QUA SEMO TUTI MATI

Se non è follia questa non saprei davvero che altro possa esserlo. Il Verona mette in scena una rassegna completa della pazzia, in 93 minuti che meritano il titolo di domenica più fuori di testa dell’anno. Abulico, indisponente, senza gamba nel primo tempo. Nel baratro dopo il gol del 2-0. E poi orgoglioso, straripante, generoso, fino alla sofferenza finale per una mezz’ora di adrenalina pura.

Qui il Verona è crollato, si è ritrovato, è risorto in una sorta di Pasqua calcistica che potrebbe sancire la svolta del nostro campionato. Il tutto trascinato da vecchia e nuova Guardia, mentre sfilava tutto il bello e il brutto di questo campionato, ad iniziare da quel sontuoso Cacia, per finire all’oggetto misterioso Bacinovic, ancora una volta nel tritacarne della critica, non sempre per la verità per colpa sua e forse anche con qualche attenuante generica che si può attribuire anche al più incallito dei criminali e dunque anche ad un giocatore di calcio che non può trovare d’incanto posizione in campo, brillantezza atletica e forza fisica, giocando una gara sì e sei no.

Veronesi tuti mati recita il proverbio e nulla sembra più vero in questa folle domenica. In cui, se usi un po’ di razionalità, qualche spunto lo riesci a trarre. Come per esempio quella strana coppia (Ferrari+Cacia) che nessuno poteva dire se funzionasse e che invece ha funzionato al cento per cento, con Iron Nick che dall’alto della sua generosità si è messo al servizio del compagno più dotato, immettendo nel cuore del Verona il suo sangue vitale, fatto di pressing, lavoro oscuro, spallate, scivolate. Repertorio dell’umiltà, ovvero della squadra “auzzaider”, che è ormai diventato il motto di questo Hellas, che a volte, purtroppo si perde nei panni del nobiluomo che tratta tutti con sufficienza e con snobismo.

Dopo un anno passato a chiederci se è lui o il fratello, sul più bello ritroviamo anche Emil Hallfredsson che proprio un anno fa di questi tempi, lasciava i nostri lidi per trasferirsi in vacanza. Ritrovato Alfredo, con questo Ferrari e con un Cacia in versione bomberissimo (visto che avevo ragione?), l’Hellas vola al secondo posto, rispondendo colpo su colpo al Livorno e anche al Sassuolo. Ora, è vero che nove punti sono infiniti, ma sai che ridere se giovedì portassimo a casa l’impresa e il divario dai modenesi di Confindustria si riducesse a sei punti? Sai che fantasmi nella testa di Nereo Bonato che già vide dilapidare dall’Hellas di Remondina un simile vantaggio? Logica vuole che non sia così, che il Sassuolo sia già in serie A e che il Verona se la vedrà fino alla fine con il Livorno. Logica appunto. Ma avete mai visto la logica funzionare a casa dei matti?

 

DANIELE CACIAAAAAA

Si può prescindere da uno che ha fatto 16 reti? No, non si può. Giratela come volete ma il Verona dipende da Cacia. Forse non nel senso stretto del termine (non credo che siamo Cacia-dipendenti, le alternative ci sono), ma è indubbio che il Verona può andare diretto in A se il suo bomber principe sta bene e ritrova il gol. Per me, uno come lui, vale 25 reti a stagione. Ed è ora che anche lui se ne faccia convinto. Dirò francamente che nell’ultimo periodo, più della pubalgia (che Cacia ha smentito a  più riprese sia a me sia a Luca Fioravanti) potè la scarsa fame. Come se Cacia si fosse un po’ appisolato sul suo bottino di quindici reti, accontentandosi di questo. E’ la differenza che passa tra un bomber grandissimo e uno, diciamo così, normale. Cacia potenzialmente ha tutto per essere un grandissimo. Ma grandissimo davvero. A livello di Inzaghi e compagnia varia. Gli fa difetto, evidente, la testa. La fame, appunto. Riguardare la carriera di Inzaghi gli sarebbe utile. Un attaccante fortemente determinato, per cui il gol era una questione di vita e di morte. Capace di crearsi un’ossessione ma anche di crearla ai difensori avversari. Detto questo: per me ha fatto bene Mandorlini a mandarlo in campo sempre. E ha fatto bene anche a dargli quella piccola scossa lunedì scorso. La reazione del bomber c’è stata. Perchè, è vero che quando è entrato Cacia ha fatto poco o niente, ma è anche vero che alla fine ha fatto la cosa più importante della partita. Ha preso il rigore (sacrosanto) e segnato il 2-1. Non è poco. Anzi è tantissimo. Cacia va fatto giocare a prescindere. E magari fatto rifiatare in qualche gara come è successo a Bari e a Lanciano. Il resto lo deve mettere lui. Che, come dice scherzando Mandorlini, è quello che guadagna di più. E se guadagna di più, un motivo ci sarà. O no?

GIOCHI SEMPRE APERTI

Tra vincere e pareggiare é  meglio vincere. Ma tra pareggiare e perdere é meglio pareggiare. Lo so che alla fine di Verona-Livorno é il sapore amaro quello che ci resta in bocca. Anche perché, pur con un’ottima prestazione, il Verona ha ancora una volta evidenziato i soliti limiti in fase realizzativa. Credo che il problema sia tutto lí. Davanti ad una superioritá a tratti imbarazzante il Verona non riesce a concretizzare. Perché? É facile addossare la colpa e la responsabilitá a Cacia che in questo momento si é bloccato. Ma mi metto nei panni di Mandorlini. Come fai a tenere fuori Cacia col rischio di perderlo dal pumto di vista psicologico da qui alla fine? É evidente che il mister cerca di recuperare il giocatore sperando nella miglior medicina per un bomber in crisi. Il gol. La soluzione potrebbe essere concedere a Cacia qualche turno di riposo, per esempio nelle gare infrasettimanali, per ricaricare le pile, sperando magari in una sua zampata nel corso del match.

Per quanto riguarda il big-match penso che il vero dramma sarebbe stato perdere. Allora sí che potevamo davvero salutare ogni speranza di sorpasso. Cosí invece non cambia nulla. Abbiamo undici gare ancora davanti. Facciamole tutte a testa bassa senza star lí tanto a meditarci sopra. Poi vediamo cosa succede. Ma i giochi sono aperti. anzi, apertissimi. (altro…)

DIALOGHI

Dai Vigo scrivi un bel blog su questa partita…

E cosa scrivo…?

Bah, scrivi  che se spetemo una grande partia, che i devi meterghela tuta, che i le deve far par la Curva,  par i butei, par Verona…

Sì si, bello, sacrosanto. Ma poi non c’è il rischio di caricarla troppo? Sai queste partite bisogna essere bravi a giocarle anche fuori dal campo.

Beh, Vigo, dighe che semo stufi e dighe a Mandorlini che el cambia. L’è troppo zucon…

Sì, ma lo zuccone è quello che ci ha tirato fuori dalla melma. E se non fosse stato zuccone magari non si sarebbe inventato Ferrari centravanti quando a noi Ferrari faceva schifo.

Ma guarda Vigo che mi sto con Mandorlini. Però a olte…

A volte il calcio è strano. Meriti di stravincere una partita e perdi due a zero. Guarda con il Padova e con il Vicenza…

Si ma adesso non ghe n’è banane. Col Livorno dovemo vinzar…

Ma lo sanno anche loro che è importante….

‘Scolta Vigo ma par ti andemo in serie A?

Non lo so… E come faccio a saperlo? Siamo forti, questo sì, ma poi ci sono un sacco di variabili.

E Scion?

Scion cosa?

Scion cosa dizelo?

Che dobbiamo giocare da outsider. Che se non c’è la grinta non andiamo da nessuna parte. Che non è sufficiente giocare bene.

Insomma el dize quel che l’ha dito la settimana scorsa…

Esattamente. E credo che lo dirà anche la prossima.

Va ben, ho capio. Scolta Vigo, par staolta non sta a scriver niente. E vedemo come la va…

Era quello che volevo fare. Tanto lo sanno anche loro che questa partita non si può sbagliare. Ma anche se la sbagliamo non succede niente. E guarda che in serie A ci possiamo anche andare via play-off. Non è mica un delitto. Basta pensare alla Sampdoria o al Verona di due anni fa.

Te ghè razon. Ciao Vigo. E forsa Hellassss…

PARTITA DA SQUADRA AUZZAIDER…

Alzi la mano a chi non ha ripensato alla parola più gettonata della settimana… Auzzaider… Cioè Outsider, che nello slang di Sogliano è diventato “Auzzaider”. Cioè, la squadra sfavorita, quella che deve giocare senza i fari puntati addosso e a fanali spenti. Il Verona non è un “Auzzaider”. Eppure deve diventarlo. Ed oggi, a Grosseto, un po’ lo è diventato. Giocare da “Auzzaider”, vuol dire essere meno belli e più pratici. Oggi a Grosseto, udite udite, per la prima volta, credo dall’inizio del campionato, l’Hellas non ha avuto nelle statistiche la palma del possesso palla. Eppure ha vinto 2-0. Ha vinto soffrendo, giocando un secondo tempo umile, trascinata dal carattere di Iron Nick, giocatore preziosissimo per questa volata finale, prezioso perchè capace di far ritrovare al Verona quello spirito operaio che gli agi e le comodità della rosa ampia e, sulla carta, con più valore avevano fatto dimenticare.

Ha vinto anche perchè in questo momento in porta c’è un portiere eccezionale, un altro di questa squadra che conosce benissimo da dove viene il Verona, anzi, lo sa meglio di tutti, visto che lui c’era persino contro la Pro Patria, a Busto Arsizio, quando la C2 era uno spettro più vero di quanto ora ci ricordiamo.

E ha vinto anche non giocando benissimo, ma con quella praticità che fa andare lontano. E non mi è sfuggito che oggi in panchina sia andato anche il presidente Setti a dimostrare che quell’apparente freddezza con cui ha caratterizzato questa prima parte della sua presidenza, in realtà è appunto solo apparenza. Setti deve essere un bel fumantino e anche molto appassionato e il fatto che oggi sia andato in panchina ha avuto il significato di dire a tutti che su questa barca c’è anche lui. E che solo uniti si può andare in serie A.

Sempre per dirla alla Sogliano. A ME questo MI va proprio bene.

OTTIMISMO GHE N’E’?

In quanto tifoso dell’Hellas Verona tendo sempre a pensare al peggio. Ho preso male, malissimo la sconfitta con il Padova. Ma come? Proprio sul più bello quando credevamo di aver trovato un miniimo di continuità ecco cosa vanno a combinare… Passo indietro, nel gioco, nello spirito, in tutto. E non mi ha confortato, dico con sincerità, quel Mandorlini così abbacchiato di fine gara, quasi rassegnato, che si è affidato ad una formula sterile come il “siamo stati puniti dagli episodi” per spiegarmi/ci la terza sconfitta in fotocopia.

Immediatamente nella mia testa sono comparsi i soliti nuvoloni neri. Ne abbiamo passate troppe per essere ottimisti. E troppe squadre hanno festeggiato al Bentegodi. Abbiamo passato undici, dodici anni di merda, in cui la speranza non ci ha mai abbandonato, ma in cui la sofferenza l’ha fatta da padrona.

Avventurieri di ogni tipo si sono avvicendati al Bentegodi e ogni volta ci hanno rubato l’anima con le loro promesse e i loro progetti mai decollati.

Ogni volta il barile è stato raschiato. Ogni volta il fondo del pozzo è aumentato.

Abbiamo visto il Verona perdere un vantaggio abissale e poi perdere anche ai play-off. Abbiamo visto lo Spezia festeggiare in casa nostra.

Come fai ad essere ottimista, dopo questa sconfitta con il Padova? Logico che il pensiero va subito a quelle delusioni, a quelle sconfitte. Per questo, avremo bisogno di una parola rassicurante del nostro condottiero (Setti?). Per questo abbiamo bisogno di un sorriso. Per questo serve una scossa.

A cosa aggrapparci? A Mandorlini, certo. Anche se questo mister mi pare meno sicuro, meno brillante, meno sereno rispetto a quello che ci portò in serie B. C’è poco da fare: l’umiliazione della squalifica e la necessità di diventare politically correct hanno depotenziato il nostro allenatore. Io spero solo che sia un’apparenza. E che Mandorlini, là, nel chiuso dei suoi allenamenti di Sandrà, sia sempre una furia, che sappia spronare la sua spenta truppa verso il rush finale.

Ah proposito: sai che bene farebbe adesso allenarsi all’antistadio davanti a centinaia di tifosi appassionati? Altro che pressione… A Sandrà si sta che è una meraviglia. Tutto ovattato, tutto soft. Come troppo spesso è il Verona di questa stagione.

 

VERONA, DOVE SEI?

Giá visto. Come un dejavú. Con il solito amarissimo retrogusto della beffa. Giochi bene, non segni, sbagli l’impossibile, poi ti spegni come un’esangue candela. Black-out. Finish. The end. Il Verona butta nel cesso l’ennesima occasione di dare un senso ad un campionato che rischia l’anonimato e se va avanti cosí, anche il fallimento. Ormai non é più un caso e attaccarsi solo agli episodi é un esercizio inutile. Si tratta di capire, anche se si fa fatica. Come mai tre squadre mediocri, facendo lo stesso tipo di gara, hanno vinto? Il perché é da ricercarsi dentro il dna di questa squadra che non ha il sacro fuoco della rabbia, dell’orgoglio, nemmeno quello della cattiveria. É una squadra “ina” nel senso di “bellina”, “bravina”, “fortina”. La cosa incredibile é che il Verona non ricalca più l’indomito carattere del suo allenatore, quello guerriero e pugnace che abbiamo conosciuto, e, alla prima difficoltà, si scioglie come neve al sole, forse di testa, ma forse (e qui é piú preoccupante…) di gambe. La birra finisce, il titic titoc rimbomba nell’aria innocuo e l’irritante Cutolo del momento ci va dentro a nozze.
A proposito di Cutolo: perché farlo diventare un eroe, cadendo nella sua trappola? Perché non lasciarlo nella sua mediocritá, invece di costruirgli uno stadio che alla lunga é diventato una molla per loro? Era nessuno, l’abbiamo fatto diventare qualcuno.

MENO UNO

Adesso siamo a meno uno dal Livorno. Vuol dire tutto e non vuol dire niente. Vuol dire soprattutto che sei nel momento più duro del torneo. Il momento in cui devi solo vincere e non guardarti indietro. Bisogna stare concentrati, dosare bene le forze, essere cinici. Il Verona di Bari lo è stato. Anche se potevo esserlo di più e ammazzare prima la partita.

Il sontuoso Martinho ha dimostrato di essere da serie A, quando ha questo stato di forma. In questo momento possiamo tollerare persino lo scadimento di condizione di Cacia. Ma sono convinto che anche lui tornerà al cento per cento.

A Bari ho visto un Verona meno lezioso, sempre pronto alla profondità e alla verticalizzazione. Molto più furbo rispetto alle gare con Vicenza e Novara, dove ha fatto la partita ed è stato fregato. Stavolta abbiamo lasciato a loro, apparentemente, l’iniziativa, li abbiamo fatti alzare e negli spazi siamo andati a nozze. Questo Verona mi ha ricordato per certi versi quello della scorsa stagione. Con più qualità ovvio. Ma disposto al sacrificio e anche alla sofferenza.

Ho letto che qualcuno ha storto il naso per la qualità del gioco. Beh, mettiamoci d’accordo. E’ chiaro che il massimo è avere “ovo, galina e cul caldo”. Ma non sempre è così. Col Vicenza abbiamo giocato benissimo e abbiamo perso. Ieri sera abbiamo fatto un’altra partita (non è giusto dire che si è giocato male…) e abbiamo vinto. Ditemi voi cosa preferite.

La cosa più importante adesso è accelerare. Il Livorno è in difficoltà e le cose per loro peggioreranno perché sentiranno il nostro fiato sul collo. Col Padova è un’altra gara determinante. Andiamoli a prendere.

UN TURNO DI RIPOSO PER CACIA?

Credo che Daniele Cacia sia un giocatore importante del Verona. Importantissimo. Ma non indispensabile. Non me ne voglia Daniele, che ammiro e che stimo enormemente. Ma credo che in questo momento abbia bisogno di “respirare” un po’ e di ritrovare forma e lucidità. Nelle ultime gare Cacia ha sbagliato gol semplici, più in generale mi è sembrato leggermente opaco, meno lucido del solito, meno pronto a rubare il tempo agli avversari. Colpa di quel fastisdioso malanno al pube (non si parla ufficialmente di pubalgia, ma ci siamo vicino…) che condiziona i movimenti di qualsiasi giocatore.

Nella rosa del Verona, per fortuna, ci sono valide alternative. Per esempio Cocco, che fino ad oggi è andato a corrente alternata, facendo vedere cose ottime (gol di Palermo) a gare inguardabili.

E’ tempo di verificare se Cocco può giocare una partita dall’inizio prendendosi tutte le responsabilità del caso. L’anno scorso Cocco segnava anche quando si soffiava il naso. A Verona può dare di più. E Bari può essere la sua occasione.

Non parlo nemmeno di Nicola Ferrari. Lui ha motivazioni in abbondanza, credo ormai anche la gamba. Nicola è un pugnace giocatore, l’unico ostacolo vero che incontra nella sua vita è il viaggio aereo di cui ha il terrore. Ormai però ha superato anche questo “impasse”. Credo che Ferrari abbia in parte “sprecato” la sua carriera, sull’altare dell’altruismo. E’ un ragazzo generoso, nella vita come in campo. Fosse un po’ più egoista, il suo bottino di gol avrebbe avuto un’altra consistenza.

Mandorlini ha l’occasione di cambiare qualcosa nel suo Verona, forse anche il modo di giocare. Vediamo a Bari che cosa succederà.

 

UNITI SI VINCE

Non esisterebbero i bar sport e probabilmente le trasmissioni televisive che ne ricalcano lo spirito se il calcio non fosse materia opinabile e su cui si può discutere. Alla fine, tanto, è il risultato che fa la differenza, sommo giudice, comunque si sia giocata la partita, a mettere fine ad ogni discussione. Così, se contro il Vicenza il Verona aveva giocato una buona gara e perso, oggi con il Varese era indispensabile vincere per mantenere le distanze dalla quarta e non perdere terreno dalle prime, a prescindere dalla qualità del gioco espresso.

A me il Verona è piaciuto molto nel primo tempo, meno nella ripresa, ma credo anche che spesso ci dimentichiamo nella nostra analisi dell’avversario che abbiamo davanti. Il Varese è una buona squadra che rende sempre difficoltose le partite e il fatto che il Verona abbia vinto 2-0 è sintomo di una forza superiore, anche nel gioco, perchè no.

Mi auguro, ma credo invano, che questo successo sia il momento in cui tifosi, società, squadra e tecnico si siano ritrovati e compattati. Quando a Verona siamo riusciti a creare questo clima, molto di rado in verità, siamo riusciti a ottenere dei successi importanti. A Verona però ci sono sempre delle componenti che mancano affinchè l’ambiente sia sempre unito e compatto. A volte manca la società, a volte la squadra, a volte il tecnico, a volte sono i tifosi che si dividono, chi schierandosi con la squadra, chi con la società, chi con il tecnico e chi con la squadra. E’ un errore madornale: non fa bene al Verona, non fa bene a noi che a volte assomigliamo più a Tafazzi che non a una vera tifoseria. Ci martelliamo da soli gli zebedei, ricavando in cambio un perverso e sottile godimento, come quelli che amano farsi legare e imbavagliare nella loro intimità, magari mentre si fanno pure frustare dai loro partner.

A me francamente ha pure stufato la discussione su Mandorlini. Mi pare che sia diventata una fissazione che sconfina piú nello psichiatrico di qualcuno che non un vero problema. Vi dirò: non sempre condivido quello che fa Mandorlini, ad esempio la formazione del primo tempo a Novara, ma vorrei che la discussione vertesse leggera su temi tattici e tecnici e non mettesse a soqquadro l’intero progetto ogni volta. Mi dà un fastidio tremendo, poi, chi nella critica, fa di ogni erba un fascio e parlando del nostro tecnico gli imputa il coro contro la Salernitana e mille altre nefandezze.

Si può star qui a discutere mille anni su quel coro, ma la verità è semplice: senza le dichiarazioni di Mandorlini alla vigilia della gara con la Salernitana il Verona non avrebbe trovato lo slancio per andare in serie B. E la canzone degli Skiantos, era innocua, strumentalmente usata da un giornale politico che nel filmato riconobbe il sindaco di Verona Tosi. Mandorlini e il “ti amo terrone” venne usato strumentalmente per attaccare Verona, Tosi, e quindi la squadra che rappresenta la città e i veronesi. Quel giornale era ancora in debito di scuse con Verona dopo l’incredibile vicenda di Marsiglia, scuse che si arrivarono, ma a fatica e comunque piccate.

A questo si aggiungono altri giornalisti che tifano per squadre del Sud e che se la sono legata al dito dopo che la Salernitana è fallita pronti ogni volta a mettere in subbuglio Verona, Mandorlini, e l’Hellas. Il problema è che ogni volta abbocchiamo come polli a questo giochetto, rilanciando notizie che non hanno mai trovato conferma e ampliando i problemi. Mentre loro omettono circostanze inquietanti nei loro reportage a distanza sul Verona: tipo che a Mandorlini fu spedita alla vigilia della gara con la Salernitana una busta con un proiettile. Insomma facciamo il loro gioco.

Girassimo la testa verso il nostro passato e guardassimo indietro alla nostra storia, ci accorgeremo che proprio dal passato arriva la lezione migliore. O forse non fu un capolavoro quel volantino “Soli contro tutti” che unì la tifoseria dell’Hellas alla squadra e a Bagnoli nell’anno dello scudetto quando il Palazzo si accorse (in ritardo) che il Verona non era un bluff, cominciando a seminare zizzania e dubbi sulla reale consistenza della squadra del Magnifico Osvaldo? Se ci ripensate un attimo, quello è davvero il senso che dobbiamo dare al nostro essere tifosi e non lasciarci andare a critiche fuori ruolo che minano la sicurezza di tutto l’ambiente, anche del mister, che è umano come tutti noi e quindi soggetto a pressioni e anche a errori. Se dopo Varese stiamo uniti attorno a Mandorlini, Sogliano, Setti, la squadra, per me non ci ferma nessuno.