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ETICHETTE, ACCATTONI E RAZZISMO

 Dopo qualche giorno di latitanza per ferie, riprendo con una nuova opinione per rispondere e rilanciare ai tanti commenti arrivati sull’ultimo tema dell’accattonaggio.

Cominciamo con le etichette che ad alcuni piace tanto appiccicare. Se dialogando con voi continuassi a bollarvi come “comunisti” o “fascisti” o “leghisti”, cosa pensereste? Magari che ho pochi argomenti e per questo mi rifugio nello stereotipo; o forse che voglio eludere il merito, cioè il confronto con la sostanza delle vostre opinioni; o magari che ho un’ossessione alla Berlusconi il quale – notoriamente – vede comunisti dovunque…Non capisco dunque perchè una persona intelligente e piena di argomenti, come ad esempio Renzo, non sappia rinunciare al gusto dell’etichetta: devo forse pensare che, un po’ alla Berlusconi, anche lui vede, non comunisti, ma leghisti dappertutto?…Scherzi a parte, questo ricorso alle etichette mi sembra elusivo: perchè un’opinione va valutata per la sua sensatezza o meno, perchè ha una logica, perchè sta in piedi oppure no. Ma non perchè è fascista o leghista o comunista o tardodemocristiana. E, in ogni caso, anche quando la hai bollata con lo stereotipo ideologico o partitico, resta tutto da dimostrare se quella opinione sia valida oppure no.

Tornando al merito della questione elemosina, è evidente che vi sono sfruttatori e sfruttati. Ma la questione cruciale è che esiste anche una terza categoria: quella dei “bauchi” i quali, facendo la carità, forniscono il carburante che fa funzionare l’intero meccanismo; cioè consentono agli sfruttatori di fare lauti guadagni sulla pelle degli sfruttati. Provo ad aggiungere un parallelismo: chi fa la carità produce un effetto molto simile a chi va a puttane; anche i clienti delle lucciole forniscono infatti il carburante che garantisce il lauto guadagno dei papponi e lo sfruttamento delle prostitute, di quelle consenzienti e peggio ancora di quelle schiavizzate. Aggiungiamoci anche una differenza: c’è chi paga per ottenere un appagamento sessuale e chi elargisce per ottenerne uno “spirituale”, cioè per sentirsi buono e sensibile di fronte alla miseria altrui.

Qualche considerazione in fine su questa autentica ossessione razzista che riesce ad intruffolarsi anche quando stiamo discutendo di accattonaggio. Trovo vergognoso confondere i peti con le trombe d’aria. C’è stato e c’è un fenomeno spaventoso, di una drammaticità senza pari, che ha portato e porta allo sterminio di milioni di persone in nome della presunta superiorità razziale (o ideologica o religiosa). Questo è il razzismo. Confonderlo con alcune reazioni xenofobe (termine che significa paura dello straniero, non odio per lo straniero e meno che mai volontà di distruggere lo straniero) che si sono manifestate anche nelle nostre città è una autentica vergogna; anzitutto nei confronti delle vittime del razzismo vero. Questa logica porta, appunto, a confondere i peti con le trombe d’aria. E chi argomenta, che si comincia sempre così ma poi si va sempre a finire colà, non sta che spiegandoci che i peti sempre e comunque innescano le trombe d’aria. Ripeto, non nego che alcune reazioni, che alcuni discorsi xenofobi si manifestino anche nelle nostre città. Anche in una città come Verona che pure ha radici secolari di civiltà e di tolleranza, per il semplice motivo che da secoli è terra di relazioni e di incontri tra popoli diversi. Accusare Verona e i veronesi di razzismo è un delirio, significa non conoscere la loro storia; significa non capire che il modo di essere e di agire, il sentire profondo di una comunità, sono il risultato di una stratificazione secolare che può essere modificata solo da un’azione contraria altrettanto lunga: anche ammesso cioé che la Lega predicasse l’intolleranza, sarebbe solo un graffietto superficiale che non intacca l’animo profondo dei veronesi…In ogni caso ci sta che sulla stampa nazionale, che da altre regioni e città arrivi l’accusa di razzismo a Verona e ai veronesi. Ma che questa accusa venga mossa, avallata e rilanciata ad ogni piè sospinto – e con una particolare voluttà – da alcuni veronesi stessi, lo trovo davvero aberrante. Aberrante e molto più inquetante delle manifestazioni xenofobe. Non credo infatti che sia una battaglia in nome dei grandi valori della tolleranza, ma piuttosto un gusto masochistico di sputare dove si mangia, dove si è nati e dove si vive.

 

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