PECCATO CHE GLI ALTRI NON POSSANO CAPIRE QUANTO E’ BELLO UN GOL DI COPPOLA AL MINUTO 93

E’ stata una serata leggendaria. Una di quelle sere in cui si ringrazia Dio di essere tifosi del Verona. Niente a che vedere con il calcio moderno, con le squadre miliardarie, gli arabi, i fondi Pif, i cinesi, le maglie a strisce. Essere tifosi del Verona vuol dire amare la sofferenza. Uno stato della mente e a volte del fisico che ti porta a provare piacere e raramente gioia quando la conquista della vittoria arriva attraverso una specie di salita al Monte Calvario.

Essere tifosi del Verona non vuol dire vincere sempre. Non vuol dire cambiare maglia a seconda di come tira il vento. Non vuol dire salire e scendere dal carro come se fosse il bus della linea 21. Vuol dire essere abituati alla sconfitta, direi temprati, vuol dire passare il lunedì a imprecare contro il o la Var, ipotizzando complotti del Palazzo, vuol dire vivere la vittoria delle avversarie come se tutto il mondo ci fosse contro, come se il destino fosse già scritto facendosi permeare dal pessimismo cosmico e poi in due minuti, come se niente fosse, ipotizzare successi e trionfi e trasferte europee.

Chi non conosce non capisce. Chi non prova questi sentimenti non sa cosa si perde. Schiere di tifosi di altre squadre, abituati a contare gli scudetti, non sanno che a noi ne è bastato uno, ma per tutta la vita, probabilmente per l’eternità. E non sanno che per noi il gol del gigante di Pescantina Diego Coppola, detto Coppolone, è un gol bello come Piazza Bra di notte con l’Arena e gli arcovoli illuminati e l’Orologio che segna, inevitabilmente il minuto 93. 

Un gol che farà parte, pure questo, dei nostri racconti, quando avremo 100 anni e racconteremo ai nipoti che il piccolo, povero derelitto Verona, nella stagione 2023-2024, compì il secondo miracolo di fila, dopo la salvezza allo spareggio dell’anno prima.

Ma non è finita, accidenti, non è ancora finita, anche se la spallata al campionato è forte, anche se il colpo di reni è stato potente. Ma ne restano ancora cinque da giocare e pensare oggi di essere salvi vorrebbe dire peccare di presunzione. La sofferenza non è finita, amici miei, però stasera godiamocela un po’, ce lo meritiamo. Sono i momenti in cui uno dice che non cambierebbe mai il suo tifo, perchè ci basta il Bentegodi, il colpo di testa di Coppola, i cori, i butei che corrono fuori dallo stadio felici con i loro motorini e caschi griffati Hellas. Le sciarpe gialloblù al collo e una bandiera in mano. 

IL VERONA COME ROCKY BALBOA

Mancava solo che Baroni a fine gara urlasse: “Adrianaaaaaaaaaa”. Ne ha prese tante. Malmenato dall’Atalanta, il povero Verona è uscito dal primo tempo con gli occhi semichiusi, quasi accecato, barcollante. Eppure era ancora in piedi. Il paradosso di una partita che pareva senza storia. Gli scintillanti avversari, reduci dal palcoscenico più importante del mondo, l’Hellas derelitto e con le pezze al culo, senza spartito, senza meta. In quel momento è nata la grande impresa. L’Atalanta aveva fatto il bello e il cattivo tempo. Aveva grandinato sulla carrozzeria dell’utilitaria veronese, al limite dell’umiliazione. Poteva finire 4, 5, forse anche 6 a zero. E l’unica consolazione che si poteva trovare era proprio che il Verona fosse ancora i piedi.

L’orgoglio gialloblù ha trovato pozzi nascosti. Baroni ha limato le follie del primo tempo, ha rimesso a posto l’anima e la griglia tattica, sperando che Apollo Creed peccasse di superiorità, pensasse di averla vinta, di essersi sfogato abbastanza e che ora era tempo di pensare al Liverpool, a giovedì prossimo quando la storia avrebbe di nuovo incrociato il destino.

Così è stato. I ragazzi dell’Hellas, hanno iniziato ad alzare i ritmi, a pungere. Sempre di più, sempre di più. E man mano che avvertivano la stanchezza dell’Atalanta, aumentavano la stima e la fiducia. E’ stato bellissimo vedere come il calcio riesca a sovvertire i pronostici e tutti i commenti. Come tutto cambia in poco, pochissimo tempo. Il pugno di Lazovic, una rasoiata al mento ha fatto barcollare i rivali. E lì il Verona ha pensato di farcela. Energie sconosciute sono arrivate ai muscoli, il taglio di Noslin ha raggiunto i bergamaschi che sono crollati.

Addirittura, per qualche istante, il Verona ha pensato di vincerla. Sarebbe stato eccessivo, forse, ma era più importante non perderla. Bergamo è il nostro Anfield, ed è lì, su quel campo che abbiamo costruito l’impresa più bella, scolpita sui libri di storia per sempre. Non si poteva perdere, non si doveva perdere. Perché come dice Rocky Balboa: “Forte non è colui che non va al tappeto, ma è colui che una volta andato al tappeto ha la forza di rialzarsi”.

Adrianaaaaaaaa… Siamo ancora vivi. Preparatevi a fare i conti con il vecchio, derelitto, povero, Hellas Verona. Non è ancora finita.

IL VERONA SI E’ BUTTATO VIA. ORA TORNIAMO A SOFFRIRE, CIOE’ ALLA NOSTRA NORMALITA’

L’illusione di una salvezza meno sofferta, meno difficile, senza i patemi d’animo della scorsa stagione si è infranta alla fine di Verona-Genoa. Sarà la stessa identica sofferenza, lo stesso identico finale thrilling, speriamo lo stesso epilogo.

Il Verona si è buttato via, c’è poco da fare. Poco aiutato dalla fortuna, ma sicuramente colpevole per due gol che una squadra che si deve salvare non può prendere.

Più in generale: non si può dire che il Verona abbia giocato male, anzi. Ha messo sotto il Genoa ma questo non basta. Non è bastato. E’ una questione di mentalità, di saper “leggere” all’interno della partita, di “congelarla”. Invece il Verona di Baroni non ha questo “fuoco”, continua a lavorare il pallone dal basso, a girare il fronte d’attacco alla ricerca della superiorità, della sovrapposizione giusta, dell’inserimento. Dal primo all’ultimo minuto. Ma questo è un modo di pensare del Milan, dell’Inter, della Fiorentina, della Lazio. Non può appartenere a chi ha l’acqua alla gola, a chi si è appena tirato fuori per respirare. E’ un errore che può costare carissimo.

Nulla è compromesso, ma ora questa botta va assorbita, metabolizzata, dimenticata. Servirà un’impresa, serviranno altre gare da “brutti, sporchi e cattivi”. Creare climi da tregenda, adesso, non serve a niente. Bisogna mantenere i piedi per terra, saldi, analizzare con calma cosa è successo, fare il mea culpa, riprendere il cammino. Una strada che sappiamo percorrere, come già dimostrato e a cui forse lo spogliatoio è paradossalmente più abituato rispetto alla calma e alla tranquillità di una classifica meno sofferta.

Fallito il salto di qualità, saltate tutte le tabelle, non resta che rituffarsi nel campionato. Siamo di nuovo nella melma, intrisi di sofferenza. Il nostro stato mentale, l’habitat del tifoso del Mastino. Non ci spaventa, non ci ha mai fatto paura. E’ la nostra forza.

AD UN PASSO DAL PARADISO

Peccato, peccato davvero. Eravamo vicini, vicinissimi al match ball, abbiamo toccato il paradiso per qualche istante, poi la plusvalenza Sulemana ci ha ricacciati in purgatorio.

Essere qui a recriminare per il punto ottenuto in Sardegna ci dà l’idea di che razza di partita abbia giocato il Verona. Eravamo in molti, forse tutti a firmare in bianco per prendere un pareggio in questa trasferta. Ma alla fine quelli che escono con l’amaro in bocca sono i ragazzi di Baroni.

Il Verona ha fatto di più, molto di più del Cagliari per vincerla e c’è andato vicinissimo. Se il gol di Lazovic non fosse stato annullato per qualche centimetro e Folorunsho e lo stesso Lazo avessero mantenuto la calma davanti a Scuffet, probabilmente il Verona avrebbe guadagnato i tre punti della virtuale salvezza.

Il punto, invece, ci tiene ancora dentro la bagarre, con le antenne diritte e come si dice dalle parti nostre con la “bareta fracà”. E’ ancora lunga, dura, difficile ma certo, i progressi e l’identità che la squadra ha ormai preso sono una certezza.

Le lodi sperticate di Ranieri a fine gara sono state l’esempio di quanto a volte sia difficile guardare in casa propria. Ranieri ha parlato di grande squadra, di un Verona difficile da affrontare, un avversario da prendere con le molle, con ottimi giocatori. E noi dal canto nostro, con la nostra lente d’ingrandimento sempre posizionata sulla squadra, pensiamo addirittura che questa macchina guidata com maestria da Baroni, abbia addirittura delle potenzialità inespresse.

Per esempio: Mitrovic è un diamantino grezzo, tutto da scoprire. Dani Silva un centrocampista che diventerà molto utile e Bonazzoli avrà dato sì è no il 20 per cento del suo enorme talento a questa squadra.

Aggiungeteci Serdar che per molti era una causa persa, aggiungeteci Noslin ormai commovente e Cabal che migliora di minuto in minuto e avrete chiaro il concetto che il meglio deve ancora arrivare. Intanto però portiamo a casa la salvezza, forti di un piccolo vantaggio che ci permette di giocare più liberi, ma senza mai illuderci. Il paradiso è un bel posto. Ma va conquistato con sacrifici, rinunce e persino penitenze.

UNA SCONFITTA CHE FA BEN SPERARE

Ci sono sconfitte e sconfitte. Quella contro il Milan la annoveriamo sotto la voce: sconfitte utili. Ci sono tante buone notizie che arrivano da questa partita. In cui il Verona ha affrontato a testa alta e senza paura una squadra molto forte. Il risultato ci sta, il Milan non ha rubato nulla, ma va detto che ha segnato su tre cavolate grandi come case del Verona e non con azioni schiaccianti.

Il Verona, nonostante tutto, non ha abbassato la testa, ha giocato fino all’ultimo minuto, ha anche illuso di poter riaprire la partita. Baroni ha giocato nel primo tempo cercando di non concedere profondità a Leao e a Theo Hernandez che sarebbero diventati devastanti senza la densità nella nostra metà campo. E’ piaciuto Centonze sulla destra, bene anche Serdar finchè è rimasto in campo, un po’ meno Suslov, Duda e Folorunsho che hanno faticato a trovare la posizione.

Baroni ha cambiato nel secondo tempo. Uomini e modulo. Peccato per il 2-0 propiziato da un errore di Dawidowicz che ha un po’ tagliato le gambe ma è a questo punto che è emersa la capacità di questa squadra di stare dentro le partite. Mitrovic è un giocatore che Baroni non può ignorare, idem Dani Silva. E con Swiderski vicino anche Nosilin è diventato più concreto ed efficace. La sua partita è stata da onorificenza del capo dello Stato, per voglia, grinta e anche qualità.

Ovviamente alzando il baricentro il Verona si è scoperto e il Milan ha avuto più spazi e più occasioni. Leao ha graziato Montipò calciando a lato ma poi Chukwueze ha approfittato dell’ennesima amnesia della difesa sugli sviluppi di un angolo. Ancora una volta, però, il Verona ha avuto un sussulto d’orgoglio e ha cercato fino all’ultimo di riaprire il match, tenuto in frigorifero anche da uno straordinario Maignan su Swiderski.

Morale della storia. Zero punti raccolti, ma la netta sensazione che questo Verona sia pronto a giocarsi la grande battaglia finale che l’aspetta in queste ultime nove partite. Nove gare che non si possono sbagliare. In cui si gioca anche una fetta di futuro del nostro piccolo ma “cazzuto” Hellas Verona.

SIAMO GIA’ DAVANTI AD UN MIRACOLO. VI SPIEGO PERCHE’

Se pensate a tutto quello che è successo, alla debolezza della società, alla morsa giudiziaria che attanaglia Setti, alla rivoluzione ritardata di gennaio, stiamo assistendo ad un miracolo. 

Vedere il Verona che lotta e che è ancora in corsa in un campionato durissimo, livellato, molto più difficile della scorsa stagione, non è scontato. Vedere che laggiù in fondo è dispersa una squadra come la Salernitana che ha speso quattro, cinque volte, forse sei quello che ha speso il Verona ci deve far riflettere su quanto l’Hellas sta facendo. Stiamo lottando con corazzate e chi si è risollevato, almeno parzialmente, ha cambiato tre allenatori per arrivare ad una quadra. 

Non sappiamo se il Verona si salverà. Può darsi che non ce la faccia, sebbene il colpaccio di Lecce sia evidentemente manna dal cielo. Ma intanto non deve passare in silenzio il miracolo dell’Hellas Verona che frettolosi opinionisti di mercato, bravi a farsi imbeccare dal procuratore di turno, molto meno sul piano della conoscenza calcistica, davano già per morto e sepolto alla fine di gennaio.

Ignoravano coloro e ahimè, purtroppo anche molti tifosi che si fanno imbeccare dai suddetti che non a caso spopolano più del papa sui vari social, che nel Verona lavora un ds che quando si tratta di costruire squadre e avere idee a basso costo dà due piste a tutti. 

Sogliano non è un portaborse, non è un lacchè, ed infatti non lavora con presidenti che amano circondarsi di maggiordomi zelanti. E’ un passionale, che ama Verona dove si sente realizzato. Quando lo ha richiamato a Verona, forza della disperazione, Setti ha compiuto un capolavoro. C’era bisogno nuovamente di “fare calcio” e Setti che è tutto, meno che scemo ha richiamato uno dei più bravi. 

Setti è uno che tiene sempre il frigo vuoto, zero soldi, pensiamo solo alla salvezza. Ma lascia autonomia e responsabilità come pochi. Può essere anche culo, non metto in dubbio, ma io al culo eterno non ci credo. Alla fine anche questo è un metodo di lavoro, può piacere o meno, ma se pensiamo alle sciagure del passato e a molte del presente, forse è meglio di tante altre storie.

Il Verona ha vinto a Lecce, oggi sarebbe salvo, Baroni e la sua squadra di ragazzi affamati hanno ora in mano il proprio destino. C’è ancora tanta strada da fare, tanto da lottare e da soffrire, toglietevi dalla testa che ci salveremo con abbondante anticipo. Ma siamo vivi, siamo cazzuti, lottiamo e ora se ne accorgono tutti. Non era scontato, ed è una bellissima notizia. 

PARLIAMO DI BEL GIOCO DOPO QUESTI TRE PUNTI? MA SIAMO DIVENTATI MATTI?

Ma vale la pena star qui a filosofeggiare su questo 1-0, vittoria conquistata con una squadra che spende dieci volte tanto, che si permette di cambiare il terzo allenatore in una settimana, pagandolo oltre un milione per quattro mesi di lavoro? Ma vi rendete conto voi che “ma manca il gioco”, di tutte le partite che si sono perse giocando bene? Ma state scherzando? A parte che non è fortuna: Swiderski ha pressato Henrique, ha dato il pallone a Bonazzoli che lo ha fatto accordare col diapason e poi davanti a Consigli lo ha appoggiato in gol con tocco felpato. Cambiate l’ordine dei fattori, cioè dei giocatori, e non credo che quello sarebbe stato gol. Ma a parte questo… Chissenefrega… Il Verona, povero, derelitto, senza soldi e con le pezze al culo, ha messo in cassa tre punti d’oro, ha battuto e inguaiato il Sassuolo, è di nuovo dentro un mischione pazzesco, in due punti c’è il mondo e la differenza che esiste tra inferno e paradiso.

Mi è piaciuta la partita? Nemmeno un po’. Ma avete guardato le altre? Qualcuno per favore, invece di leggere meme su Instagram e sparare sentenze, ha il coraggio di guardare qualche altra partita delle dirette concorrenti? Chi gioca bene? L’Empoli? Il Cagliari? Il Frosinone? L’Udinese? Dai per favore… Se vogliamo dirla tutta è uno schifo totale con la serie A che ha un livello spettacolare infimo, con giocatori che 20 anni avrebbero militato due categorie sotto questa, ma siccome tutto è relativo la situazione è esattamente questa. Siamo ancora vivi, siamo ancora in corsa e probabilmente ce la giocheremo fino all’ultimo secondo.

Sempre per i duri di comprendonio: il fatto scritto sopra è già un miracolo, visto le premesse di questa stagione e ancor di più gli sviluppi. Un presidente in massima difficoltà finanziaria che non regge più il gioco, per di più nella morsa di una azione giudiziaria che rischia di travolgerlo. Eppure nonostante ciò, e sarebbe sufficiente per assistere ad un campionato da ultima classifica, alla deriva come molti ne abbiamo visti nella nostra storia (sempre per gli smemorati), il Verona è dignitosamente, orgogliosamente, più che mai aggrappato alla serie A.

Che poi, anche in situazione normale (ossia con un presidente normale, bilanci normali etc) sarebbe comunque eccezionale partecipare per la sesta volta consecutiva alla serie A. E ora ditemi se quella di oggi non è una vittoria da sei punti e se vale la pena rispondere a chi parla di bel gioco dopo una gara così.

CHE DELUSIONE, TUTTO TROPPO FACILE PER IL BOLOGNA

Il problema non è scoprire se il Bologna è più forte del Verona (lo è) nè quanto lo sia di più (tanto). Il problema è che il Bologna ha battuto il Verona troppo facilmente, senza quasi sporcarsi le magliette, senza neanche sudare, quasi in “surplace”. 

Il Verona non mi è piaciuto, non mi è piaciuto l’atteggiamento, non ho capito che gara volesse fare Baroni, non ho capito alcune scelte. Qualche settimana fa, pure davanti a cocenti sconfitte, esempio quella di Napoli, eravamo qui ad applaudire i nostri ragazzi per l’impegno, l’orgoglio, la tenacia con cui avevano giocato. Questo per dire che sappiamo riconoscere una prestazione al di là del risultato e che non ci facciamo condizionare dal punteggio nel giudizio.

Ma il Verona di Bologna è stata una sberla in faccia alle nostre illusioni. Giocando così non ci si salva. C’è poco da fare. O questa squadra, questi ragazzi, l’allenatore si mettono in testa che per raggiungere l’obiettivo, dopo tutti i punti buttati sciaguratamente, bisogna fare qualcosa di eccezionale, o si scivola in maniera inesorabile verso il baratro.

Forse la gara con la Juventus ci aveva illuso che si fosse imboccata la strada giusta, un po’ come ci eravamo illusi dopo le due vittorie iniziali. Spero che Baroni, ora che il frigo delle scelte è tornato opulento, non inizi a fare la stessa confusione di qualche mese fa. Quando cominciò una girandola che ha portato alla crisi di risultati che quasi non sfociava con il suo esonero. Non voglio esagerare ma sembra quasi che il nostro allenatore lavori meglio in emergenza, quando è costretto a tirare fuori i ragni dai buchi, piuttosto che quando ha delle alternative. 

Ora, non è il caso di fare drammi che non portano da nessuna parte e non aiutano a ragionare. La sconfitta di Bologna la sia poteva anche mettere in preventivo, non è uno scandalo, piuttosto è preoccupante vedere questa involuzione nel gioco, questa incapacità nel cambiare passo e spartito al match dopo la cavolata di Montipò. C’è il Sassuolo alla prossima, uno spareggio. Se si gioca così, di sicuro non si vince e probabilmente si perde.

UN GRANDE VERONA CHE HA SMENTITO I GUFI

Il Verona non è ancora morto. Anzi è più vivo che mai. Smentendo le cassandre e i gufi che in giro per l’Italia lo davano già in serie B dopo la rivoluzione di gennaio, l’Hellas ha fatto tremare la Juventus, centrando un’impresa, sfiorando la vittoria. Alla fine, forse a recriminare è proprio la squadra gialloblù, brava, sbarazzina, che ha chiuso all’attacco, rischiando anche di perderla (grande Montipò), ma rischiando anche di vincerla (McKennie provvidenziale a chiudere di testa su Vinagre).

Baroni sembra un altro allenatore. Prepara le gare benissimo, azzecca i cambi, persino in sala stampa comunica in maniera diversa. E’ come se fosse padrone della materia, come se questa squadra fosse diventata veramente sua solo da un mese. Non è più un caso se il Verona ha fatto tremare tutte le grandi. Già a Firenze l’Hellas fece un partitone, ma a ben vedere giocò a testa alta anche con il Milan e con l’Atalanta al Bentegodi. Ma nelle ultime settimane il rendimento è migliorato di gara in gara, fino alle prove bellissime con Inter e Roma, in cui non si raccolse punti solo perché si sono sbagliati calci di rigore a ripetizione.

Ora si dirà: ma manca sempre la vittoria. Ed è vero. Anche contro la Juventus è mancato qualcosina per portare a casa i tre punti, dettagli che però fanno la differenza. Un rinvio sbagliato, un rilancio a caso, un po’ di sano cinismo davanti. Ma come si fa a non applaudire questi ragazzi che stanno veramente onorando la maglia, impegnandosi allo spasimo, pur con tutti i loro limiti, ma anche con tutte le loro qualità? Come si fa a non dire bravo a Dani Silva che viene scaraventato in campo un minuto prima dell’inizio perchè Serdar s’è fermato, come fai a non apprezzare Noslin che non solo ha corso come un dannato ovunque e comunque, ma ha pure segnato? E Belahyane, giovane promessa, un fuscello in mezzo ai colossi che entra, lotta, senza paura e persino si prende la briga di far lavorare Szczęsny?

Come scrivevo in mezzo a tanti scettici, il Verona ha preso forma, ora ha una logica, se la giocherà sicuramente per la salvezza. Non ho dubbi: se questa rivoluzione fosse arrivata quest’estate, il Verona si sarebbe sicuramente salvato. Ma viste le premesse, visto quello che è successo, visto la debolezza finanziaria della proprietà, essere ancora qui a giocarsela e giocarsela in questa maniera, è già un successo. Alla faccia di tutti i gufi…

UN PUNTO DA TENERSI STRETTO (MOLTO) E POCO IMPORTA SE IL VERONA NON È STATO BELLISSIMO

Dire che col Monza era meglio vincere è un esercizio alla Catalano. E’ sempre meglio vincere. Anche con il Napoli era meglio vincere (ma si è perso). Ed era meglio vincere tutte le volte in cui il Verona lo avrebbe meritato ma non solo non ha raccolto punti, ma ha sempre perso.

Ed allora questo punticino raccolto a Monza, che magari ci fa storcere il naso per il (non) gioco del secondo tempo va tenuto stretto, anzi strettissimo.

Quando si valuta una partita del genere bisogna sempre tenere presente tanti fattori. Innanzitutto il calcio non ha il potere transitivo. Ogni partita ha una storia, ha delle difficoltà, non si può dire “Se giocavamo come contro il Napoli, questa partita si vinceva”. Non funziona così. Giocare contro il Napoli, come contro la Roma o contro l’Inter (e prossimamente con la Juve) paradossalmente per il Verona è più facile. Sono quelle gare che dai per perse e che puoi affrontare con mente più leggera, senza condizionamenti, conscio che se pareggi o vinci fai un’impresona e se perdi non succede niente. Perdere con il Monza, invece, poteva essere una mazzata letale, il morale va sotto i tacchi, la classifica diventa problematica.

E poi bisogna pensare a questo nuovo Verona che ha cambiato quasi tutto, in corsa, senza il tempo di riassemblare la squadra. Una Babele di giocatori, che devono trovare un’intesa, uno spogliatoio, un rapporto comune. E poi c’è la preparazione fisica, diversa per ognuno di loro. So che nell’ultima settimana Baroni ci ha dato dentro parecchio da questo punto di vista, mettendo benzina nei muscoli, ma inevitabilmente appesantendoli. 

Aggiungiamoci che mancava Suslov, uno che è diventato leader sul campo, in questo momento di ribaltamenti una certezza.

Qualcosa di buono s’è visto. Primo: la squadra non ha avuto i soliti momenti di amnesia, nella difficoltà del match ha usato il corpo come un pugile che si difende, rendendo la partita più sporca, più brutta proprio per ottenere il risultato.

C’è un giocatore che sta diventando un grande faro: Serdar. Dove lo avesse relegato Baroni in precedenza non è dato a sapere. Dice il mister che ora Serdar ha capito che l’impegno deve essere massimale, ribatto che prima Serdar faceva la riserva a Hongla, con tutto il rispetto, non a Tardelli. Ma va bene lo stesso, meglio tardi che mai. 

C’è molto da lavorare in attacco, dove la vera e unica partenza dolorosa è stata quella di Ngonge. Baroni deve oliare meccanismi e movimenti. Swiderski che ha l’attitudine del vero attaccante, merita di essere messo in condizioni migliori e non essere trattato come se fosse un Djuric qualsiasi. Folorunsho la deve smettere con tacchi, tacchetti e tacchi a spillo. Usi i suoi polmoni per correre, fare le cose semplici, non il Maradona dei poveri. E da Lazovic è lecito aspettarsi molto di più. Passi che non abbia più gli strappi dei tempi di Juric, che non abbia più la gamba per stantuffare su e giù a sinistra, ma uno come lui, con le sue qualità e il suo carisma, davanti al portiere deve segnare. 

Prendiamoci questo punto e ora sotto con la Juventus. Come detto, in fondo, queste sono le partite più semplici e la Vecchia Signora al Bentegodi ha sempre fatto una fatica terribile. Sia mai che l’impresa è dietro l’angolo…