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PORTARE A CASA IL PANE

“Sconfitta immeritata, ma dobbiamo fare ancora di più, perché in questo momento non basta quello che facciamo. Il calcio è impietoso, pensiamo alla Lazio”. Questo in sintesi il Mandorlini pensiero e mi trova d’accordo. L’emergenza c’è, fatta di sfortuna vera (Toni, Pazzini e Hallfredsson), ma anche di gestioni discutibili (Romulo, Ionita e Marquez). L’emergenza c’è, ma in questo momento compiacersi di aver perso “bene” non aiuta a uscire dalla crisi e Mandorlini, a differenza dei buonisti, ha mostrato di esserne consapevole, al netto delle (reali) attenuanti (Pazzini e arbitraggio). La sfortuna, tanta o poca che sia, non la governi, i miglioramenti o i peggioramenti sì. Parlare del fato rischia di immergerci in un torpore oppiaceo senza fine.

L’emergenza deve rendere partecipi, non assopire di comprensibile ma pericoloso vittimismo. Per affrontare ‘alla morte’ la Lazio, come se fosse l’ultima spiaggia, come se stessimo vivendo un epico spartiacque poi da raccontare. Portare a casa il pane, come in un vecchio film neorealista in bianco e nero. Non altro, non importa come: se in attacco o in trincea, se di fioretto o di spada, se con le maglie imbiancate di ritrovata classe, o sudate e infangate di vittorioso affanno. L’ho detto ieri in tv: in questa situazione non è disdicevole giocare per il punto, per muovere la classifica, waiting in the world to change. I fattori di fiducia non mancano: Sala cresce, Siligardi è più a suo agio nel vivo del gioco, Greco non sta facendo rimpiangere Hallfredsson, Bianchetti, Helander e Zaccagni promettono; ma come ha detto Mandorlini serve “fare ancora di più”, perché così “non basta”. E’ vero.

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