Il ricordo più netto che ho di Silvio Bertacchi, il coach – scomparso sabato a 73 anni – che portò la Citrosil in A2 e tenne a battesimo il Palaolimpia, non è legato ad un campo di basket. Trasferta a Trieste, nella stagione che sarebbe finita con la retrocessione per ambedue le squadre: il pullman è sulla camionale che porta in città, dall’alto si scorge l’ippodromo di Montebello con una corsa in svolgimento. Bertacchi riconosce cavallo e fantino al comando. Nel frattempo Diego Arrigoni, suo scudiero in campo e sodale in sala corse, sfogliando “Trotto Sportsman” con un bestemmione fa presente al suo coach l’imperdonabile dimenticanza di non aver puntato su un cavallo di nome Stecchino.
La passione per l’ippica e la relativa competenza di Bertacchi erano superiori anche al basket, che lo aveva portato a diventare assistente di Pippo Faina all’Olimpia Milano, nella stagione dell’Innocenti. E fu lui a convincere i gemelli Boselli a lasciare il nuoto per i canestri.
Allenatore (tessera n° 231) e al tempo stesso insegnante di Educazione fisica negli istituti superiori milanesi, come ha scritto Marco Crespi, tracciando su Facebook un bel ricordo del suo “maestro”, che ogni martedì preferiva alle lezioni di Giurisprudenza, trascorrendo quattro ore in palestra a parlare con lui di basket, prima di essere accompagnato in stazione per tornare a Busto Arsizio.
Già, perché Silvio Bertacchi, il professor Silvio Bertacchi, non è stato solo il principe di Novate e il guru di Busto. A lui si deve il primo boom della Verona dei canestri. La sua Citrosil, dopo la promozione conquistata battendo nei playoff Pescara (e agli occhi dei veronesi questo è un merito in più), lasciato il Coni per il palasport non ancora Palaolimpia, perdeva quasi sempre: 9-21 il bilancio finale con ultimo posto e retrocessione. Però, sarà stata la novità, sarà stato il nuovo palasport atteso per anni, la gente veniva. Fino ai cinquemila e passa spettatori nella sfortunata partita con la Corsa Tris Rieti che sancì il ritorno in serie B.
Era la Citrosil di Jay Bilas (anche per quello c’erano tante donne al palazzo) e Scott Meents, e poi di Leo Rautins. Di Zamberlan e Dalla Vecchia. Ma il debutto assoluto a Verona in serie A fu con il botto. 21 settembre 1986: 93-69 su Forlì di “mr. 34 rimbalzi” Mark Landsberger, con un parziale 53-22 nella ripresa. Niente male.
L’addio da Verona fu accompagnato da una specie di esonero a campionato già finito e da uno scontro con l’allora g.m. Ferdinando Torresani. Difficile dar torto a Bertacchi, un gentiluomo, una persona perbene. Fu lui a portare Marco Lamperti a Verona, ricevendo ingratitudine la stagione seguente. E sempre lui gestì con delicatezza il male oscuro di Ugo Govoni.
Aveva smesso di allenare nel 1994, a Legnano, gli Knights che gli hanno dedicato la vittoria a Treviso. Anche la Tezenis saprà onorare la sua memoria. Intanto lo piangono gli amici del mitico Canaglia Club.
Invece non smise certo di frequentare sale corse e l’ippodromo di Siro, che gli ha dedicato una targa emblematica: “Grazie Silvio per il contributo che hai versato all’U.n.i.r.e. (Unione nazionale incremento razze equine) in tutti questi decenni”.
Chiudo con un ricordo molto personale: per il mio matrimonio (due anni dopo la fine dell’esperienza a Verona), mi spedì un telegramma: “E’ la tua telecronaca migliore”. Come ci hai preso! Una tris piena coach. Riposa in pace.
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