato il sangue per il Verona, la sua attuale squadra. Finchè sarà qui onorerà la maglia che gli ha permesso di farsi conoscere. 

Coppola e Ghilardi sembravano due schiappe due mesi fa. Oggi sono una delle realtà più belle del calcio italiano. Una coppia le cui potenzialità sono ancora inesplorate. 

Sean Sogliano sta facendo la guerra con gli stuzzicadenti. Avrebbe potuto mandare tutti a quel paese, invece è ancora qui a rappresentare l’unico baluardo credibile di questa società. Se centrasse la terza miracolosa salvezza, bisognerebbe studiare una speciale onorificenza cittadina. Ma già per il fatto di tenerci ancora a galla meriterebbe un monumento. 

Il Verona ha cambiato la proprietà il 15 gennaio. Una proprietà che ancora non si è presentata alla città. Da quello che sappiamo, la Presidio Investors ha dato ordine di cedere un giocatore per sistemare il bilancio e non ha previsto rinforzi. Nonostante questa desolazione, capace di ammazzare il morale del più fedele dei tifosi, migliaia di ragazzi con le bandiere gialloblù sono andati a sostenere il Verona a Venezia e a Monza. L’anima del Verona saranno sempre loro. Come in C, come quando si lottava per non scomparire. Sempre soli contro tutti. Quando tutte queste componenti si uniscono, a Verona si assiste a miracoli senza precedenti. 

PUNTO D’ORO. ABBIAMO RISCHIATO CHE IL VERONA AFFONDASSE IN LAGUNA

Chi non si rende conto di quanto sia importante il punto conquistato a Venezia non ha capito nulla di quanto è stato difficile l’ ultima settimana in casa del Verona e quanto si sia rischiato di sfasciare squadra e ambiente. L’assurdo procedere della nuova proprietà americana che sta misteriosamente replicando le stesse modalità settiane (zero investimenti, necessità assoluta di vendere per consolidare il bilancio) ha avuto il perverso effetto di afflosciare l’ambiente e l’umore generale a partire dallo spogliatoio scaligero che vedeva nell’arrivo dello zio Sam un deciso cambio di passo rispetto al passato fatto di sacrifici, lacrime, sangue, miracoli, plusvalenze e… botte di culo. Il silenzio irrispettoso di una proprietà che ha costruito un cda di alto livello ma che non ha ancora acquistato un rinforzo vero da mettere nella squadra di Zanetti ha creato una zona grigia piena di domande irrisolte e di equivoci che fanno persino rimpiangere il recente passato dove Setti, senza soldi ma almeno chiaro nelle intenzioni, dava ordine a Sogliano di vendere il vendibile e cercare poi una disperata salvezza con gli stuzzicadenti messi a disposizione. Non è difficile comprendere che quando si assiste a simili dinamiche aziendali c’è il forte rischio che tutto venga compromesso, che l’obiettivo primario vada a quel paese e che la gente pensi solo ai fatti suoi e non al bene comune. L’episodio grave che ha visto protagonista Magnani ne è stato l’emblema principale. Insomma questa settimana c’era veramente il rischio di una catastrofe, di uno scollamento generale che poteva portare alla retrocessione. Pensare anche solo per un istante che la serie B sia tutto sommato nei programmi della Presidio Investors è una follia partorita da qualche mente complottarda e malata. La serie B, signori miei, è una sciagura totale, un rischio abissale che potrebbe affondare l’Hellas nuovamente nei meandri del calcio italiano forse per sempre. Riemergere oggi dalla B è un’impresa titanica e, a meno di non avere alle spalle la Mapei che si permette di spendere un monte ingaggi di 33 milioni di euro tra i cadetti (quasi il doppio di quanto spende il Verona in A…) risalire immediatamente è affare tostissimo al limite di una roulette russa. Guardare a Salernitana, Frosinone e compagnia per credere. La verità è che bisogna lottare con le unghie e con i denti per allontanare questo spettro. Allucinante che gli americani non l’abbiano capito e soprattutto che non l’abbiano spiegato le decine di consulenti con curricula lunghi due chilometri che hanno lavorato in questa trattativa di cessione. A meno che la verità non stia da qualche altra parte. Ecco perché a Venezia era importante non perdere. Ecco perché era importante non sbragare. Ecco perché è stato importante vedere il Verona lottare e dominare la partita. Che per quello che si è visto, l’Hellas meritava addirittura di vincere. Uscire dalla Laguna, addirittura col rammarico di non aver preso i tre punti, è un segnale altamente confortante. Lasciatemi infine la romantica illusione che nella giornata in cui un giocatore si è sottratto alla battaglia perché già in accordo con un’altra società, chi è rimasto ha giocato con orgoglio anche perché ha visto in quello stadio mille pazzi che sotto il vento, l’acqua, il freddo, l’orario e il giorno assurdi, sono andati a tifare per il vecchio Hellas. Vecchie favole di un’epoca un po’ più in là.

PER RAGGIUNGERE LA SALVEZZA SERVE RITROVARE SUBITO LA COMPATTEZZA DELLA SOCIETÀ

Verona lo sa benissimo. Quando sei una società con pochi mezzi finanziari riesci a colmare il gap solo attraverso la compattezza dell’ambiente, la ferocia nel voler ottenere gli obiettivi, la trasparenza nel dichiararli. E’ quello che è successo nelle ultime stagioni quando sono state raggiunte due salvezze miracolose.

Per tanti motivi il Verona ha disperso questa compattezza nell’ultima settimana. La cessione della società, il passaggio agli americani, è stato un momento delicatissimo in un campionato delicatissimo, con equilibri delicatissimi, in uno spogliatoio, lo sappiamo fragile e che aveva appena ritrovato un minimo di stabilità. Con costi elevati. Ancora una volta si è raschiato il fondo del barile, forti del fatto che, arrivato gennaio, sarebbe finalmente cambiato qualcosa.

Invece ci stiamo rendendo conto che poco o niente fino ad oggi è cambiato. L’arrivo della nuova società doveva servire anche per dare una prospettiva diversa alla squadra, linfa nuova per una squadra che ha necessità assoluta di immettere energie rinnovate, gente motivata, con la testa sgombra. Non una rivoluzione, sullo stile della passata stagione, ma un maquillage importante.

L’anno scorso, paradossalmente, il Verona aveva le idee molto più chiare. Si sapevano due cose: la prima che bisognava cedere il migliori della rosa per fare cassa e salvare il bilancio. La seconda che bisognava cambiare tante facce per cambiare inerzia allo spogliatoio. Tutto molto trasparente, fin dai primi giorni di gennaio.

Oggi il Verona è rimasto bloccato. Non è colpa di nessuno, ma la realtà è esattamente questa. Prenderne atto, fare un’ammissione di verità non nascondendo i pericoli che stanno in un campionato durissimo, vuol dire recuperare tempo perso. Procedere con il “modello Setti” come lo abbiamo definito, cioè con il cedere prima di acquistare, senza pensare di alzare il monte ingaggi, esponendo ancora una volta lo spogliatoio alle intemperie del mercato (guardate la gara di Tchtachoua oggi…), significa mettersi una corda attorno al collo e aspettare che qualcuno ti dia la spinta per impiccarti.

Questa sconfitta con la Lazio è un pesante campanello d’allarme. Ed ancora una volta incolpare solo Zanetti di questa sconfitta appare come il più banale tribunale dell’inquisizione che guarda al dito e non alla luna. Lo ripetiamo per l’ennesima volta. Il male del Verona di quest’anno è molto più profondo delle capacità o dell’incapacità di un tecnico, sarebbe come curare il mal di testa tagliandosela.

Facciamo quindi che da oggi la nuova proprietà americana dia veramente inizio alla nuova era. Convochi Sogliano, si faccia spiegare i problemi, chieda cosa serve per arrivare alla salvezza. Pensare che basti aver dato un ruolo a Setti come continuità con il passato per arrivare alla salvezza in un campionato del genere è un errore che rischia di costare caro. Siamo ancora in tempo. Ma non perdiamone più.

SETTI VA RINGRAZIATO PER AVER RIMESSO IL VERONA AL CENTRO DEL VILLAGGIO

Dire che il Verona ha giocato una grande partita dopo una sconfitta sembra assurdo. Ma è proprio la verità. Il Verona a Napoli ha giocato una grande partita, ha fatto il massimo che era nelle proprie possibilità ha reso la vita durissima ad una squadra che costa almeno venti volte tanto e che ha già vinto lo scudetto dell’ultimo mercato. Il Napoli di Conte è fortissimo, solidissimo, prende pochi gol. Avversario impossibile se aggiungiamo che l’impegno dei partenopei era massimale, dopo aver visto l’Inter vincere nel pomeriggio contro il Venezia.

Il Verona ha cercato di rendere la vita dura ai napoletani. La squadra di Paolo Zanetti adesso ha le idee chiare e s’inizia anche a vedere il lavoro dell’allenamento. La difesa non balla più e  chi vuole segnare adesso, lo deve fare con le proprie capacità e non con i nostri regali. Esattamente quello che ha fatto il Napoli, aiutato dai suoi campioni e anche dalla fortuna (vedi pallone che sbatte sul palo e che poi finisce sulla schiena di Montipò). Non solo: i gialloblù adesso giocano palla a terra, le trame offensive sono piacevoli, si arriva in zona gol con puntualità. Purtroppo non sempre le ciambelle vengono col buco e Tengstedt che ci ha abituati a caviale e champagne stavolta non è stato precisissimo. Lui e Sarr sono il naturale sbocco di questa squadra. E’ questa la sensazione che hai quando giocano assieme sebbene non in grande serata. Ma si deve insistere su questa coppia perché alla fine anche il calcio ha una sua logica e quando entrambi saranno al cento per cento e avranno perfezionato l’intesa, il Verona raccoglierà copiosi frutti. Ottima la gara di Faraoni: comunque andrà, la gara col Napoli è stata importantissima per lui. Se restasse a Verona, finalmente potremo contare su un giocatore utilissimo. Viceversa, Davide ha dimostrato di avere ancora un mercato. E’ stata probabilmente anche l’ultima partita da presidente di Maurizio Setti. Questa sarà la settimana del closing. Il Verona americano è un capitolo tutto da scrivere. Sarà la storia come sempre a giudicare i nuovi padroni. A Maurizio Setti, comunque, va detto grazie. Se il Verona è tornato ad avere orgoglio, dignità e ha ripreso il suo posto al centro del villaggio, il merito è stato suo.

IL VERONA AI TEXANI CON SETTI ALLA GUIDA. IL BELLO DEVE ANCORA VENIRE

Il Verona conquista il suo primo pareggio della stagione nella sera in cui viene annunciato il cambio di proprietà. Nulla sarà come prima, o forse sì, e questa è una speranza. Arrivano gli americani, la novità è forte, fortissima, la notizia è stata confermata da Setti, sebbene manchi ancora la firma a sancire l’ufficialità. E’ stato un mese durissimo per l’Hellas, a cavallo tra le partite in campo e la partita che si stava giocando in sede. Prima di Natale, Setti aveva tirato il freno sulla trattativa. L’accordo che era dato per fatto era ancora da definire. Tempi che non coincidevano con le esigenze del campo e di una società calcistica, con il mercato di gennaio alle porte e strategie che restavano aria fritta.

Nel frattempo la squadra naufragava con l’Empoli, Zanetti rischiava la panchina, salvato dall’unico baluardo che in questi ultimi due anni è stato il riferimento tecnico del Verona: Sean Sogliano. La decisione di non esonerare Zanetti è stata una mossa da “solo contro tutti”, una follia apparente, in realtà una opzione ragionata e razionale. Da quel momento, da quella crisi, il Verona è rinato. La vecchia guardia, distratta e abulica si è riconnessa e si è rimessa al servizio dell’Hellas. Zanetti è diventato a sua volta più cinico, più concreto, più pratico. La difesa a tre, uomo su uomo ha ridato vecchie certezze, facendo lievitare l’indubbia qualità della rosa che ha ritrovato giocatori fondamentali come Serdar, Duda e Sarr. Il Verona ha vinto a Parma, ha perso di misura e immeritatamente col Milan, ha vinto a Bologna, ha pareggiato con l’Udinese. Sette punti in quattro gare che portano la classifica al termine del girone d’andata a 19 punti, cinque più della scorsa stagione. Un miracolo.

Ora si capirà i contorni della cessione al fondo Presidio Investors, il ruolo futuro di Setti, quello di Sogliano. Tifiamo affinché rimanga questo management che ha saputo guidare una barca con sapienza e bravura. Setti ha fatto grandi cose con i pochi mezzi a disposizione. Ha saputo dare al Verona una continuità che mancava dagli anni ’80. Qualcuno banalizza questa lunga permanenza del Verona in serie A, dimenticando due fattori fondamentali. Il primo: la città di Verona, i suoi imprenditori, hanno sempre voltato le spalle all’Hellas, visto come un peso, come una faccenda da cui tenersi alla larga. Già la famiglia Mazzi venne isolata al tempo, poi venne Pastorello legato a Tanzi e alla Parmalat, che lasciò la società ad un romantico eccentrico come Arvedi che a sua volta lasciò a Martinelli. Anche lui isolato dalla città, quando, ammalato, cercò di cedere la società, ormai risanata e in serie B. Solo Setti credette allora al valore dell’Hellas, non certo gli imprenditori veronesi. Secondo: in tanti ci provano, in pochi ci riescono. Guardarsi attorno, in Veneto per credere. Nel frattempo il Chievo, portato da molti come modello gestionale, è fallito.

Il navigare di Setti non è stato lineare. Sicuramente a livello strategico e finanziario la prima parte della sua avventura veronese poteva godere di un partner come Volpi, magnate ligure con cui il presidente del Verona aveva legami d’affari. Rotto quel sodalizio, Setti ha cambiato rotta, manager, strategie. Spesso è stato mal consigliato, alcuni lacchè incapaci gli hanno creato più danni della grandine, gli hanno rovinato pesantemente l’immagine. Bisogna ammettere che ha però sempre azzeccato le mosse vincenti. Aglietti dopo l’errore di Grosso, Juric dopo Aglietti, il binomio fenomenale con Tony D’Amico, sua assoluta invenzione. E’ ripiombato nella confusione quando prese Marroccu, una brava persona nel posto sbagliato al momento sbagliato, errore a cui ha rimediato riprendendo Sogliano, accantonando orgoglio e vecchi dissapori. Una mossa straordinaria che ha portato alle ultime due miracolose salvezze ottenute scoprendo giocatori sconosciuti, facendo plusvalenze, salvando il bilancio, abbassando drasticamente il monte ingaggi. Grazie a tutto questo il Verona è diventato appetibile e pronto per ricevere supporto finanziario da un fondo straniero.

Setti ha permesso al Verona di giocare sei campionati consecutivi in serie A, dieci in totale con tre promozioni dalla B. Sotto la sua gestione abbiamo visto grandi campioni e un’infinità di giovani talenti cresciuti nel vivaio, come mai si erano visti a Verona. Sotto la sua gestione, l’Hellas si è dotata di uno store a due passi dall’Arena, di una sede di proprietà e di un centro sportivo dove far crescere i giovani. Tutto questo è oggettivo. Ora manca solo l’ultimo step: un vero e proprio upgrade di fatturati, business e risultati sportivi che possano proiettare il Verona in una dimensione di “grande tra le piccole” che storia, città e tifoseria meriterebbe. L’arrivo del fondo texano, nell’idea di Setti, credo sia proprio questo. Ecco perché è fondamentale che lui rimanga a gestire la parte sportiva del club. Ecco perché il bello deve ancora venire.

ALLA GUERRA CON LA FIONDA E STAVOLTA CON UN PO’ DI CULO

“Audaces fortuna iuvat”. Il labile confine tra la bravura degli eroi e il culo di Sacchi è la partita del Verona a Bologna. Si discuterà su quanto e come il Verona sia stato aiutato dagli dei del pallone in terra emiliana ma sbaglierà chi darà interamente al destino il merito di tre punti che issano il povero Davide a quota 18, giusto bottino di un campionato sin qui folle.

C’è chi lotta con budget milionari, divi invitati in tribuna, concerti pre partita, cambiando allenatori alla sera e alla mattina intonandoli al vestito di moda e chi va alla guerra solo con il coraggio e una fionda. Questi siamo noi, fieri rappresentanti della follia in salsa pearà, chissà mai se un giorno anche texani. Intanto però alla prima partita in cui finalmente l’allenatore ha tutti a disposizione e si può giocare le sue carte, sarà anche un caso, l’Hellas vince in casa di una delle più in forma del campionato, una sola sconfitta nelle ultime 14, mai perso tra le mura amiche e se non è un’impresa questa, di che dobbiamo parlare? Ora ripetete con me: Sarr e  Tengstedt, Sarr e Tengstedt, Sarr e Tengstedt…imparate questa formula magica perché potrebbe portare alla salvezza. E poi nelle notti buie, ricordatevi anche di Duda e Serdar che forse qualche luce accenderanno nelle vostre case. Peccato che Suslov ancora si diverta ad avvicinarci alla blasfemia, così giusto a ricordare che il mondo perfetto non esiste. E di certo non esiste una logica nella difesa del Verona, dove è Natale tutto l’anno, venite bambini buoni, i regali oggi ve li fanno i nostri pedatori. Dai adesso non stiamo qui a cavillare. Arriva gennaio, San Sogliano sa cosa deve fare. “Con un’aria da commedia americana sta finendo anche questa settimana. Ma l’America è lontana dall’altra parte della Luna, che li guarda e anche se ride a vederla mette quasi paura”. Lucio Dalla era di Bologna. Ma forse pensava a noi quando scrisse questa canzone. Buon anno a tutti.

QUESTO VERONA E’ COME UNA COPERTA CORTA

Il Verona è come una coperta corta. La tiri da una parte e ti restano scoperti i piedi. La tiri dall’altra e ti resta fuori la testa. Quando ti difendi basso, ne risente l’attacco. Quando attacchi scopri la difesa. Il senso della gara con il Milan è questo. Giochi bene, attento, fai un errore e non riesci a segnare. Sconfitta ingiusta. Non si capiscono tutti questi peana per un Milan che ha fatto una partita come se fosse una squadra che si deve salvare. Ma molto peggio. Sinceramente il povero Venezia di Di Francesco per gioco, idee, proposta tattica è il Bayern Monaco al confronto dei rossoneri di Fonseca che hanno passato più tempo a rotolarsi sul terreno del Bentegodi che a passarsi la palla tra di loro. L’indisponente Marinelli, arbitrucolo della scarsa congrega italiana ha permesso questo gioco ostruzionistico, fischiando la fine con perentoria puntualità, nel caso, fosse mai, che il Verona avesse creato qualche mischione finale che avesse messo a repentaglio la vittoria rossonera.

Alla luce di tutto questo, brucia aver perso questa partita, che sa un po’ di occasione mancata. Va bene, c’è stata la prestazione, finalmente il Verona non si è dissolto come neve al sole, ma questo non è sufficiente. E’ un piccolo brodino da mandare giù in mancanza di meglio, pensando a qualche partita fa quando parevamo allo sbando. Ma restano i problemi. Si è preso gol alla prima imbucata, dorme Duda, dorme Daniliuc, e poi là davanti stavolta il Verona è stato poca cosa. Troppa imprecisione, poca qualità, Sarr è un ottimo giocatore che però ha bisogno di quindici giorni di recupero ogni volta che gioca, Tengstedt c’era ma non era al massimo, Livramento doveva essere l’arma in più, stavolta è stata l’arma in meno. Tchatchoua in quella posizione deve essere letale, a sinistra c’è una falla enorme perchè quando Lazo cala non c’è alternativa. E in mezzo aspettiamo Serdar, anche per togliere dalla luce dei riflettori il piccolo Belahyane, troppo esposto alla luce del mercato. 

Diciamo che Zanetti ha ritrovato l’Hellas, ma che ora deve trovare tutto il resto. Un gran lavoro lo deve fare San Sogliano al mercato di gennaio. Sperando che la telenovela della cessione finisca in fretta e che lo zio Sam non venga a Verona solo per fare il business dello stadio. 

DOVE STA LA VERITÁ? L’UNICA VIA E’ FIDARSI DI SOGLIANO…

Quindi dove sta la verità? Siamo scarsi o no? E soprattutto Zanetti doveva essere esonerato o no? Era colpa del modulo, della difesa a tre? O piuttosto era colpa di una squadra in cui una parte aveva staccato la spina e l’altra non aveva ancora capito niente del calcio italiano? Certe gare, certe sconfitte sono così brutte che ridurre tutto sulle spalle di una persona è eccessivo. L’allenatore è il primo responsabile ma senza la squadra non c’è allenatore al mondo che possa uscirne. La gara con l’Empoli è stata un abominio e il 99 per cento dei direttori sportivi di questo pianeta avrebbe risolto la questione facendo saltare la testa del tecnico. La soluzione più ovvia, più logica. Ma non per Sean Sogliano che è uomo d’altri tempi, abituato a prendersi le proprie responsabilità e a metterci “cocones”, soprattutto quando è convinto che le cose non siano come appaiono a tutti.

Sean sapeva che i problemi del Verona non dipendevano da Zanetti. Non tutti almeno. Aveva annusato l’aria, aveva visto i vecchi dello spogliatoio poco focalizzati, distratti. Fin dall’estate. E questo non ha aiutato i giovani (molte scommesse) a inserirsi e a Zanetti a trovare il bandolo della matassa. E del resto cosa fa un giovane e nuovo allenatore quando arriva in una squadra come il Verona? Ovviamente si appoggia alla vecchia guardia, ai senatori. Ecco l’inghippo. Ecco dove Sogliano voleva arrivare. Ci aveva provato prima con il ritiro “punitivo” e poi con questa settimana di riflessione che ha avuto il merito di mettere tutti con le spalle al muro. Anche Zanetti, restato tra color che stan sospesi per due giorni e forse anche lui ritornato ad allenare con testa nuova e con più lucidità.

Sean è più “fine” e machiavellico di quello che molti pensano di lui. E anche il “circo” di questa settimana secondo me non è stato un caso. Ha avuto il potere di mettere sul lettino dello psicanalista il Verona, di togliere alibi alla squadra, di continuare con Zanetti ma creando una frattura temporale che è servita anche allo stesso allenatore. E così si spiega anche la mancata presenza del tecnico all’allenamento del martedì e successivamente alla cena sociale. Un sorta di esonero “virtuale” con successivo ritorno, senza che in effetti nulla apparentemente sia cambiato.

Se sia la gara della svolta, si capirà le prossime settimane. Ma se ci serviva un’ulteriore prova (oltre a quelle in abbondanza già fornite in passato…) stavolta possiamo parlare di certezza: fidiamoci di Sogliano. Di certo anche quest’anno lotteremo fino all’ultimo secondo dell’ultima giornata. Visto il periodo chiuderei così: in Sogliano we trust.