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DIO E CANESTRI

“Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro”. (Karol Wojtyla – Papa Giovanni Paolo II)

La mia figlia più giovane, che studia in Germania, mi ha scritto chiedendomi di Henry Williams. Lei è nata nel 2000 e non ha avuto il privilegio di vedere giocare “Hi-Fly”. Henry Williams assieme a Mike Iuzzolino è stato l’artefice del boom della Verona dei canestri ed il simbolo per un’intera generazione di appassionati.
E’ sufficiente guardare i messaggi di cordoglio sui social per capire quanto Williams sia entrato nei cuori di chi lo ha conosciuto, lo ha amato, a maggior ragione chi, come me, ha avuto il dono di frequentarlo e di godere della sua amicizia.
Amato e apprezzato da tutti, anche dagli avversari. Le parole di Jeff Mullins, suo coach ai tempi del college, disegnano alla perfezione l’uomo e il giocatore: “Abbiamo perso una grande persona. Non era solo quel tiro micidiale e il suo modo di giocare. Era un leader, una persona di grande carattere, aveva tutte le qualità che un giovane deve possedere, alle quali aggiungeva un notevole talento come giocatore di basket”.
Un campione, dotato di un’elevazione straordinaria, di un crossover al fulmicotone e di un tiro mortifero, potremmo dire “la mano sinistra di Dio”, mutuando una celebre frase dedicata a Diego Armando Maradona. E se vogliamo citare altri due celebri mancini, ecco Mc Enroe e Paganini. Classe e talento allo stato puro.
Tanti ricordano ancora l’emozione per il suo ritorno a Verona dopo i 4 anni a Treviso e la stagione a Roma, per giocare l’Eurolega, onusto di uno scudetto, una Saporta e due Supercoppe. E non si potrà mai dimenticare il favoloso rush che trascinò la Muller all’esaltante vittoria sul Barcellona.
Quando ha smesso di giocare, dopo 10 stagioni in Italia (chiudendo con la promozione in serie A con Napoli), è tornato a Charlotte per fare il predicatore, l’altra grande passione assieme al basket. Dio e canestri.
La vita non è stata tenera con lui. Qualche anno fa il medico che lo aveva in cura gli disse che aveva “i valori di un uomo morto”. Per Henry rimanevano solo due soluzioni, o il trapianto o la dialisi. I tentativi di trapianto non ebbero buona fine, la notte scorsa è suonata l’ultima sirena per un uomo dal fisico minato, a soli 47 anni.
E dopo il dolore, la commozione, il lutto, resterà solo una cosa da fare: ritirare la maglia numero 14. Ti sia lieve la terra, amico mio, adesso puoi volare ancora più alto. Un abbraccio a Katrina, Kristen, Lauren e Brice.

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