A Roseto la Tezenis ha rischiato di perdere anche la cospicua differenza canestri accumulata all’andata, quando gli abruzzesi erano incompleti. E questo fa un po’ il paio con la situazione della Scaligera, che senza Rice ha vinto una partita e ne ha perse tre. L’ultima davvero in malo modo.
Ma l’assenza della guardia americana e le condizioni di Da Ros, al rientro dopo uno stop di un mese, non bastano per giustificare uno scivolone troppo pesante per le ambizioni della Verona dei canestri.
In precedenza non ho lesinato critiche alla gestione Crespi, ma è bene tenere ben presente che o si crede in questo progetto oppure è meglio rinunciarci. Dopo tutto il campionato è ancora lungo e l’anno scorso Agrigento da ottava fece il gran colpo, giocandosi poi la promozione fino all’ultimo con Torino, salita in serie A dopo aver chiuso la regular season con 10 sconfitte.
Dall’inizio della stagione i tifosi s’interrogano se questo quintetto sia più forte di quello dell’ultima versione di Ramagli, quello che è certo è che sono arrivati giocatori dal piano superiore (Cortese, Spanghero, Chikoko, Michelori), ma la leadership e la capacità di reggere la responsabilità non si pesano con le statistiche. E la pazienza di veder sbocciare il”centro verticale” preferito a Monroe non può prolungarsi all’infinito. Come le difficoltà di affrontare il pressing senza un playmaker puro. La società può giocare ancora la carta del comunitario, ma la costruzione della rosa è stata fatta in stretta sinergia con l’allenatore.
La squadra è stata plasmata sul gioco e sulla mentalità del coach bustocco, ovvero il famoso trittico emozione, appartenenza, urgenza. La partita con Trieste aveva offerto l’impressione proprio di un senso di appartenenza, la trasferta a Roseto ha palesato invece un preoccupante passo indietro. Marco Crespi analizzando la sconfitta in Abruzzo ha spiegato che la squadra si è persa in 4-5 bicchieri d’acqua. L’impressione è che in realtà sia finita dentro una damigiana.
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