Beppe Grillo e Matteo Salvini se ne facciano una ragione. Papa Francesco ha sbaragliato la concorrenza : ha vinto lui l’Oscar del populismo.
L’ha vinto con la dichiarazione su banche e migranti: “Salviamo le banche e lasciamo morire i migranti! E’ una bancarotta umanitaria!”
In realtà è la bancarotta del buon senso. Intanto perché i migranti con le banche c’entrano come i cavoli a merenda. Se mai c’entrano gli azionisti: vergognoso non aver risarcito quelli che erano stati raggirati ed indotti ad investire i risparmi prospettando loro lauti guadagni inesistenti.
Fatto salvo – ovviamente – che i banchieri corrotti vanno perseguiti (anche il padre della Boschi, se provato). La priorità assoluta di ogni Paese non può che essere quella di salvare il sistema bancario perché, se crollano le banche, crolla l’intera economia, resta solo miseria garantita per tutti (Grecia docet).
Lo sa il Papa per primo che, come tutti i suoi predecessori, ha fatto il possibile per salvare lo Ior, l’Istituto per le opere religiose, non ostate tutti i pastrocchi e gli illeciti compiuti da questo ente. Perché senza la banca del Vaticano non si fanno opere religiose, non si fa proselitismo, la Chiesa va in bancarotta. (E non si possono nemmeno assistere i tanti migranti accolti in Vaticano e nelle parrocchie.)
Senza un sistema bancario non si pagano gli stipendi né agli uomini della Marina militare (che di migranti ne salvano migliaia al giorno) né a tutti i lavoratori, pensionati compresi. L’intero sistema produttivo va in tilt.
Ciò che è chiaro ad uno studente del primo anno di Economia, non può essere oscuro ad un gesuita salito al vertice della Chiesa cattolica.
Ma tra le persone comuni – un po’ per pressapochismo, un po’ per ignoranza – è diffuso l’odio verso gli istituti di credito, responsabili di ogni male: tutti ladri questi banchieri (come i politici) vanno mandati al patibolo, altrochè salvati! E così Papa Francesco sceglie di cavalcare l’onda…Buon appetito e buonasera alla ragione.
Merita l’Oscar del populismo; e una menzione speciale per il contributo dato alla diffusione di pregiudizi e ignoranza.
CITTADINI LADRI COME I POLITICI
Ieri sera il Tg di Sky raccontava dei dieci dipendenti dell’ospedale di Brindisi sorpresi a rubare nella farmacia del loro ospedale. Non è escluso che anche qualcuno dei dieci voti 5 Stelle al grido di onestà, onesta! Mandiamoli a casa questi ladri di politici!
Non mi risulta che un politico sia mai stato sorpreso a rubare nella farmacia del suo ospedale. Non ne ha bisogno, non gli mancano più ghiotte occasioni, direte. Ma il ragionamento va rovesciato: se uno dei dieci di Brindisi avesse mai un ruolo e il potere del politico, cosa combinerebbe?
I giornali oggi non riportano la notizia. Chiaro: sono così numerosi quelli che rubano sul posto di lavoro, pubblico e privato, da non far più notizia…
Fa ancora notizia, al momento, il parroco di Spinea, don Flavio Gobbo, che ha fatto le valige ufficialmente per una “situazione di affaticamento”. Ma Il Gazzettino racconta che dai conti della parrocchia sono spariti 200-300 mila euro; e che la sua perpetua aveva la passione per il gioco d’azzardo…
Immagino che anche il parroco di Spinea dal pulpito predicasse onestà, onestà! Aggiungendo che quei ladroni dei politici finiranno tutti all’inferno.
Dobbiamo ricordare i furbetti del cartellino che, da San Remo in giù, dilagano dovunque? Dovunque carabinieri o guardia di finanza piazzino una telecamera. Dei tanti che, quando vanno a (far finta di) lavorare, usurano il computer a furia di giocare in rete? Dei tanti che di fatto rubano lo stipendio?
Ben che vada noi cittadini siamo ladri tanto quanto i politici. Con un’aggravante: che crocifiggiamo loro, i politici, convinti così di purificare e santificare noi stessi.
CARNEFICE CONTIGUO A ENNIO E ROSINA
Il luglio scorso Ennio e Rosina, due coniugi ultraottantenni che vivono soli e isolati nel loro casolare a Piacenza d’Adige nella bassa padovana al confine con la provincia di Rovigo, vengono rapinati e pestati a sangue. Lei, Rosina, viene torturata con un ferro da stiro rovente.
I carabinieri – onore al merito – individuano e arrestano i responsabili di un crimine così efferato: due marocchini.
Rosina ed Ennio restano a lungo in ospedale, non solo per le cure necessarie ma anche perché non possono tornare nella loro abitazione rimasta sotto sequestro per le indagini.
Quando finalmente tornano a casa scoprono che uno dei due criminali è già libero, cioè ai domiciliari. Non solo: domiciliari di “vicinato”, cioè a soli cinque chilometri da dove abitano loro!
(Libero di fatto, perché non esiste che le forze dell’ordine stazionino h24 davanti all’abitazione a controllare che il marocchino non esca).
I due sposi sono terrorizzati. L’incredibile vicenda finisce sulle reti nazionali, dove Rosina compare impugnando un forcone e accusando Renzi di non proteggere lei e suo marito.
Colpa del codice penale, colpa della discrezionalità del magistrato? La cosa certa è il risultato: i domiciliari di vicinato tra carnefice e vittime.
Pensando a questo ed altri casi avevo chiesto al ministro della Giustizia Orlando (ospite ad una festa del Pd) se non fosse il caso di riformare la legittima difesa. Il ministro l’ha escluso spiegando che, dove si diffondono le armi e si spara aumentano solo i morti non la sicurezza, e che deve essere lo Stato a garantire la difesa dei cittadini.
Assolutamente d’accordo in linea di principio. Peccato che poi, all’atto pratico, il nostro Stato i suoi cittadini li difenda come ha difeso Rosina e Ennio. Cioè piazzando il carnefice a cinque chilometri da casa loro.
AFFITTACAMERE E DACIA MARAINI
Matteo Salvini continua a definire i prefetti gli “affittacamere degli immigrati”. Definizione non molto cortese, ma intrinsecamente corretta: tale è la loro funzione. Con l’aggiunta che questo non possono che fare, e sono costretti a fare, i funzionari del ministero degli Interni.
O obbediscono alle direttive che arrivano loro da Roma o si dimettono in massa. (Alzi la mano chi di noi lo farebbe, rinunciando al lauto stipendio e sontuoso palazzo prefettizio…)
C’è l’aggravante, non contemplata per i veri affittacamere: affittano a sconosciuti privi di documenti. Ma anche questa è la direttiva romana. Con l’aggiunta dell’ordine di spargere sedativi. Spiegando cioè alla popolazione che non c’è allarme sociale, i reati sono in calo e comunque non riguardano i richiedenti asilo…
Ma c’è di peggio degli affittacamere. Parlo di Dacia Maraini e delle due pagine che ha pensato bene di dedicarle ieri il Corriere della sera.
La nostra grande e sensibile intellettuale – in perfetta sintonia con il suo popolo – ha trovato la soluzione per ripopolare i tanti villaggi di montagna abbandonati. “Perché non affidarli – propone – ai tanti migranti pieni di forza e di voglia di lavorare, per riportarli alla vita?”.
Con che mi ha fatto venire in mente come potremmo ripopolare i tanti manicomi chiusi e abbandonati: affittando le stanze a Dacia Maraini & c.
SCUOLA: L’APARTHEID DEL PANINO
D’estate si è parlato di scuola per la vergognosa sceneggiata degli insegnanti che, dovendosi spostare dove c’è bisogno di loro (da Sud a Nord) si sono autodefiniti “deportati”
Adesso, con l’autunno, altro dramma: l’apartheid del panino! Genitori in rivolta contro il costo e l’obbligo delle mense scolastiche, rivendicano il diritto di dare loro la merendina ai figli, e protestano perché chi ha il panino non potrebbe mangiare in mensa e sarebbe “segregato” in classe…
Genitori che non capiscono che il vitto è del tutto secondario, che la funzione fondamentale della scuola è l’insegnamento; la qualità dell’insegnamento.
Genitori che accettano di pagare ben più che per la mensa, per una pubblica istruzione che non seleziona gli insegnanti e non li obbliga all’aggiornamento; docenti che per tutta la carriera insegnano le stesse cose, incuranti di un modo che muta velocissimo, che richiede sempre nuove materie e nozioni per garantire l’inserimento al lavoro di chi studia.
Uno dei tanti esempi: si continua ad insegnare una lingua del tutto inutile come il francese, quando già cinquant’anni fa era evidente che la lingua della comunicazione globale è l’inglese.
Genitori che protestano solo se il figlio viene bocciato. Li vorrebbero tutti promossi. Senza comprendere che una scuola o è molto selettiva o non serve a nulla: perché i ragazzi e le ragazze, di fronte a percentuali bulgare di promossi, nemmeno si impegnano a studiare quel poco che viene loro insegnato.
Docenti che, specie al Sud, promuovono tutti a pieni voti. Salvo rifiutare quei test Invalsi che puntualmente dimostrano come gli studenti abbiano appreso poco nulla…
Ma, se la nostra pubblica istruzione è così allo sbando, la prima responsabilità è dei tanti genitori che si ribellano per le mense, per l’apartheid del panino, e trascurano di vigilare anzitutto sulla qualità dell’insegnamento somministrato ai loro figli.
QUANTE PIPPE SUL SI’ USA
Le prime pagine di oggi, 14 Settembre, traboccano di pippe sull’ambasciatore Usa che si è schierato per il sì al futuro referendum costituzionale; Permettendosi di aggiungere che una vittoria del no avrebbe disincentivato gli investimenti stranieri in Italia.
Tra tutte la reazione di Bersani: “Ma per chi ci hanno preso?” Per quello che siamo: italiani dediti alle pippe, utilissime a distoglierci dai problemi reali del Paese.
Gli esempi di “indebite interferenze” nella politica interna di altri Paesi, fatte dai politici italiani, si sprecano. Dite chi oggi, media compresi, non si è schierato sulle presidenziali americane? Il mantra corrente è questo: speriamo la spunti Hillary, che se vince quel cazzone di Trump sono guai.
Stessa cosa con l’esito delle elezioni in Austria, piuttosto che in Grecia, in Spagna e perfino nei lander tedeschi.
Serve ricordare che in occasione del referendum della Gran Bretagna Matteo Renzi arrivò a scrivere un intervento sul Guardian per spiegare agli elettori inglesi che dovevano votare remain, che altrimenti sarebbe stato un disastro per l’economia del loro Paese?…
Inglesi, americani, Paesi seri, cioè non dediti alle pippe (o di natura diversa dalle nostre) di queste “interferenze” se ne fregano. Solo noi ne abbiamo fatto una telenovela tragicomica.
Nel mondo occidentale globalizzato, dove esiste una precisa interdipendenza politico-economica, è naturale esprimere preoccupazioni o auspici sull’esito di qualunque elezione o referendum.
Altra cosa sarebbe stata se l’ambasciatore Usa avesse garantito finanziamenti occulti ai comitati per il sì (stile quello che fece per decenni l’Unione sovietica a vantaggio del Partito comunista italiano). Questa sì che sarebbe stata un’interferenza indebita e inaccettabile.
PROFUGHI E TERREMOTATI
All’indomani della tragedia di Amatrice e degli altri borghi colpiti dal terremoto, è emerso un contrasto stridente: gli sfollati nelle tendopoli, i profughi, i richiedenti asilo, spesso anche qui in Veneto, alloggiati invece negli alberghi. Serviti e riveriti.
Il commissario Vasco Errani dichiara che la priorità è smantellare le tendopoli, ma il responsabile della Protezione civile Fabrizio Curcio avverte che per realizzare le casette ci vogliono sette mesi. Fate i conti: saranno disponibili per Marzo 2017, il che significa che i nostri sfollati passeranno autunno ed inverno sotto le tende.
Stiamo parlando di numeri modesti – 2.500 persone in tutto – nemmeno lontanamente paragonabili alle centinaia di migliaia di stranieri che continuano ad arrivare. Non ci sono alberghi per i nostri concittadini di Marche ed Umbria? Non ci sono B&B? Non è possibile l’accoglienza diffusa in alloggi privati? Non ci sono per loro i 35 euro al giorno?
Tante domande, un dato di fatto: restano accampati sotto una tenda.
Giusto sdegnarsi per la macabra ironia sui nostri morti fatta da Charlie Hebdo; chiaro che non c’entra la mafia con i crolli causati dal sisma. Ma c’è sicuramente un metodo “mafioso” di affrontare le tragedie e le emergenze: pronti a speculare sia con la ricostruzione che con l’accoglienza. Se vogliamo è il business che accomuna profughi e terremotati.
Ma un Paese che non riesce ad affrontare con dignità ed efficienza una tragedia tutto sommato contenuta come quella del terremoto, saprà mai gestire in modo civile ed accettabile l’emergenza epocale dell’immigrazione? (promuoviamo donazioni e raccolta fondi anche per far fronte all’accoglienza?…). Un emergenza che – come dimostra il voto di ieri nel Land MeckPomm – sta mettendo in crisi anche Angela Merkel…
Stanno diventando razzisti anche i tedeschi, dopo i cittadini degli altri Paesi europei? Siamo razzisti noi sdegnati di vedere i terremotati sotto le tende e i profughi alloggiati in albergo?
Credo sia semplicemente sacrosanto ritenere che prima vengono le esigenze e le necessità dei cittadini che il loro Paese l’hanno costruito col lavoro e mantenuto con le tasse. Dopo di che le risorse residue finalizziamole pure agli interventi umanitari per i bisognosi del mondo. Ma l’opposto è solo una vergogna.
Se i governi europei – di destra o di sinistra – non lo capiscono sono destinati a cadere come birilli.
I NO BORDER DA SALOTTO
Ennesima edizione, tipicamente italica, dei rivoluzionari da salotto: questo sono i “no border”, quelli che protestano contro le frontiere. L’importante è essere “no” (global, tav, triv, border. Etc. ect.). Ma più importante ancora è non rischiare nulla, standosene al sicuro nel salotto di casa.
Il quadro dell’immigrazione è sempre più drammatico. Repubblica racconta oggi della Turchia che minaccia di riaprire le frontiere e farne partire verso i nostri lidi altri tre milioni. La Stampa scrive di Milano invasa da migliaia di migranti che non riescono a passare in Svizzera. Stessa cosa a Como. Nel fine settimana sono stato a Bolzano, autentico gioiello del Sudtirol: anche qui stranieri che bivaccano ovunque perché l’Austria dal Brennero non li fa passare.
Facciamo finta di credere che il problema siano i border, le frontiere chiuse. Dei veri, coraggiosi, rivoluzionari andrebbero a protestare e combattere in quei Paesi che le frontiere le hanno sprangate. Ma, ovviamente, è più comodo e sicuro starsene nel salotto di casa, a Ventimiglia, nell’unico Paese europeo che i border li tiene da decenni spalancati!
Qui si rischia nulla, anche andando all’assalto delle forze dell’ordine con spranghe e coltelli. Massimo un foglio di via da usare come carta igienica. Da bruciare in piazza a Padova come fece Luca Casarini quando glielo diedero “intimandogli” di non tornare a Padova…
Provino a protestare e combattere in Svizzera, in Austria, in Francia. A cercare lo scontro con la polizia, rischiando l’arresto, il processo per direttissima, la condanna da scontare in carcere. Ma, per farlo, bisognerebbe essere rivoluzionari veri e non da salotto.
FRANCESCO E IL NOME DEI CARNEFICI
La parola Islam, terrorismo islamico, non compare sulle labbra di Papa Francesco. Condanna genericamente l’odio e la violenza. Non chiama col loro nome nemmeno i carnefici di padre Jaques, il parroco di 86 anni sgozzato nella sua chiesa.
Gian Guido Vecchi, del Corriere, ha scritto che è giusto così. Che Francesco è l’unico leader occidentale ad avere una strategia vincente: non bisogna fare il gioco dei terroristi, non bisogna rispondere con la violenza alla loro violenza, perché otterresti solo di diffondere ancor più il fondamentalismo. Bisogna invece isolarli, proseguendo col dialogo e il confronto con l’Islam moderato.
Può darsi che Francesco e Vecchi abbiano ragione, che la strategia giusta sia questa.
C’è però anche una spiegazione alternativa. Basata sull’enorme, comprensibile, difficoltà ad accettare una realtà così sconvolgente con tutte le terribili conseguenze che essa comporta. Da qui la speranza di non dover arrivare all’esito estremo e di poter evitare le guerre col dialogo, con gli accordi.
I precedenti storici di tale speranza, dimostratasi illusione, non mancano e un gesuita, prete colto quant’altri mai, dovrebbe rammentarli.
Nel 1938, al termine della conferenza di Monaco – grande mediatore il nostro Duce – la convivenza pacifica tra il nazismo e le democrazie europee di Francia e Gran Bretagna sembrava garantita. Perfino l’integrazione: il nazismo si diffondeva infatti anche in Inghilterra (diventando il terzo partito), gli estimatori di Hitler e Mussolini si moltiplicavano in Francia e perfino negli Stati Uniti.
Peccato che l’anno dopo i panzer invadessero la Francia e la Luftwaffe bombardasse Londra…
Con la firma del patto Ribbentrop-Molotov, Stalin era convinto di aver blindato l’Unione sovietica. Specie dopo la pacifica e dialogante spartizione della Polonia. Così, quando nella primavera del 1941 parte l’Operazione Barbarossa, il Piccolo Padre si rifiuta di crederci. Per giorni si illude che siano solo tafferugli alla frontiera. La Wehrmacht deve prima massacrare interi reparti dell’Armata rossa, compresi quei commissari politici che per l’Unione sovietica erano l’equivalente dei preti per la Chiesa, e solo così Stalin è costretto ad aprire gli occhi sulla terribile realtà dell’invasione nazista da affrontare.
Domanda: quanti commissari religiosi, quanti preti dovranno essere sgozzati prima che anche Papa Francesco apra gli occhi?
ORA ASPETTIAMO IL VECCHICIDIO
Dopo il femminicidio, istituiamo anche il vecchicidio. Lo propone Libero, partendo dalla tragedia di Piacenza d’Adige: i coniugi ultraottantenni rapinati, picchiati a sangue, torturati col ferro da stiro rovente da tre criminali.
Senza nulla togliere al tema della violenza sulle donne, quello della violenza sugli anziani ( uomini e donne) è ancora più devastante. Lo ricorda sempre Libero statistiche istat alla mano: omicidi, percosse, lesioni dolose, furti e rapine sono in crescita esponenziale anno dopo anno.
Non si tratta solo di individuare i colpevoli, cosa che spesso le forze dell’ordine riescono a fare grazie alle nuove tecnologie che individuano le tracce biologiche dei responsabile nel luogo del crimine.
Si tratta di poter comminare pene certe ed adeguate che fungano da deterrente. Perché il problema resta la prevenzione. Anche ammesso che vengano presi e puniti i banditi, l’esistenza dei due coniugi di Piacenza D’Adige è rovinata per sempre: vivranno nel terrore gli anni che restano loro da vivere.
Sul piano generale mancano politiche adeguate anche di semplice assistenza per gli anziani: non si può contare sul volontariato, sulla rete sociale, su ciò che resta delle parrocchie, sui fondi esigui dei servizi sociali dei comuni.
La politica dovrebbe capirlo anche per puro calcolo di convenienza politica. Di giovani infatti ce ne sono sempre meno, e tra loro si registra il più alto tasso di assenteismo. Gli anziani invece sono sempre più numerosi e, mediamente, alle urne ci vanno.
Non sono angosciati dal futuro ma dal presente. Non pensano alle opportunità di lavoro avendo esaurito la vita lavorativa. Vorrebbero stare tranquilli e sereni; vedersi garantita la sicurezza tra le mura domestiche o quando escono a fare il bancomat, a portare la sera il sacchetto della spazzatura nel cassonetto. Vorrebbero poter tenere in casa un po’ di contante senza apprensioni. Sia che abitino in città che in aperta campagna.
Invece, di fatto, troppi di loro sono soli e abbandonati.