NON MI PIACE LA POLITICA DEL PIAGNISTEO

Giovanni Martinelli è il presidente più amato degli ultimi vent’anni. Su questo non ci sono dubbi. Il presidente se l’è meritato. Ha costruito due ottime squadre in Lega Pro, ha speso tantissimo, ha salvato il Verona dal fallimento, ma soprattutto è tornato in serie B. Quest’anno il Verona è la vera sorpresa del campionato e dopo essersi salvata, la squadra veronese potrebbe addirittura tentare il doppio salto. Tutto merito di Martinelli.

Il presidente stamattina sulla Gazzetta, rilascia un’intervista a Guglielmo Longhi, in cui però ancora una volta, denuncia la propria solitudine. Una litania che francamente non mi trova d’accordo. La politica del piagnisteo non mi piace e soprattutto non è così che attiri degli investitori. Partiamo da un presupposto. Anzi da due. Il primo: la crisi economica è tremenda. Ci sono pochi soldi e le aziende veronesi stanno facendo di tutto per portare a casa il deretano sano e salvo e il calcio, in questo momento è un po’ più lontano dai pensieri di tanti industriali (semmai l’hanno avuto). Il secondo: pensare a gente che ti compri il 49 per cento del Verona e accetti di non contare nel consiglio d’amministrazione è una pura utopia.

Chi investe dei soldi pretende di avere un potere decisionale. Per dirla alla romana: “E’ facile fare il frocio con il culo degli altri…”. E’ più semplice insomma, per Martinelli e per il Verona, in questo momento, avere dieci aziende a 100 mila euro che una ad un milione. Ecco in questo senso, rispetto a qualche anno fa, molto è stato fatto. Non c’è più la sensazione in città che il Verona sia un ramo morto da far morire in breve tempo a vantaggio di altre realtà (e sappiamo bene quali…). Il Verona è in cima ai pensieri di molti veronesi e l’entusiasmo che si è ritrovato non mi pare che possa far dire che il Verona è isolato e solo. Piuttosto: siamo sicuri che in questo momento l’Hellas stia facendo tutto il possibile per darsi un’immagine vincente? Siamo sicuri che la società sia veramente strutturata per affrontare la serie A? Siamo certi che marketing, comunicazione, eccetera stiano funzionando a dovere come deve fare una società di serie A, solo momentaneamente in serie B (speriamo…)?

Beh, a costo di essere il solito bastian contrario, io dico di no. C’è molto, tantissimo da fare. Ogni giorno raccolgo testimonianze di gente che pur amando tantissimo il Verona, non trovano nel Verona e nella sua società la giusta rispondenza. Non lo si trova quando vai a parlare con qualcuno del settore giovanile, non lo trovi quando c’è da organizzare una manifestazione, non lo trovi quando vai a Sandrà al campo d’allenamento e dopo quattro anni non trovi ancora un gazebo per le interviste, una struttura decente, ma anche e più semplicemente una targa, un cancello che ti dicano che quello è il campo d’allenamento dell’Hellas Verona.

Il ritorno all’antistadio è stato abortito, il Chievo ha persino messo le mani sul campo di via Sogare, mentre il Verona va ad allenarsi ad Ala quando c’è freddo e hai bisogno di un terreno sintetico. Ecco, io credo che al di là di tantissimi meriti, Martinelli ora abbia il dovere di dotare il Verona di una seria struttura e che, la società debba avere una “finalità” un obiettivo, anche al di là del progetto stadio. Non posso pensare che il Verona sia solo, presidente. Almeno ventimila veronesi sono sempre al suo fianco. Ogni settimana, ogni giorno.

IL MOMENTO DI JUANITO

Avete presente il kers, quel sistema usato in formula uno per accumulare energia per poi spararsela tutta in un sorpasso o in un giro-record? Ecco: per me Gomez è un po’ il kers del Verona. Negli ultimi tempi il talentuoso argentino ha accumulato energia e ora è il momento di buttarla fuori tutta. Juanito è esploso al Gubbio, ma è quest’anno al Verona la sua stagione più importante. Stagione che per me è molto positiva. Gomez si è adattato senza fiatare a fare un lavoro durissimo, proprio come piace a Mandorlini, ma è anche un giocatore con i piedi ricamati, da cui sgorga sempre una giocata importante. L’unico dato non positivo, è probabilmente quello realizzativo. Gomez può, deve segnare di più. Un colpo di testa come quello che gli è capitato con l’Ascoli, Juanito non può sbagliarlo. Certo, giocando largo come vuole il mister non possiamo pensare che Gomez possa segnare come l’anno scorso fece con la maglia degli umbri. Ma è anche vero che due, tre reti in più, Gomez poteva timbrarli. Sono convinto comunque che Juanito non ci abbia ancora fatto assaggiare tutto il miele delle sua classe. E se volesse iniziare proprio dalla sua ex, il regalo sarebbe ancora più gradito.
Ps. Vediamo come si alza l’audience del blog adesso.

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E’ IL MOMENTO DEI NERVI SALDI

Diciamo subito che è stato un brutto Verona. Il peggiore della stagione. Un po’ abulico, sfortunato (ma come non parlavamo di fortuna con i gol al 92, non parliamo di cattiva sorte oggi), evidentemente fuori condizione. Un Verona che ha perso con Pescara e Sassuolo ma tra le due gare c’è in effetti un abisso. Il rischio che si corre in casi come questi è di buttare via l’acqua sporca con il bambino. Un rischio che dobbiamo evitare. Il metodo è semplice. Basta che ci ricordiamo dove eravamo un anno fa. Se ci avessero detto che il 28 gennaio del 2012 avremmo perso a Modena con il Sassuolo dall’alto di 44 punti in classifica, tutti noi avremmo firmato a scatola chiusa. Questa gara, comunque qualche interrogativo lo pone. Per esempio: in questa rosa non c’è nessuno che neanche lontanamente possa rimpiazzare un fuoriclasse come Hallfredsson. Come la mettiamo a due giorni dalla fine del mercato? Sempre certi che non serva niente e che non è il caso di fare un sacrificio per provarci fino in fondo? In post precedenti abbiamo sempre parlato della necessità di inserire qualità vera in questa squadra. A maggior ragione oggi che abbiamo due prove provate. Il Verona senza Hallfreddsson è una squadra dimezzata, tutti rendono un po’ meno, diventiamo “normali”. Teniamo anche presente che alcuni nostri avversari si sono ulteriormente rafforzati. Sono considerazioni che vanno fatte con grande calma ma anche con decisione. Ricchiuti o Jeda o tutti e due, a questo punto non sono più un capriccio o una ciliegina sulla torta, ma diventano quasi una necessità. Senza aggravare i bilanci, certo, e qui ha ragione il presidente, ma anche consci che certi treni non passano due volte. Il mestiere dell’imprenditore, da sempre, è quello di rischiare. Rischi calcolati, ma sempre rischi. Nel calcio la forbice del rischio è a volte dilatata ma a volte non provarci può farti mangiare le mani in eterno. Alzi la mano che di noi non ha pensato a questo quando Mandorlini ci raccontava in settimana cosa successe proprio a Sassuolo sotto la sua gestione. Uscirei, in modo semplice, anche dalla diatriba Gibellini-Mandorlini che in realtà non esiste e se esiste è un falso problema. Perchè qui c’è una persona che in un attimo può risolvere questo problema. Il suo nome, è evidente, è Giovanni Martinelli. Se il presidente vuole prendere Ricchiuti, Jeda o Pasquato ci mette un nanosecondo. L’importante è che lo voglia.