LA NON VITTORIA DI MARINE

Dopo Bersani anche Marine Le Pen ha incassato una “non vittoria”. E dire che tutto sembrava favorire una vittoria vera, a seguire il boom del suo Fronte nazionale alle europee: erano infatti arrivati gli attentati dei terroristi islamici a Parigi e le critiche crescenti, l’insoddisfazione crescente, verso un’Europa “matrigna”.
Invece Marine si è fermata. Come mai?
Per quanto riguarda la lotta ai terroristi dell’Isis – per quanto loro ci chiamino “crociati” – noi tutto siamo fuorchè crociati, ossia disposti ad impugnare le armi e rispondere con la forza ai loro attacchi.
Noi italiani, in particolare, siamo quelli di “armiamoci e partite”. Ma tutti gli europei in genere hanno perso ogni spirito guerriero. Sperano in una soluzione diplomatica; scelgono una tattica, che magari a gioco lungo porterà alla sottomissione (Islam significa proprio questo: sottomissione), ma intanto consente di starsene tranquilli a casa a pensare alla dieta, al tempo libero, a dove andare in vacanza, alla toilette per Dudù. Altroché impugnare le armi…
Nei rapporti con l’Unione europea poi, pesa la debacle di Alexis Tsipras. Dopo tanti battaglieri propositi – “Mai più sottomessi alla Troika!, “Padroni a casa nostra!” – i greci vincitori delle elezioni sono a Bruxelles col capello in mano: senza un nuovo prestito non riescono infatti nemmeno a pagare i prossimi stipendi…Se lo sognano il raddoppio delle retribuzioni minime, la ripresa a nastro della spesa (e del debito) pubblica, la fine dell’austerità e le tante promesse fatte ai propri elettori…
Come dire che è inutile fare grandi proclami contro l’Ue, minacciare sfaceli e uscite dall’euro, quando poi, all’atto pratico, ti ritrovi a dover andare a Canossa…
Si può sperare in qualche riformicchia, in un minimo allentamento dei vincoli europei. Ma dentro l’Ue e dentro l’euro bisogna restarci. Perchè, se esci, è notte fonda.
Questo cominciano a capirlo gli elettori di tutti i Paesi. Cresce un fronte più ponderato e meno battagliero. E così Marine passa dal trionfo annunciato alla non vittoria.

LA LEZIONE CINESE DI FELTRI

E’ interessante quello che Vittorio Feltri ha scritto sulla “conquista” cinese della sua Bergamo. Interessante perchè trasferibile pari pari nel nostro Veneto, ad in particolare a Padova dov’è insediata la comunità cinese più numerosa.
Racconta Feltri che in città e provincia orobica i cinesi hanno comprato moltissimi bar, ristoranti e negozi in genere, anche a prezzi più alti del mercato, e “hanno incrementando gli incassi creando numerosi posti di lavoro. Abbassano le saracinesche poche ore la notte, per il resto le tengono alzate sempre e offrono un servizio accurato e continuato”.
Per questo – spiega sempre Feltri – a Bergamo “considerata a torto una terra intollerante e a forte densità leghista” i cittadini apprezzano i cinesi perchè ”sono silenziosi, non delinquono, non si fanno notare se non come uomini e donne disposti a lavorare indefessamente”.
Stessa cosa noto nelle nostre città venete. Dove mediamente i cinesi sono apprezzati (dai cittadini, non dalle associazioni di categoria del mondo del commercio) per la cortesia, i prezzi contenuti e gli orari prolungati. (Se volevi bere un caffè la settimana di Ferragosto, vicino alla sede di Telenuovo Pd, l’unico bar aperto era quello gestito da cinesi…).
Tornando a Feltri sottolinea che i cinesi ci insegnano due cose. Prima: per fronteggiare la crisi bisogna lavorare di più. Non certo ribellarsi a orario prolungato e aperture domenicali…
Seconda: non è vero che siamo xenofobi né razzisti, dato che non abbiamo problemi a convivere con i cinesi e ad apprezzarli.
Il rifiuto sorge verso quelle comunità straniere che vengono qui a rubare, spacciare droga e creare degrado, mettendo a rischio la sicurezza dei cittadini.
“Non vi è peggior razzista – conclude Feltri – di chi dia del razzista a chi non lo è e miri soltanto a vivere in pace”

LO SPONSOR DI MATTEO E’…MATTEO

Il primo sponsor di Matteo è…Matteo. Il primo ad aver interesse ad un crescente successo elettorale di Salvini (al punto di facilitarlo con ogni mezzo) è Renzi.
Perchè? Ma perchè oggi Salvini incarna una Lega estremista, una Lega di destra alla Marine Le Pen, che potrà anche salire al 20% ed oltre a livello nazionale. Ma, che in ogni caso, libererà la grande prateria del centro, la metterà a disposizione, alla conquista, di Matteo Renzi. Anche perchè Salvini toglie spazio ad un ipotetico leader di centrodestra più moderato.
Se vogliamo è una lezione antica: si vince al centro, cioè conquistando l’ampia platea dei voti moderati. Lezione antica che, ospite a Rosso & Nero, ha ricordato un “antico” politico democristiano: l’ex sindaco di Padova Settimo Gottardo.
Un’analisi inoppugnabile che ha avuto ed ha tutte le conferme possibili. Proprio a partire dalla storia del Pci-Pds-Pd che mai era diventato partito maggioritario finché rimaneva ancorato alla sua base e alle sue radici di sinistra. Ha sfondato proprio con il Renzi che punta al centro; che ha archiviato, assieme alla Cgil, l’anima di sinistra del suo partito arrivando così al 41% delle europee.
D’altronde proviamo ad immaginare il contrario. Cioè che – per disgrazia dei democratici – le ultime primarie per la segreteria non le avesse vinte Renzi ma Cuperlo o, meglio ancora, un estremista di sinistra come Civati. Un ipotetico leader del centrodestra (se esistesse) lo avrebbe facilitato in ogni modo, sarebbe diventato, il suo primo sponsor, perchè il Civati di turno avrebbe arroccato il Pd nelle antiche mura di sinistra, sotto il 30%, liberando così il voto di centro per la vittoria del leader moderato.
A ben guardare i progetti di Lega di Tosi e Salvini sono simili e opposti. Tutti e due puntano ad un partito che da territoriale diventi nazionale (il primo con i “Fari”, l’altro con “Noi con Salvini”). Ma Tosi voleva una Lega moderata e di centro capace di guidare uno schieramento al governo del Paese; Savini invece punta a convogliare i voti degli arrabbiati, degli esasperati: bravissimo a fare il pieno del loro consenso ma destinato ad un futuro da feroce oppositore. (in contrasto anche con un Veneto che ha sempre conosciuto una Lega di governo).
Sempre Settimo Gottardo ha citato un precedente: in Francia sarebbe stato – così ha detto – il socialista Mitterrand ad “inventarsi” Le Pen padre, per sottrarre voti ai gollisti e diventare in tal modo presidente dei francesi.
Matteo Salvini non l’ha certo inventato Matteo Renzi. Ma è ben contento di averlo trovato come avversario politico: è una garanzia per il premier di continuare a vincere le elezioni nazionali e governare il Paese.

L’ASCESA DELL’ALTRO MATTEO

Provare ad analizzare la realtà non significa apprezzarla né condividerla. Solo prenderne atto. E oggi – piaccia o non piaccia – la scena politica è dominata dalla partita a due tra i due Matteo. Altri possibili protagonisti a livello nazionale non se ne vedono.
Alle ultime politiche, con Maroni segretario, la Lega toccò il minimo storico: 4,1%. Salvini l’ha fatta risorgere: 6% alle europee, mentre ora tutti sondaggi lo attestano sul 12-13%. Mai così in alto per consensi complessivi ed estensione territoriale: il Nord resta la roccaforte, ma i consensi arrivano anche dal Centro e perfino dal Sud e dalle Isole.
Sarà anche un “fascioleghista”, come lo definisce Il Tempo di Roma, sarà la versione italiana della Le Pen. Ma funziona.
Funziona Salvini quando dice che non ci sono più i moderati ma solo gli esasperati. Cittadini esasperati dalla criminalità, dall’immigrazione fuori controllo, da una crisi economica che colpisce produttori, partite Iva e anche lavoratori dipendenti (la ripresina del Pil non frena la disoccupazione). Cittadini pronti a votarlo.
Il linguaggio di Forza Italia, dello stesso Flavio Tosi, è più razionale, più logico, più politico. Ma non interpreta la pancia esasperata di tanti cittadini, non crea lo stesso consenso del linguaggio di Salvini.
Per lui, per il Matteo della Lega, la prova del fuoco è però il Veneto. Dove, se Zaia dovesse perdere, non avrebbe perso Zaia ma Salvini compromettendo così l’ascesa e la leadership. Quindi in vista del 10 Maggio deve dimostrare di saper coniugare il populismo del linguaggio con il pragmatismo delle alleanze…

CON L’ISIS “A SUD DI ROMA”

Un fine settimana drammatico, con il terrorismo islamico a colpire nel cuore dell’Europa da Parigi a Copenaghen. Con un odio inaudito come dimostra la profanazione di centinaia di tombe ebraiche nel cimitero francese di Sarre-Union
Ma il Paese europeo oggi più esposto è certamente il nostro. Siamo l’unico ad avere il califfato libico di fronte al mare, con le bandiere dell’Isis che sventolano su Tripoli. E loro, i terroristi, sgozzano una ventina di ostaggi e ci avvertono nel video: “Siamo a sud di Roma e la conquisteremo!”
Piccola domandina: chi ci difende? Non certo la Guardia costiera, la nostra marina militare che cala le braghe di fronte a quattro scagnozzi i quali, a mitra spiegati, intimano di restituire il barcone. E i nostri militari obbediscono buoni buoni…Una dimostrazione di impotenza e sottomissione senza uguali.
Il quadro è ormai chiaro e riconosciuto da tutti. Sono i miliziani dell’Isis che gestiscono gli imbarchi dalla Libia: ne arrivano da noi migliaia ogni giorno. Ce ne sono duecento mila pronti a partire. Tutti profughi in cerca di salvezza? O tanti pronti a minacciare la nostra salvezza e sicurezza?
Il problema è scegliere tra Triton e Mare Nostrum o capire chi arriva per garantire la sicurezza degli italiani? Qual è la priorità?
Renzi esclude un intervento armato senza l’Onu. Angelo Panebianco, il più autorevole editorialista del più autorevole quotidiano, domenica ha posto una domanda precisa: “Riusciremmo a intercettare e a neutralizzare un eventuale missile proveniente dalla Libia? Dovremmo chiedere al ministro competente e ai vertici delle forze armate di spiegare agli italiani quali siano le nostre possibilità di difesa”.
Naturale aspettarsi che oggi il ministro della Difesa o il presidente Mattarela, comandante in capo delle forze armate, rispondessero. Invece silenzio assoluto.
Un silenzio rotto dai parlamentari che – come studenti col supplente in aula – litigano, schiamazzano e fanno a pugni, per cosa? Per il regolamento delle Camere!…
Inevitabile pensare ai famosi dotti bizantini che, con i turchi sotto le mura di Costantinopoli, discettavano e litigavano sul sesso degli angeli.

CITTADINI AGNELLI SACRIFICALI

Noi cittadini ormai siamo gli agnelli sacrificali della criminalità. Lo Stato non solo non ci difende (sarebbe il suo primo dovere) ma impedisce e punisce anche l’estrema risorsa, cioè l’autodifesa. Quindi dobbiamo farci derubare e massacrare senza reagire.
Sappiamo cosa è successo a Ponte di Nanto dove un benzinaio, vedendo dei criminali armati che davano l’assalto a una gioielleria, e di fronte al terrore di chi era all’interno del negozio, ha imbracciato il fucile e ha esploso un colpo in aria. I criminali gli hanno indirizzato contro una raffica di mitra e lui, solo a quel punto, ha sparato non per uccidere ma alle gambe. Per pura fatalità è stata colpita l’arteria femorale e uno degli assalitori è morto dissanguato.
Questo benzinaio, questo eroe civile, finirà sotto processo perchè, non essendo direttamente minacciato, non doveva intervenire. Doveva girarsi dall’altra parte e lasciarli fare
Non ho mai creduto all’autodifesa, che non appartiene alla nostra cultura e che può essere pericolosa da praticare Ma oggi, di fronte ad uno Stato che non ci difende, è divenuta la linea del Piave: non resta che fare il porto d’armi e andare al poligono per l’addestramento.
Vanno però riviste le norme sulla legittima difesa. Al momento infatti se un delinquente ti entra in casa, prima di reagire dovresti capire bene che intenzione ha, cioè dovresti lasciargli il tempo di aggredirti e magari di ammazzarti…per non finire tu sotto processo accusato di eccesso di legittima difesa.
In altri Paesi, in America come in Canada, di fronte alla violazione di domicilio è sancito il diritto di reagire anche sparando. Il problema è tutto di chi compie la violazione. Ed è un deterrente non da poco, rispetto a qui dove i criminali sanno di potere entrare in casa impunemente. Con la certezza della non pena.
Che lo Stato, che il governo faccia almeno questo. Altrimenti lo dica apertamente: cari cittadini siete agnelli sacrificali, fatevi derubare, massacrare, anche ammazzare dai criminali. Ricordatevi che loro, poveretti, hanno un grave “disagio sociale”…

MATTEO I° SALE AL TRONO

Sergio Mattarella sale al Quirinale, eletto con ampio margine 12° presidente della Repubblica. Ma la vera notizia di oggi è il ritorno della monarchia: si è infatti insediato sul trono (di palazzo Chigi) Matteo I° di casa Renzi.
Mattarella al Colle è la sua vittoria, tanto più sorprende per la facilità con cui è arrivata rispetto alle fosche previsioni della lunga vigilia in cui molti avevano indicato nel Quirinale la battaglia, il passaggio decisivo. dove Renzi avrebbe perso penne e tracotanza
Mai era capitato che un presidente del consiglio in carica scegliesse lui l’inquilino del Colle, senza alcuna trattativa con i partiti, decidendo il nome e facendo accettare ad un’ampia maggioranza che va da Vendola ad Alfano. Stabilendo perfino il giorno dell’elezione (“lo faremo sabato mattina”, aveva detto Matteo I°. E così è stato).
Non che la gratitudine sia di regola in politica, ma se Mattarella è uscito dal freezer della Consulta e asceso al Colle, lo deve unicamente a lui. E’ presidente della Repubblica e del Consiglio superiore della magistratura. Vien da pensare che col suo appoggio (dovuto) Renzi possa perfino riformare l’ultracasta delle toghe…
Potrà comunque fare qualunque riforma, grazie alla sua straordinaria abilità di fare e disfare alleanze restando comunque il perno. Oppure scegliere di andare ad elezioni nel momento più propizio per quel referendum popolare che consacri il ritorno della sua monarchia…
Dell’ascesa al trono di Matteo si stupisce solo chi ha dimenticato, o sottovalutato, l’esordio. Quando uno sbarbatello, nemmeno trentenne, diventa presidente della provincia di Firenze e poi conquista addirittura la città. La grande roccaforte rossa, dove il potere comunista (anche divenuto ex comunista) era consolidato e ramificato in ogni ganglo. Ma vince lui, il boy scout che viene dal mondo cattolico. Con due palle così, una capacità e spregiudicatezza politica senza eguali.
Enrico stai sereno, aveva detto a Letta prima di farlo fuori. Silvio stai sereno, ha ripetuto a Berlusconi per convincerlo ad approvare l’Italicum e subito dopo farlo fuori…(salvo ripescarlo se gli servirà)

TSIPRAS E L’ALIBI EUROPA

Non è sorprendente, ma conseguente, che i primi ad esultare per la vittoria in Grecia della sinistra di Alexis Tsipras siano stati i leader della destra europea: da Marine Le Pen a Matteo Salvini.
Il quale Tsipras si è già alleato con la destra nazionalista greca di Anel che è anti euro.
La discriminante infatti non è più tra destra e sinistra, ma tra Europa sì Europa no, tra austerità sì o no.
(Tant’è che da noi, contro il rigore della riforma delle pensioni, Salvini ha raccolto le firme assieme alla Camusso)
Ora non c’è dubbio che questa unità europea non funziona perchè pretende di imporre a tutti lo stesso stampino, le stesse regole. Un po’ come se non servisse più avere allenatori per le singole squadre di calcio e bastasse il mister universale che impone il modulo 4-3-3; e tutti ottengono i risultati migliori.
Così ragione e si è mossa la Ue, Angela Merkel
Invece l’allenatore è indispensabile perchè deve capire e saper “governare” la rosa di calciatori a seconda delle loro caratteristiche. E, se è bravo, sa scegliere il modulo più adatto per la sua squadra. Altrettanto i governanti che devono conoscere vizi, virtù e peculiarità dei loro cittadini e del loro Paese.
Già è una follia pensare di governare l’Italia con lo stesso modulo dalle Alpi a Pantelleria. Figurarsi l’Europa dalla Danimarca a Malta…
Dopo di che l’Europa non può diventare l’alibi universale, la causa di tutti i mali. La Grecia era già sull’orlo del fallimento perchè i barbieri andavano in pensione a 50 anni (usavano la tintura per capelli, prodotto “usurante”…), cioè perchè aveva un welfare insostenibile. E non glielo aveva certo imposto la Merkel…Adesso Alexix Tsipras pensa di risollevare il suo Paese tornando a spendere, ad accumulare debito pubblico, rifiutando il rigore, l’austerità della Troika.
Anche noi diciamo, anche Renzi dice, che l’austerità ha fallito, che dobbiamo allentare i vincoli. Andrea Mingardi su La Stampa ha scritto che, per poter dire che l’austerità ha fallito; “prima avremmo dovuto sperimentarla”!
E già. Austerità significa taglio della spesa pubblica. Noi non l’abbiamo mai tagliata, anzi è aumentata di anno in anno compreso il 2014. E, per non tagliare la spesa, abbiamo continuato ad aumentare le tasse. Sarebbe questa la ricetta che ci ha imposto la Troika? O è la nostra scelta per non intaccare elargizioni varie e politiche clientelari?
Distinguiamo le responsabilità Ue, che certamente ci sono, dai comodi alibi ad uso interno.

LO SMACCHIATORE VERSO IL COLLE

Se avete voglia, facciamo anche noi il gioco del momento: il toto Quirinale. Facciamolo senza scambiare i desideri con la realtà, cioè provando a ragione sul nome che potrebbe raggiungere la maggioranza dei 1009 grandi elettori.
Un telespettatore l’altro giorno proponeva Gianfranco Fini. Suo desiderio lecito e pio, ma non c’è una possibilità su un miliardo che lo votino.
Il problema dei problemi è tenere unita la massa centrale della possibile maggioranza, cioè il Pd che di grandi elettori ne ha più di 450. A quel punto le truppe di complemento per arrivare a 505 diventano uno scoglio superabile.
Il nome che, più di tutti gli altri, può riuscirci credo sia quello di Pierluigi Bersani. Che lo voti la minoranza (sua) è scontato. Ma anche Renzi ha tutto l’interesse a farlo per ricompattare il partito, per porre fine alla guerriglia permanente nei suoi gruppi parlamentari.
Per Renzi il problema non è certo Pippo Civati, cavallo pazzo e pressochè solitario. La guerriglia fin qui gli è arrivata dalle truppe bersaniane, pur sempre ben organizzate.
Partendo da 450 basta un pezzo di Forza Italia. Ho l’impressione – dopo aver letto le dichiarazioni di Confalonieri al Corriere – che Berlusconi non abbia difficoltà a votarlo. E può fregarsene della fronda di Fitto. Gli basta mezzo battaglione azzurro.
Si rifiutasse di farlo il Cavaliere, darebbe un motivo i più a Grillo, o ad ampi spezzoni delle sparpagliate e disperse truppe pentastellate, per subentrare. (Non dimentichiamo che Bersani aveva aperto al dialogo con loro).
Magari sbaglio per la simpatia che mi ispira questo emiliano, spiritoso e di buon senso. Capace perfino di starsene al Quirinale defilato. Ma in questo momento mi sembra che nessuno possa raccogliere più consensi tra i grandi elettori di Pierluigi Bersani, già smacchiatore (fallito) del giaguaro. Che anche i suoi recenti fallimenti politici diventano un gradino in più verso il Colle…

RE GIORGIO E NOI

Nel giorno dell’abdicazione di Re Giorgio personalmente mi inchino al Ratzinger della nostra politica che, come il Papa emerito, ha saputo comprendere i limiti imposti dall’età e dall’energia residua (Tanto per dirne tre, Pertini, Ciampi e Scalfaro erano pronti al “sacrificio” di un intero secondo settennato)
Napolitano penso sia stato il miglior presidente possibile. Non il migliore in assoluto, ma il migliore tra ciò che offriva il mercato non proprio eccelso della politica italiana.
Ha cercato di essere il presidente di tutti gli italiani, cioè di metterli d’accordo in nome dell’interesse nazionale. Impresa ardua (impossibile) nel Paese dei Guelfi e Ghibellini, dei Montecchi e Capuleti riottosi a capire che bisogna smetterla di litigare come galli nel pollaio, almeno quando si attraversa una crisi epocale.
Da uomo di cultura ha commesso l’errore di credere nella cultura bocconiana del prof. Mario Monti, economista molto stimato quanto rivelatosi inetto come premier. Ma nessuno è perfetto, nemmeno Re Giorgio.
Migliore comunque, Napolitano, di noi cittadini elettori.
Mi vengono i brividi quanto sento parlare di un presidente eletto direttamente dai cittadini. Gli stessi cittadini elettori che – uno su tre – appena ieri (Aprile 2013) si sono fatti sedurre da un comico a colpi di vaffa…Un Grillo che non ha mai dimostrato di saper governare nemmeno una pro loco.
Come far riparare l’auto da un meccanico che non sa nemmeno se il motore è nel cofano davanti o nel bagagliaio dietro, ma che espone in officina calendari molto seducenti.
L’esempio è sempre quello: se sono nelle mani di un medico scadente, cercherò un medico più competente. O mi faccio curare da un giornalista bravo a scrivere o da un prete bravo a predicare?
Anche Giorgio Napolitano, ovviamente, può essere criticato da ognuno di noi. Ma prima non guasterebbe un’occhiatina allo specchio.