Orgoglio scaligero in un pub di Bruxelles. Siamo in sei veronesi e a pochi metri di distanza un gruppo di romanisti, che passano il primo tempo a smoccolare contro alcuni loro giocatori. Gli stessi verranno portati in gloria nella ripresa. Nessuna sorpresa: Roma e i romanisti sono questi, vivono la partita come se fosse un perenne ping pong pre e post coito. Vogliamo diventare come loro? Direi di no. Non eravamo fenomeni dopo il Milan (ma come dice Mandorlini, quei tre punti li abbiamo e ce li teniamo), non siamo da buttare ora. Piuttosto pregi e difetti sono gli stessi, è solo cambiato l’avversario. Un Milan svogliato e distratto una settimana fa, una Roma organizzata e talentuosa ieri.
E’ stato un buon Verona nel primo tempo. Ordinato e di personalità. A parte qualche tiro dalla distanza (ma in A non puoi concedere spazio ai tiratori nei tuoi 25 metri) e l’occasione di Florenzi in avvio, granché non ha subìto. Troppo rinunciatario? Sì, ma se la tua coperta è corta non puoi far miracoli. Un conto è avere Romulo a metà campo, un conto (con tutto il rispetto che merita) questo Hallfredsson. Il brasiliano è talmente bravo che può giocare dappertutto (anche terzino), ma è chiaro che per lui vale il discorso che si faceva la scorsa stagione per Martinho: uno così dietro è sprecato. Romulo, schierato da mezz’ala destra, col Milan è stato l’uomo delle ripartenze. Da terzino quel lavoro non lo può fare.
Nel secondo tempo ci siamo “abbassati” (vizio storico del Verona mandorliniano). Poi il primo gol è stato un corollario di errori. Palla persa di Hallfredsson, Totti lasciato libero in rifinitura e Cacciatore in ritardo sul cross di Maicon (gli autogol non sono sempre sfortuna). Sul secondo, al di là del numero in pallonetto di Pjanic (ma sull’ennesimo tiro dalla distanza), Rafael è fuori posizione. Errori che, sommati fra loro, hanno incanalato una partita di brillante tenuta in una pesante sconfitta. Un KO, tuttavia, salutare, perché paradossalmente consegna a Mandorlini e alla società (in vista delle ultime ore di mercato) più certezze che dubbi. Certezze positive e negative, ma pur sempre certezze.
Cosa non va? La difesa, così com’è, è debole. Moras e Maietta, pur dignitosi, assieme non danno garanzie. Gonzales (più che Marques) è da provare e c’è sempre Bianchetti. Cacciatore è un onesto pedatore, ma l’impressione è che giochi costantemente in affanno. Eppure credo abbia margini di crescita. Davanti, manca una spalla di Toni da inserire a partita in corso (in attesa di Longo, Cacia non convince, su Gomez invece sospenderei il giudizio). Jankovic è (ancora) il classico giocatore nel limbo: eterna incompiuta, o talento pronto a esplodere? Hallfredsson (a cui concediamo l’alibi di una condizione approssimativa) a questi livelli è meno esplosivo. Poco convincente anche Rafael: tante buone parate, ma in tilt nel momento determinante. Va rivisto. Cosa funziona invece? Il centrocampo (Hallfredsson a parte) e non è poco. Donati (su cui mi devo ricredere) è fondamentale nel gioco di Mandorlini. Jorginho ha classe superiore. Martinho è da grande squadra. Riproponendo Romulo e tenendo in considerazione Sala, in mediana teniamo il passo. Bene a metà il modulo: questo 4-5-1 è una buona base di partenza (a patto ci siano Romulo o Sala, che sanno ripartire), mentre latitano le variabili in corsa, sia in termini di uomini (compito di Sogliano) che di tattica (lavoro di Mandorlini).
Queste considerazioni incidono anche sul mercato. Sogliano ha in colpo l’attaccante Iturbe e si sta muovendo per un terzino sinistro, ma con un paio di colpi extra per rimpolpare la panchina mi sentirei più tranquillo. La chiusura del mercato e la sosta arrivano con tempismo perfetto. E anche il Sassuolo. C’è il tempo di sistemarsi, in attesa del primo banco di prova con una diretta concorrente. Fiducia, ma antenne dritte.
P.S. Grave aggressione di un gruppetto di ultras romanisti contro il pullman della squadra. Ricordo anche l’aggressione subita dai tifosi a Palermo. Dove sono e cosa dicono i “moralizzatori” del Palazzo? Attendo seriosi dibattiti Malagò-Casarin; aspetto solenni interviste ad Abete; confido in lenzuolate della Gazzetta. Lo so, è più facile vedere Galeazzi magro e Mazzari e Conte vincere “Mister Simpatia”.
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