SCONFORTANTE SEGNALE DI IMPOTENZA

Cosa puoi dire, scrivere, commentare se dopo una gara del genere torni a casa con un 3-0? Colpa di Pecchia? Si può darsi, può darsi che sia tutta colpa dell’allenatore, ma io continuo a guardare la luna e non quel maledetto dito. Pecchia ha responsabilità per aver avallato sempre e comunque tutte le scelte rischiose ed estreme della società, per aver accettato di giocare in serie A con un manipolo di scommesse e talvolta, non sempre in verità, per aver complicato il loro cammino.

Ma a Bergamo il Verona (di Pecchia) ha costruito quattro palle gol e non è colpa del tecnico se là davanti gioca un ragazzino di 17 anni. Non è colpa neanche del ragazzino, ma intanto il Verona perde. E non è colpa di Pecchia se Bessa, un fantasma rispetto allo splendido giocatore della scorsa stagione, cincischia un pallone grondante sangue al limite dell’area e permette all’Atalanta di portare a proprio favore l’equilibrio del match.

Il resto è solo una conseguenza. Rivedere i gol del Verona è come fare un giro a piedi scalzi sui ciotoli del Garda, procura lo stesso fastidio della sabbia nel costume bagnato.

L’unica verità che emerge da questa partita, da questa ennesima sconfitta è l’ennesima triste panoramica sull’impotenza di una squadra che ha limiti tecnici non adeguati al livello della serie A. Finisce qui ogni considerazione sebbene sia la più amara, me ne rendo conto. Dare la colpa a Pecchia, amici miei, significa assolvere le responsabilità della società. Se volete fate pure. Io continuo a guardare la luna. E a incazzarmi.

LA GRINTA NON BASTA

Premessa: considero il Chievo MOLTO superiore al Verona.

In quanto tale pensavo ad una goleada in questo derby. Ho visto un Chievo così superiore? No. La squadra di Maran ha vinto, ma per farlo ha sudato sette camicie. E questo è stato per merito del Verona che m’è piaciuto molto di più che, ad esempio, contro il Benevento.

Certo, come molti di voi faccio fatica a capire le cervellotiche soluzioni di Pecchia (Souprayen centrale, assolutamente INADEGUATO, riguardare il terzo gol clivense please), ma in quanto a spirito e a voglia di giocarsela il Verona ha fatto vedere di esserci.

Questa squadra aveva così abbassato le nostre singole aspettative che probabilmente ci basta una goccia d’acqua per dissetarci, ma in realtà non possiamo sempre fare il giochetto di ritenere gli avversari non adeguati quando il Verona fa risultato e viceversa tirare contro ai nostri in caso di sconfitta.

Il Verona è una squadra costruita MALE. Fisicamente è una pippa, la tecnica non è così eccezionale da fare la differenza. Il Chievo ha una sua logica (esperienza e fisicità) il Verona è un mostro. Troviamo giocatori come Bruno Zuculini che sono costretti sempre ad andare OVER (l’espulsione comunque non c’era, l’intervento era sul pallone) per sopperire alla leggerezza dei compagni e altri che non incidono. Ma è in difesa che il Verona è un disastro. Errori che si ripetono e difetti in cui l’esperto Chievo è andato a nozze. La palle da fermo sono una sentenza, il resto lo fanno giocatori che non sono abituati alla serie A. Ripeto ancora: non aiuta il girovagare senza meta di Pecchia che cambia interpreti troppo spesso generando confusione. Bisogna trovare al più presto stabilità, insistere nei ruoli, fare le mosse più logiche anche per non mettere in difficoltà i propri giocatori. Era una bestemmia partire con Romulo, Caracciolo, Caceres e Fares? Credo di no.

In questo momento il Verona si sta aggrappando al proprio orgoglio e al proprio carattere. E’ questo che ci ha fatto vincere contro il Benevento e non ci ha fatto sfigurare contro il Chievo, pur in una sconfitta meritata. E’ una base di partenza, non il punto d’arrivo. Se non sarà condita dal lavoro dell’allenatore non basterà.

 

IL CUORE OLTRE L’OSTACOLO

Ma cosa ci raccontiamo? Che questi tre punti sono uguali agli altri? Dai, su non scherziamo. Questi punti ne valgono sei, ma forse sette o otto se pensiamo all’effetto benefico che avranno sul morale. Pecchia potrà barare finchè vuole, ma sa benissimo che stasera è iniziato il campionato del Verona. Battere il Benevento era fondamentale e ora sì, possiamo almeno affermare che il Verona può (sottolineo può) giocarsela per la salvezza. Se poi ce la farà non lo so, ma sicuramente a questa corsa ora ci siamo iscritti anche a noi.

All’allenatore va un merito: avere passato una bufera che ha rischiato di travolgerlo, ritrovando al contempo una squadra. Non è che ora i pericoli e le insidie siano finiti. Anzi: ce ne saranno ancora tantissimi, ma almeno possiamo sperare di non essere una comparsa che si vede solo nei titoli di coda del film.

Ha giocato bene il Verona? Boh, ni, ma è così importante? Credo che la cosa più importante fosse vincere e che per lo spettacolo (bello) si possa fare un salto in qualche sala cinematografica. Il Verona non è uno spettacolo, ma è emozione, passione, scintille. E per me stasera queste componenti ci sono state. Nei limiti tattici e tecnici di una squadra che, è bene ricordarlo, nelle promesse di inizio stagione ha detto di voler essere il Crotone e non il City. E allora, diamo atto a questi ragazzi di aver sputato sangue per vincere contro il modestissimo Benevento.

Il Verona ha gettato il cuore oltre all’ostacolo e per coerenza va applaudito, non solo per il successo, ma anche per la volontà di conseguirlo, in mezzo a tanta troppa confusione tattica. Il suo simbolo è “roller-coaster” Romulo, uno che quando prende velocità non sai mai quando si fermerà, ma intanto è uno che sa risolverti le partite con uno dei suoi fenomenali colpi dopo averti fatto imprecare per aver sbagliato un appoggio ad un metro mezzo. E grazie a Fares che pare aver trovato il ruolo che forse ne decreterà la grandezza, e poi Verde che quando è entrato ha dato la scossa come se fosse un filo scoperto dell’Enel. Menzione d’onore poi per Pazzini che sebbene non abbia segnato ha fatto capire che pure con le ginocchia malandate è uno che in campo ci deve stare sempre, almeno in questa squadra e in questo Verona. E grazie anche a Pecchia che ha preso più pugni di Rocky negli ultimi due mesi ma non è mai andato ko. Non l’ho sentito urlare Adriana, ma spero di non sentirlo dire che il derby con il Chievo è una gara come le altre…

NON PRENDIAMOCI IN GIRO: E’ LA GARA DELLA VITA

Per favore non prendiamoci (prendeteci) in giro. Sento gente, leggo interviste in cui questa gara con il Benevento è solo uno step, uno dei tanti di questo campionato. Balle: questa è una gara fondamentale, decisiva. E’ la gara della vita che ci dirà se il Verona quest’anno può lottare per la salvezza o se farà solo la comparsa.

Capisco la volontà di allentare la tensione. Ma questa tensione, purtroppo te la sei creata da solo. Se dici che il Verona partecipa ad un altro campionato e che certe partite le puoi perdere 2-1 ma anche 5-0, è chiaro che quando arrivano le partite del “tuo” campionato, non le puoi sbagliare, nè tantomeno puoi far finta che non sono importanti.

La gara con il Benevento vale doppio e vale anche per la panchina di Pecchia. Sappiamo benissimo come vanno queste cose: prima di un match così delicato non c’è dirigente che non giuri sulla “fiducia massima al nostro allenatore”, ma lunedì sera si conteranno morti e feriti e se il Verona dovesse perdere le analisi e la piazza costringeranno  a fare altre valutazioni a Setti.

Ovviamente lo stesso discorso vale anche per il Benevento.

Credo che il Verona sia comunque favorito. Gioca in casa ed è reduce dal pareggio contro il Torino che ha fatto capire, almeno, che la squadra non è morta. Quella rimonta è stata una scintilla e proprio recentemente a Gialloblu Live, Massimo Pavanel spiegava come su queste gare epiche si crei veramente l’alchimia di una squadra e anche la base per altri successi.

Fossi in Pecchia non speculerei su questa gara. Il Verona deve scendere in campo per aggredire l’avversario e spero che la squadra abbia una logica e per quanto possibile riproponga gli undici di Torino. La gara si giocherà a centrocampo dove uno come Bruno Zuculini mancherà tantissimo non essendoci in rosa nessuno con le medesime caratteristiche (ci sarebbe il fratello Franco, ma è durissima vederlo in campo ). Temo un Verona lento e compassato, che vada di uncinetto più che di fioretto, che faccia ricami e non gol. Ma avremo davanti la peggior difesa e il peggior attacco della serie A, non il Real Madrid. Per questo l’unico risultato contemplato è la vittoria.

 

CHI DEVE CREARE L’ENTUSIASMO?

C’è stato un momento di questo campionato in cui chiedevamo disperatamente alla squadra e a Pecchia un segnale. La famosa scintilla. Senza quella non si può creare entusiasmo. E quella deve arrivare solo ed esclusivamente dal campo. L’entusiasmo non si può creare artificialmente ma si può alimentare, questo sì. Come si poteva creare un minimo d’entusiasmo davanti alle prestazioni penose del Verona? La gara con la Sampdoria c’era sembrata buona come una Coca Cola ghiacciata nel deserto. Era stato un piccolo segnale, che avevamo tentato di tenere vivo come fanno i protagonisti dei reality di sopravvivenza quando tentano di creare il fuoco strofinando due legnetti.

Ma poi la gara insipida con la Lazio ci aveva di nuovo fatto affogare. Che entusiasmo puoi creare dopo una gara del genere? A cosa ti appigli? E’ evidente che oggi dopo la gara con il Torino, in straordinaria e generosa rimonta, argomenti ce ne sono.

Ora però bisogna evitare di esagerare dalla parte opposta. E cioè nel tentativo di creare entusiasmo dire che il Verona ha fatto una grande partita. Sarebbe un insulto alla verità. E’ vero invece che la squadra di Pecchia ci ha dato un segnale importante su cui adesso va costruito un campionato di sofferenza ma non da comparsa. Il mister ha insistito nel suo turbinio di scelte. Pecchia ha la necessità di fermarsi un attimo a ragionare se vuole dare un po’ di continuità a questa prestazione. Deve pensare a cosa è andato bene e a cosa è andato male. E insistere sulle cose positive, abbandonando quelle negative.

Ad esempio: a me è piaciuto molto Fares sulla fascia sinistra. Bene: ora si insista su di lui. Gli si dia fiducia, strumenti e conoscenza per diventare un buon terzino sinistro. Forse anche ottimo visto cosa c’è in giro.

Allo stesso modo: è indubbio che il Verona con Pazzini e Kean in campo è stata un’altra cosa. E’ un’evidenza così solare che non vederla vorrebbe dire essere autolesionisti. I due possono coprire assieme le personali deficienze (la tenuta fisica per il Pazzo, l’esperienza per Kean) e il risultato andrebbe a tutto vantaggio del Verona.

Il Verona adesso ha disperato bisogna di certezze. Pecchia deve finirla con gli esperimenti nel tentativo (comprensibile) di coprire le lacune della rosa che gli è stata messa a disposizione. E ora deve sfruttare il vento a favore che questo risultato riuscirà a creare. Il segnale è finalmente arrivato. Dal campo, laddove doveva arrivare.

ALLO SBARAGLIO

Dopo la grottesca conferenza stampa di Seung Lee Woo, in cui le risposte duravano tre minuti e la traduzione due secondi (ci resta l’enorme curiosità di sapere cosa abbia realmente detto…) mi viene solo una piccola riflessione. A prescindere dal valore del giocatore (che si scontrerà poi con una serie di variabili che appartengono al campo dell’ennesima scommessa), è un peccato che il Verona stia mandando allo sbaraglio i suoi giovani.

Non è così che si fa un progetto basato sui ragazzi. Non mettendoli in campo in partita impossibili per loro, caricandoli di responsabilità eccessive, paragonandoli a campioni le cui gesta non potranno mai raggiungere, sperando nella loro esplosione. Non è così che si fa e non si crea patrimonio societario in questa maniera.

Anzi: oggi Zaccagni, Fares, Valoti, Kean sembrano pulcini bagnati, mandati allo sbaraglio senza protezione alcuna. Mi diceva un amico allenatore qualche anno fa: i giovani sono straordinari, ma vanno mantenuti “vivi” nei risultati positivi. Se tutto va bene, il giovane migliora e con il suo entusiasmo ti porta alle stelle. Ma se precipiti in un gorgo negativo i giovani si fanno prendere dalla paura, ti trascinano in basso, recuperare è durissima.

E’ quello che ha detto Pazzini domenica scorsa. E’ quello che pensiamo tutti. A Verona si dice: “Non se ferma el tren col cul”. Aspettiamo la traduttrice sudcoreana per spiegarcene il significato.

POVERO PECCHIA

Fabio è un uomo solo. Lasciato in balia degli eventi. Un uomo che ripete ossessivamente che solo “il lavoro ci salverà”. Gli è rimasto il cerino in mano. Il pubblico lo ha messo sotto torchio. Succede che tra Cristo e Barabba si scelga Cristo. Non è colpa sua ma è anche colpa sua. Ha lanciato messaggi sbagliati, troppi, senza che a questi messaggi seguisse un fatto concreto. La sua squadra è un nulla cosmico. Difende ma non sa difendere.  L’Utopia di un gioco offensivo è rimasto tra le buone intenzioni. Non c’è anima, non c’è grinta ma solo una roulette di giocatori, ruoli, moduli.

Ho l’impressione, ma spero di sbagliarmi, che nessuno o gran pochi lo seguano dentro al gruppo. Per attuare le rivoluzioni devi avere un esercito, sennò diventi un martire. E un idiota. Sebbene utile. Pecchia è rimasto da solo. Lo ha abbandonato Pazzini che ha i coglioni girati per come lo hanno trattato. Non ha tutti i torti. Che colpa ha il Pazzo se due anni fa lo hanno preso facendogli firmare un quinquennale e due anni dopo quella stessa società si è accorta di aver fatto una cazzata? Lui il contratto lo ha sempre voluto rispettare, lo abbiamo firmato in due, non io da solo. Giusto. Potevate pensarci prima. Potevano pensarci Gardini e Bigon e anche Mandorlini che Pazzini non lo faceva mai giocare perchè aveva Toni. E poteva pensarci Setti che sembra sempre che non abbia colpe perchè la colpa è di Sogliano, di Gardini, di Mandorlini e di Pecchia.

Non avrebbe colpa nemmeno Pecchia se non ci fosse stata quell’assurda manfrina delle prime due giornate e le spiegazioni sul “devo metterlo nelle condizioni di essere il miglior Pazzini”. Pazzini c’è ma non ci crede.

Pecchia deve allenare bambini di 17 anni a cui chiediamo di portare il Verona alla salvezza. Una follia. E’ come buttare dei neonati in piscina. Su 10, 9 annegano e uno forse impara a nuotare. Nel frattempo il Verona affonda. I problemi sono a tutti i livelli. La squadra è di una inconsistenza disarmante, attaccarsi a 25 minuti di attesa nella propria metà campo per trovare il bicchiere mezzo pieno, rasenta il ridicolo. Quasi come dire che la stampa veronese è cattiva.

Se la società ritiene di aver costruito una squadra all’altezza e i risultati sono questi allora la logica conseguenza è evidente. Pecchia deve andarsene via subito, forse anche ieri. Perché ciò che il campo ci ha fatto vedere in queste sei gare è stato penoso. Inutile persino elencare i record negativi: 14 gol presi, un solo gol fatto e su rigore, 457 minuti senza segnare, zero vittorie, due pareggi sofferti. Dire che il campionato è lungo ha un senso solo se in assenza di risultati arrivano le prestazioni. Qui manca tutto. Prestazioni e risultati. E allora sarà Pecchia a pagare. Almeno poi capiremo che squadra è questo Verona.

 

SIAMO TUTTI BEARZOTTI

Segnatevelo questo nome. Sicuramente ce ne ricorderemo. Chissà come sarà la carriera di Bearzotti Enrico nato a Palmanova il 29 ottobre 1996. Magari si dipanerà in serie C, magari sarà un buon giocatore di serie A o in serie B. Non lo sappiamo adesso e neanche lui lo sa. Quello che sappiamo è che Bearzotti è un ragazzo che ha giocato la sua prima gara in serie A contro la Sampdoria, il 20 settembre 2017 ed è stato l’eroe della serata. Eroe perché non doveva giocare e ha giocato solo perchè Caceres si è chiamato fuori al mattino. Eroe perchè ha giocato in un ruolo non suo. Eroe perchè ha fatto tutto quello che un tifoso del Verona chiede ad un suo giocatore. Ha corso tantissimo. Si è buttato su ogni pallone. E’ uscito stremato.

Bearzotti non è un fenomeno. Ma è un ragazzo serio che ama il suo lavoro. La differenza nel calcio la fa proprio la testa. Era un fenomeno Damiano Tommasi, giusto per citare uno che era allo stadio a vedere il Verona stasera? No, ma era un giocatore straordinario per serietà applicazione, determinazione, maturità. Prendo Bearzotti, evidentemente, come un pretesto per spiegare a suocera ciò che nuora non ha inteso. Nessuno a Verona vuole il male della squadra. Solo che ci incazziamo da morire se chi gioca nel Verona non la prende seriamente. Certo, per carità a volte ci sfiniamo con le bottigliate sugli zebedei in stile Tafazzi, ma solo per un atto estremo d’amore. E siamo pronti ad apprezzare chi ha voglia di farci cambiare idea. Nicola Ferrari potrebbe scrivere un libro sulla sua gita all’inferno e il ritorno in paradiso. Stiano sereni Fusco e Pecchia: qui nessuno rema contro il Verona. Solo che non ci piace essere presi in giro e non ci piacciono le frottole.

Finalmente quel segnale che chiedevamo è arrivato. Non la prova perfetta, per carità. Siamo lontanissimi da uno standard accettabile. Ma almeno siamo vivi. E su questa prestazione possiamo adesso aggrapparci per costruire un po’ di autostima.     E’ bastato fare due cose due di logica e buon senso e la squadra ha ritrovato un suo filo conduttore. Impossibile non guardare al centrocampo dove Fossati ha imposto ordine e intensità. Facendo crescere di conseguenza il rendimento di Bessa e di Bruno Zuculini. E quindi proteggendo la difesa che fino al finale in apnea ha retto l’urto sampdoriano. E’ mancato, è vero, il guizzo in avanti. E qui va fatto un ragionamento. E’ proprio impossibile affiancare Pazzini e Kean, piazzare Bessa alle loro spalle e mettere qualche muscolo a centrocampo?

Mi è capitato di rileggere in questi giorni una frase di Aristotele che secondo me calza a pennello per il Verona di Pecchia. Il filosofo greco diceva: “Uno stato è governato meglio da un uomo ottimo che da una ottima legge”. Se la legge è paragonabile al modulo, preferisco di gran lunga un allenatore di buon senso.

PAROLE VUOTE SE NON SEGUONO I FATTI

Mi era piaciuto Pecchia venerdì. Cazzuto al punto giusto. Speravo che quella conferenza stampa fosse l’inizio della riscossa. Di un Verona lottatore, di una squadra che rendesse la vita difficile alla Roma. Allora le sue parole, la sua faccia da duro, il suo sguardo risoluto avrebbero avuto un senso. E avrebbero avuto un senso anche le critiche post Fiorentina, perché è giusto che ci sia una critica che metta in discussione e faccia crescere.

Il problema è che a Roma il Verona ha continuato sulla falsariga della gara con i viola. La sensazione di imbarazzante inadeguatezza alla categoria sta diventando un’idea concreta. Il Verona non lotta, è in balia dell’avversario, non ha idea. E’ finita 3-0 ma con onestà dobbiamo ammettere che poteva finire 6/7 a zero e non ci sarebbe stato nulla da ridire. Ora ce lo dicono anche gli osservatori esterni che il Verona non è adeguato e Di Francesco ha persino avuto il pudore di non parlare di un avversario impotente.

Si può uscire da questa situazione? Questa è la domanda che Fusco e Pecchia si devono seriamente fare. Perché non possono essere felici di come si stanno mettendo le cose e perchè dare la colpa ai mugugni del Bentegodi e alla (terribile) critica veronese rischia di generare una situazione ridicola.

A Roma osservatori neutrali hanno detto esattamente quello che è stato detto una settimana fa qui in città. E cioè che il Verona, questo Verona sprofonda diretto in serie b senza lottare. Il campionato è lungo, ma quattro giornate ci hanno detto qualcosa. E cioè che la squadra di Pecchia non ha nemmeno una delle caratteristiche che deve avere una squadra che vuole la salvezza. Tutti noi abbiamo visto Crotone e Benevento lottare e sputare sangue. Il Verona non lo fa. Ma non fa nemmeno quello che speravamo: cioè giocare con un’idea di gioco che non sia la palla lunga. Troppo poco per parlare di crescita.

Fabio, così non va, te lo dico sinceramente e lo sai anche tu. Qui serve una scossa, una scintilla, un segnale per poterci credere per accendere una piazza facile alla depressione ma generosa come poche. Altrimenti restano solo parole vuote.

 

MANITA GRACE

Iniziamo col dire che una partita così indecente non si vedeva da anni al Bentegodi. Al solito, come succede in queste occasioni, si cercherà il colpevole. Setti, Fusco, Pecchia, Nicolas. Ho esperienza per dirvi che la colpa è di tutti quando succede una cosa del genere. Inutile cercare un capro espiatorio. Era colpa di tutti quando il Verona retrocesse in B all’ultima giornata a Piacenza, era colpa di tutti quando non salimmo in B perdendo in casa con il Portogruaro. E’ colpa di tutti se il Verona di due anni fa è precipitato in B arrivando ultimo.

La verità è che Setti non appare più adeguato a sostenere un impegno come lo è il Verona. Questo lo abbiamo detto e lo ripetiamo. Questa squadra sarà pure una solida realtà e non un sogno come ha detto il d.o. (direttore operativo) Barresi al collega Fontana del Corriere di Verona, ma non è adeguata alla serie A. E’ una specie di gioco d’azzardo dove il banco vince sempre o quasi. Ma se il mercato ci ha dato questo, il resto ce lo hanno messo Pecchia e i giocatori. Scarsi va bene, ci può anche stare. Indolenti, incapaci di reagire, abulici, disastrati, senza orgoglio, no, non ci sta.

Ci sono squadre mediocri che si sono salvate con altre armi. Questo Verona è invece figlio di ragionamenti presuntuosi e poco aderente alla realtà di un campionato duro come la serie A. Se non si cambierà pensiero l’impressione è che si vada incontro ad una disfatta memorabile.

Inutile chiedere ai tifosi sostegno quando poi dal campo partono segnali di queste proporzioni. Possiamo stare uniti attorno ad una formazione che abbia cuore non ad uno zombie putrescente.

Pecchia si è messo a petto in fuori a prendersi le colpe. Un atteggiamento che gli fa onore ma che serve a poco se dietro alle parole non si vede un po’ di lavoro. Il suo Verona continua ad offrire gli stessi difetti mentre i pregi proprio non si intravvedono neanche più. Se l’anno scorso in serie B per la prima parte della stagione il Verona aveva un’identità (palla a terra, geometrie, riconquista del pallone nella metà campo) oggi tutto questo è diventato solo un ricordo pallidissimo. Il Verona non è muscolare ma non è neanche tecnico, aspetta l’avversario ma non sa ripartire, non lavora con gli esterni e non c’è un inserimento di un centrocampista. Nicolas è solo l’ultimo anello di una catena che dal punto di vista tattico è un disastro. Non si riesce mai ad assorbire una ripartenza di un avversario. Ogni calcio piazzato è una specie di salita al Monte Calvario, il lancio in mezzo ai due centrali una sentenza di gol. Intensità e ritmo sono rari come il Gronchi rosa.

Insomma questo Verona è una squadra che vorrebbe “essere” ma che non ha le doti per “esserlo”. E neppure però la capacità  di poter cambiare, perchè il mercato ha portato un 17 enne talentuoso e un coreano che prima di dicembre non sarà inserito a meno di non buttarlo allo sbaraglio.

Il guazzabuglio è veramente preoccupante e riporta direttamente a Setti e alla sua incapacità di agire sul mercato per strutturare nuovamente il Verona dopo gli errori gestionali del passato. Comunque la si mette, ci aspettano tempi duri. L’unica piccola buona notizia è che siamo appena alla terza giornata. E i conti si fanno alla fine. Ecco, speriamo solo che non sia troppo tardi.