SIR ELTON AFFITTA L’UTERO A SANREMO

Non so se questa sera, ospite d’onore all’apertura del festival di Sanremo, Sir Elton John si limiterà a cantare o lancerà anche un appello a favore di nozze ed adozioni gay. Cantasse solo, resta comunque un simbolo di quei figli adottati e prima ottenuti con la pratica – vietata ed illegale nel nostro Paese – dell’utero in affitto.
Era il caso che la televisione di Stato, il servizio pubblico lo invitasse nella trasmissione Rai più seguita, mentre al Senato sta per partire il voto sulla Cirinnà, il cui articolo più controverso riguarda proprio le adozioni gay? Controverso al punto che perfino Beppe Grillo ha stabilito per i suoi la libertà di voto secondo coscienza? Direi proprio che non era il caso.
Non era il caso che la Rai si schierasse. Immaginiamo infatti il contrario: che a Sanremo fosse stato invitato un cantante o un attore cattolico tradizionalista alla Mel Gibson. Come con Sir Elton è insorta scandalizzata la destra, quelli del Family day; così con Mel sarebbe insorta la sinistra, le associazioni Lgbt (Lesbiche, gay, bisessuali e trans).
Che poi il risultato finale di questo schierarsi è tutto da vedere.
Invitando Elton John la Rai ha fatto un colpaccio in termini di ascolti (tutti incollati questa sera a vedere cosa combinerà). Ma gli effetti e i risultati del suo intervento, o della semplice presenza, sono da verificare.
Anche a prescindere da Sir Elton infatti dal festival, da Garko, dalle due soubrette trasuda una certa banale leggerezza: “ Se passa la Cirinnà – ha sorriso Virginia Raffaele – chiederò a Madalina Ghenea di sposarla!”
Non so a chi giovi questo Sanremo così gay freindly. Ho l’impressione (ovviamente sbagliata) che tanta opinione pubblica ne abbia, diciamo, le palle piene.
Sarà mica che tutto si traduca in un robusto spottone a favore di chi non vuole la Cirinnà?…

VIVA IL BURQA, PURCHE’ SE MAGNA

Quanto avvenuto in Campidoglio, le statue impacchettate col burqa in occasione delle visita del presidente iraniano Rouhani, ha origini lontane. Risalgono ad una celebre scritta comparsa tempo fa sui muri (a Napoli se non sbaglio) che diceva: “Viva la Francia, viva la Spagna! Purchè se magna…”
Frase che, meglio di qualunque altra, riassume la weltanschauung
di noi italiani che, come ci ricorda il nostro inno nazionale, “fummo da secoli calpesti, derisi” e, di conseguenza, abbiamo sviluppato l’arte della sopravvivenza, dell’adattamento; non certo della ribellione orgogliosa verso l’invasore. Basta che ci dia da mangiare, che ci lasci sopravvivere.
Nessuna meraviglia dunque se oggi siamo a “viva il burqa, purche se magna”. Purchè si possa fare qualche affaruccio con l’Iran di Rouhani.
Noi fummo da secoli calpesti. Cioè invasi, occupati, sottomessi dagli spagnoli, dai francesi, dai tedeschi e dagli austriaci. Lo siamo tutt’ora dagli americani che occupano militarmente il nostro Paese. Che problema c’è a sottometterci agli islamici, alla loro cultura, ai loro usi e costumi? L’importante è tirare a campare…O vogliamo immaginare una ribellione di massa in orgogliosa difesa della nostra arte, della Venere capitolina ignuda? Ma chi se ne frega: mettiamole pure il burqa!
Il mondo intero irride ora a quanto avvenuto martedì scorso in Campidoglio. Ma anche qui non c’è alcuna novità. E’ sempre l’Inno a ricordarci che noi fummo da secoli, non solo calpesti, ma anche derisi…
L’importante è evitare l’equivoco fatale di immaginarci per quello che non siamo: ci sono i popoli guerrieri, e quelli come noi italiani abili a sfangarla.
Ne è (fortunatamente) consapevole il ministro della difesa Pinotti che oggi dichiara: “in Libia sì, ma non da soli”. Possiamo andarci solo da ascari dei combattenti veri. Perche se pensiamo di poter noi italiani spezzare le reni all’Isis…
Ultima considerazione. Nessuna meraviglia nemmeno davanti allo scaricabarile su chi abbia ordinato di mettere il burqa alle statue. Anche questo è un costume tipico italiota: ovvio che nessuno né sapeva nulla, che nessuno è responsabile. D’altra parte è evidente chi è stato a dare l’ordine: Maometto.

DOBBIAMO CAMBIARE NOI, NON LORO

Nulla mi sembra indicativo del declino (inarrestabile) della civiltà occidentale, quanto la mancanza di determinazione nel difenderla.
Ci fosse, questa determinazione, si tradurrebbe nella convinzione di doverla imporre agli altri, agli stranieri che arrivano; convinzione che la nostra sia la più civile delle civiltà
Prevale invece la sottomissione, la tendenza cioè a credere – in nome del rispetto per le culture diverse – che dobbiamo cambiare noi, e non loro
Tanti gli esempi di questa propensione a sottometterci. Di fronte al dilagare dei predoni che rubano indisturbati nelle nostre case, non si agisce con condanne e pene esemplari, non si effettuano controlli serrati alla frontiera di Trieste per far cambiar loro strada e praterie dove colpire.
I poveri sindaci sono ridotti ad indire assemblee dove il comandate dei vigili e/o della stazione dei carabinieri spiega ai nostri cittadini come cambiare stile di vita per evitare i furti: nuove serrature, porte blindate e allarmi, rete con i vicini per un controllo preventivo. Siamo cambiati noi, viviamo nell’ossessione dei ladri.
Poi ci sono i quisling, i collaborazionisti degli invasori che predicano a noi: niente presepi, niente canti natalizi. Invece che predicare a loro il rispetto per ogni religione, il ripudio di ogni fede che istighi alla violenza.
Ma l’esempio più clamoroso è quello di Hanriette Rekker, il sindaco di Colonia. All’indomani delle violenze subite dalle sue concittadine da una torma di migranti arabi, non ha detto devono cambiare loro a bastonate per imparare il rispetto per le nostre donne.
La Rekker ha invece varato una sorta di catalogo antistupro spiegando che devono cambiare le donne tedesche. Che devono “non assumere in pubblico atteggiamenti che possano essere fraintesi da persone di altre culture”.
Non osa nemmeno riferirsi alla “cultura” islamica. Spiega in sostanza alle donne di Colonia che, se indossano il burqa, hanno buone possibilità di evitare lo stupro; se invece girano scosciate e scollate sono loro che provocano gli islamici, che li istigano a violentarle…
Esempio estremo di dove arriva la follia della sottomissione.

IL TERRORISTA DELLA PORTA ACCANTO

L’ultimo terrorista della porta accanto, il marocchino Adil Bamaarouf che abitava a Monselice, è stato beccato dai carabinieri ed espulso da Alfano solo perchè era così scemo da mettere sui social network i suoi propositi bellicosi: “facciamo saltare in aria Roma!”.
Come i 65 fereign fighters fin’ora scoperti e allontanati dall’Italia. L’entusiasmo, il fanatismo fuori controllo, li spingeva a mettere i fieri propositi in rete. Quanti ce ne sono di terroristi della porta accanto un po’ più accorti, un po’ più attenti a dissimulare? Nessuno lo sa. La sensazione è che ci sia un inquinamento diffuso e un tantino più pericoloso del pm10…
Ma lo smog è l’esempio giusto. Come lo si combatte? Ma solo con le misure strutturali, è ovvio: le targhe alterne, il blocco delle auto per qualche giorno, sono solo menate che applichiamo da decenni e non hanno mai funzionato; come confermato in questi giorni sia a Milano che a Roma.
Hanno funzionato le misure strutturali: passaggio alle caldaie a metano, diffusione di auto euro 5 ed euro 6, controllo delle emissioni degli impianti produttivi. Solo così l’inquinamento in vent’anni è stato ridotto del 50%. Oggi si invocano ulteriori misure strutturali, magari difficili da concepire (dopo aver cambiato le caldaie le teniamo spente tutto l’inverno?) ma solo queste possono garantire risultati.
Quali misure strutturali abbiamo adottato contro il terrorismo islamico? Nessuna. Fossimo capaci di attuare controlli serrati alle frontiere sarebbe solo un rilevamento del fenomeno. Come le centraline per le polveri sottili che, appunto, rilevano l’inquinamento ma non lo combattono. Dopo bisogna intervenire con misure strutturali alla fonte dell’inquinamento.
La fonte del terrorismo islamico sappiamo bene qual’è: il Califfato e i Paesi arabi che lo finanziano. Quindi misure strutturali contro il terrorista della porta accanto significherebbero guerra non solo all’Isis ma anche all’Arabia Saudita e agli Emirati, principali finanziatori del terrorismo sunnita nonché – piccolo dettaglio – principali alleati degli Stati Uniti…Quindi scordiamoci le misure strutturali.
Poi il cittadino comune pensa e spera che il terrorista della porta accanto non colpisca casa sua, ma colpisca Roma i grandi santuari cristiani. Lui ha a che fare con i predoni, quelli si che rubano a casa sua.
Ma Alfano e il comando dei carabinieri qui in Veneto ci spiegano che i reati sono diminuiti: meno scippi, meno borseggi, meno furti in casa. Che sia un miracolo o che sia l’effetto di interventi strutturali alla fonte?
Vuoi vedere che hanno bloccato la frontiera di Trieste da dove i predoni slavi si infiltrano indisturbati? Vi risulta che siano state comminate ai ladri pene esemplari tali da dissuaderli a proseguire nella loro attività criminale?
O che si siano limitati a lavare le strade (come per il pm 10) che così i predoni scivolano, si rompono il femore e non ce la fanno più ad entrarci in casa?…

AUGURI DAL GESTORE DEL BAR BLOG

Per diverso tempo ho avuto la pretesa (assurda) che i frequentatori di questo blog commentassero il tema che via via proponevo, intervenissero solo per criticare o condividere argomenti e contenuti. E, se divagavano, cercavo perfino di richiamarli all’ordine.
Poi finalmente ho capito. Sono semplicemente il gestore del bar del blog. Non posso pretendere che tutti i clienti che entrano dialoghino solo col barista. E’ comprensibile che tante volta scelgano e preferiscano chiacchierare, confrontarsi e litigare tra di loro; spesso aggiungendo ulteriori questioni che nulla hanno a che fare con il post di partenza.
Da gestore devo anzitutto compiacermi che la clientela sia sufficientemente numerosa. E che sia qualificata, come lo siete voi. Nessun tentativo di lusingarvi, sia chiaro: constato e basta che in questo bar prevalgono i ragionamenti, e raramente fanno irruzione gli sfoghi e le cazzate che regolarmente impestano la rete.
Per questo vi ringrazio, porgo gli auguri e mi scuso per il ritardo con cui ho compreso di essere il gestore del bar del blog.

RENZI E’ LA MERKEL DEI COMUNI

Ogni tanto Matteo Renzi fa la voce grossa (o finge di farla) con Angela Merkel: dice che l’Europa non può essere guidata dalla Germania, che lui non è uno studentello, che l’austerità imposta dalla Merkel all’Ue è una “maledizione” (Unità di oggi), che non può esserci crescita se non si torna ad investire al di là di vincoli e pareggi di bilancio.
Tutto vero, tutto perfetto. Peccato che poi lo stesso Renzi sia la Merkel dei nostri comuni. Nel senso che il suo governo impone agli enti locali gli stessi vincoli su spese e investimenti che la Germania impone ai Paesi europei.
Nello stesso modo: con tagli orizzontali, senza distinguere tra virtuosi e dissennati; chiudendo gli occhi dove fa comodo: la Merkel concede alla Francia di sforare da anni il limite del 3%, Renzi concede una spesa cash a Roma piuttosto che alla Sicilia piuttosto che all’Alto Adige (di cui parliamo tra poche righe).
Ho seguito il bilancio di fine anno del Comune di Padova, i cui amministratori ritengono di aver seguito un percorso virtuoso: hanno tagliato le spese, hanno realizzato cedendo azioni delle partecipate, hanno soldi in cassa, ma non possono investire; non possono – ad esempio – assumere vigili urbani perchè il governo non lo consente.
Questo della polizia locale, della sicurezza, è un tema cruciale. Un po’ tutto il Veneto è stato infatti declassato come qualità della vita dal Sole 24 ore. Non per l’economia, la cultura, la sanità o il turismo che vanno meglio che nel resto d’Italia. Ma per furti, scippi e rapine che ci vedono messi peggio addirittura di Napoli e Palermo. E gli amministratori locali sono privi di strumenti per porvi rimedio.
Nella classifica del Sole 24 ore al primo posto c’è Bolzano, al terzo Trento. Ma il grande quotidiano economico omette (guarda un po’) un piccolo dettaglio economico: dimentica cioè di sottolineare che la qualità della vita dipende dalla quantità della spesa. Se le nostre città, se i nostri comuni veneti avessero la stessa disponibilità di spesa di Trento e Bolzano sarebbero anche loro ai primissimi posti.
Invece devono subire i veti del Merkel fiorentino…

LE PERGAMENE DI PAPA FRANCESCO

La notizia è riportata oggi da tutti i giornali: la guardia di finanza ha sequestrato false pergamene con la benedizione apostolica di Papa Francesco; falsi gadget di ogni genere con il logo del Vaticano e l’immagine del Pontefice: oltre un milioni di articoli taroccati.
Mi pare manchi la notizia correlata: accanto a quelli taroccati, ci sono i gadget veri. In vendita regolare che fruttano centinaia di milioni di euro.
Vediamo infatti ogni giorno spot televisivi che propongono l’acquisto di medaglie con l’effigie del Papa; l’elemosiniere di Sua Santità (unico abilitato a farlo) ha ordinato la stampa di migliaia di pergamene autentiche con la benedizione papale da vendere ai fedeli. Con una manchette in prima pagina il Corriere annuncia oggi “Le immagini più belle e rare di Papa Francesco in una collana di dvd inediti. In edicola a euro 9.99”.
Questo e tanto altro sullo slancio del Giubileo. E direi che proprio il Giubileo della Misericordia attesta che – cinque secoli dopo la denuncia e la condanna di Martin Lutero – il traffico delle indulgenze continua imperterrito…
Da laico mi scandalizzo fino ad un certo punto. Dato che in qualcosa bisogna credere, preferisco di gran lunga la religione alle ideologie. La religione cristiana ai succedanei in voga oggi: la “religione canina” che mette il bovaro del bernese o il pastore tedesco (invece di Cristo) al centro della propria vita, che sostituisce l’Eucarestia con le crocchette; la religione del corpo, che spinge alla dieta, che la mattina ti fa andare in palestra invece che a messa, convinto di garantire così vita eterna ed eterna giovinezza al tuo corpo…Succedanei che mi sembrano un tantino più banali.
Ma la religione cristiana va racconta così com’è oggi: centrata sulla moderna comunicazione, pronta a sfruttare il business e l’indotto, ad usare tecnologie come il rosario elettronico.
Insomma mi sembra che non disdegni i vantaggi, i mezzi e le prassi dell’Occidente ricco e capitalista. Anche se Papa Francesco ama raffigurarla povera e terzomondista.

PENSIONE, PIU’ CONDANNA CHE CONQUISTA

L’allarme lo ha lanciato il presidente dell’Inps Tito Boeri: i nati negli anni ’80 (chi ha oggi 35 anni) dovranno lavorare fino a 75 anni e poi andranno in pensione con un assegno decurtato del 25%.
Non una bella prospettiva. Ma sarebbe ancora peggiore se in pensione ci andassero a 60 anni: avrebbero infatti davanti 15 anni in più di stenti rispetto a chi lavora fino a 75 anni. Quindi, rovesciando un comune sentire e una comune battaglia sindacale, lavorare fino a tarda età è preferibile all’andare in pensione prima.
La pensione infatti è un dramma, sia economico che sociale. Economico perchè le esigenze e le spese non diminuiscono ma aumentano: e 4 pensionati su 10 hanno meno di 1000 euro al mese. Sociale, anzi socio-sanitario, perchè il lavoro ti mantiene vivo e vitale, rallenta le terribili malattie dell’invecchiamento. Detto brutalmente: chi continua a lavorare ha meno probabilità di rincretinirsi rispetto a chi va “ai giardinetti”.
La prospettiva non è triste solo per i pensionati italiani. Lo è anche per quelli tedeschi, di una Germania che ha un’economia ed un welfare più forti dei nostri. Una ricerca della società di assicurazione Axa ha infatti appurato che il 73% dei pensionati tedeschi ha problemi finanziari, è cioè costretto a rinunciare a spese necessarie e/o a ricorrere all’aiuto dei parenti.
La stessa ricerca spiega che le necessità economiche salgono con il progredire dell’età: del 39% per i pensionati fino a 69 anni, del 49% fino a 74 anni, dell’80% per gli ottantenni. Spese legate anzitutto alle crescenti esigenze di assistenza e interventi sanitari.
(Prendiamone atto: la famiglia è sempre più rara, il pensionato è sempre più solo)
Quindi il vero dramma, la vera condanna, non è andare in pensione tardi, ma andarci troppo presto. Meglio continuare a lavorare il più a lungo possibile. Anche perchè mantieni relazioni sociali, invece che ritrovarti solo a guardarti invecchiare nello specchio.
Tant’è che non ce n’è uno di libero professionista che vada in pensione. Magari finge d’andarci per incassare l’assegno, ma continua a lavorare. Tant’è che non c’è medico (capace e con clientela) che, una volta pensionato dal sistema sanitario pubblico, non continui a fornire prestazioni in cliniche e ambulatori privati. Tant’è che non c’è giornalista che, terminato il contratto di lavoro, non si metta a scrivere un libro (che magari nessuno mai leggerà).
Oltre che a guadagnare (o a provarci) serve a tenersi vivi.
E non vale solo per i lavori privilegiati. Meglio, molto meglio, potendo, anche starsene in fabbrica piuttosto che aspettare la morte seduto su una panchina ai giardinetti o al tavolo di un bar del tuo quartiere.
La vera conquista è dunque continuare a lavorare, non certo diventare pensionato. (Tranne per chi già pensionato lo era, anche quando faceva finta di lavorare…)

ANCHE UN VESCOVO CONTRO IL NATALE

Tutto parte da Rozzano dove il preside vieta il presepe a scuola, cambia il nome del Concerto di Natale in Concerto d’Inverno e proibisce di insegnare canti religiosi ai bambini. E così si parla di “Attacco al Natale”. Omettendo però di dire che questo attacco parte da noi, da noi italiani teoricamente cristiani.
Non ce n’è infatti uno di islamico che chieda di rinunciare al presepe, ai canti natalizi, ai rituali della tradizione cristiana. L’iniziativa parte dai quisling italioti, “più realisti del re”, più maomettani di Maometto, che compiono il primo passo in nome della pace, preoccupati di non offendere le religioni altrui: presidi, insegnanti; a Rozzano e non solo, un po’ dovunque da anni.
La novità non è dunque il preside di Rozzano, Marco Parma; la novità clamorosa è che adesso sulla stessa linea si è schierato anche un vescovo: il vescovo di Padova, Claudio Cipolla, che si dichiara pronto a rinunciare al presepe “a fare un passo indietro su tante nostre tradizioni pur di stare in pace”.
Insomma una resa preventiva. Senza capire che il dialogo e il confronto con culture e religioni diverse diventa interessante e proficuo se ognuno mantiene salde le proprie radici, puntando ad una contaminazione in positivo. Mentre se cali le braghe preventivamente non c’è alcun vero confronto; c’è appunto solo la resa.
Si parla tanto di Vatileaks, dello scandalo di mons. Balda e Francesca Immacolata (immacolata, anche no…). Ma questi sono solo furbetti, arraffoni. Li trovi dovunque, Vaticano compreso. Non sono apostati, non rinnegano la propria fede, anche perchè non l’hanno mai avuta…
L’impressione è che faccia più danni alla Chiesa cattolica il vescovo di Padova di loro.
Il rettore della Basilica del Santo, padre Enzo Pojana, dichiara infatti che lui il presepe continua a farlo perchè “sono gli atei e gli agnostici a chiedere di accantonare i nostri riti più cari ”. Ora c’è anche un vescovo pronto ad accantonarli…
Ricordo che l’inventore del presepe è stato San Francesco. Grande figura di riferimento per Jorge Bergoglio che ha voluto onorarlo e ricordarlo assumendo il suo nome da Papa. E adesso il vescovo di Padova, nominato da Papa Francesco, è pronto a ripudiare la tradizione della natività, introdotta da San Francesco, in nome della convivenza pacifica e tranquilla con gli islamici.
Il Santo d’Assisi si rivola nella tomba e magari sta domandandosi: ma questo Papa, che ha scelto il mio nome, ne imbrocca almeno una di nomine?…

UN GIUBILEO IN TELECONFERENZA

Un Giubileo in teleconferenza. E’ la proposta provocatoria che fa Marco Travaglio a Papa Francesco e, anzitutto, al nostro governo cui compete (dovrebbe competere) l’ultima decisione.
Papa Francesco non dovrebbe aver problemi ad accogliere la proposta di Travaglio: è così ansioso di portare la Chiesa nella modernità. E allora usiamo le moderne tecnologie. Mica siamo arretrati come i musulmani che alla Mecca devono andarci fisicamente… Noi cattolici, molto più moderni e aperti alla scienza, non abbiamo bisogno di andare a Roma in pellegrinaggio dal sapore medievale: l’apertura della Porta Santa, e tutti i riti del Giubileo, ce li guardiamo in tivvù, in diretta streaming, con l’iPad o il telefonino. E ognuno resta dov’è.
L’esempio profano l’abbiamo avuto sabato scorso. Centinaia e centinaia e centinaia di milioni di persone (direi più di quelli interessati al Giubileo) ansiosi di vedere “El Clasico”. Sono forse andati tutti al Bernabeu mettendo in crisi gli apparati di sicurezza spagnoli? Ovviamente no: se lo son guardato dai maxischermi installati in tutte le città del mondo. Facciamo altrettanto con l’Anno Santo.
Marco Travaglio spiega che non siamo assolutamente in grado di garantire la sicurezza né agli italiani né ai dieci milioni di pellegrini previsti. Mica serviva Fbi – ha spiegato – per avvertirci che piazza San Pietro, il Colosseo, il Duomo di Milano (anche San Marco e il Santo, aggiungo io) sono obiettivi perfetti per i terroristi islamici.
E noi abbiamo le forze di sicurezza, con le risorse tagliate, che hanno – spiegava sempre Travaglio – perfino i giubbetti antiproiettile scaduti (come lo yogurt): perchè dopo dieci anni dovevano essere cambiati e non c’erano i soldi per farlo…
Non parliamo dei servizi segreti decapitati. Non parliamo (oso sempre aggiungere io) che la prima emergenza per i cittadino comune resta quella dei furti e, con tutti gli apparati impegnati a cercare di contrastare i terroristi, i predoni saranno liberi di agire ancor più indisturbati.
Tornando al direttore del Fatto Quotidiano, Travaglio sottolinea che è vuota retorica dire che non dobbiamo avere paura, che le nostre abitudini di vita non devono cambiare. Servono i fatti, non le parole. Servirebbero cioè degli apparati di sicurezza efficienti e in grado di rassicurare i cittadini. Esattamente ciò che non abbiamo.
E la sicurezza dei milioni che arriveranno a Roma invitati dal Papa– conclude Travaglio – non la garantiscono le Guardia Svizzere. Dovrebbe garantirla lo Stato italiano. Non può farlo e quindi il governo – per onestà – dovrebbe imporre a Francesco di fare pure il Giubileo, ma in teleconferenza. Cioè senza mettere a rischio Roma e l’intero Paese.