È come un déjà vu. Fa male la sconfitta in uno scontro diretto (regola numero uno, mai perderli quando si è in posizione di vantaggio); fa ancora più male perché con un pareggino di maniera si sarebbe chiusa la pratica salvezza (la quota verosimile è 33 punti) e avresti perfino potuto permetterti di perdere l’ultima a Empoli. Ma quello che avvilisce è l’atteggiamento morale della squadra nella partita più importante della stagione, quello che lascia perplessi è l’ennesima caduta in tentazione di Zanetti, che ha stravolto il centrocampo, quindi i recenti e rassicuranti equilibri, preferendo la tecnica di calciatori evidentemente fuori condizione (Serdar), a qualche mediano più muscolare.
Del resto, il nocciolo è sempre quello: il nostro è un allenatore culturalmente offensivista, che solo per necessità (e forse nemmeno troppo convinto), dopo la debacle con l’Atalanta si è convertito al senso pratico. Però ieri il Verona, alla vulnerabilità difensiva ha unito l’evanescenza offensiva. Peggio che andar di notte.
Però guardiamo anche alla sostanza e restiamo lucidi, perché qui a Verona siamo facili alla depressione e ai piagnistei. Siamo pur sempre a +7 dalla zona rossa, ma ora a quattro giornate dalla fine: un margine rassicurante, per di più con il Lecce che ha il Napoli e chiude con la Lazio; il Venezia che ha Fiorentina e Juventus, l’Empoli che ha sempre la Lazio e lo scontro diretto con il Parma. E Lecce ed Empoli le affrontiamo. Pertanto, no panic, la situazione rimane (molto) buona e soprattutto siamo noi a dare le carte.
Tuttavia diventa urgente e preminente cambiare mentalità. Tradotto: quando sei invischiato nella bassa classifica il pareggino è sempre oro, ancor più negli scontri diretti. Invece, anche alla vigilia del Cagliari, ho sentito troppi discorsi presupponenti, semplicistici e quasi arroganti racchiusi nell’esaltato e cieco: “Dobbiamo vincere”. Serve più umiltà, da parte di tecnico e squadra, ma anche dell’ambiente attorno. Occorre essere pratici, anche a costo di essere sparagnini. Bisogna portare a casa la pagnotta, e basta. Anche a San Siro, già con l’Inter. E finiamola con i piccoli e grandi esperimenti, basta inopinati cambi di spartito: deve giocare chi dà garanzie atletiche ancor prima che tecniche, davanti alla difesa va messo chi sa fare legna e proteggere i nostri scostanti centrali. Non perdiamo i fragili equilibri che, a fatica, abbiamo conquistato.