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LA MARTINI TUTELA O DISCRIMINA?

 

 

Proviamo a decidere quale è lo sfregio, quale la violenza nei confronti dei bambini rom: prendere loro le impronte o lasciarli in balia di genitori (veri o presunti) che li inducono a rubare con le minacce o che li utilizzano nell’accattonaggio? La domanda si riprone dopo il “blitz” del sottosegretario Francesca Martini che ha individuato e denunciato (chiedendo l’intervento delle forze dell’ordine) una donna rom che teneva con se una bimbetta nuda nel chiedere la carità. Un intervento che la sinistra engagée ha accolto con sovrano disprezzo, ironizzando (vedi Liberazione) su “l’impegno diretto” dell’esponente leghista “nella lotta all’illegalità”

Ben altra sarebbe l’illegalità a giudizio del quotidiano comunista. Ma dovremmo forse plaudire a “l’impegno diretto” nella “lotta contro la discriminazione” di quegli esponenti di Rifondazione che hanno esibito in pubblico le proprie impronte digitali? Hanno fatto più loro a tutela dei bimbi rom o ha fatto di più Francesca Martini?

Va combattuta oppure no questa battaglia di legalità per impedire che i nomadi utilizzino anche i neonati portandoseli dietro e piazzadoli nella strade sotto la calura estiva o d’inverno col gelo? Se siamo contro la discriminazione etnica ci voltiamo dall’altra parte di fronte alla scena che ha visto Francesca Martini, e stigmatizziamo il ricorso alle impronte? Se invece siamo razzisti (e/o leghisti) chiamiamo la polizia e speriamo che a questi genitori venga tolta la patria potestà?

C’è qualcosa che non funzione in questi schematismi o va bene così?

Possiamo anche cancellarla la proposta Maroni; e mi sembra poco verisimile che si riesca ad attuare anche un semplice censimento dei e nei campi nomadi. Ma, risparmiata loro la “tortura” delle impronte, cosa intendiamo fare concretamente per impedire le altre torture, quelle vere, che troppi adulti infliggono quotidianamente, liberamente, nell’indifferenza dei censori della Martini, a tanti bimbi rom?

 

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