“La pallacanestro è come una guerra in cui si sviluppano prima le armi offensive, poi ci vuole sempre un po’ di tempo perché la difesa si organizzi.” (Red Auerbach)
La battuta lanciata da qualche tifoso all’Agsmforum alla fine della partita con Piacenza è che, visti i chiari di luna, per la Tezenis sarebbe opportuno giocare sempre in trasferta. Ironie a parte (comprese le bizzarre teorie sul parquet rosa che porterebbe sfiga), la banda di Frates è ricascata negli errori commessi all’esordio. Una partita-fotocopia di quella con Roseto: avvio agghiacciante, avversari in fuga, poi la rimonta (questa volta realizzata ben prima), il controbreak ospite. E l’autocritica del coach gialloblù nel dopo-partita fotografa perfettamente questa seconda sconfitta in casa: “Abbiamo trascorso la settimana a guardarci allo specchio, a chiederci che futuro radioso ci aspetta e che potenziale abbiamo”. Il potenziale sicuramente c’è, ma tra inesperienza, ingenuità, scelte scellerate e pure un po’ di sfortuna (l’infortunio a Basile che, se fosse stato disponibile, avrebbe forse evitato a Robinson di combinare altri pasticci in cabina di regia che tuttavia in difesa ha annullato Hasbrouck), la Tezenis ha dimostrato di non aver imparato la lezione del precedente k.o.
Piacenza, come Roseto, ha rivoluzionato il roster affidandosi ad un mix di giocatori esperti e di giovani desiderosi di emergere, è allenata da un debuttante, quel Marco Andreazza che fu anche sulla panchina di Villafranca in C1 e tanto bene ha fatto nelle giovanili delle Benetton e poi di Casalpusterlengo. Un altro esempio di forza di volontà, umiltà, coesione. Per farla breve alla Scaligera occorre più determinazione; quella cattiveria che i giganti gialloblù hanno messo in campo al Paladozza. Così alla fine della fiera tutto si riduce alle parole di Michael Frazier, che contro Piacenza ha recitato praticamente nel deserto: “La vera Tezenis è quella di Bologna”. Però dovrà giocare altre 13 partite a Verona…
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