CINESI: I VENETI DI UNA VOLTA

Nel blitz della finanza al China Ingross di Padova (che ha avuto un risalto mediatico nazionale) ci hanno mostrato – con scandalo e scalpore – che c’erano anche dei letti all’interno dei capannoni: cinesi che dormono nel luogo di lavoro in spregio alle norme igieniche. Mio Dio!
Vi dice niente “l’azienda nel sottoscala”? Una formula nata negli Anni Ottanta: migliaia di veneti che aprivano l’aziendina in garage, fabbricando componenti di calzature o altri prodotti, e lo facevano dove dormivano, mangiavano e vivevano. Per non parlare delle tantissime nostre donne che, sempre a casa, cucivano i jeans o le pelli per le pellicce.
Preferiamo forse che i cinesi si comportino come magrebini o nigeriani che dormono sotto i ponti o i portici, per il degrado delle città? Questi ultimi certo non possono dormire sui luoghi di lavoro, perchè la droga viene prodotta all’estero. Qui la spacciano e basta.
Certo, al China Ingross c’è una forte evasione fiscale. Non come il nostro lavoro domestico e le “aziende del sottoscala” che – notoriamente – operavano tutte rigorosamente in bianco…Un po’ alla volta noi veneti ci siamo rassegnati a pagare le tasse. Lo faranno anche i cinesi: Primum vivere, deinde…fiscalizzare.
Coi prodotti cinesi c’è sicuramente un problema di bassa qualità. Ma è sempre stato così: le sottomarche non hanno la qualità delle marche, in compensano costano meno. E così i negozianti veneti, per primi, acquistano in massa dai cinesi.
Certo quella cinese è una concorrenza da far paura, spesso fuori dalla nostre leggi commerciali. Contrastarla è complicatissimo. I controlli alle frontiere non esistono perchè i loro prodotti entrano da ogni dove e non solo dai porti. Pensare di recuperarli una volta diffusi nel territorio, con i blitz ripetuti della finanza, ricorda Sant’Agostino e la pretesa di svuotare il mare (cinese) col secchiello.
Ma pensare di disincentivare l’acquisto col salutismo è velleitario, oltre che pseudoscientifico. I prodotti cinesi – dicono – sono pericolosi per la salute! Il pennarello, o il giocattolo, made in China può provocare il tumore ai bambini che lo usano e lo mettono in bocca!
Abbiamo al certezza che il fumo induce ai tumori perchè – in decine d’anni – abbiamo verificato che la percentuale di cancri ai polmoni o alla laringe è più alta tra i fumatori che tra i non fumatori. Dunque avremmo la stessa certezza col pennarello solo dopo aver verificato se, negli anni, è più alta l’incidenza tra i bambini che lo usano e quelli no.
Ma, tornando al fumo, non sappiamo nemmeno qual’è la componente scatenante che genera la riproduzione incontrollata delle cellule. E’ la nicotina? E’ il catrame? E’ la combustione? Pare probabile che contribuiscano anche gli anticrittogamici con cui vengono trattate le foglie del tabacco. Quindi – sempre in nome della difesa della salute – aspettiamo e invochiamo blitz a tappeto che vadano a sequestrare la quasi totalità della nostra produzione agricola che contempla l’uso sistematicamente degli anticrittogamici, e che mangiamo ogni giorno. Altro che pennarelli cinesi.
Trovo spropositato criminalizzare la comunità cinese imputandole addirittura l’attentato alla nostra salute. Spesso sono sicuramente evasori. Ma sono persone serie che lavorano pancia a terra e non delinquono. Sono come eravamo fino a ieri noi veneti.

SIAMO IN BALIA DEI CRIMINALI

L’allarme sicurezza lo lancia Pansa, non il giornalista Giampaolo, ma Alessandro Pansa il capo della polizia. Anzi il capo di tutte le forze dell’ordine. Perchè Pansa è al vertice del Dipartimento per la sicurezza del Viminale e da lui dipendono Polizia, Arma dei carabinieri e Guardia di finanza.
Ha detto che con il taglio degli organici – 15 mila poliziotti e carabinieri, migliaia di finanzieri in meno – non si può che garantire peggio degli anni scorsi la sicurezza: città e cittadini cioè sempre più in balia della criminalità. Con la crisi economica che fa, inevitabilmente, da volano ai reati.
Come se il ministro della salute avesse dichiarato che d’ora in avanti i malati verranno curati sempre peggio.
Auguriamoci che non si pensi di risolvere tutto facendo dimettere Alessandro Pansa o costringendolo a dichiarazioni “rieducative” come avvenuto col presidente dell’Inps sui conti delle pensioni.
Per anni abbiamo detto che erano politici e media di destra a cavalcare a scopi elettorali il tema della sicurezza. Le affermazioni di Pansa sono state riprese con grande risalto da Repubblica. Il quotidiano di Ezio Mauro sta facendo lo stesso, vuole tirare la volata a Renzi?
Prendiamo atto, finalmente, che è un problema reale, angosciante, in tutte le nostre città. Repubblica nota che:”E’ la prima volta che dalla massima autorità della sicurezza del Paese arriva un segnale così forte di resa alla criminalità”.
Il segretario dell’Associazione nazionale funzionari di polizia, Enzo Letizia, rende noti quei dati che il Viminale tiene top secret: non c’è città italiana dove nell’ultimo anno non siano aumentati in modo esponenziale furti, rapine e omicidi.
Giustamente si osserva che la sicurezza dipende anche dai magistrati che applicano le leggi e dal Parlamento che le vara. Ma non che dubbio che il calo di organici e il taglio di risorse di certo non aiuta. Se hai meno vigili in strada aumentano gli automobilisti indisciplinati. Se hai meno poliziotti i criminali vanno ancora di più a nozze.
Di fronte ai toni da barricata di Berlusconi, Napolitano ammonisce:”Ora si rispetti la legalità”. Sacrosanto. Vogliamo farla rispettare, la legalità, anche ai criminali o solo a Berlusconi?
Penso ai tanti cittadini che continuano a subire furti, rapine aggressioni. Mi domando quanto gliene può fregare di tutta la spasmodica attenzione concentrata sulla decadenza del Cavaliere o sulle dimissioni della Cancellieri o sulle spaccature nel Pdl e nel Pd.

ALTRO CHE PIPPE SULLA CANCELLIERI

Altro che le pippe sulla Cancellieri, cui stiamo assistendo in parlamento da settimane e che campeggiano in prima pagina sui media nazionali. Avrà anche fatto una telefonate che poteva risparmiarsi, ma siamo alle chiacchiere telefoniche; mentre nella vita reale ci sono i fatti.
Basta seguire i nostri telegiornali o leggere i quotidiani locali e vedi un altro mondo: c’é la crisi economica e c’è l’ordine pubblico che nessuno garantisce.
Furti, rapine, scippi non si contano più. Bisogna stare attenti anche a fare il bankomat. E, al di là dei tanti reati consumati, serpeggia la paura: gli anziani non si sentono sicuri a girare nelle nostre città, che sono le loro città (o dobbiamo rottamarli tutti?).
E’ la maleducazione, l’arroganza, la certezza di impunità che caratterizza il comportamento di troppi stranieri: Il controllore non può nemmeno più chiedere di mostrare il biglietto dell’autobus che lo accusano di essere un razzista che perseguita i poveri negri…
Lo ripeto. La colpa è più nostra che loro. Perchè gli stessi stranieri in Germania o in Gran Bretagna non si comportano come qui da noi. Esattamente come noi, giovani studenti, quando avevamo un professore severo e autorevole, in classe non volava una mosca. Arrivava il supplente sbarbatello e, nella stessa classe, scoppiava il casino.
Oggi sul fronte dell’ordine pubblico il nostro Stato è un supplente sbarbatello del vero Stato di diritto.
Il leghista Roberto Marcato ha lanciato una provocazione: davanti a criminali violenti, deve diventare violenta anche la risposta dello Stato.
Il nostro Luigi Primon ha interpellato i cittadini che hanno risposto con molto equilibrio: nessuno chiede la licenza di uccidere i criminali, ma tutti vorrebbero che la polizia non avesse le mani legate; che potesse intervenire con la dovuta fermezze, senza rischiare azioni disciplinari.
La magistratura dovrebbe dedicare lo stesso slancio, riservato ai “grandi processi” (che finiscono in prima pagina), anche al contrasto quotidiano della criminalità comune, garantendo anche qui la certezza della pena
Basta con lo Stato che fa lo sbarbatello. Lo Stato o è severo e rigoroso o non è. Tutti d’accordo nel dover essere inflessibili nella lotta agli evasori fiscali. E nel contrasto ai criminali no?
Quanto alla Cancellieri, anche i bambini hanno capito che è solo uno strumento nella battaglia di Renzi contro Letta. Nella battaglia di Repubblica per eterodirigere il Pd. Anche i bambini l’han capito, i grillini non ancora…
Tornassero i partiti ad occuparsi della realtà quotidiana, la smettessero con le pippe, ci sarebbe perfino il rischio che qualcuno torni a votarli…

COME RICONQUISTARE LA SOVRANITA’

Giuseppe Guarino insigne giurista, già ministro prima delle Finanze e poi dell’Industria, ha scritto un saggio lungo e ponderoso, il cui titolo però dice già tutto: “No euro”.
Sintetizzandolo al massimo, Guarino sostiene che un’interpretazione distorta e fraudolenta del Trattato per l’Unione europa ha fatto sostituire, al diritto-potere dei singoli Stati di concorrere alla crescita comune con la propria politica economica, l’obbligo del pareggio di bilancio da conseguirsi nel rispetto di un programma predeterminato.
Dato che la democrazia consiste nel potere dei cittadini di influenzare col voto tutte le decisioni del proprio governo nazionale, se i singoli governi non possono più scegliere la propria politica economica, ne consegue – sempre secondo Guarino – che la democrazia di fatto è soppressa. Che è inutile andare a votare per il governo Letta o Renzi o Berlusconi o Prodi, perchè tanto poi non sono loro a decidere, ma i vincoli imposti dall’Europa (cioè dalla Germania).
Mi pare che la vicenda di Holland, crollato in tutti i suoi propositi di riforma e quindi nella popolarità, dimostri a sufficienza che l’analisi di Guarino è giusta. E, se non può decidere la sua politica economica di crescita la Francia, figuriamoci l’Italia.
Noi oggi ascoltiamo un programma di riforme da Matteo Renzi tanto vasto quanto accattivante. Il percorso concreto per attuarlo, a dire il vero, resta alquanto vago. Ma, soprattutto, non si affronta il nodo cruciale: potrà decidere lui o dovrà anche lui sottostare ai vincoli europei?
Sempre Giuseppe Guarino ricorda che si poteva aderire all’Unione europea, anche senza aderire all’euro. Ci sono gli Stati che hanno aderito, come noi, e gli Stati con deroga come la Gran Bretagna. Che non è certo l’unica ad aver derogato dalla moneta unica. Oggi, su 28 Stati che hanno aderito all’Unione, 17 sono con euro e 11 con deroga.
“Gli Stati euro – garantisce il giurista – hanno diritto di chiedere e di ottenere il passaggio al regime di Stato con deroga, specie ove la domanda sia motivata con la profonda insoddisfazione per il modo in cui l’Unione è stata gestita e per i danni che ne sono derivati”.
Quindi si può restare nell’Unione, col libero scambio senza le frontiere e tutto il resto, ma si rinuncia all’euro per potersi riappropriare della sovranità e scegliere le politiche economiche che favoriscano la crescita.
Ecco il vero tema sul quale dovrebbe vertere la campagna elettorale per le europee di primavera. Se smettessimo di fantasticare e/o discettare sul sesso degli angeli.

SE LO STATO NON CI PROTEGGE

Se lo Stato non ci protegge dobbiamo arrangiarci noi con qualche espediente, magari mettendo da parte la dignità. Proprio come hanno fatto i giocatori della Nocerina, fingendo di infortunarsi, per non disputare l’incontro con la Salernitana in obbedienza al diktat dei loro tifosi violenti.
Non siamo un popolo di eroi. E non si capisce perchè dovremmo esserlo, mettendo a repentaglio la nostra sicurezza. Lo Stato nasce, in contrapposizione alla giungla, proprio con questo primo compito precipuo: garantire la sicurezza dei cittadini.
Oggi invece assistiamo al paradosso del nostro Stato che non garantisce nemmeno quelli che dovrebbero garantirci la sicurezza. Parlo dei poliziotti che ormai sanno di non dover usare nemmeno il manganello, sanno che è preferibile non reagire alle aggressioni, che altrimenti finiscono loro sotto processo. Loro, non chi compie violenza nell’illegalità.
Come se la sicurezza potessi garantirla col guanto di velluto. Ma abbiamo perso perfino la capacità di distinguere tra violenza esercitata in nome dello Stato e violenza esercitata contro lo Stato e le sue leggi.
I calciatori della Nocerina che fingevano l’infortunio mi hanno ricordato un altro “infortunio”. Quello simulato da un grande del giornalismo, Giorgio Bocca, durante gli anni di piombo. Bocca assunse una posizione ambigua, della serie “né con lo Stato né con le Bierre”. Non che ci credesse. Molto tempo dopo spiegò che lo aveva fatto per garantire la propria incolumità, per evitare di finire gambizzato o ucciso come Montanelli, come Tobagi, come Casalegno.
Nemmeno i giornalisti sono eroi e, se lo Stato non ti difende, conviene fare un po’ i paraculi…
Convenne a quei professori – altro esempio – che ai tempi delle prime occupazioni di scuole e università volevano ugualmente fare il loro dovere, cioè fare lezione. Ma lo Stato li abbandonò. E allora capirono che conveniva loro “innamorarsi” del Sessantotto…
Conviene a tutti noi tenere un po’ di soldi in casa. I furti nelle abitazioni di moltiplicano di giorno e di notte. Altro che allarmi o inferiate. Servono i contanti: se i criminali li trovano magari si accontentano, ed evitano di pestarti. E’ l’unica autodifesa di fronte ad uno Stato che ci lascia in loro balìa.

LE CORPORAZIONI COMANDANO PIU’ DI IERI

L’ex ambasciatore Sergio Romano resta un ambasciatore, cioè usa un linguaggio diplomatico (rispettoso e mai aggressivo) anche oggi da editorialista del Corriere della sera. Il che non gli impedisce di essere chiaro e puntuale nei suoi commenti.
Nella sua rubrica quotidiana, Lettere al Corriere, ha così stigmatizzato il ruolo paralizzante che le corporazioni hanno assunto nel nostro Paese. Sergio Romano parte dalla corporazione più potente di tutte – l’associazione nazionale magistrati – e garbatamente critica il presidente Napolitano per aver partecipato al congresso nazionale dell’Anm.
“Qualcuno – scrive Romano – potrebbe osservare che i presidenti della Repubblica non hanno l’obbligo di onorare con la loro presenza ai convegni di organizzazioni sindacali e che la presenza del capo dello Stato è già, di per se, un’altra anomalia italiana”.
Anomalia che per altro riguarda tante altre associazioni private: dalla Confindustria alla Cgil, dalla Cisl alla Uil, dall’Ordine dei giornalisti a quello dei medici e degli avvocati.
Sergio Romano fa un breve excursus storico:” Per un singolare paradosso l’Italia antifascista ha ereditato la filosofia corporativa dallo Stato fascista e ha conferito un profilo pubblico ad associazioni che in altre democrazie hanno esclusivamente un carattere privato”.
Da cui la conclusione:”In un regime fortemente autoritario le corporazioni avevano funzioni meramente consultive. In una democrazia sfilacciata e faziosa, le corporazioni concorrono a rendere l’Italia ancora più difficilmente governabile”.
Oggi insomma le corporazioni comandano molto più di ieri. Ovviamente non si tratta di auspicare il ritorno ad un regime autoritario, ma di capire che più è debole la politica più comandano queste associazioni che – ovviamente – portano avanti i loro interessi privati a scapito dell’interesse e del bene comune.
Sono palesi le tante ragioni che incrementano il sentimento dell’antipolitica, ma è anche evidente come il cane si morda la coda: l’antipolitica fa il gioco delle corporazioni, aumenta ancora di più il loro potere di interdizione e di veto; mentre solo una politica tornata forte riuscirebbe a rimetterle al loro posto che è, che dovrebbe essere – come ricorda Sergio Romano – solo consultivo.

PERCHE’ IL CREDITO NON FUNZIONA

Il credito com’è strutturato oggi non funziona. E’ l’unico dato certo, al di là della liquidità disponibile e dei vincoli europei imposti alle nostre banche. Lo conferma l’ultima inchiesta della Gabanelli “Il credito non è uguale per tutti”, in onda questa sera di cui sono già accessibili le anticipazioni.
C’è il problema del costo, cioè dei tassi applicati che sempre più spesso vengono definiti “da usura”. Le denunce in questo senso si moltiplicano ed è certo necessaria un’indagine a tappeto. Per garantire che la “professionalità” espressa dai banchieri non consista anzitutto nel rendere opaco l’ammontare reale del tasso applicato ai creditori.
Anche nelle nostre banche locali c’è poi il problema del board, dei troppi imprenditori che siedono nei consigli di amministrazione. Un palese conflitto di interessi, una posizione di privilegio rispetto agli altri produttori che non ne fanno parte: ai primi il credito non mancherà mai, a prescindere dalla validità del loro progetto industriale. Mentre i secondi sono in balia di valutazioni, nella migliore delle ipotesi, amicali e scarsamente professionali.
Ed arriviamo al punto cruciale. Pur ammettendo che non esistano le distorsioni di cui sopra, banchieri e bancari elargiscono il credito agendo da puri burocrati; cioè sulla base di parametri rigidi: vuoi avere tot? Devi darmi precise garanzie per tot al quadrato.
Ma in questo modo la nuova imprenditorialità, che non è fondata su solide garanzie patrimoniali, viene esclusa a priori. Quella nuova imprenditorialità che è la nostra vera ricchezza nazionale, perchè tutto manca a noi italiani fuorchè la creatività e l’inventiva. Il che non esclude che ci siano anche creatività ed inventiva farlocche.
Quindi la vera professionalità di banchieri e bancari consisterebbe nella capacità di valutare la qualità del business proposto. E su questa base elargire o no il credito. Perchè anche la banca è impresa e deve assumersi il rischio di impresa, appunto con la capacità di valutare la proposta dell’aspirante cliente.
(In questo senso è un po’ equivoco il titolo proposto dalla Gabanelli che tende ad equiparare il credito alla legge: la legge deve essere uguale per tutti, mentre il credito deve essere diseguale, cioè garantito solo a chi ha
concrete possibilità di rimborsarlo)
Ma i banchieri italiani questo rischio – che è l’essenza del loro mestiere – non se lo assumono. Più comodo pararsi il culo come fanno i burocrati ed elargire i finanziamenti sulla base di parametri prefissati.
Perciò, anche a prescindere dai conflitti di interesse e dalle interferenze amicali, da noi il sistema del credito non funziona.

IN BALIA PERFINO DELLE MOSCHE

Ho passato qualche giorno a casa con l’influenza, ed ero in balia delle mosche. Chi vive in campagna sa che questa è la stagione peggiore. Fuori comincia a far freddo e le mosche sciamano in casa. Le trovi ovunque: sul cibo, a letto, ti ronzano attorno finchè leggi o guardi la tivvù.
Sono andato al consorzio sperando di trovare un prodotto granulare che usavo anni fa. Efficacissimo: lo mettevi su un piattino, le mosche si posavano e restavano stecchite. Ma mi hanno spiegato che non è più in commercio perchè era velenoso. Ho chiesto la carta moschicida, quei rotolini spalmati di mastice che già ai tempi del fascismo avevano liberato le stalle dalle mosche. Niente da fare, ora sono vietati anche quelli perchè catalogati come rifiuti difficili da smaltire. Insomma resta solo la spray, che un po’ funziona un po’ no e, di certo, oltre alle mosche lo respiriamo anche noi.
Piccolo esempio di come un malinteso salutismo, unito all’ecologia da strapazzo, renda ormai difficile perfino liberarsi dalle mosche. Finiremo con tutelarle dal pericolo dell’estinzione per la gioia degli animalisti…
Piccolo esempio per capire quanto sia pretenzioso pensare che il nostro Paese possa liberarsi da ben altre molestie: le tasse, la burocrazia, la disoccupazione, la decrescita…
Per togliersi ogni residua illusione basta leggere il fondo di Antonio Polito oggi sul Corriere: la maionese impazzita, l’implosione dei partiti divisi in fazioni e correnti, che rendono impossibile qualsiasi azione di governo.
Mario Monti, il tecnocrate che doveva salvare l’Italia, ridotto a litigare perfino con Mario Mauro, il ministro della Difesa convinto che la difesa si attui aderendo alla giornata di digiuno per la pace…
Difficile conservare un po’ d’ottimismo per il futuro che ci aspetta. Intanto proverò anch’io a digiunare come estremo tentativo di difesa…dalle mosche.

TASI…E PAGA, COJON!

Osserva il Corriere della sera che la mente del governo Letta, come quella di tutti i governi, quando di tratta di tagliare la spesa pubblica “sembra rattrappirsi”. Diventa invece fantasiosa e creativa quando si tratta di inventare nuove imposte o di coniare nuovi nomi a vecchie imposte rivedute e corrette (al rialzo).
Così adesso l’inarrestabile creatività fiscale ci sforna tre nomi inediti: la Trise che comprende la vecchia Tares (imposta sui rifiuti) e la nuova Tasi ( già Imu) destinata a coprire la spesa per i servizi comunali.
Il nome di quest’ultima sembrava fosse Service tax. Nome forse troppo anglosassone o, forse, troppo comprensibile. Quindi è stata subito ribattezzata Tasi. Una sigla all’apparenza anomina, un perfetto acronimo nel miglior stile burocratico.
Ma i burocrati dei dicasteri romani ignorano il veneto, che magari non sarà lingua e solo dialetto, e che tuttavia tutti parlano e capiscono nella nostra regione. Il rischio è così che il meccanismo fiscale divenga fin troppo esplicito: tasi…e paga, cojon!
Il rischio è che qualcuno, o più d’uno, cominci a chiedersi fino a quando dobbiamo continuare a pagare e tacere. Anche quando la pressione fiscale italiana avrà superato quella svedese e la qualità dei servizi erogati competerà con il Togo?
In alternativa potremmo sempre chiedere a Mario Balotelli di diventare l’emblema – oltre che della lotta al razzismo e alla camorra – anche della battaglia contro l’oppressione fiscale. E’ già pronta la maglia da fargli indossare con la scritta: “le tasse ci fanno neri!”

TROPPO FACILE DIRE: VERGOGNA!

Vergogna! Un po’ tutti hanno ripreso il grido sdegnato di Papa Francesco di fronte alla tragedia di Lampedusa. Cerchiamo però di capire chi debba vergognarsi, cominciando proprio da chi ha lanciato il grido.
La pubblicità dell’otto per mille alla Chiesa, cifre alla mano, va definita una pubblicità ingannevole: gli spot ci mostrano infatti preti, suore e laici dediti ad aiutare gli ultimi del Terzo e del nostro mondo. Ma gran parte del gettito così incassato viene destinato, non agli ultimi, bensì alla sussistenza del clero. Mancano le vocazioni però c’è ancora un’esercito di religiose e religiosi, sempre più anziani, che necessitano di cure e assistenza.
Deve vergognarsi la Chiesa perchè pensa anzitutto al suo “popolo” invece che ai milioni di bisognosi africani e non? Debbono vergognarsi i tanti altri governi che, con la crisi in atto, destinano le risorse ai proprie disoccupati e ai propri poveri invece che agli etiopi o ai somali?
Uno dei tanti capitoli vergognosi del nostro “governo” (si fa per dire) dell’immigrazione è non aver mai fatto uno stanziamento statale cospicuo ed adeguato. Clandestini e non sono stati scaricati sugli enti locali delle varie città che non hanno mai avuto una voce di bilancio per operare.
Vogliamo riparare alla vergogna? Basta che il parlamento abbia il coraggio di destinare – alla luce del sole – una quota consistente delle risorse nazionali all’assistenza dei profughi. Si vergogna a farlo o teme la resa dei conti con gli elettori? (anche loro pronti a vergognarsi solo a parole).
Invochiamo l’intervento dell’Europa. Cioè il nulla, l’inesistente. L’ultima notizia dall’Europa è arrivata oggi: la Germania sta per rispedirci indietro 300 profughi, esuli da Libia Togo e Ghana, ai quali avevamo dato un pass e 500 euro a testa convinti di poterli così sbolognare ai tedeschi di Amburgo.
L’Europa ha già provveduto. Ha creato Frontex l’agenzia europea incaricata di pattugliare i mari, controllare le frontiere e soccorrere i morituri. Peccato che Frontex abbia un bilancio annuale di 70 milioni: pagati gli stipendi agli impiegati, potrà noleggiare sì e no un paio di mosconi…
Debbono vergognarsi quei governi europei (italiano compreso) che non hanno saputo valutare le conseguenze della distruzione del regime di Gheddafi, che faceva da guardiano contro l’assalto alle nostre frontiere?
Personalmente mi vergogno anzitutto della retorica, che è l’insulto più indegno ai morti: parole vuote, lacrime di coccodrillo, lutto nazionale, Nobel della pace a Lampedusa. Pura fuffa ben sapendo che non cambia assolutamente nulla.
Un’emergenza epocale come l’immigrazione, gestita dai mercanti di schiavi, con la sua scia interminabile di morti, la fronteggi solo con risorse economiche ingenti. Ci vuole il coraggio di trovarle, e di spiegare dove e come le trovi. Se non lo fai, abbi almeno il pudore di tacere.