Matteo Salvini continua a definire i prefetti gli “affittacamere degli immigrati”. Definizione non molto cortese, ma intrinsecamente corretta: tale è la loro funzione. Con l’aggiunta che questo non possono che fare, e sono costretti a fare, i funzionari del ministero degli Interni.
O obbediscono alle direttive che arrivano loro da Roma o si dimettono in massa. (Alzi la mano chi di noi lo farebbe, rinunciando al lauto stipendio e sontuoso palazzo prefettizio…)
C’è l’aggravante, non contemplata per i veri affittacamere: affittano a sconosciuti privi di documenti. Ma anche questa è la direttiva romana. Con l’aggiunta dell’ordine di spargere sedativi. Spiegando cioè alla popolazione che non c’è allarme sociale, i reati sono in calo e comunque non riguardano i richiedenti asilo…
Ma c’è di peggio degli affittacamere. Parlo di Dacia Maraini e delle due pagine che ha pensato bene di dedicarle ieri il Corriere della sera.
La nostra grande e sensibile intellettuale – in perfetta sintonia con il suo popolo – ha trovato la soluzione per ripopolare i tanti villaggi di montagna abbandonati. “Perché non affidarli – propone – ai tanti migranti pieni di forza e di voglia di lavorare, per riportarli alla vita?”.
Con che mi ha fatto venire in mente come potremmo ripopolare i tanti manicomi chiusi e abbandonati: affittando le stanze a Dacia Maraini & c.
SCUOLA: L’APARTHEID DEL PANINO
D’estate si è parlato di scuola per la vergognosa sceneggiata degli insegnanti che, dovendosi spostare dove c’è bisogno di loro (da Sud a Nord) si sono autodefiniti “deportati”
Adesso, con l’autunno, altro dramma: l’apartheid del panino! Genitori in rivolta contro il costo e l’obbligo delle mense scolastiche, rivendicano il diritto di dare loro la merendina ai figli, e protestano perché chi ha il panino non potrebbe mangiare in mensa e sarebbe “segregato” in classe…
Genitori che non capiscono che il vitto è del tutto secondario, che la funzione fondamentale della scuola è l’insegnamento; la qualità dell’insegnamento.
Genitori che accettano di pagare ben più che per la mensa, per una pubblica istruzione che non seleziona gli insegnanti e non li obbliga all’aggiornamento; docenti che per tutta la carriera insegnano le stesse cose, incuranti di un modo che muta velocissimo, che richiede sempre nuove materie e nozioni per garantire l’inserimento al lavoro di chi studia.
Uno dei tanti esempi: si continua ad insegnare una lingua del tutto inutile come il francese, quando già cinquant’anni fa era evidente che la lingua della comunicazione globale è l’inglese.
Genitori che protestano solo se il figlio viene bocciato. Li vorrebbero tutti promossi. Senza comprendere che una scuola o è molto selettiva o non serve a nulla: perché i ragazzi e le ragazze, di fronte a percentuali bulgare di promossi, nemmeno si impegnano a studiare quel poco che viene loro insegnato.
Docenti che, specie al Sud, promuovono tutti a pieni voti. Salvo rifiutare quei test Invalsi che puntualmente dimostrano come gli studenti abbiano appreso poco nulla…
Ma, se la nostra pubblica istruzione è così allo sbando, la prima responsabilità è dei tanti genitori che si ribellano per le mense, per l’apartheid del panino, e trascurano di vigilare anzitutto sulla qualità dell’insegnamento somministrato ai loro figli.
QUANTE PIPPE SUL SI’ USA
Le prime pagine di oggi, 14 Settembre, traboccano di pippe sull’ambasciatore Usa che si è schierato per il sì al futuro referendum costituzionale; Permettendosi di aggiungere che una vittoria del no avrebbe disincentivato gli investimenti stranieri in Italia.
Tra tutte la reazione di Bersani: “Ma per chi ci hanno preso?” Per quello che siamo: italiani dediti alle pippe, utilissime a distoglierci dai problemi reali del Paese.
Gli esempi di “indebite interferenze” nella politica interna di altri Paesi, fatte dai politici italiani, si sprecano. Dite chi oggi, media compresi, non si è schierato sulle presidenziali americane? Il mantra corrente è questo: speriamo la spunti Hillary, che se vince quel cazzone di Trump sono guai.
Stessa cosa con l’esito delle elezioni in Austria, piuttosto che in Grecia, in Spagna e perfino nei lander tedeschi.
Serve ricordare che in occasione del referendum della Gran Bretagna Matteo Renzi arrivò a scrivere un intervento sul Guardian per spiegare agli elettori inglesi che dovevano votare remain, che altrimenti sarebbe stato un disastro per l’economia del loro Paese?…
Inglesi, americani, Paesi seri, cioè non dediti alle pippe (o di natura diversa dalle nostre) di queste “interferenze” se ne fregano. Solo noi ne abbiamo fatto una telenovela tragicomica.
Nel mondo occidentale globalizzato, dove esiste una precisa interdipendenza politico-economica, è naturale esprimere preoccupazioni o auspici sull’esito di qualunque elezione o referendum.
Altra cosa sarebbe stata se l’ambasciatore Usa avesse garantito finanziamenti occulti ai comitati per il sì (stile quello che fece per decenni l’Unione sovietica a vantaggio del Partito comunista italiano). Questa sì che sarebbe stata un’interferenza indebita e inaccettabile.
PROFUGHI E TERREMOTATI
All’indomani della tragedia di Amatrice e degli altri borghi colpiti dal terremoto, è emerso un contrasto stridente: gli sfollati nelle tendopoli, i profughi, i richiedenti asilo, spesso anche qui in Veneto, alloggiati invece negli alberghi. Serviti e riveriti.
Il commissario Vasco Errani dichiara che la priorità è smantellare le tendopoli, ma il responsabile della Protezione civile Fabrizio Curcio avverte che per realizzare le casette ci vogliono sette mesi. Fate i conti: saranno disponibili per Marzo 2017, il che significa che i nostri sfollati passeranno autunno ed inverno sotto le tende.
Stiamo parlando di numeri modesti – 2.500 persone in tutto – nemmeno lontanamente paragonabili alle centinaia di migliaia di stranieri che continuano ad arrivare. Non ci sono alberghi per i nostri concittadini di Marche ed Umbria? Non ci sono B&B? Non è possibile l’accoglienza diffusa in alloggi privati? Non ci sono per loro i 35 euro al giorno?
Tante domande, un dato di fatto: restano accampati sotto una tenda.
Giusto sdegnarsi per la macabra ironia sui nostri morti fatta da Charlie Hebdo; chiaro che non c’entra la mafia con i crolli causati dal sisma. Ma c’è sicuramente un metodo “mafioso” di affrontare le tragedie e le emergenze: pronti a speculare sia con la ricostruzione che con l’accoglienza. Se vogliamo è il business che accomuna profughi e terremotati.
Ma un Paese che non riesce ad affrontare con dignità ed efficienza una tragedia tutto sommato contenuta come quella del terremoto, saprà mai gestire in modo civile ed accettabile l’emergenza epocale dell’immigrazione? (promuoviamo donazioni e raccolta fondi anche per far fronte all’accoglienza?…). Un emergenza che – come dimostra il voto di ieri nel Land MeckPomm – sta mettendo in crisi anche Angela Merkel…
Stanno diventando razzisti anche i tedeschi, dopo i cittadini degli altri Paesi europei? Siamo razzisti noi sdegnati di vedere i terremotati sotto le tende e i profughi alloggiati in albergo?
Credo sia semplicemente sacrosanto ritenere che prima vengono le esigenze e le necessità dei cittadini che il loro Paese l’hanno costruito col lavoro e mantenuto con le tasse. Dopo di che le risorse residue finalizziamole pure agli interventi umanitari per i bisognosi del mondo. Ma l’opposto è solo una vergogna.
Se i governi europei – di destra o di sinistra – non lo capiscono sono destinati a cadere come birilli.
I NO BORDER DA SALOTTO
Ennesima edizione, tipicamente italica, dei rivoluzionari da salotto: questo sono i “no border”, quelli che protestano contro le frontiere. L’importante è essere “no” (global, tav, triv, border. Etc. ect.). Ma più importante ancora è non rischiare nulla, standosene al sicuro nel salotto di casa.
Il quadro dell’immigrazione è sempre più drammatico. Repubblica racconta oggi della Turchia che minaccia di riaprire le frontiere e farne partire verso i nostri lidi altri tre milioni. La Stampa scrive di Milano invasa da migliaia di migranti che non riescono a passare in Svizzera. Stessa cosa a Como. Nel fine settimana sono stato a Bolzano, autentico gioiello del Sudtirol: anche qui stranieri che bivaccano ovunque perché l’Austria dal Brennero non li fa passare.
Facciamo finta di credere che il problema siano i border, le frontiere chiuse. Dei veri, coraggiosi, rivoluzionari andrebbero a protestare e combattere in quei Paesi che le frontiere le hanno sprangate. Ma, ovviamente, è più comodo e sicuro starsene nel salotto di casa, a Ventimiglia, nell’unico Paese europeo che i border li tiene da decenni spalancati!
Qui si rischia nulla, anche andando all’assalto delle forze dell’ordine con spranghe e coltelli. Massimo un foglio di via da usare come carta igienica. Da bruciare in piazza a Padova come fece Luca Casarini quando glielo diedero “intimandogli” di non tornare a Padova…
Provino a protestare e combattere in Svizzera, in Austria, in Francia. A cercare lo scontro con la polizia, rischiando l’arresto, il processo per direttissima, la condanna da scontare in carcere. Ma, per farlo, bisognerebbe essere rivoluzionari veri e non da salotto.
FRANCESCO E IL NOME DEI CARNEFICI
La parola Islam, terrorismo islamico, non compare sulle labbra di Papa Francesco. Condanna genericamente l’odio e la violenza. Non chiama col loro nome nemmeno i carnefici di padre Jaques, il parroco di 86 anni sgozzato nella sua chiesa.
Gian Guido Vecchi, del Corriere, ha scritto che è giusto così. Che Francesco è l’unico leader occidentale ad avere una strategia vincente: non bisogna fare il gioco dei terroristi, non bisogna rispondere con la violenza alla loro violenza, perché otterresti solo di diffondere ancor più il fondamentalismo. Bisogna invece isolarli, proseguendo col dialogo e il confronto con l’Islam moderato.
Può darsi che Francesco e Vecchi abbiano ragione, che la strategia giusta sia questa.
C’è però anche una spiegazione alternativa. Basata sull’enorme, comprensibile, difficoltà ad accettare una realtà così sconvolgente con tutte le terribili conseguenze che essa comporta. Da qui la speranza di non dover arrivare all’esito estremo e di poter evitare le guerre col dialogo, con gli accordi.
I precedenti storici di tale speranza, dimostratasi illusione, non mancano e un gesuita, prete colto quant’altri mai, dovrebbe rammentarli.
Nel 1938, al termine della conferenza di Monaco – grande mediatore il nostro Duce – la convivenza pacifica tra il nazismo e le democrazie europee di Francia e Gran Bretagna sembrava garantita. Perfino l’integrazione: il nazismo si diffondeva infatti anche in Inghilterra (diventando il terzo partito), gli estimatori di Hitler e Mussolini si moltiplicavano in Francia e perfino negli Stati Uniti.
Peccato che l’anno dopo i panzer invadessero la Francia e la Luftwaffe bombardasse Londra…
Con la firma del patto Ribbentrop-Molotov, Stalin era convinto di aver blindato l’Unione sovietica. Specie dopo la pacifica e dialogante spartizione della Polonia. Così, quando nella primavera del 1941 parte l’Operazione Barbarossa, il Piccolo Padre si rifiuta di crederci. Per giorni si illude che siano solo tafferugli alla frontiera. La Wehrmacht deve prima massacrare interi reparti dell’Armata rossa, compresi quei commissari politici che per l’Unione sovietica erano l’equivalente dei preti per la Chiesa, e solo così Stalin è costretto ad aprire gli occhi sulla terribile realtà dell’invasione nazista da affrontare.
Domanda: quanti commissari religiosi, quanti preti dovranno essere sgozzati prima che anche Papa Francesco apra gli occhi?
ORA ASPETTIAMO IL VECCHICIDIO
Dopo il femminicidio, istituiamo anche il vecchicidio. Lo propone Libero, partendo dalla tragedia di Piacenza d’Adige: i coniugi ultraottantenni rapinati, picchiati a sangue, torturati col ferro da stiro rovente da tre criminali.
Senza nulla togliere al tema della violenza sulle donne, quello della violenza sugli anziani ( uomini e donne) è ancora più devastante. Lo ricorda sempre Libero statistiche istat alla mano: omicidi, percosse, lesioni dolose, furti e rapine sono in crescita esponenziale anno dopo anno.
Non si tratta solo di individuare i colpevoli, cosa che spesso le forze dell’ordine riescono a fare grazie alle nuove tecnologie che individuano le tracce biologiche dei responsabile nel luogo del crimine.
Si tratta di poter comminare pene certe ed adeguate che fungano da deterrente. Perché il problema resta la prevenzione. Anche ammesso che vengano presi e puniti i banditi, l’esistenza dei due coniugi di Piacenza D’Adige è rovinata per sempre: vivranno nel terrore gli anni che restano loro da vivere.
Sul piano generale mancano politiche adeguate anche di semplice assistenza per gli anziani: non si può contare sul volontariato, sulla rete sociale, su ciò che resta delle parrocchie, sui fondi esigui dei servizi sociali dei comuni.
La politica dovrebbe capirlo anche per puro calcolo di convenienza politica. Di giovani infatti ce ne sono sempre meno, e tra loro si registra il più alto tasso di assenteismo. Gli anziani invece sono sempre più numerosi e, mediamente, alle urne ci vanno.
Non sono angosciati dal futuro ma dal presente. Non pensano alle opportunità di lavoro avendo esaurito la vita lavorativa. Vorrebbero stare tranquilli e sereni; vedersi garantita la sicurezza tra le mura domestiche o quando escono a fare il bancomat, a portare la sera il sacchetto della spazzatura nel cassonetto. Vorrebbero poter tenere in casa un po’ di contante senza apprensioni. Sia che abitino in città che in aperta campagna.
Invece, di fatto, troppi di loro sono soli e abbandonati.
BINARIO MORTO, STATO COLPEVOLE
Nella strage ferroviaria in Puglia il problema non è il binario unico, che c’è dovunque Veneto compreso, quanto la mancanza dei dispositivi automatici di sicurezza: se tutto dipende dalle telefonate tra capistazione e macchinisti l’errore umano è quasi inevitabile.
Ciò premesso l’analisi più seria e dettagliata l’ha fatta Alessandro De Nicola su Repubblica, sottolineando i seguenti punti:
– I soldi per raddoppiare la linea c’erano, soldi Ue stanziati da tre anni ma bloccati dalla burocrazia.
– Ogni governo annuncia lo Sblocca Italia, ma le opere pubbliche restano bloccate con tempi di realizzazione imparagonabili “a quelli dei Paesi avanzati”
– Non manca la spesa pubblica nel nostro Paese, sempre sopra il 50% del pil. Quindi non c’entra l’austerità. Ma le uscite sono indirizzate in modo preponderante verso la spesa corrente a scapito degli investimenti. Leggi spese per il personale ovunque in esubero.
– La spesa per opere pubbliche da parte dei privati impedita o scoraggiata per motivi a) ideologici, b) incertezza della legislazione, c) lentezza e imprevedibilità della giustizia, d) farraginosità e corruzione della burocrazia
– I trasferimenti dello Stato ai gestori di di treni e binari sono sostanziosi: “210 miliardi in 21 anni, ben al di sopra della media europea”. Ma destinati ai pletorici costi del personale, all’Alta velocità (giusto) però a scapito del trasporto locale. E, ora che i soldi stanno diminuendo – conclude Alessandro De Nicola “invece che liberalizzare e privatizzare separando la rete dalla società di trasporti, si cincischia perdendo valore e risorse”.
Ce n’è a sufficienza per capire che il colpevole della strage ferroviaria in Puglia è lo Stato. Non certo il macchinista che magari si era distratto mentre il capostazione gli telefonava.
DALLA PARTE DI ANGELINO E ILARIA
Non ho particolare simpatia per il ministro Angelino Alfano e le sue politiche. Nemmeno per Ilaria Capua che conobbi mentre dirigeva l’Istituto zooprofilattico delle Venezie: trasudava un’autostima eccessiva, quando si candidò con Monti riteneva che diventare ministro della Salute per lei sarebbe stato il minimo…Ma non posso che stare pienamente dalla loro parte.
Ha ragione Alfano quando definisce una barbarie la diffusione delle intercettazioni di suo padre.
La Capua è stata massacrata da un’inchiesta della procura di Roma. L’Espresso le dedicò una copertina avvallando tutte le accuse: trafficante di virus, corruzione, associazione a delinquere, diffusione di epidemie. Reati da ergastolo.
Oggi – completamente prosciolta – la Capua ha giustamente sbattuto la porta a questo Paese di m. ed è andata a fare la ricercatrice negli Stati Uniti.
Sed repetita iuvant. I media, mentre nelle pagine interne si scusano con lei, sono gli stessi che in prima pagina tornano a comportarsi come fecero con Ilaria: rilanciano cioè le accuse contro Alfano, a suon di intercettazioni pubblicate, avvallando di fatto ogni addebito senza attendere, non dico il processo, nemmeno la chiusura delle indagini.
Tanto vale dare corso ad una riforma che velocizza la giustizia e abbatte i costi: chiudiamo i tribunali, pensioniamo i giudici, e passiamo direttamente dalle accuse dei pm alla lapidazione in piazza. E, se sono politici, gettiamoli subito giù dalla torre di Pisa (all’uso islamico riservato ai gay) che così chiudiamo anche le carceri e risparmiamo ulteriormente.
Quando esplose la tragedia di Yara Gambirasi e fu accusato Bossetti con foto, interviste alla moglie e ai colleghi di lavoro, talk show a raffica, il corrispondente di Italia Oggi da Berlino, Roberto Giardina, spiegò come si sarebbero comportati i media tedeschi in un caso analogo: racconto preciso dell’accaduto e solo le iniziali dell’accusato. Niente nome né foto, niente notizie private né interviste ai famigliari. Tutto questo sarebbe stato divulgato solo dopo un processo e una condanna.
Significa che in Germania la giustizia non funziona? Che i colpevoli non vengono puniti, che ai media mettono il bavaglio? Semplicemente là tutto avviene nel rispetto che la civiltà giuridica impone verso gli imputati. Mentre da noi vige la barbarie giuridica.
E i responsabili della barbarie non subiscono conseguenze: magistrati che divulgano atti e documenti che andrebbero notificati solo ai difensori, pm che allestiscono inchieste senza prove solide (da Enzo Tortora in avanti) proseguono senza intoppi la radiosa carriera fino alla pensione d’oro. Giornalisti che ignorano la presunzione di innocenza, sancita dalla Costituzione “più bella del mondo”, mai vengono nemmeno sanzionati.
Mentre il popolo bue applaude o si gira dall’altra parte. Qualcuno si sveglia solo, se e quando, ha la sciagura di finire nel tritacarne mediatico giudiziario.
VENDERE CASA E ANDARE IN AFFITTO
Dopo aver partecipato ad un convegno promosso dall’Unione piccoli proprietari immobiliari, mi permetto un modesto suggerimento: vendere casa e andare in affitto. Venderla a qualunque prezzo.
Sui proprietari infatti incombono solo obblighi, spese e tasse.
Obbligo di garantire il risparmio energetico, la “contabilizzazione del calore”, con tutta una serie di costosi interventi su edifici e impianti termici. Tasse in arrivo con la riforma del catasto; per non parlare della direttiva comunitaria (ordine) di tassare la casa, magari reintroducendo anche l’Imu che è stata appena tolta
Fosse riconosciuto il diritto alla proprietà non ci sarebbero obblighi, ma solo opzioni: chi vuole spende con la prospettiva di risparmiare, chi non vuole tiene vetri rotti e impianti obsoleti.
Ma l’unica proprietà sacra ed inviolabile nel nostro Paese è il posto di lavoro pubblico. Quella della casa è considerata un furto e l’inquilino libero di comportarsi di conseguenza: dal momento che il proprietario è un ladro può rubare anche lui, l’inquilino, non pagando l’affitto.
Nei Paesi dove la proprietà è sacra, chi non paga una settimana si trova accompagnato all’uscita dalle forze dell’ordine. Qui invece ci vogliono anni di cause, tribunali e spese legali. Senza ottenere nulla se l’inquilino moroso ha figli minori o consorte incinta.
D’altra parte un Paese che non sa (o non vuole) tutelare nemmeno le sue proprietà, le case popolari, le case Ater abbandonate al degrado completo, di certo tutela ancor meno le case dei privati.
Con l’affitto vivi tranquillo e sereno, senza grane, rotture di scatole (leggi: assemblee condominiali), né spese aggiuntive al canone.
Raffronto decisivo: se non paghi 18 rate del mutuo contratto per comprare la casa, la banca te la sequestra per legge e senza passare dal tribunale. Se non paghi 18 mesi d’affitto ( o anche 36) non ti succede nulla.
Per continuare ad essere proprietari di casa in Italia ci vuole una dose di eroismo che sconfina con l’autolesionismo. Chi ce lo fa fare? Il piacere masochista?