Ivan Juric lo volevano tutti. Napoli, Roma, Lazio. Vi ricordate quella primavera del 2021? La passammo praticamente a elencare le squadre dove il generale Ivan avrebbe potuto andare. Del resto i suoi due miracolosi anni a Verona non erano passati inosservati e il suo manager Beppe Riso si sfregava le mani. Fu un momento tormentato della storia recente del Verona, perché Juric, quando se ne andò lasciò un vuoto incolmabile. Scrivemmo una lettera indirizzata al condottiero quasi d’amore, gli spiegammo che non avrebbe più trovato quella magia trovata a Verona. Ed andò così.
Marco Baroni è arrivato a 60 anni. Ha fatto una onesta, onestissima carriera in tutte le categorie. Ha vinto campionati di B, ha salvato il Lecce. Ma solo a Verona, nella magia di questa piazza, la sua impresa è diventata da copertina. Tanto da meritarsi la panchina della Lazio. Baroni ha avuto l’occasione della vita, se l’è meritata.
Juric nel frattempo non se lo fila più nessuno. Pare un appestato. Due anni al Torino di Cairo lo hanno depotenziato, scaricato, normalizzato, logorato. Nessuna squadra italiana lo vuole, la lite con Vagnati finita sui social gli ha creato l’etichetta di piantagrane.
“There is no world without Verona walls. But purgatory, torture, hell itself. Hence-banished is banish’d from the world. And world’s exile is death”. Queste parole che Shakespeare fa dire a Romeo, esiliato da Verona, sembrano profetiche. Come se solo dentro queste mura, dentro quello stadio per traslazione, si compisse la magia dell’amore.
Non credo sia casuale. Verona è una piazza esaltante che va amata per quello che è e che lascia una traccia in tutti coloro che vengono qui a fare calcio. Basta sentire parlare Sogliano, uno che viene da fuori e a cui Verona mancava da morire, per averne la prova. La passione che si respira, che si vede, che si tocca, la gente che nel 2024, in piena era tv, gremisce lo stadio, l’identità scaligera che crea aggregazione a prescindere dalle categorie, sono molle che, per dirla alla Tamberi, ti fanno toccare il cielo.
Lo scriviamo perché è giusto che tutti coloro che vengono qui a lavorare, a giocare, a vestire quella maglia ne devono essere consci. Quando capisci Verona, i veronesi, cosa vogliono, cosa ti chiedono, quando ti sussulta il cuore nel tunnel degli spogliatoi, quando poi, te ne vai e rimpiangi per sempre quella scelta, è il tatuaggio nel cuore che Verona ti lascia.
E l’esilio, vuol dire morte…