UNA FOLLIA CREARE IL DUALISMO CACIA-TONI

Pensieri d’estate: ma se gioca Toni, Cacia s’intristisce? Credo che Luca Toni nelle prime due amichevoli sia andato ben oltre ogni più rosea previsione. Ha smentito tutte le cassandre che ne parlavano come di un giocatore in declino o finito. Toni sarà una preziosa risorsa per il Verona che torna in serie A. Ma il Verona non potrà prescindere dal suo bomber principe. Cacia ha segnato la bellezza di 24 gol nell’ultimo campionato. Se il Verona ha raggiunto la A è anche grazie a queste reti. Le prime amichevoli non devono trarre in inganno. Cacia sarà tirato a puntino per l’inizio del torneo. E segnerà anche in serie A. Non c’è dubbio. Alimentare un dualismo tra i due è deleterio. Saranno utili alla causa, sia che giochi uno, sia che giochi l’altro, sia che giochino assieme (Mandorlini non l’ha escluso rispondendo a una mia precisa domanda a Trento).

Io la vedo così: Luca sarà utilissimo contro le grandi. Quando il baricentro si abbasserà e bisognerà iniziare a difendere partendo proprio dall’attacco. Come tiene palla lui non lo fa nessuno. E quando sei in difficoltà uno come Toni con centimetri e potenza sarà manna dal cielo.

Daniele giocherà contro le altre, quando bisognerà cercare la profondità per andare a vincere.

E poi i due, così diversi nel modo di giocare, offriranno a Mandorlini una varietà di soluzioni che possono sorprendere anche gli avversari. Per una volta che ne abbiamo due forti là davanti, per favore non facciamolo diventare un problema.

PS. Il rinnovo di Cacia è un falso problema. DC8 resterà e a settembre gli verrà proposto un buon contratto. E come a lui ad Hallfredsson, un altro che come Maietta,  ha sposato il Verona in Lega Pro. Da questi due, non si prescinde.

QUANDO NON ESISTEVA FACEBOOK

Certe volte mi piace fare un giochetto: pensare a cosa si sarebbe detto negli anni ’80 se ci fossero stati anche allora i social network e i blog… Chissà… Chissà cosa avrebbe scritto qualche fenomeno all’arrivo di Volpati… Forse che era a fine carriera? O bollito? Pensate un po’ che il dottor Volpati racconta ancora oggi che prima di arrivare a Verona aveva fatto un pensierino a dedicarsi solo agli studi di medicina e chiuderla con il calcio. L’avesse fatto non avremmo ammirato uno dei migliori centrocampisti mai sbarcati a Verona. Ma certamente, su Facebook (lo prendo come esempio del nostro modo di vivere 2.0) ci sarebbe stato chi avrebbe scritto che Volpati era solo un dinosauro a fine carriera, uno che non avrebbe dato nulla al Verona.

E che dire di Pietro Fanna? Pierino era stato scaricato dalla Juventus, chiuso da Causio e Marocchino. Venne a Verona quasi come uno scarto, poi divenne Pietro Fanna. I commenti (sempre dei sotuttomi) sarebbero stati sicuramente negativi: scarto della Juve, immagino, il più scontato.

Anche Galderisi era solo un ragazzotto di belle speranze che aveva segnato qualche golletto alla Juve (mi pare una tripletta…) e nulla più.

Garella era famoso per le papere alla Sampdoria (le garellate) e naturalmente sarebbe stato battezzato come un portiere che non dava nessuna sicurezza.

Andrei avanti all’infinito con gli esempi: Elkjaer era arrivato dallo sconosciuto Lokeren (e cos’è? una fabbrica di gelati?), Penzo non aveva mai segnato in serie A, Di Gennaro era stato scartato dalla Fiorentina, Ferroni dalla Sampdoria, e via di questo passo.

Cosa voglio dire? Voglio semplicemente dire che a volte rimpiango quegli anni, in cui non si giudicava un giocatore per la faccia, senza conoscerlo, per il gusto di dare un giudizio. Ci si fidava allora, di Bagnoli, di Mascetti, della società. E grazie a quel clima di entusiasmo e fiducia il Verona vinse poi lo scudetto…

NON TUTTE LE BANDIERE SI AMMAINANO

E’ vero che la maglia, il simbolo, i colori sono più forti di tutto e di tutti. Ma le maglie, i simboli e i colori non sono nulla senza gli Uomini che ne scrivono la Storia. E’ ineluttabile e inconfutabile che la Grande Storia dell’Hellas Verona si intreccia perfettamente con quella dei giocatori che l’hanno scritta. Ognuno di noi, nel proprio cuore, ha un un suo eroe a cui è particolarmente legato. Zigoni, Elkjaer, Briegel, Nanu Galderisi e poi via via su, ognuno con il proprio colore gialloblù e il proprio ricordo. Non è tanto che il giocatore sia più importante dell’Hellas è proprio che in un certo momento, in un certo spazio, quella persona, vestendo la maglia del Verona si identifica in essa fino a diventarne parte.

Il lungo preambolo è per parlare di Nicola Ferrari che ho ribattezzato Iron Nick, Nicola d’acciaio, per quel carattere tutto trentino di non mollare mai, di non arrendersi, di risorgere anche davanti ai terremoti della vita. Nicola Ferrari è un buon giocatore. Non è un fuoriclasse. Ma è stato il simbolo del Verona che è risorto dalle ceneri della Lega Pro. Un Verona che non mollava mai, un Verona disperato, un Verona avvilito eppure mai sconfitto. Nicola lo abbiamo amato per questo. Vedevamo in lui la grinta della nostra squadra, l’incredibile capacità di rialzarsi sempre. So con quanto dolore e quanta tristezza Ferrari abbia vissuto questo periodo. Avrebbe pagato di tasca sua per fare anche un solo minuto in serie A con la maglia del Verona. Ho persino evitato di sentirlo in questi giorni. Ne ho avvertito lo sguardo pieno di dolore e forse rabbia sabato al raduno. Qualche minuto fa gli ho mandato un’ sms.

Credo che Nicola abbia fatto la scelta giusta. A 30 anni, è giusto che un ragazzo come lui abbia scelto di andare allo Spezia dove l’attende un biennale utile per se e per la propria famiglia. Nicola non ha mai raccolto quanto meritava nel calcio. A mio avviso tecnicamente valeva più di quanto ha dimostrato. La sua generosità lo ha sempre portato a sacrificarsi e sarà per questo che ha sempre fatto le fortune di chi giocava al suo fianco. Avesse segnato di più, avrebbe guadagnato molto di più. Ma non sarebbe stato Nicola Ferrari d’acciaio.

Nel Verona che se ne va a giocare finalmente in serie A, ci sarà molto di Nicola Ferrari. Perchè alcune bandiere non si ammainano mai.

IL PRIMO GIORNO

E’ come se fosse il primo giorno di scuola. C’è sempre un filo di emozione. Che poi, per noi tifosi, è anche qualcosa di più. Un misto di aspettative, tensione, voglia che si ricominci.

La stagione è ripartita, il Verona affronta la serie A dopo 11 anni allucinanti, in cui è successo di tutto e in cui, serve sempre ricordarlo, siamo stati ad un passo dalla scomparsa.

Undici anni che sono serviti a tutti per capire che i fasti dello scudetto sono lontani anni luce, che si può gioire anche per una salvezza in C1, che non importa in che categoria si gioca perchè tanto il Verona non perderà mai i suoi tifosi.

Devo essere sincero: mi piacerebbe vedere più entusiasmo in questo ritorno in serie A, proprio per tutto quello che abbiamo passato. Ieri ne parlavo con alcuni colleghi e amici. Sento troppi mugugni, troppe polemiche sterili, un piccolo rumore di sottofondo che rischia di guastare l’atmosfera di entusiasmo che sarà una delle nostre armi per il prossimo campionato.

Pare che qualcuno si diverta a criticare a prescindere tutto e tutti. Qualsiasi cosa si faccia diventa negativa. La crociera, le magliette, lo store, gli abbonamenti. C’è un’incapacità congenita in alcuni di noi di godersi la vita, di prenderla con filosofia, dopo aver appurato (io personalmente l’ho fatto) che questa società è qui per crescere e per fare il bene dell’Hellas.

Gli errori ci stanno e si può fare sempre meglio, per carità. Ma questa marea di lamentele non fanno bene al Verona. Arriva un anno, un campionato e una stagione in cui bisogna veramente stare tutti uniti e navigare verso l’obiettivo. Questo non significa non criticare e non far notare quello che non va. Ci mancherebbe. Ne andrebbe anche del mio ruolo di giornalista. Ma quando si critica bisogna farlo a ragione veduta.

Ultimo pensiero, stupido forse: ieri sera quando sono entrato nello store dell’Hellas Verona a due passi da Piazza Bra, quando ho visto gli stemmi, l’atmosfera, la gente in attesa, l’Arena sullo sfondo ho ripensato a questi undici anni. E mi sono sentito orgoglioso di tifare Verona.

 

DUE O TRE COSE SUL DERBY CON IL CHIEVO

L’errore più grande che il Verona possa fare il prossimo campionato è di inseguire il Chievo. E’ un errore fatale che abbiamo già commesso con Malesani e che mai si dovrà ripetere. Mi dispiace ma per me le due gare con il Chievo rappresentano solo due partite contro una diretta concorrente per la salvezza. Importantissime in questo senso, quindi. Sono convinto che non rifaremo questo errore che fu, tra gli altri, responsabile di quella retrocessione. I tempi sono profondamente cambiati. Oggi l’outsider (auzzaider) è il Verona. Il Chievo, dopo 12 anni di serie A, è una società che conosce perfettamente i meccanismi della categoria. Persino in certi pareggi incolori ma efficaci per la classifica e per la salvezza c’è da imparare. Anche se da tifoso del Verona mi auguro di non vederne, perchè, diciamoci la verità, quella è la morte del calcio. Ma alla fine, contro l’Empoli, punto che valeva la serie A, nessuno si è sognato di protestare per una gara all’acqua di rose.

Il Chievo in questi anni è diventata l’espressione del potere cittadino. Campedelli ha sfruttato il vuoto dirigenziale del Verona occupando spazi che altrimenti non gli sarebbero stati concessi. Persino il più importante istituto bancario cittadino ha snobbato in questi anni l’Hellas Verona (qualcosa è cambiato solo recentemente…) per appoggiare il Chievo. La vicenda dei simboli e dei colori (scale, Cangrande, il gialloblù) è stata la negazione della storia (meravigliosa) del Chievo per inseguire una storia che non gli apparteneva. Una scelta deleteria per il Chievo. Noto con dispiacere che anche quest’anno Campedelli non ha inserito nessuna maglia con i colori biancoazzurri, i colori originali.  La Diga, il simbolo che compariva sui gagliardetti del Chievo, è sparita dalla circolazione. Per qualcuno possono essere dettagli insignificanti. Ma io credo che con queste cose non si scherza. Non si parla qui della legittimità o meno di prendersi i simboli e i colori che più piacciono. Ma solo di opportunità. Il Chievo in questo senso ha fallito. E’ diventato una brutta copia dell’originale. Mentre doveva rafforzare la propria (meravigliosa, ripeto) identità di squadra di quartiere che è arrivata in A. Non ho capito la scelta. Anzi, forse sì: era una scelta di marketing adottata quando pareva che la fusione fosse cosa fatta. Una follia.

Aggiungo che il Verona sta ritrovando una dimensione importante dopo che Martinelli ha affidato il timone al signor Maurizio Setti. Un imprenditore slegato dalle logiche salottiere veronesi, che probabilmente ha tolto il guinzaglio con cui il Verona è stato tenuto in questi anni. La visione di Setti è molto elevata. E forse, ora, si capisce che cosa voleva dire quando appena arrivato, parlava di una realtà troppo provinciale. Io ero tra quelli che non lo avevano capito perfettamente: pensavo alla nostra provincialità come ad una forza che ci aveva salvato dal fallimento. Setti, invece la intendeva come un freno al nostro sviluppo. Ha ragione lui. Il problema è che noi non siamo abituati a ragionare avendo dall’altra parte una “società normale”. Per noi la normalità erano i fratelli Carino, Cannella, i teatri di Pastorello, Farina alle Torricelle, Galli e Lancini, il truffatore che aveva la salsa di pomodoro scaduta in cantina. Setti, Gardini Sogliano ci stanno facendo riapprezzare il senso della normalità. Per questo il derby col Chievo è una bella pagina di calcio. Non facciamolo diventare la disfida di Barletta. Sarebbe troppo provinciale. E noi abbiamo altro a cui pensare, francamente.

LUCA TONI, FINALMENTE

E’ arrivato. E mentre guardo il primo sms del mio cellulare (“Ti ricordi quando presentavamo Morante?), mi appresto a fargli la prima intervista. E’ simpatico, disponibile. Come tutti i grandi campioni. Ha gli occhi emozionati. E si vede.Mi basta per dire che può essere un buon acquisto. Toni è tutto quello che ci serve adesso. Un ragazzo serio, di grande esperienza, che può darci una mano tatticamente, nello spogliatoio, in campo. Mediaticamente è un colpo divino. Non dico che è alla pari di Cassano a Parma, ma quasi. Toni è un campione del mondo. Non credo venga a Verona a svernare. Non mi pare il tipo. Certo, solo il campo ci potrà dire se è stato un colpo di mercato. Ma sulla carta Toni ci può far sognare. Qualcuno si lamentava che il Verona non si stesse muovendo sul mercato. Beh: dopo aver confermato Martinho, Laner e Agostini, aver preso Donati e Alejandro Gonzalez e praticamente preso Pablo Gonzalez, ora, con l’arrivo di Toni, mi pare che ci stiamo divertendo. In fondo qualche anno fa presentavamo Morante…

SBATTI IL MOSTRO IN PRIMA PAGINA

E’ sempre stata la regola del giornalismo spazzatura. Prendi il mostro e sbattilo in prima pagina. Poco importa che sia vero. Basta farlo credere. E ripeterlo. Ossessivamente. Leggo oggi una domanda a Sannino, il neo allenatore del Chievo,  in un’intervista della Gazzetta: “Chievo-Verona invece promette bene. Un allenatore nato in provincia di Napoli contro uno famoso per un coro contro la gente del Sud”. Domanda evidente capziosa. Cattiva. Subdola. Coro contro la gente del Sud? Ma di che parliamo? Della canzoncina degli Skiantos cantata da Mandorlini dopo le botte prese a Salerno, dopo il piscio tirato in testa ai tifosi, dopo che il presidente Martinelli ammalato e debole fu costretto a lasciare la tribuna stampa perchè minacciato?

E il derby di una città del nord, una città di provincia che ha due squadre in serie A, l’unica città che ha vinto uno scudetto, merita davvero una domanda del genere? Con tutto quello che si poteva chiedere a Sannino (i rapporti con Sogliano, le vittorie a Varese, come ha intenzione di far giocare il Chievo…) la cosa importante e basilare per la Gazzetta è questa. E’ un piccolo esempio. Ma pensate quante trappole dovremo schivare quest’anno. Già me le immagino certe trasmissioni Rai a fine gara, con i collegamenti dagli spogliatoi… E le provocazioni in settimana… Prepariamoci. Noi siamo i mostri da sbattere in prima pagina. E loro non vedono l’ora di farlo. Ma forse possiamo sorprenderli.

LA CHIAREZZA DI SOGLIANO

C’è un aspetto di Sogliano che apprezzo più di tutto. La chiarezza. Con noi giornalisti e con i giocatori. Sogliano ha metodi sbrigativi, appare anche un po’ burbero, in realtà è un professionista che sa benissimo che non si può ammettere il “grigio” soprattutto quando si lavora in una società come il Verona, con un budget limitato e con l’imperativo categorico della salvezza. Sogliano ha voluto chiarezza con Mandorlini che è uscito molto rafforzato e legittimato dal confronto. Ma ancora prima chiede questa chiarezza ai giocatori che dovranno vestire il gialloblù. Per questo Sogliano “testa” personalmente le motivazioni. Ha voluto parlare con Toni prima di ingaggiarlo per verificare “a pelle” che sensazioni gli trasmettesse il vecchio bomber. Nonostante non ami giocatori anziani e ormai a fine carriera, Sogliano è rimasto colpito da Toni e dal suo entusiasmo. Sarà arruolato nel Verona. Viceversa non arriverà nessuno che ingaggi un tira e molla. Sogliano non sopporta il gioco al rialzo, sa cosa può offrire il Verona non si discosta da quell’offerta. Chi viene a Verona deve farlo perché è convinto della piazza, della società, dell’ambiente. Se uno comincia con i dinieghi e i “ni”, viene subito scaricato dal ds. E’ un modo di fare che mi trova d’accordo. Meglio una truppa che non sia eccelsa dal punto di vista tecnico, ma che abbia nel dna la battaglia, che “giocatori-fenomeni” che vengano qui a svernare.

BATTAGLIE VERE E BATTAGLIE FIGURATE

Da sempre il calcio è un guerra figurata. Desmond Morris, sociologo inglese, descrive una partita di calcio come se fosse una battuta di caccia in cui il pallone è una preda e le due squadre, tribù che voglio catturarla. L’oplita greco che il Verona ha scelto per la propria campagna abbonamenti rimanda a questo immaginario. Una guerra figurata, perchè quella che ci aspetta il prossimo anno è una lunghissima battaglia.

Lo sport è questo: una guerra con regole precise in cui uno dei contendenti deve prevalere sull’altro. E in cui a fine gara, così dovrebbe essere, il migliore vince. Tutto deve avvenire dentro al campo di gioco. Gli inglesi, padri dello sport, ritengono lo stadio e il suo terreno sacro e inviolabile. Giustamente. Pensare di spostare la “battaglia” fuori dal rettangolo di gioco è qualcosa che non ho mai capito. Se mi identifico con la mia squadra di calcio, se accetto le regole, perché io devo ingaggiare una battaglia parallela ed esterna al terreno di gioco, a quelle regole?

Considero il calcio lo sport più bello. Quello che riesce più di ogni altro a identificarsi con la vita e le sue battaglie. Forse l’unico sport in cui anche uno 0-0 può essere meraviglioso, dove i campioni sono Maradona e Messi, due nanetti di pochissimo appeal fisico, dove può vincere il più furbo e non solo il più forte, dove la fortuna, proprio come nelle nostre esistenze gioca una parte affascinante e imperscrutabile. Troppo bello per essere rovinato con altre battaglie.

Mio modesto parere.

 

SOLO SALVEZZA

Mi sento di dirlo oggi che siamo appena a giugno. Il prossimo campionato sarà il più importante di sempre. C’è il bisogno di consolidarsi, c’è la necessità di dare vita a una nuova fase. Il primario e unico obiettivo del Verona deve essere quello della salvezza. Nè vincere il derby con il Chievo nè arrivare davanti a loro, nè altri pensieri devono essere oggi percorsi. E’ importante che l’ambiente sia consapevole di questo. Il Chievo è in serie A da undici anni. Tranne una parentesi che lo ha visto vincere alla grande un campionato di serie B, ha acquisito mentalità e si è dato una struttura che il Verona non ha. Dobbiamo ammettere questo, per essere realisti e avere una chance. La serie A è un altro pianeta, come dice Sogliano è “un altro sport”. Se non combatti sempre con il coltello tra i denti, se l’attenzione non fosse massima da mattina a sera, se tutti gli allenamenti della settimana non fossero fatti al cento per cento e soprattutto se le polemiche vuote e fatue come quella sulla terza maglia avessero il sopravvento, faremo poca strada.

Il Verona ha il vantaggio di aver visto in faccia la terribile realtà della Lega Pro. E’ stata una traversata nel deserto che forse ha allontanato per sempre il peso di aver vinto lo scudetto. Quell’impresa, sensazionale e storica ha sempre terribilmente condizionato la nostra percezione. Nulla era in confronto a quella fantastica cavalcata. Tutto veniva sempre rapportato ai tempi, irripetibili e magici, di Osvaldo Bagnoli. A mio avviso la Lega Pro ci ha riportato sulla terra, ci ha fatto apprezzare vittorie che non avremmo mai apprezzato se non avessimo visto la morte (della società, intendo…) in faccia.

Per questo vorrei dire a tutti di viverci questa A con entusiasmo, cercando di andare alla sostanza delle cose (il risultato) e abbandonando il pettegolezzo. Sarà durissima, credetemi e dovremo essere veramente bravi a gestire sconfitte e momenti difficili. Anche dal punto di vista comportamentale servirà un’attenzione massima. Ci aspetteranno al varco, con provocazioni e trappole mediatiche. Le hanno tentate tutte anche quest’anno e qualche volta ci siamo finiti dentro come babbei. Ecco, spero che la lezione sia servita…