PROFUGHI A ERACLEA, ORSI IN VAL DI NON

Ad Eraclea mare, la “perla verde” del Veneto, la stagione turistica è stata distrutta da 250 profughi. In Val di Non sono bastati una trentina di orsi.
Ho passato il fine settimana in questa splendida vallata del Trentino, adatta a quelli della mia età, alle famiglie, perchè non ci sono le scalate delle Dolomiti ma le amene passeggiate nei boschi con dislivello modesto, praticabili anche col passeggino.
In Val di Non tutti – giornali locali, albergatori, residenti – parlano delle disdette, della fuga dei turisti preoccupati per gli orsi. Una trentina e nemmeno tutti pericolosi. Pericolose sono le orse che, per proteggere i loro cuccioli, possono aggredirti e dilaniarti. (Un caso è già successo).
E così quest’anno c’è il crollo di presenze turistiche in Val di Non. Che siano razzisti, che siano “orsofobi” quelli che hanno deciso di disertare la vallata trentina? O semplicemente persone prudenti che, per non correre rischi inutili, le vacanze vanno a farle altrove?…
I 250 africani dislocati ad Eraclea li abbiamo visti: tutti giovani aitanti, in piena salute, pronti anche ad ubriacarsi e a scatenare una rissa tra africani francofoni e anglofoni. Dobbiamo credere che siano tutti profughi stremati dalla guerra in cerca di salvezza? E, se temiamo che in mezzo ci siano anche fior di delinquenti, significa che siamo razzisti? Questa è la tesi degli accoglienti sempre e comunque, e a spese altrui.
In Val di Non c’è uno splendido, antico sanutuario che val la pena di visitare: San Romedio. Leggenda vuole che l’eremita fondatore fosse accompagnato da un orso e così, a San Romedio, l’orso c’è ancora oggi in una vasta area boschiva ben recintata. I pellegrini lo guardano, lo fotografano, e nessuno ha paura. Non c’è crollo di visitatori al santuario.
Gli orsi andrebbero vigilati, controllati, resi inoffensivi. Come i lupi che stanno devastando la Lessinia. L’alternativa è abbatterli, perchè prima viene la sicurezza dei cittadini.
Fine del paragone. Nessuno, ovviamente, dice che i migranti vanno abbattuti. Ma controllati sì. Accolti coi guanti e però trattenuti in campi o caserme rigidamente vigilati finchè non si distinguono i profughi veri dai semplici clandestini dagli autentici delinquenti.
Uno Stato che non sa difenderci né dai lupi né dagli orsi e nemmeno dai delinquenti, nasconde la sua incapacità accusando i cittadini di non essere accoglienti né coi lupi né con gli orsi e nemmeno con i delinquenti.
La cosa più vergognosa e tirare in ballo il razzismo. Ultimo esempio. Quando negli anni Ottanta i governi di allora ebbero la brillante idea di mandare al confino in Veneto mafiosi conclamati, ci fu un diffuso allarme sociale. Eravamo razzisti che rifiutavano i siciliani in genere, o cittadini preoccupati perchè ci mandavano in casa dei delinquenti?…

FARE I SOCIALISTI COI SOLDI ALTRUI

Mi pare che la definizione perfetta l’abbia data Tino Oldani su Italia Oggi: i greci vogliono fare i socialisti con i soldi degli altri.
Cioè con i soldi degli altri Paesi europei, compreso il nostro, che dovrebbero continuare a finanziare a debito le assunzioni nel pubblico impiego, i prepensionamenti; un welfare insostenibile con le tasse da loro riscosse.
Siamo al solito esempio terra terra: il tenore di vita di una famiglia deve dipendere dal reddito che la stessa si procura o dai prestiti degli amici?
Oggi il default della Grecia sarebbe sicuramente un problema anche per i Paesi che le hanno prestato decine di miliardi; miliardi che non tornerebbero più al creditore.
Ma anche qui delle due l’una: ad un amico ho prestato 50 mila euro, lui mi spiega che non può restituirmeli, ma che magari ci riuscirà se gliene presto altri 50 mila…sono così fesso da aprire ancora i cordoni della borsa o mi rassegno alla pur pesante perdita della prima elargizione?
La Grecia, ricordano i cantori di Tsipras, va salvata perchè è la patria della democrazia. Si ma, storicamente, è anche la patria della demagogia. E lo conferma la “tragica” frase di questa notte del premier greco: “Volete prendervi anche la mia giacca?”.
Già, povera Grecia, messa in mutande dal liberismo selvaggio, dalla Trioka, dalla finanza mondiale; non dalle scelte demagogiche e irresponsabili dei suoi governanti.
Anche i nostri cantori di Tsipras ripetono che i problemi italiani li ha creati il liberismo selvaggio. Ma sicuro: autisti romani che lavorano 16 ore la settimana, docenti universitari con 240 ore l’anno di presenza in istituto, convenzioni coi medici di base per 15 ore la settimana di ambulatorio, baby pensioni a raffica. Tutti esempi di liberismo selvaggio; non di statalismo che neanche l’Unione Sovietica…
Certo che esiste il liberismo selvaggio. Basta andare negli Emirati, in Qatar, dove – grazie ad un mercato del lavoro libero e senza regole – trovi operai pakistani che lavorano 12 ore al giorno, sette giorni la settimana, per 300 euro il mese! Vi pare questo il caso dell’Italia o della Grecia?
Ma ad un demagogo come Alexis Tripras stiamo togliendo perfino la giacca. Manca solo che pignoriamo al povero Janis Varoufakis il suo super attico con vista sul Partenone…
Non resta che sperare nella serietà e nel rigore della Merkel e dei tedeschi. Che altrimenti il prossimo Paese ad andare a catafascio, dopo la Grecia, sarà il nostro. Che è e resta il secondo della lista.

ANGELA E GLI AUTISTI ROMANI

La categoria è quella degli autoferrotramvieri. Sono gli autisti dei mezzi di trasporto pubblici. Nella fattispecie quelli di autobus e metrò romani.
Dal bordello capitale di Roma non si salvano certo i mezzi pubblici e così l’azienda romana, nell’intento di garantire un servizio un attimo più decente, ha deciso di aumentare l’orario degli autisti: da 700 ore all’anno a 950 ore. Aumento d’orario, ovviamente, pagato con gli straordinari.
Subito è scoppiata la rivolta: sciopero “bianco”, sindacati che denunciano la decisione “unilaterale” dell’azienda, trasporto pubblico romano piombato dal bordello al bordello al cubo.
Uno sguardo alle cifre: immaginando un mese di ferie, 700 ore per undici mesi comportano un impegno di (ben!) 64 ore mensili, cioè 16 ore la settimana per (ben!) 3 ore abbondanti al giorno su cinque giorni lavorativi.
Come dire che gli insegnanti, con le loro famose 18 ore settimanali, sono degli stakanovisti rispetto agli autisti romani.
I quali, nel nuovo orario prospettato, avrebbero superato i docenti: 950 ore, sempre per undici mesi, fanno 86 ore il mese; 21,5 la settimana con 4 ore abbondanti di lavoro al giorno.
Esite di chiedere un impegno del genere oggi a dei poveri lavoratori? Mica siamo al tempo delle miniere, della prima, selvaggia, industrializzazione!
E veniamo alla Merkel. Dato che tutto ciò che non funziona nel nostro Paese è colpa dell’euro, delle ferree regole europee, e della cancelliera tedesca, si vede che sarò stata lei ad imporre un orario di lavoro tanto stressante ed insostenibile, tale da schiavizzare gli autisti romani! Un orario che garantisce una produttività ed un’efficienza nei trasporti pubblici da Capitale delle banane…
Chiaro che la colpa non è sua. E nemmeno dei sindacati. La colpa è tutta di amministratori politici irresponsabili che, pur di garantirsi il consenso ed il voto delle categorie del pubblico impiego, sono disposti a concedere tutto.
Anche il culo. Ovviamente non il loro, ma quello dei cittadini contribuenti che alla fine pagano il conto di costi e inefficienza.
Un Paese, dove gli autisti pubblici lavorano 16 ore la settimana, è un Paese che va a piedi. Un Paese appiedato per colpa propria. Non certo per colpa dell’euro o dell’Europa o di Frau Angela.

LA GRECIA E IL POPULISMO

Concordo al cento per cento con quanto dice al Corriere lo scrittore greco Apostolos Doxiadis: “Il governo ha posto al popolo greco una domanda fasulla: siete d’accordo con le misure di austerità che i creditori europei e internazionali voglio imporci? Più o meno è come chiedere a un individuo: vuoi ricevere metà del tuo stipendio? Vuoi trasferirti in una casa più piccola e pagare il doppio di affitto? Vuoi prenderti una brutta malattia? L’uomo della strada, a meno di non essere un masochista, risponderà certamente no”.
L’esito del referendum era dunque scontato. Come sarebbe scontato l’esito di un referendum in materia fiscale – che giustamente la nostra Costituzione esclude – perchè il popolo italiano all’unisono risponderebbe no, le tasse non le voglio! Ma, a quel punto, non esisterebbe più lo Stato…
Nessuno dice sì ai sacrifici, all’austerità. Ma un governo serio ha il dovere di imporla per il bene dei cittadini.
I populisti invece hanno un mantra, una parolina magica da contrapporre all’austerità, che si chiama “flessibilità”. La richiede anche il governo Renzi. Ma, maggiore flessibilità significa una cosa sola: tornare a spendere, a far debito pubblico.
Credo non occorre essere grandi economisti per capire un concetto elementare. Se una famiglia è indebitata fino al collo deve tagliare le spese superflue e impegnarsi ad incrementare gli introiti (lavorando di più) o deve invocare la “flessibilità”, inveire contro la propria banca che non le concede ulteriore credito?
Tsipras, Podemos (Grillo e Salvini), i populisti in genere, inveiscono contro la Troika, contro Bruxelles. Quando dovrebbero assumersi la responsabilità di trasmettere una visione più realista.
Vale anche per Renzi. Dove sono i tagli agli sperperi e agli sprechi della spesa pubblica? Sempre annunciati e mai attuati. Dov’è il merito, il premio, lo stipendio legato alla produttività? Non pervenuti.
Il problema vero è che – a furia di “diritti acquisiti” e privilegi corporativi – siamo diventati un popolo di fancazzisti. Non solo nel pubblico, anche nel privato.
Non è la Troika, non è la Merkel ad imporci una svolta. La impone il mondo globalizzato con la concorrenza di centinaia di milioni di persone che – venendo dalla miseria e volendo migliorare il loro tenore di vita – sono disposte a lavorare e a far sacrifici come abbiamo fatto noi italiani negli anni del dopo guerra. Come ci illudiamo di non dover più fare.
La parrucchiera italiana non risolve i suoi problemi votando Tsipras (né Grillo né Salvini), perché deve comunque misurarsi con la parrucchiera cinese che oggi nelle nostre città lavora il doppio a metà tariffa.
Non si risolve nulla uscendo dall’euro. Bisognerebbe uscire dal mondo…

IL FASCINO POTENTE DELLA JIHAD

Se quello della borghesia, nel celebre film di Luis Bunuel, era un “fascino discreto”, quello dell’Isis e della Jihad è un fascino potente. Una autentica – per quanto folle – ragione di vita che arriva a farti mettere in gioco, a giudicare strumentale, perfino la tua vita. A dire – come Maria Giulia – “non vedo l’ora di morire!”
Ecco perchè la risposta alla domanda, quante sono le Maria Giulia, le donne e gli uomini italiani pronti a partire per la Siria e andare a combattere noi infedeli? La risposta non può che essere: molti, molti più di quanti pensiamo.
E’ infatti l’alternativa totale alla mancanza di fedi (sia religiose che ideologiche) che ormai caratterizza la nostra esistenza quotidiana nella banalità di un Occidente libero e consumista dove i pensieri sono lavorare (possibilmente poco) occupare il tempo libero, la dieta vegana, le spa, la forma fisica: domani faccio jogging e Dudù lo lascio a casa o lo porto sull’argine con me?
Possono capirlo quelli della mia generazione che una fede, quantomeno politica e per quanto distorta, ce l’avevano ancora: la rivolta, le scuole da occupare, la società dei padri da affossare, il mondo da cambiare. Poi, via via, è rimasto poco o nulla: una manciata di no global, una manifestazione di no tav. Robetta. Roba da chierichetti che aiutano a servir messa, in confronto al fascino del sacerdozio totale all’Isis; della vita da dedicare tutta alla Jihad che riempie ogni tuo pensiero che motiva ogni tua azione. Che ti garantisce una piena ragione per morire.
Come al tempo delle Brigate Rosse non ne trovavi uno di operaio: i terroristi erano tutti borghesi annoiati e stanchi. Così oggi non è la commessa a partire per la Siria, è la borghesuccia Maria Giulia che, stanca di andare all’università, di pensare alla sua bellezza, a piacere agli uomini, inizia con la conversione all’Islam.
Con una differenza drastica rispetto agli Anni di Piombo dove ai terroristi mancava un solido retroterra; massimo c’era qualche trama torbida dei servizi che usavano i burattini rossi e neri.
Oggi invece i terroristi islamici sono solo le punte di lancia di una guerra totale lanciata dai fondamentalisti all’Occidente. Pensare di andarli a pescare, ad arrestare, uno a uno è come illudersi di svuotare il mare col secchiello. Per difenderci sul serio ci vorrebbe una contro guerra militare ed economica ai Paesi che finanziano il Califfato. Cominciando dall’embargo totale all’Arabia e agli emirati del Golfo.
E invece Obama l’embargo ci ha ordinato di farlo a Putin…

NOI, ERGASTOLANI DELL’EURO

La cosa certa è che entrare nell’euro e nella Ue equivale a diventare ergastolani: non puoi più uscirne, se non disteso (nella bara) e a tasche vuote come sta capitando ai greci.
La pretese di Tsipras non possono essere accolte, per rispetto e coerenza con quei Paesi – Spagna, Irlanda, Slovenia, etc. – che hanno ridotto il debito e sistemato i conti al prezzo di duri sacrifici. Un commerciante che ad un cliente vendesse a prezzo pieno, e ad un altro con un forte sconto, meriterebbe la lapidazione. La “bottegaia” Merkel non può farlo. Ed in ogni caso non è indebitandoti ancora di più che puoi garantire una sana e duratura crescita economica al tuo Paese.
Il problema però resta all’ingresso degli inferi europei. Mancava il cartello: “lasciate ogni speranza (di uscirne) o voi che entrate!”.
I fautori della moneta unica – Prodi, Berlusconi, tutti tranne la Lega – ci sottolinearono i vantaggi: non ci sarà più inflazione, i mutui avranno interessi ragionevoli, poniamo solide basi per il futuro…Magari, almeno in parte, avevano e hanno ragione. Dovevano però avvertirci che non si sarebbe comunque più potuto tornare indietro. Dovevano dircelo che saremmo diventati ergastolani dell’euro. E farci scegliere se diventarlo o meno.
Perchè la caratteristica di fondo del nostro Paese (del Veneto in particolare, ma non solo) è e resta una creatività diffusa – e molto, molto borderline – che ha generato la crescita economica. Non siamo tedeschi, non apprezziamo le regole.
Regole, burocrazia, tasse sono oggi la morte dell’economia italiana. Morte cui è impossibile sottrarci.
Non si esce dalla Ue come non si esce dall’Italia unita. L’indipendenza del Veneto rimane un sogno.
Ma almeno l’Italia unita hanno fatto finta di avallarla con i referendum truffa (dove i sì furono più numerosi dei votanti…).
Oggi, non potendo più fare referendum truffa, semplicemente non li hanno fatti: tutti nella Ue senza l’avvallo della sovranità popolare, tutti ergastolani dell’euro.

VENETI RICCHI PER MERITI PROPRI

Nell’incontro a Vicenza con Mattarella il sindaco della città berica, Achille Variati, gli ha rivolto un appello: “Presidente spieghi al resto del Paese che noi veneti non siamo una terra di ricchi e egoisti”.
Una preoccupazione che nasce da una certa cultura cattolica, di cui Variati è partecipe, secondo cui la ricchezza sarebbe sempre e comunque una colpa. Dipende invece da come te la sei conquistata la ricchezza: se è col tuo lavoro, hai diritto di girare anche in Porche; se rubi o sei un assenteista vergognati di avere pure l’utilitaria.
La ricchezza vissuta come colpa porta alla dissimulazione: spinge un Papa a girare in Renault 4; mentre la regina Elisabetta non ha problemi ad usare la Rolls royce…
La cultura protestante è radicalmente diversa: la ricchezza per loro è sempre un merito.
Lo è, un merito, anche per i veneti. Se pensiamo a come sono cambiati nel tempo gli stereotipi. Nelle vecchie commedie all’italiana la servetta parlava sempre in veneto. Perché eravamo una regione povera, costretta mandare le sue donne a servizio, come oggi la Moldavia che offre schiere di colf e badanti.
Se abbiamo voltato pagina, arrivando ad essere dipinti come ricchi ed egoisti (passando per lo stereotipo targato Santoro:” Veneti ricchi e puttanieri”…) è merito nostro: di un popolo di partite Iva, di produttori che, mediamente, la ricchezza l’hanno creata col loro lavoro. La Sicilia di Mattarella, per dire, è ricca ma di posti pubblici. Quali sono i ricchi da deprecare?
Quanto all’accusa di essere egoisti, facciamola finita con la facile demagogia a costo zero, cioè a costo altrui.
Ognuno ha diritto di trattenersi tutto ciò che si è guadagnato onestamente con il proprio lavoro. Fatte salve le tasse da pagare che servono ad alimentare l’altruismo. O, per non essere tacciati di egoismo, dobbiamo forse spogliarci di ogni bene, dobbiamo accogliere poveri e migranti da tutto il mondo?
Se è così non basta girare in R4, ne aprire una mensa caritatevole (da 30 posti!…) in Vaticano. Il Papa e i vescovi veneti, tanto accoglienti, tanto pronti a tacciare gli altri di egoismo, vadano a stare nelle case Ater, vendano i loro sontuosi palazzi, si spoglino di tutti i beni ecclesiastici, e diano con i fatti l’esempio di autentico altruismo. Si da convincere noi egoisti.

VENEZIA RIABILITA LA MORETTI

Tante letture si possono dare della storica batosta subita dal Pd a Venezia. Una porta anche a riabilitare Alessandra Moretti.
Sembrava lei la causa prima della debacle subita in Veneto due settimane fa. Ora forse capiamo che Alessandra era solo carne da macello in una regione che non ne può più delle politiche (della mancanza di politiche) del governo Renzi.
Un Veneto dove il Pd registra una disfatta anche nella rossa Rovigo. Dove continua a guidare Vicenza, Treviso e Belluno solo perché questi comuni non sono andati al voto.
A Venezia il Pd è precipitato dal 45% delle europee al 16,8%. E non è che il candidato in laguna fosse un Mister Like, dedito ai centri estetici e alla cura del proprio corpo (questa la prima accusa mossa dai vecchi compagni alla Moretti). Non è che fosse “poco strutturato” (seconda accusa ad Alessandra). Anzi era “l’uomo della legalità”, il magistrato integerrimo, perfetto per svoltare dopo il Mose.
Peccato che “legalità” (senza nulla togliere alla vergogna della corruzione) per il cittadino veneto, ed anche veneziano, significhi anzitutto ordine pubblico, sicurezza, argine all’immigrazione selvaggia e al degrado dilagante.
Felice Casson lo aveva capito e, negli ultimi giorni, ha tentato invano una svolta leghista dichiarando che “a Venezia di profughi ce ne sono già troppi”.
Sembra averlo capito anche Renzi che oggi, a fronte della batosta generale, dice al Corriere “bisogna ripartire da immigrazione e fisco”. Già, ma bisogna farlo con i fatti e non solo con le chiacchiere.
Sulle non politiche dell’immigrazione è già stato detto tutto.
Intanto, alla vigilia del pagamento di Imu e Tasi, i fatti fiscali mostrano che il Veneto della produttività diffusa viene massacrato con le tasse sui capannoni e gli edifici dediti ad attività commerciali.
I Paesi confinanti prevedono agevolazioni fiscali per chi va là a lavorare e produrre. In Veneto il governo Renzi continua invece il massacro fiscale.
Dopo di che la colpa del massacro elettorale sarebbe della Moretti perché va dall’estetista…

GATTI, TRIPPA E MIAGOLII UMANITARI

Aggiornamento all’ultimo post.
Il proprietario della casa nel padovano, destinata all’accoglienza ai profughi in cambio di un canone mensile di 5.400 euro, ha infatti scritto una lettera al Mattino di Padova dove lamenta di essere stato attaccato perchè riceve i migranti.
Ammette e scrive “riceviamo un affitto adeguato da parte della cooperativa”. ( Eh sì, l’importo è indubbiamente adeguato) Aggiungendo subito: “Ma ciò che ci spinge non è il tornaconto personale”.
Dopo di che spiega:” Martedì sera sono arrivati i profughi. E sono tutti ragazzi. Chiunque di noi abbia figli sa cosa intendo: hanno 18 o 20 anni al massimo. Sono arrivati con il cappuccio della felpa sulla testa e le mani in tasca. Sono ancora piccoli ma hanno già visto e vissuto cose che nessuno di noi immagina”.
Dopo un analisi tanto toccante era lecito aspettarsi che la lettera si concludesse così: e quindi ho deciso di mettere 5 mila euro in tasca a questi poveri disperati, tenendomene io solo 400 per le piccole spese sostenute…Invece, finita la commozione, non c’è stata elargizione: i soldi restano tutti nelle sue tasche.
Ora chiariamo bene un punto. Se i gatti mangiano la trippa non è colpa dei gatti: colgono l’opportunità. Se ne mangiano da indigestione, la colpa è sempre di chi mette troppa trippa a loro disposizione. (Cioè di uno Stato che stanzia somme spropositate da destinare ai privati – coop e proprietari di case – per l’accoglienza ai migranti).
Tutto legale e lecito; chiunque si papperebbe la trippa.
I gatti però dovrebbero mangiare in silenzio, risparmiandoci – per pudore – i miagolii umanitari.
Anche perché nessuno è tanto fesso da crederci. Ai miagolii.

MIGRANTI VACCHE DA MUNGERE

Il secondo capitolo dell’inchiesta romana sembrerebbe confermare l’assunto: i migranti sono vacche da mungere. Oramai va bene tutto – appalti, traffico di droga, accoglienza – tutto bene purché se magna. Purché tutti magnino, non solo i famigerati politici ma anche tanti cittadini illibati…
Dico sembrerebbe, perché – da garantista – non cesso di indignami per come il circuito mediatico-giudiziari presenti delle semplici accuse, tutte da verificare, come una condanna certa senza nemmeno aspettare il primo grado di giudizio (ricordo che la “Costituzione più bella del mondo” prevede la presunzione di innocenza fino al terzo e ultimo grado di giudizio…)
Ma, anche dove tutto è legale, trasparente e alle luce del sole, è ormai evidente come i migranti siano vacche da mungere. Non solo per coop e onlus; anche per privati “caritatevoli”.
Lo dimostra il caso di Teolo, piccolo comune del padovano, dove una cooperativa ha preso in affitto da un privato una grande casa – non Villa Arvedi a Grezzana, ne villa Pisani a Strà – una villotta anni Settanta sfitta, e ci ha sistemato dieci migranti.
Al proprietario vanno 18 euro al giorno per ospitato che, moltiplicato per dieci ospiti e per trenta giorni, fanno 5.400 euro al mese! Senza spese per lui, dato che la coop provvede sia ai pasti che al servizio di lavanderia.
Il sindaco di Teolo sta indagando per appurare se il proprietario – avendo affittato per “finalità sociali” – non goda anche dell’esenzione di Imu e Tasi…
I comuni da sempre, di fronte all’emergenza abitativa, prevedono agevolazioni fiscali. Ma per chi affitta sotto il prezzo di mercato, non spropositatamente al di sopra. In condizioni normali il proprietario di questa villotta in pianura alle Feriole di Teolo (nemmeno sui Colli Euganei) si sarebbe sfregato le mani ad affittarla a mille euro il mese.
Ma, buon per lui, sono arrivate le vacche da mungere…
Non mi pare servano inchieste giudiziarie per provare che si guadagna più coi migranti che col traffico di droga. E senza correre alcun rischio. Nemmeno nell’Aldilà, dal momento che l’Inferno “è vuoto”…