STORIE DI ORDINARIA FOLLIA

Non ho capito tante cose del Verona di stasera. E’ dura fare un commento ad una partita che ha visto l’Hellas in vantaggio tre volte e per tre volte raggiunto. Quello che ho visto ha poco senso. Il Verona che torna in vantaggio al 91′ con Gomez e poi viene raggiunto al 93′ non è una squadra che ha ancora la maturità necessaria per diventare la padrona del campionato. Parlerei per prima cosa dell’atteggiamento del secondo tempo: inspiegabile. Ancora una volta, l’ennesima, il Verona s’è tirato indietro, troppo, ha cercato di gestire il risultato e ha subito la rimonta di un Crotone che tutto era tranne che una formazione che s’è buttata avanti con slancio. I gol sono una somma di errori che ancora gridano vendetta. Non è possibile che il Verona possa prendere gol così. Errori individuali, come a Padova, che sono costati carissimo. Inutile star qui a mettere la croce sui singoli. C’è ancora tanta strada da fare. Parlerei anche del turn over che ha cercato di salvaguardare alcuni uomini senza snaturare la squadra. qualcosa non mi torna. Maietta e Moras, diffidati erano in campo, è comparso Abbate impacciato come quando l’anno scorso marcò in una serataccia Insigne, mentre Cacciatore è andato a sinistra, adattato in un ruolo che purtroppo non ha ancora un interprete ben definito. Scusate se insisto: ma attorno a quella falla che il Verona ha a sinistra, Mandorlini deve fare scelte cervellotiche che pesano sugli equilibri generali della squadra. Martinho e Cacciatore non sono due terzini sinistri, Pugliese non c’è ancora, Fatic continua a non essere pervenuto. Sugli esterni abbiamo sofferto in maniera eccessiva. Non m’è piaciuto neanche Nicolas che non ha dato sicurezza tuffandosi un po’ a casaccio di qui e di là. Inspiegabile poi Hallfredsson. L’islandese ormai è una specie di cubo di Rubik. E’ da marzo dell’anno scorso che alterna gare strepitose a pause pazzesche. A volte, come stasera, nella stessa partita. Non si pretende che il Verona le vinca tutte.  Ma, porca miseria, se comunque al 91′ vai in vantaggio, hai il dovere di portare a casa il risultato. Ora il Sassuolo è più lontano. E quella che poteva diventare la gara per l’aggancio vede in notevole vantaggio psicologico i modenesi che possono benissimo venire al Bentegodi per portare a casa un punto. Anche un pareggio a loro starebbe bene, mentre adesso, il Verona per liberarsi la mente da questi strani fantasmi dovrà vincere. Non c’è dubbio che vedremo una gran partita. Ma serve un Verona diverso.

INCHINATEVI ALLA CIVILTA’ DI VERONA

Quindici idioti non hanno il diritto di sputtanare un’intera città. Ribadisco il concetto perchè sia chiaro. Ma oggi si devono sciacquare la bocca tutti quei moralisti che hanno gettato fango sulla nostra città e devono vergognarsi quelli che non vedono la loro trave, mettendo in risalto la pagliuzza negli occhi degli altri. Verona esce trionfante dalla giornata di oggi, in cui il minuto di silenzio è stato veramente onorato e non sporcato da delinquenti che girano le spalle ad un alpino morto. Uno stadio e una città che hanno preso fin da domenica sera le distanze dai cori contro Morosini, mentre avventate dichiarazioni di un tutore dell’ordine alla caccia di facile pubblicità facevano divampare un incendio. Grazie a Setti, a Gardini a Mandorlini, oggi Verona è tornata a guardare tutti dall’alto al basso.

Fiera del proprio pubblico che non ha bisogno, lasciatemelo dire, di avere la tessera dell’eccezionalità (inteso come cosa diversa, identitaria) attraverso un coro contro un morto. Il pubblico di Verona ha già dimostrato di essere diverso quando ha scelto di restare al fianco della squadra quando questa precipitava in categorie infime, quando era affossata nella credibilità, quando era ad un passo dallo scomparire. Che altra prova vuoi chiedere al pubblico di Verona, che altro serve, dopo Busto Arsizio, dopo la Lega Pro, dopo Cannella, Arvedi i cardinali e quant’altro? E’ forse un coro che ci fa distinguere? Non credo. Verona si distingue per la sua generosità e per la sua civiltà. Se ne facciano una ragione anche i sociologi da strapazzo, quelli che vennero a farci la morale quando il professor Marsiglia si picchiò da solo. Io non voglio giustificare nessuno e la mia domanda di domenica (“cosa diciamo ai nostri bambini?) è restata valida sino ad oggi.

Domani mattina quando rivedrò Edoardo e Roberto, finalmente glielo spiegherò: ieri avete capito che cos’è Verona e cosa sono i veronesi. Noi siamo quello stadio lì, quella curva lì, quell’allenatore lì.

Una parola anche su Mandorlini, vittima di un bestiale assalto mediatico. Un allenatore che ha una grande sensibilità e forse il torto di non essere paraculo al punto di esternarla. Se c’è uno che ha vissuto male questa settimana è stato lui, indegnamente attaccato, lui che aveva lanciato Morosini, lui che il sabato in cui il “Moro” morì se ne andò in lacrime a piangere da solo sul pullman. Mister Mandorlini è un uomo vero, sincero, capace anche di pentirsi, come ha dimostrato, davanti a frasi che forse non erano opportune, ma di sicuro non erano frutto della retorica da strapazzo di qualche politico e di qualche saccente professorino. E ora, il mio augurio è che tutte le città italiane facciano quello che ha fatto Verona oggi. Che Napoli chieda scusa per avere i suoi tifosi demolito lo Juventus Stadium, che a Livorno chiedano scusa per i cori sulle foibe e per il minuto di silenzio e via di questo passo. Succedesse, vorrebbe dire che vivremo in un paese migliore. Invece di questa fogna maleodorante in cui chi ha le mani sporche di merda accusa una città civile delle peggiori malefatte.

TOH, BOJINOV SA ANCHE GIOCARE NEL TRIDENTE

Dove eravamo rimasti? Ah sì. Il Verona a Livorno ha giocato la più bella partita della stagione. Qualcuno ha definito “imbarazzante” la superiorità gialloblù in una gara contro una squadra che fino a quel momento era stata dipinta come la rivelazione del campionato. Il Verona ha giocato così bene che il 2-0 è persino poca cosa. In effetti ha tenuto il pallone dieci minuti in più dell’avversario, e mai ha concesso al Livorno di tornare in partita. La squadra di Nicola ha solo cercato di sfruttare alcuni episodi dettati più dalla rabbia agonistica che dalla lucidità. E lì il Verona è stato oggettivamente aiutato dalla fortuna. Questa gara passerà agli archivi come la partita in cui Bojinov ha fatto capire di poter avere un ruolo diverso da quello che gli abbiamo pronosticato sino ad oggi e cioè il vice Cacia. Grazie ad una notevole intelligenza tattica e a un inedito spirito di sacrificio, il bulgaro è partito da destra, ma ha creato varchi a iosa per il compagno di reparto che immediatamente ne ha beneficiato. Insomma: l’assioma o Cacia o Bojinov si è frantumato davanti a quello che abbiamo visto in campo. I due possono giocare assieme e rappresentare uno spauracchio per qualsiasi difesa avversaria. Pensate, soprattutto nelle gare casalinghe, in quale angustie può andare la squadra avversaria a leggere la formazione e il tridente d’attacco: Bojonov, Cacia, Gomez… Roba da far venire il mal di testa all’allenatore di turno.

CHE COSA DICIAMO AI NOSTRI BAMBINI?

“Papá perché abbiamo fatto i cori contro Morosini?”. La domanda dei miei due figli stamattina ha aperto la mia triste domenica. Per la prima volta non ho saputo rispondergli. Ho abbozzato un “perché sono stupidi” ma la risposta non é stata efficace. I bambini sono ingenui, ma pretendono risposte chiare e soprattutto vogliono capire il perché. Edoardo e Roberto vanno allo stadio ogni sabato con la loro mamma. Per loro é una festa. Hanno la maglietta dell’Hellas (e non solo) da quando sono nati. Edoardo aveva come vicino di culla il figlio di Pippo Filippini e il giorno in cui venne al mondo, il Verona presentó un giocatore e io presi la sciarpa e la misi nel suo lettino. Roberto che é il piú piccolo crede di essere Nicola Ferrari. Anzi: lui é proprio Nicola Ferrari. In cameretta ha attaccato diligentemente tutti gli autografi che il babbo gli porta dopo ogni trasmissione. Allo stadio, come hanno fatto molti di noi prima di lui, guarda con piú interesse la curva sud e le sue coreografie che non la partita. Quando torno a casa mi racconta con precisione cronistica (penso che qualcosa di mio abbia preso..) tutto quello che succede alla destra del suo posto. Hanno il Verona nel sangue e per loro quella maglietta e quei colori sono qualcosa d’importante. Mi piacerebbe che stamattina fosse stato a casa mia uno di quei ragazzi che hanno cantato quel coro indegno. Che diritto hai di rovinare, oltre al nome di una città, il sogno di questi due bambini che poi sono i figli di tutti noi che abbiamo il Verona tatuato nell’anima? Purtroppo non avrei avuto risposta, se non banalissime scuse. Ho sempre difeso i tifosi del Verona da mille attacchi strumentali, dal fiume vergognoso fatto di materia marrone maleodorante che molti media ci hanno riservato in questi anni, dalle botte di Salerno, dall’indegna inciviltà di Nocera, ma stavolta non c’é nulla da replicare, nulla da aggiungere, se non continuare a chiedere scusa a nome di quegli imbecilli. Edoardo e Roberto la loro risposta l’hanno trovata da soli. Al pomeriggio sono andati al campetto con le loro magliette del Verona. Hanno giocato a pallone tutto il giorno pensando a Rafael, a Maietta a Cacia, i loro eroi. Fieri e felici di tifare per questa squadra. E magari da lassú Piermario Morosini gli avrà anche riservato un sorriso…

E’ SBOCCIATO IL VERONA (MA QUEI CORI SONO VERGOGNOSI)

Il tentativo di ridimensionare la vittoria di oggi del Verona non sortirà l’effetto desiderato. Appellarsi a due episodi dubbi (molto il rigore, meno il fuorigioco), non mi pare la chiave giusta per spiegare questo 2-0. Il Verona ha tenuto il pallone dieci minuti in più degli avversari (che giocavano in casa), ha tirato in porta nove volte, ha dominato la gara in lungo e in largo. Oggi, calcisticamente parlando l’Hellas è parso una squadra di categoria superiore. Mandorlini ha preparato il match a modo suo, cioè in modo perfetto,  e perfino la società mi è sembrata inappuntabile non scaraventando il tecnico davanti alle telecamere e alle inevitabili provocazioni che sarebbero arrivate. La dimensione del Verona si sta delineando, a parte qualche sbavatura difensiva, e credo che persino i più ostinati e ottusi tra i critici abbiano oggi molto meno da obiettare.

Purtroppo la giornata è stata guastata dai cori vergognosi e demenziali contro Morosini. Un danno incalcolabile per l’immagine di Verona, del Verona e dei veronesi. Non ci sono se, nè giustificazioni e voglio essere chiarissimo. Mi ripugna questa idiozia e questo continuo prendersela con i morti. I morti si rispettano e basta. Pensiamo se qualche tifoseria avversaria se la prendesse con noi dileggiando qualche nostro tifoso che noi onoriamo addirittura con un monumento davanti al nostro stadio. Capisco la rivalità con i livornesi, anche se francamente mi pare più una rivalità politica che sportiva (ed anche questo mi fa schifo). Ma ciò non può e non deve giustificare questo atteggiamento. C’è una società che non ha chiesto nulla, che ha investito tanto, ha fatto la migliore campagna acquisti degli ultimi vent’anni ridandoci una dignità sportiva che ormai avevamo perso. Non possiamo ora vanificare tutto per un coro stupido, imbecille, assurdo e senza senso. Questo coro può diventare una frenata anche per il meraviglioso Verona di Mandorlini. E questo non possiamo permetterlo.

PERCHE’ LA STORIA SIAMO NOI

Ho sempre creduto che solo chi ha una storia avrà un futuro. Lo dicevo qualche anno fa, quando il Verona sembrava non avere un futuro e quando Campedelli pateticamente si appiccicava sulla sua maglietta i due mastini simbolo di Verona. Non sto qui adesso a fare la solita polemica sui simboli e sui colori. Ho confinato quell’episodio appunto  al capitolo “patetico” perchè la storia non è una cosa che si compra al supermercato e men che meno può diventare uno spin suggerito dal marketing. Tanto è vero che molti tifosi del Chievo sono d’accordo con me. Persino l’armatura di Cangrande, che Campedelli ha pagato di tasca sua e che doveva fare bella mostra di sè allo stadio è stata riposta in qualche cantone (meno male) perchè non ben digerita dai tifosi del northside. . Sia chiaro: io sono molto rispettoso della storia. Anche quella del Chievo. Che è una storia gloriosa di cui non ci sarebbe nulla da vergognarsi. Il Chievo con il simbolo della Diga, il Chievo con i colori biancoazzurri, il Chievo che sfida le grandi di serie A. Se non è una bella storia questa… (Storia, non favola che è un’altra cavolata raccontata da un marketing miope…). Altra cosa è volere sovrapporsi a quella di altri (nella fattispecie, dell’Hellas Verona). Arrivo al dunque: ieri ho assistito alla fantastica riunione degli ex calciatori dell’Hellas Verona, un’associazione voluta e animata da Franco Nanni, meraviglioso gentiluomo dal cuore grande. Spero di riuscire a spiegarvi quale legame esiste tra quei calciatori. Ve lo giuro, la retorica qui non c’entra nulla. Uomini di età diversa, con l’unico denominatore di aver vissuto e vestito la gloriosa maglia dell’Hellas o meglio, del Verona, che in nome di quel legame ancora oggi si ritrovano, sono amici, condividono ricordi che poi tramandano. La Storia, con la esse maiuscola. Fossi Setti non ci penserei un attimo a portare Nanni e la sua associazione dentro all’Hellas Verona, persino nel consiglio d’amministrazione. Da anni mi chiedo perchè non venga dedicato a loro uno spicchio di stadio, dove possano sempre e liberamente assistere alle gare del Verona. Basterebbero trenta quaranta poltroncine. A quelli dello scudetto, poi, darei tessere vitalizie, e farei poltroncine personalizzate. Non è provincialismo, questo, caro presidente… E’ avere un tatuaggio sulla pelle, un dna gialloblù, una Storia, appunto. E’ il nostro legame. Quello che ci ha tenuto in vita e dato un futuro. Anche per questo dobbiamo dire grazie a Franco Nanni e ai suoi “ragazzi”…

CHE DELUSIONE! SOLO DUE A ZERO AL GROSSETO E SIAMO SECONDI (ANZI TERZI) IN CLASSIFICA…

Mi aspettavo molto di più dal Verona. Parto intanto dal risultato di oggi: abbiamo vinto 2-0, ma non sono soddisfatto perchè l’Hellas è stato costruito per vincere il campionato, con tante scelte e giocatori che potrebbero essere in Champions League. A mio avviso oggi il Verona doveva vincere almeno sei a zero. Sono poi profondamente deluso da uno come Cacia: alla nona giornata ha fatto appena sette reti giocando solamente otto gare… Cioè sette gol, un’inezia, un nulla. A Verona abbiamo bisogno di una “ponta che fraca”, mica di uno che è venuto qui a passare le vacanze. In realtà con questa squadra Cacia dovrebbe già essere a quota venti, virtualmente vincitore della classifica cannonieri. Insomma, diciamoci la verità: o questo ragazzo si sveglia e si dà una mossa o la vedo dura per lui.

Ancora peggio vanno le cose per Gomez: un disastro. Sempre fuori dal match, non affonda mai e anche oggi è apparso svogliato e fuori forma. Che dire poi di Mandorlini?

E’ evidente che l’allenatore del Verona ha ormai i giorni contati e forse, dopo questo scialbo due a zero, Setti ha già deciso di esonerarlo. Francamente non si capisce cosa ci faccia uno come Mandorlini a Verona. Zero idee calcistiche, poca grinta, carattere pari alle calorie della Coca light… Insomma… Meglio cambiarlo subito se non si vuole rimetterci la stagione. Ah, dimenticavo: la classifica è meglio non guardarla. Siamo secondi… Un disastro totale. A questo punto del campionato, dovevamo essere primi con dieci punti da tutti. Anzi: già iscritti al prossimo campionato di serie A per manifesta superiorità…

Ps: se qualche grullo ci fosse cascato, questo post è evidentemente uno scherzo…
Ps2: dopo il posticipo, siamo drammaticamente crollati al terzo posto. É ancora piú evidente il fallimento di Mandorlini e della sua squadra. Necessita subito prendere immediati provvedimenti…
Buon divertimento a tutti… Gufi compresi…

MANDORLINI, PARAFULMINE PER TUTTI

Siccome sono sincero, vi dico subito che faccio fatica a raccapezzarmi. Ho letto e sentito di tutto in questi giorni dopo la prima sconfitta del Verona. I piani sono due: 1) il piano della critica oggettiva e strettamente legata alla partita con il Padova. Una gara brutta (anche se rivista è meno brutta di quanto poi il gol finale di Raimondi ci ha fatto credere…), in cui non tutto è filato alla perfezione. 2) La critica a Mandorlini che mi pare, non so se ho ragione, pretestuosa, inutile e artatamente montata.

Spiego: non è che l’allenatore si possa tirare fuori se le cose non vanno bene. Ma non è nemmeno che possa passare dall’essere fenomeno quando vince ad essere un emerito coglione quando perde. Criticare il modulo (che è lo stesso che ci ha fatto vincere in Lega Pro e fare un campionato straordinario con una squadra mediocre l’anno scorso…), i suoi metodi, la sua filosofia, mi pare eccessivo. Esempio: c’è chi dice che Gomez è troppo largo. Mi pare che giochi esattamente dove giocava l’anno scorso e lì l’argentino ha segnato 14 gol, facendo il miglior campionato della sua carriera. Si parla poi della gestione e dei cambi. Anche qui ci dobbiamo mettere d’accordo: l’anno scorso Mandorlini era considerato una specie di vate quando tirava fuori il coniglio dal cilindro con i vari Lepiller, Pichlmann, Bjelanovic. Quest’anno, per la ricchezza della rosa, sembra che faccia sempre la cosa sbagliata. E che chi va in panchina abbia sempre ragione, rispetto a chi scende in campo. E’ chiaro (e l’ho scritto…) che la gestione di Bojinov deve essere un po’ diversa, che il bulgaro non può essere considerato alla stregua di Lepiller o Pichlmann, ma deve essere chiaro anche che l’equilibrio generale di una squadra è sempre più importante dell’interesse del singolo.

Dico questo, non nascondendo la rabbia per il derby banalmente perso. Mi girano assai le balle per quell’atteggiamento rinunciatario e sparagnino dopo la rete dell’1-0, quando avevamo ampiamente dimostrato di poter vincere facilmente. Credo che questo dipenda in parte da Mandorlini, ma molto anche dalla squadra che deve essere giustamente responsabilizzata e che spesso si fa scudo proprio del parafulmine Mandorlini. Ritrovare compatezza immediata, squadra-tifosi-tecnico, è quanto in questi momenti può fare la differenza. La stessa (differenza) che passa tra l’essere veronese dell’Hellas e un normale tifoso di un’altra squadra.

BAGNO D’UMILTA’

Vado controcorrente e dico che questa partita servirà paradossalmente al Verona. Perdere così fa male. Di più: fa imbufalire. Però questa sconfitta può aiutare il Verona a capire che senza rabbia e senza umiltà non si va da nessuna parte. Questa squadra è forte. Sulla carta. Cioè in via ipotetica. Leggi i curricula dei giocatori e non puoi non accreditare il Verona di essere tra le più forti del campionato. Ma prima dell’inizio di questa stagione Sean Sogliano mi diceva: “Un conto è il mercato, un altro è il campo. Assemblare squadre forti non è semplice. C’è sempre una componente irrazionale che sfugge”.

Parole che oggi risuonano forte. Il Verona non è ancora diventata una squadra. Non fino in fondo, almeno. E qui conta poco la considerazione tattica: cioè se Mandorlini ha fatto più o meno la cosa giusta a Padova. Può darsi che il mister abbia sbagliato. Ma a sbagliare è stato soprattutto il Verona con quell’atteggiamento troppo remissivo dopo aver segnato l’1-0 quasi volesse portare a casa il risultato senza sforzarsi troppo. E non è la prima volta. Stessa scena, stesso copione della gara col Novara.

E’ colpa di Mandorlini? E’ l’atteggiamento della squadra che rispecchia quello del tecnico? Io non ci credo. Credo piuttosto che questa squadra ha letto troppo i giornali e ha ascoltato troppo chi l’ha pronosticata come la più forte del torneo. Non è vero. E se anche lo fosse, deve dimostrarlo sul campo, con i fatti. Poi, ora che si è perso, i soliti critici saranno pronti ad azzannare la preda dicendo nell’ordine che: 1) Mandorlini non è adatto a guidare questa squadra. 2) Che Mandorlini non è l’allenatore che voleva Setti. 3) Che Mandorlini è testardo e deve cambiare. 4) Che il custode dello stadio è più bravo del tecnico di Ravenna. Sono tutte chiacchiere che serviranno al mister a ritrovare gli occhi da tigre. Lui e il Verona. So per esperienza che si cresce molto di più quando si perde che quando si vince e che i cicli vincenti nascono sempre dopo uno choc. Spero che questa sconfitta sia lo scossone che serve. A tornare vincenti, ma prima, a farsi (tutti) un bel bagno d’umiltà.

MANDORLINIANO! E SPIEGO IL PERCHE’…

Come tutti gli uomini di forte carattere Mandorlini unisce e divide. Ora a Verona è in atto una bella discussione, animata dalla colta e fine penna di Francesco Barana. Mandorliniani contro anti-Mandorliniani. Beh, visto che a me, come a Francesco, piace schierarmi e dire con chiarezza quello che penso, dico subito, se non l’aveste ancora capito (faccina che sorride…) che io sono un Mandorliniano. E ora vi spiego perchè.

Dirò, innanzitutto che non fu sempre così: all’inizio quando Mandorlini arrivò non mi piacque per niente. Non lo vedevo calato dentro il Verona, pensavo più ai suoi fallimenti che alle sue vittorie (Vicenza, Sassuolo, Padova). In più era stato presentato a Martinelli da Parentela, non il massimo come biglietto da visita. I risultati tardavano ad arrivare, non vedevo lo scatto ideale, quello che ci si aspettava. Qualcosa cambiò dopo la sua dichiarazione famosa “”Fanculo alla Champions io sono al Verona”. Li vidi per la prima volta quello scintillio negli occhi del mister che poi mi hanno fatto capire che qualcosa di profondo stava nascendo. Ma il capolavoro di Mandorlini resta la gestione dei playoff che ci tolsero dalla palude della C. Un capolavoro tecnico-tattico-psicologico e anche mediatico.

Forse qui ce ne siamo dimenticati. Ma la partita con la Salernitana si giocò anche fuori dal campo. Il mister in quel frangente prese sulle sue spalle Verona, il Verona e tutta la città. Fece notare che non poteva andare in B la Salernitana carica di debiti e virtualmente fallita. Avrebbe, forse dovuto dirlo il presidente, il direttore generale, il direttore sportivo: invece lo disse lui, giustamente, tanto che la notizia rimbalzò ovunque, e forse anche dentro al Palazzo. Quella dichiarazione ci fece sentire tutti un po’ più veronesi, tirò fuori il nostro orgoglio e quello della squadra. E fece sì che alla fine andammo in serie B con due rigori a favore e uno contro.

E’ importante ricordare questo, per capire il resto. Si spiega solo così quello che Mandorlini subì a Salerno. Picchiato negli spogliatoi, colpito da un fotografo, insultato, spintonato. Aveva detto la verità: l’aveva detta per noi e per tutta Verona. Giusto o sbagliato che fosse, lui si prese quella responsabilità e per quelle dichiarazioni ha pagato. Pagò oltre misura per il coro ironico durante la presentazione della squadra. Un coro sciocco, che poteva anche essere non fatto, ma che il mister fece, fedele alla sua linea di genuina passione. Un coro che venne strumentalizzato a fini politici, probabilmente perchè avvenne davanti al sindaco Tosi che infatti poi ammise proprio durante una mia trasmissione che “è probabile che il coro sia diventato un caso nazionale per la mia presenza”.

E’ vero che, purtroppo, nel calcio vince la falsità sulla verità. E’ vero che vengono penalizzate le persone non banali, che nelle interviste mettono qualche contenuto. Mandorlini offre spunti a ripetizione. Questo stesso dibattito non lo avremmo mai fatto se non si parlasse di Mandorlini. Il mister è un vulcano. Seguirlo non è sempre facile. Soprattutto dopo una gara persa. Come tutti i vincenti, Mandorlini vive malissimo la sconfitta. Diventa persino scontroso. Come ogni persona che dice in faccia quello che pensa, ha lunghe fasi di meditazione personale in cui si pente di quello che ha fatto o detto. Ma poi arriva sempre alla stessa conclusione: sono fatto così. E meno male. Aggiungo.

Perchè se Mandorlini non fosse questo, il Verona non sarebbe arrivato dov’è oggi. Alla fine di tutto, Mandorlini è uno che continua a scommettere su se stesso e a vincere. Se dice che la squadra sta bene, state sicuri che la gara successiva vedremo un grande Verona. Ha fatto parlare i fatti, ancora più delle parole ed è per questo che la gente stravede per lui. Io credo, e concludo, che a Verona, per come siamo e per come viviamo l’Hellas, ci sia bisogno di gente come Andrea. Un capopolo, direbbe Barana, ma io direi un leader vero, un trascinatore, un passionale e un vincente che si è cucito addosso il Verona per pilotarlo laddove deve stare.