Dopo la pagliacciata Pdl al Senato il governo Letta va avanti come un treno (?), peccato che lo stesso premier abbia il problema…dell’auricolare.
Un discorso perfetto quello fatto stamane da Enrico Letta: ha enumerato tutte, ma proprio tutte, le cose da fare. Così perfetto che alla fine, dopo aver mandato allo sbaraglio il povero Bondi, l’ha sottoscritto anche Berlusconi votando la fiducia.
Peccato fosse solo un discorso. E sappiamo bene come tra il dire e il fare ci sia di mezzo…E qui entra in campo l’auricolare.
Ricordate Ambra Angiolini? Condusse in maniera stupenda “Non è la Rai”, un successo incredibile per una new entry. Peccato che avesse anche lei l’auricolare che la collegava permanentemente ad un grande ideatore
di trasmissioni prima radiofoniche e poi televisive: Gianni Boncompagni, che le suggeriva ogni mossa, ogni battuta, ogni atteggiamento. Di fatto il conduttore, il ventriloquo, era lui.
Toltasi l’auricolare Ambra non potè più fingere di essere una conduttrice. Cambiò mestiere diventando attrice: una qualunque, una delle tante. Desaparecida.
Enrico Letta è come Ambra Angiolini: eterodiretto fin dall’inizio del suo governo da Giorgio Napolitano. In questi giorni cruciali era in confusione “chiedo la fiducia oppure no? Mi dimetto o vado avanti”. Poi è salito al Colle e Napolitano-Boncompagni l’ha tranquillizzato spiegandogli come condurre la danza politica.
Di Napolitano lui è il pupillo. Anche di zio Gianni e prima di Andreatta. Insomma è un pupillo. Matteo Renzi invece – tanto per fare un esempio – non è pupillo di nessuno. E’ Matteo Renzi e basta.
Stamane Letta spiegava che, con tutti i drammatici problemi da affrontare, ci vuole un governo forte mica un governicchio. Giusto. Ma solo un premier forte, uno statista vero, rende forte il governo.
Quando mai un De Gaulle, un Tony Blair, uno Schroder, una Merkel hanno governato su suggerimento altrui? Erano (sono con Frau Angela) loro a decidere e a trascinarsi dietro il parlamento, il Paese, il consenso.
La storia non ha mai visto un premier con auricolare, uno statista eterodiretto. Ma c’è sempre una prima volta: dai Enrico che ce la fai!
NON C’E’ SOLO SILVIO BELZEBU’
La scelta di Berlusconi di far dimettere i suoi ministro è irresponsabile nei confronti del Paese e dei propri elettori. Ma, per certi versi, è peggio ancora che irresponsabile. E’ inutile: inutile per lui, che resta in procinto di eliminazione senza nemmeno l’aiutino di una presenza nell’esecutivo; inutile per il suo partito, che si è spaccato dando vita ai “diversamente berlusconiani”; inutile rispetto all’obiettivo delle elezioni immediate, perchè si troveranno di certo un manipolo di senatori grillini pronti – ovviamente in nome del “senso di responsabilità” e de “l’interesse del Paese” – a garantire una maggioranza pur di restare incollati alle poltrone.
C’è però un piccolo problema. Non cambierà assolutamente nulla perchè un governo, degno di questo nome, già non l’abbiamo. Il governo di larghe intese non naufraga ora. Non è mai nato. Incapace di lanciare un vero programma riformatore, è rimasto invischiato nelle beghe quotidiane Pd-Pdl.
Monti, sullo slancio iniziale, una cosa l’aveva fatta: la riforma delle pensioni. Comportò sacrifici, come tutte le riforme vere, ma vide la luce e servì a sistemare i conti della previdenza. Enrico Letta niente di niente; invischiato fin dall’inizio.
Eterne discussioni per rinviare di tre mesi di un punticino Iva. Ci fa forse uscire dalla recessione? Se vuoi rilanciare consumi e produzione, se vuoi detassare imprese e lavoro, devi abbassare l’Iva di cinque punti. Ma, per farlo, devi avere il coraggio di tagliare la spesa. Devi bloccare il turn over finchè non hai ridotto del 15-20% i dipendenti pubblici. Prima che sia Frau Merkel a farlo imponendo, come in Grecia, di licenziare in tronco.
Ma Enrico Letta non ha la statura del premier. D’altronde nel Pd era vicesegretario, nemmeno segretario…E quando venne l’altra estate in Veneto alla festa del suo partito c’erano quattro gatti ad ascoltarlo e chiamarono ad intervistarlo un giornalista di serie B (chi sta scrivendo). Gli stessi democratici lo consideravano così tanto da reputare superfluo disturbare per lui un grande nome del giornalismo!…Con lui alla guida del governo non poteva che finire come sta finendo.
In conclusione molti reputano sacrosanta l’eliminazione di Berlusconi dalla scena politica, altri lo ritengono un golpe. Purtroppo la questione è un’altra: anche quando Silvio-Belzebù andrà all’inferno, i problemi del nostro Paese non cambieranno di una sola virgola.
LO STATO EVASORE PREDICA BENE
Quando eravamo un Paese serio succedeva quello che continua a succedere nei Paesi seri: E’ lo Stato, con il rigore e l’etica di funzionari e politici, a dare l’esempio. A educare i cittadini. Il viceversa non è mai esistito e non può esistere: sarebbe come pensare che siano i figli ad educare i genitori…
Oggi abbiamo uno Stato che da il cattivo esempio. Uno Stato evasore, non solo fiscale che ritarda a piacimento il rimborso dell’Iva e il pagamento dei debiti. Ma che evade tanti altri suoi doveri: la certezza del diritto e della pena, l’utilizzo corretto e proficuo delle risorse che gli affidiamo, etc etc. E questo Stato, che razzola male, continua a predicare bene e pretendere correttezza da quei cittadini che lui per primo diseduca con l’esempio.
Se ho contratto un debito con un amico e non lo pago, posso pretendere che lui mi rimborsi un credito? Mi risponderebbe che sono matto, mi manderebbe a quel paese. E come può uno Stato che ritarda il rimborso Iva, che non paga i suoi debiti, pretendere che le aziende, invece che scalare da quanto loro dovuto, continuino a pagare l’Irap e le altre tasse?
Se lo Stato paga due anni dopo, anch’io posso pagare le tasse con eguale ritardo.
E’ saltata la base fondante della democrazia, che nasce dal postulato “non può esserci tassazione senza rappresentanza”. Il re non può impormi una gabella senza il voto del parlamento.
Allora i rappresentanti – della borghesia emergente del ceto mercantile – tutelavano gli interessi di chi li aveva scelti. Oggi i nostri rappresentanti ci hanno tradito. Non rappresentano più il nostro interesse, quello generale, ma il loro particolare. Perchè usano i nostri soldi per comprarsi i voti, il consenso: con assunzioni inutili nel pubblico impiego, con le baby pensioni e le altre follie della spesa pubblica clientelare.
Se i nostri soldi vengono utilizzati così, ho il dovere di continuare a foraggiare le attività criminali di uno Stato traditore o ho il dovere di smettere?
Le giovani generazioni, che non hanno alcuna certezza di quando e con che importo andranno in pensione, devono continuare a versare i contributi o hanno il diritto di accantonarli in proprio?
Quando uno Stato per primo viola il Contratto Sociale, credo che conferisca al singolo il diritto di difendersi facendo altrettanto.
IL MILIONARIO COMUNISTA CHIC
La ridistribuzione della ricchezza è la mission, la ragion d’essere della sinistra. Di tutta la sinistra. Quella moderna ha capito che prima bisogna produrla, la ricchezza, che se no hai ben poco da ridistribuire. Quella antica è rimasta a Robin Hood: risolvi tutto prendendo ai ricchi e dando ai poveri. La mission comunque è questa: ridistribuire in modo più equo.
Naturale dunque che sia di sinistra chi ha da guadagnare dalla ridistribuzione. Un po’ sospetto che lo sia, che dichiari di esserlo, chi ha da perderci. D’accordo: ci sono gli ideali, che gli eletti, le persone di grande spessore etico, perseguono anche a scapito del tornaconto personale. Ma gli eletti, come dice il nome, sono pochi. Le persone normali guardano al proprio utile.
Per questo ho sempre considerato con rispetto l’operaio, l’impiegato, la persona con reddito modesto che vota e fa discorsi di sinistra. Con molta perplessità invece i ricchi che si atteggiano a “compagni”. Anche perchè la moda incide e come. E in particolare da noi è diventato molto di moda, molto chic, per tanti milionari atteggiarsi a uomini e donne di sinistra.
(Volendo c’è anche una componente psichiatrica, edipica: non potendo ammazzare il padre, cerco di distruggere il mondo di mio padre. E così i nostri terroristi, i nostri aspiranti rivoluzionari, più che operai erano uomini della borghesia bene: i Giangi Feltrinelli, i Renato Curcio. Efant gaté, bambini guasti e viziati.)
Passi comunque il milionario à la page che si schiera con la gauche. Ma c’è un limite alle puttanate che dice. E questo limite l’ha superato lo stilista fiorentino Roberto Cavalli. Milionario con yacht, uomo di bel mondo, sponsor di Matteo Renzi.
Intervistato dal Fatto non ha saputo resistere al fascino di atteggiarsi a comunista chic, dichiarando: “Quando vedo le Ferrari parcheggiate in giro mando le targhe ai finanzieri”. Che possa pensarlo e farlo un operaio lo capisco, ma Cavalli? Che fa, manda la targa della sua auto?
Non contento, sembrandogli ancora poco, lo stilista “compagno” aggiunge: “Giuro. Fossi al governo, obbligherei i ricchi a versare metà dei loro grandi patrimoni.” Capito? Non a pagare più tasse, com’è giusto. Cavalli vuole l’esproprio proletario dei patrimoni! Da impugnare la motosega e tagliargli a metà lo yacht…
COSTA CONCORDIA EMBLEMA DEL PAESE
Un anno e nove mesi per iniziare a raddrizzare la Costa Concordia. E per tentare di fare altrettanto con il Paese quanti anni o lustri o secoli ci vorranno?
Emblematica la “rotazione” della nave per tempi e modi: perizie, controperizie, valutazioni di impatto ambientale e non, studi e pratiche burocratiche, terrore di assumersi la responsabilità di procedere. D’altra parte chiedete ai sindaci quanto ci vuole per fare una rotatoria o un’altra banale opera pubblica: più o meno lo stesso tempo e lo stesso iter.
Il sito di Repubblica mostrava oggi le foto di quanto successo settanta anni fa a Pearl Harbor: Gli americani in un battibaleno raddrizzarono e spostarono le decine di navi affondate dai giapponesi, rendendo nuovamente agibile in porto. Ma quello era e resta un Paese efficiente.
Il nostro invece è sempre più inclinato, sempre più prossimo ad affondare, come certificano tutti gli osservatori internazionali: sempre più giù in classifica per produttività, qualità della scuola, tempi della giustizia; sempre più primi per burocrazia e tasse.
Enrico Letta – magari con senso della realtà – parla di “politica del cacciavite”. Si cerca di dare un’aggiustatina qui e una là. Di più non si può fare. Ma col cacciavite non raddrizzi né la Costa Concordia e meno che mai il Paese.
Ci vorrebbero argani potenti, drastiche riforme strutturali, che nessun governo riesce a varare.
Consoliamoci con l’afflusso turistico. Mai visti così tanti all’Isola del Giglio. Tutti a farsi fotografare con la nave inclinata sullo sfondo. Ne arriveranno sempre più anche in Italia di turisti stranieri: a fotografare, a guardare increduli, un Paese che dovrebbe essere moderno, efficiente, occidentale. E che invece inclina sempre più verso il Terzo Mondo…
SE PAPA FRANCESCO VA IN R4
Papa Francesco è salito sulla R4. L’erre cosa? Capito di che stiamo parlando? Ma della mitica Renault R4! Io lo so bene perchè è stata la prima auto che mi comprò mio padre. Era il 1969. Pensavo fossero ormai estinte, confinate in qualche museo dell’automobile. Invece abbiamo scoperta che una è ancora in uso in Vaticano. Ci è salito sopra Papa Francesco, con grande risalto mediatico e scatenando molta sobria commozione…
Non pretendo che un Papa viaggi in Rolls Royces. Anche se lo fa abitualmente la Regina Elisabetta, senza che nessuno si scandalizzi; e quindi potrebbe forse usarla anche il Vicario di Cristo in terra. Mansione che – se ci crediamo – è un tantino più importante di quella regale.
Ma potrebbe usare una Lancia Delta, una Fiat Bravo, la cui manutenzione costa meno di un’auto da museo. Se non che la R4 fa più sobrio. Sempre ammesso di crederci, ed escludere lo sconfinamento nella sceneggiata populista. Nemmeno il padre fondatore del populismo italiano, Sandro Pertini, si sognava di girare in Renault…
Oltre un certo limite la sobrietà non è credibile. Così come non lo è l’afflato umanitario, senza spiegare chi paga il conto.
Il Papa chiede che i conventi dismessi non vengano più trasformati in alberghi ma destinati ad accogliere i rifugiati. Splendido, di un’umanità commovente. Ma poi il costo del mantenimento chi lo paga? Lo Ior, la banca vaticana, o lo Stato italiano cioè noi con le tasse? E i conseguenti problemi di ordine pubblico? Manda le guardie svizzere a vigilare gli ex conventi o deve pensarci la nostra polizia?
Susanna Tamaro ha scritto che oggi la Chiesa è emarginata. Emarginata e polverizzata. Alla Dottrina cattolica è successo qualcosa di molto simile alla laica Pubblica istruzione.
Un tempo c’erano i programmi ministeriali, che tutti i docenti erano tenuti a svolgere e rispettare. Si sapeva cosa veniva insegnato nelle scuole. Poi si decise di cambiare, magari in nome della libertà di insegnamento. Proliferarono i corsi sperimentali: ogni docente prese a svolgere il programma che voleva lui. Non si sa più cosa si insegna nelle nostre scuole.
Tali e quali i sacerdoti. Basta con la dottrina che dal Papa discendeva attraverso i vescovi (provveditori dell’insegnamento religioso). Oggi ogni prete predica e si occupa di quello che vuole: uno fa il digiuno per
la tutela dell’ambiente, l’altro si improvvisa teologo, un terzo dice che loro, i preti, potrebbero anche sposarsi.
Non c’è più una linea, una dottrina, una certezza della fede.
E se questo polverizzazione ha preso piede qui da noi, figurarsi altri Paesi, come quelli di provenienza del Papa, dove il Cattolicesimo da tempo è “contaminato” con altre credenze, con chiese para protestanti, con riti Vudù e non Vudù…
Mi pare che il primo obiettivo dovrebbe essere quello di contrastare e contenere le spinte centrifughe. Come? Con la sobrietà, dicendo all’Angelus “buon giorno, buon appetito”? O tornando a sentire tutta la sacralità (che implica distanza) del Vicario di Cristo? Serve un Papa di fronte al quale inginocchiarsi con rispetto e devozione, oppure uno che dia l’impressione di poterci giocare a briscola al bar?
Papa Francesco l’ha detto subito: “Vengo dalla fine del mondo”. Speriamo non ci porti alla fine di quel mondo cattolico che è il nostro mondo.
LA LEGGE E’ DISUGUALE PER ALCUNI
Nessuna pietà per Silvio. La determinazione a procedere il più speditamente possibile – alla decadenza da senatore, all’interdizione dai pubblici uffici, oltre che alle conseguenze penali della condanna – si fonda su una parola d’ordine inappuntabile: la legge è uguale per tutti! E quindi deve esserlo anche per il Cavaliere di Arcore!
Peccato che questa storia, della legge eguale per tutti, sia una delle balle più palesi che continuiamo a farci raccontare.
Già c’é da dubitare che un qualunque grande imprenditore (che magari partecipa alle primarie o si autoproclama tessera numero 1 del Pd) subirebbe lo stesso trattamento giudiziario subito dal leader della destra.
Piero Ostellino ha scritto sul Corriere che, pur di arrivare a condannare Berlusconi, i magistrati hanno messo in piedi una nuova fattispecie di reato che non aveva precedente nei nostri codici: l’ideatore di reato. Condannato non per aver materialmente compiuto l’evasione fiscale, ma per averne ideato il metodo.
Sempre Ostellino aggiunge che sarebbe come condannare lo scrittore di gialli che ha delineato l’omicidio perfetto e non chi, ispirandosi al libro, lo ha concretamente compiuto. Un paragone che quantomeno fa riflettere.
Ma non è questo il punto, e possiamo anche lasciar perdere le vicende giudiziarie di Berlusconi.
Il punto è che proprio i magistrati, coloro che dovrebbero amministrare la giustizia, sono i più disuguali di fronte alla legge.
Un giornalista che sbaglia, che diffama qualcuno, né risponde sia penalmente che civilmente. Un medico che sbaglia altrettanto. Un ingegnere che sbaglia i calcoli di cemento armato pure. Siamo arrivati a imputare e condannare perfino i sismologi rei di non aver saputo prevedere i terremoti…
La regola chi sbaglia paga vale per tutti: commercianti, artigiani, pubblici dipendenti, insegnanti, preti, imprenditori. Solo per loro, solo per i magistrati, non esiste. Non esiste la responsabilità civile, non ostante un referendum l’avesse introdotta a furor di popolo. Col risultato che pm e giudici del processo Tortora hanno proseguito indisturbati fino al massimo della carriera e della retribuzione.
Nei tribunali, dove si amministra la giustizia, campeggia la scritta “la legge è uguale per tutti”. Salvo per chi amministra la giustizia stessa! Unica riforma possibile: togliere la scritta. Cioè smetterla almeno di farci prendere in giro.
CALCIO, PIU’ VIOLENZA CHE RAZZISMO
Molto originale davvero la giustificazione data dal sindaco di Roma Ignazio Marino dopo il masso lanciato contro il pullman dell’Hellas: opera di quattro scalmanati – ha detto – che non rappresentano la città. Già è sempre così, quando succede nelle grandi città è colpa di poche teste calde, una esigua minoranza di facinorosi.
Peccato che la regola non valga per Verona. Quando accade qui le quattro teste calde, i facinorosi diventano l’emblema e la prova della “Verona violenta e razzista”. Immediatamente viene criminalizzata l’intera città, senza alcun distinguo.
Ha ragione il sindaco Tosi quando dichiara che se fosse successo a Verona “sarebbe stata messa sotto accusa l’intera città”. Su Roma invece si sorvola anche quando la violenza ha una chiara connotazione razzista, come accaduto lo scorso anno con i tifosi del Tottenham aggrediti e accoltellati, dai laziali, in quanto ebrei ( Tottenham è la squadra del quartiere ebraico di Londra).
Altro che i “buuu” a Balotelli vanamente attesi sabato scorso al Bentegodi…
Ma è ora di prendere atto che il vero problema, endemico e cronico, del calcio italiano è la violenza fisica. Non quella verbale. Esiste anche la seconda, e più che ai “buuu” e ai fischi penso agli insulti razzisti. Però dovrebbe esserci un senso delle proporzioni.
Se la leghista Dolores Valandro – giustamente – è stata condannata ad un anno per l’invito a stuprare la Kyenge, quanti anni di galera dovrebbero scontare i tifosi romanisti che hanno scagliato il masso? Masso che, se colpiva l’autista del pullman dell’Hellas, poteva provocare una strage?
Violenza fisica sulla quale invece sorvoliamo per concentrarci su quella verbale. La violenza politica – dei no tav, dei no global – la trattiamo alla stregua di una forma di dissenso democratico. Quella calcistica la addebitiamo a quattro fanatici che “non rappresentano che loro stessi”. Mentre sono la rappresentazione perfetta di un Paese che, di fronte alla violenza come alla criminalità diffusa, non sa esercitare la deterrenza.
In Inghilterra la Thatcher ha stroncato gli hooligans (al loro confronto gli ultras di Roma e Lazio sono dilettanti del crimine…). Li ha stroncati in un battibaleno. Per lo stesso motivo non esiste un quel Paese la criminalità diffusa dei clandestini (e nemmeno degli inglesi). Anzi: non esistono i clandestini. Possono esserci, ci sono, i terroristi islamici. Ma questa è un’altra storia.
Noi invece la deterrenza la esercitiamo con le chiacchiere, i decreti legge, la burocrazia. Cioè non la esercitiamo.
Abbiamo burocratizzato al massimo gli ingressi agli stadi: tornelli, tessera del tifoso, biglietti da acquistare in banca. Risultato: entra lo stesso di tutto – dai fumogeni, alle spranghe, alle bombe carta – in compensano entrano sempre meno spettatori, demotivati ad andarci oltre che dalla violenza anche dalle inutili burocrazie.
Certo, abbiamo stadi vecchi e inospitali, rovinati da piste per l’atletica mai utilizzate. Ma anche qui non cediamo agli equivoci: fossero anche moderni, ospitali e attrezzati con tutto il contorno di bar, negozi e ristoranti, la gente normale, le famiglie, continuerebbero e non andarci finchè resta il pericolo concreto di finire preda della violenza degli ultras.
SFOTTO BALOTELLI. SONO RAZZISTA?
Il comportamento del popolo dell’Hellas, sabato al Bentegodi durante Verona-Milan, ha generato un serio problema interpretativo della legge Mancino sull’istigazione all’odio razziale. Niente “buuu” all’indirizzo del calciatore nero-italiano, nessun fischio, solo applausi. Più super Mario sbagliava un passaggio, più tirava alta una punizione, più i tifosi della curva e dell’intero stadio lo applaudivano gridando:” Mario, Mario! Bravo, bravo!”
Insomma lo sfottevano, lo prendevano in giro. E qui sorge il problema. Si può sfottere un nero, o si può farlo solo con un bianco? Chi lo fa col nero è un razzista che gli manca di rispetto ed istiga all’odio nei suoi confronti? Ripenso a Mourinho che cacciò Balotelli dall’Inter sostenendo che “aveva un solo neurone”. Magari di un calciatore bianco (chessò: di Boriello) puoi dirlo. Ma come la mettiamo se cambia il colore della pelle?
In attesa di lumi dalla Cassazione, sentiamo cosa pensano i frequentatori del blog.
Personalmente applaudo al popolo dell’Hellas che ha avuto l’intelligenza di sfottere, non tanto Balotelli, quanto la becera retorica antirazzista dei media che in tutti i modi (senza riuscirci) avevano cercato di drammatizzare la vigilia del match.
Becera retorica. Perchè il razzismo è una cosa molto, molto seria come ci hanno dimostrato i drammi e le pulizie etniche del Novecento: Hitler agli ebrei e Stalin ai kulaki non è che facessero “buuu”, li hanno sterminati in quanto appartenenti ad una razza e ad un ceto sociale ritenuti inferiori.
Questo è il razzismo. Che tutt’ora si manifesta ad esempio con i cristiani che quotidianamente vengono sterminati in alcuni Paesi in quanto cristiani, cioè appartenenti ad una religione inferiore.
Per viltà ignoriamo il vero razzismo, facciamo finta che non esista. Media ed istituzione, nazionali ed internazionali, trovano assai più comodo e meno pericoloso farsi belli (farsi le pippe) con il “razzismo” da stadio. Che metto tra virgolette perchè mai ho sentito grida e fischi preventivi indirizzati a calciatori di colore persone serie, ma unicamente a quelli – neri o bianchi – con carenza di neuroni.
NON C’E’ PANE? DATEGLI INSALATA!
L’ultimo dato di Confindustria sul crollo dei consumi mi ha ricordato Maria Antonietta quando diceva rivolta al popolo affamato di Parigi: “Non c’è pane? Dategli brioches!”
Secondo l’associazione degli imprenditori anche il popolo italiano del 2013 sarebbe ridotto così male da non potersi più permettere nemmeno di comprare il pane e la pasta. Allarme: crollano perfino gli acquisti dei beni primari!
Peccato che il popolo – cioè la generalità dei cittadini, fatti salvi i poveri veri che pure ci sono – possa permettersi le brioches, ossia le insalatine prelavate e confezionate in busta dei supermercati. Che costano tre volte la pasta: meno di 50 cent. il mezzo chilo di pasta, 1 euro e 20-1 e 30 la bustina con un paio d’etti di insalata. Con la pasta puoi mangiare per tre giorni, l’insalatina la consumi con un pasto.
Dopo l’allarme di Confindustria, ripreso dai media, una nostra giornalista è andata dai fornai a intervistare sia i panettieri che i loro clienti. I primi confermavano: si vende meno pane. I secondi spiegavano: carboidrati? Ma siamo matti! Bisogna stare a dieta per calare la pancia e mettere il costume, in questi mesi tutti ci dicono che si deve mangiare soprattutto frutta e verdura!
Prodotti che, appunto, costano come il pane (in effetti piuttosto caro) e molto più della pasta.
Questo per dire quanto sia stupido ( e controproducente) il catastrofismo di chi arriva a dipingerci come un popolo di affamati ridotti ad acqua (del sindaco) e senza nemmeno il pane. Quando invece possiamo ancora permetterci le brioches. E stiamo regolarmente intasando le autostrade verso il mare, i monti, il lago.
Ripeto. Non che non ci sia la crisi, che investe soprattutto il mondo dei dipendenti privati e degli autonomi. Ma ci sono gli ammortizzatori sociali, i risparmi, il tessuto famigliare. Che fretta c’è di dipingerci alla fame? Minimo aspettiamo che arrivi sul serio. Cosa ottengono Confindustria e certi media a deprimerci prima del tempo? Autolesionismo puro.