IL “FRITOLOMANE” VA CURATO O INGABBIATO?

 A bocce ferme e col senno di poi, bisogna dire che aveva ragione Veronica Lario in quella famosa lettera a Repubblica (che diede avvio a tutto l’ambaradan) dove sosteneva che Berlusconi è malato. Malato di fritola: è il suo pensiero fisso, l’ossessione, da quando si sveglia a quando tramonta la luna.

Come il cocainomane, per procurarsi la materia prima, si circonda di personaggi ambigui e rischia di finire sotto ricatto, così capita anche al “fritolomane”. Così è capitato anche al “transomane” Piero Marrazzo. E non c’è dubbio che l’ex presidente del Lazio abbia subito un reato, sia stato vittima di carabinieri corrotti ed altri loschi personaggi.

Dovrebbe essere altrettanto chiaro che anche il fritolomane Silvio Berlusconi è vittima di chi aprofitta della sua malattia. Ma vittima sul serio, non vittima per finta come hanno escogitato gli astuti pm partenopei al solo scopo di trovare l’espediente (testimone reticente) per ingabbiarlo…

Capisco (non condivido, ma capisco) che si ritenga inabile a svolgere una funzione di governo chi è ossessionato dalla fritola, dai trans o dalla coca. Ma che c’entrano i processi e il carcere? Qualcuno ha forse pensato che andavano ingabbiati Marrazzo o Gianni Agnelli o John Kennedy (uno che, per la fritola, perdeva di vista perfino la valigetta coi codici per l’attacco nucleare…) ?

La sinistra e i progressisti in particolare hanno sempre sostenuto che i malati vanno curati; che è una bestialità propria dell’incultura di destra mettere il tossico in galera invece che mandarlo a disintossicarsi in comunità. Eppure queste toghe così illuminate nemmeno per un attimo contemplano l’ipotesi che l’erotomane Silvio possa e debba curarsi, come hanno fatto – ad esempio – il deputato americano Anthony Weiner o la stella del golf Tiger Woods. Non se ne parla: lui, il fritolomane, va messo ai ceppi e basta.

Pensava di essersi conquistata la medaglia al merito Ilda Bocassini con la trovata del processo immediato, una sorta di Norimberga dell’Olgettina..Ma i napoletani, si sa, sono più scaltri dei meneghini e l’hanno escogitata perfida: facciamo finta di credere che il Berlusca sia stato vittima di un’estorsione, lo interroghiamo come persona informata dei fatti (e quindi senza l’assistenza di avvocati), gli diamo una bella torchiatina e se tanto tanto non ci risponde a tutto, zac: lo arrestiamo come testimone reticente. E, a quel punto, tiè alla Ilda e la medaglia al merito se l’appuntano sul petto Lepore e Woodcock.

Sarebbe auspicabile un post scriptum di Veronica dove aggiunga che, oltre ai malati di fritola, ci sono anche i forsennati della pseudo giustizia. Infoiati tali e quali.

PRIMA LO SCIOPERO POI L’AUTOCASTRAZIONE

 

 

Amici e “compagni” del blog, avete voglia di darmi la vostra opinione sullo sciopero generale di oggi, di spiegare a cosa serve?

La mia personale opinione e che, terminato lo sciopero e tanto per restare in tema, protremmo procedere a tagliarci le palle. Diciamo che è solo l’ultima spiaggia – se vogliamo anche comprensibile, però non giustificabile – di una Cgil che, se non sciopera, non si capisce perchè non si chiami Cisl o Uil…

Ma di fronte alla crisi, al crollo delle borse, ad un’Italia sempre più simile alla Grecia, lo sciopero sta a metà tra la follia e l’autolesionismo. E’ inutile girarci intorno o prendersela con una speculazione internazionale che è solo il sintomo: che mette cioè nel mirino i Paesi deboli appunto perchè sono deboli.

Ma lo sono per le scelte o le non scelte dei loro governanti, non per colpa della speculazione. Ed il nostro è un Paese debole perchè spende molto più di quanto possa permettersi rispetto a quanto produce. Spende, scialacqua, con uno stato socio-assistenziale dove gli sperperi sono la strada maestra. Produce poco per vari motivi: imprenditori che, invece che innovare investendo nelle loro aziende, si sono dedicati alle speculazioni finanziarie; assenza totale dei controlli di produttività; divieto assoluto di rimodellare gli organici a seconda delle esigenze e del merito, cioè divieto di licenziare.

In questo contesto lo sciopero generale non fa certo paura alle imprese, perchè blocca la produzione di ordinativi che non ci sono; mentre dovrebbe far paura ai lavoratori che – non essendo calciatori – la giornata di retribuzione la perdono sul serio.

Tutto si gioca sul rapporto tra produzione (nostra, mirata sull’export), spese e consumi (specie di importazione). La lotta all’evasione fiscale è fondamentale, ma solo sotto il profilo della giustizia sia tra persone che tra territori (al Sud l’evasione dell’iva raggiunge il 90%…), mentre non sposta di nulla i termini fondamentali della questione: nel senso che se un Paese spende – in welfare e in import – più di quanto produce, fallisce in ogni caso.

Ultima considerazione su cui vi invito ad esprimervi. Non dico che l’immagine sia tutto ma, nella moderna comunicazione, conta sempre di più. Bene: un Matteo Renzi ha le phisique du role di un moderno politico di sinistra, mentre la Susanna Camusso sembra uscita dal Quarto Stato di Pellizza da Volpedo; è una sindacalista da secolo scorso (agli inizi), sembra la nipote di Nilde Iotti o di Tina Anselmi.

Personaggi, appunto, da Quarto Stato. E mi domando se non lo sia anche Bersani che oggi scende in piazza a braccetto della Susanna. La cinghia di trasmissione ha invertito la marcia: ora è la Cgil che trascina il Pd.

TUTTI PAZZI PER IL RAMADAN

 Tutti pazzi per il Ramadan: Napolitano manda messaggi augurali, la vicesindaca di Milano va alla cerimonia di chiusura con tanto di velo in testa; Alemanno a Roma, non si mette il velo, ma corre in moschea anche lui. Altrettanto fa il vescovo di Verona togliendosi, come prescritto, scarpe e calzini.

Il cattolico tradizionalista Camillo Langone, sul Foglio, è caustico e li infila tutti con la citazione di uno scritto di Ratzinger: “Nella lingua dei profeti il culto degli dei stranieri viene definito come prostituzione”.

Non sono un esperto di Scritture e mi limito ad un’osservazione più banale: vanno di moda le energie alternative e anche le religioni alternative. Qualche decennio fa era molto snob intressarsi di buddismo o induismo, adesso è scoccata l’ora del Ramadan. E chich parlarne e partecipare quantomeno alla cerimonia di chiusura: fa tanto Agelina Jolie a Lampedusa; ci si sente George Clooney che sul palo del Lido “processa” anche lui la casta corrotta dei politici (in attesa di trovare la sostituta della Canalis)…Della serie: così fan tutti

Potrei capire Maria Grazia Guida, la vicesindaca che viene dal mondo cattolico: minimo però mi aspetto che partecipi – sempre col velo in testa – anche ai riti della Quaresima ( o partecipare a questi è troppo retrò, è fuori moda?). Ed immagino che il vescovo di Verona si aspetti di vedere l’imam che venga ad inginocchiarsi in Duomo la prossima Pasqua. Auguri per l’attesa

Ma che ci sta a fare questo improvviso innamoramento per le religioni (altrui) nel laico Giorgio Napolitano? La destra sociale è sempre stata pagana, niciana, stile Casa Pound, e guardava con disprezzo alle fedi monoteistiche del Libro: a cosa è dovuta la repentina conversione di Alemanno?

Se non è la moda, se non è snobismo, non sarà mica un calcolo politico questo dei nostri politici? Possibile che siano tanto fessi da credere che gli elettori islmici li voteranno perchè loro si sono mostrati sensibili alla ricorrenza del Ramadan?

Che sia la sindrome di Arlecchino? Mi spiego: per promuovere la convivenza tra persone di fedi diverse un giorno devo andare in chiesa, il giorno dopo in moschea, quell’altro in sinagoga e l’altro ancora alla Casa del Regno dei testimoni di Geova. Come dire che, per far convivere i cittadini di destra con quelli di sinistra e di centro, oggi devo far vedere che “onoro” Berlusconi, domani Bersani e dopodomani pure Casini…

Se non è Arlecchino sono comunque pagliacciate.

Personalmente trovo che la notizia buona sia quella speculare: al crescente interesse dei nostri politici per il Ramadan corrisponde il crescente disinteresse degli islamici. Tra qualche anno avremo il problema, qui in Italia, del riutilizzo delle moschee dismesse. Perchè il fondamentalismo penetra nei Paesi poveri, come la Bosnia, dove la gente vive ancora a polenta e sardelòn…

Qui da noi, per fortuna, penetra il consumismo, penetrano i supermercati. Alla vicesindaca di Milano bisogna spiegare che di donne velate ne vedi sempre di più all’Esselunga o all’Aliper e sempre meno in moschea…Speriamo bene.

A LORO IL PETROLIO, A NOI I BARCONI

 A loro il petrolio, a noi i barconi.

Sbaragliata l’ultima difesa dei lealisti e messo in fuga il bieco dittatore con i suoi famigliari ( almeno quelli sopravvissuti ai bombardamenti “umanitari” della Nato), abbiamo dunque “vinto” la guerra di Libia. E’ tempo di bilanci, e per noi il risultato è quello che dicevo: ci siamo garantiti profughi e barconi per mesi ed anni a venire. Francia e Inghilterra invece avranno il petrolio, quei contratti privilegiati per le forniture che prima avevamo noi. A ciascuno il suo.

Una guerra dall’esito tanto stupido, rispetto al nostro interesse nazionale, è difficile ricordarla. Viene in mente Mussolini che voleva spezzare le reni alla Gracia o che pregava Hitler di partecipare all’operazione “Barbarossa”…Non che Berlusconi e Napolitano abbiano pregato anche loro Sarkozy…Diciamo che la fragilità dell’Italietta li ha costretti ad assecondare i desiderata dei potenti alleati franco-anglo-statunitensi. Ma il risultato per il nostro Paese è farsesco.

Non bastasse quest’esito, dobbiamo ancora leggere gli ultimi bagliori di puttanate sui nostro media: della serie “Gheddafi violentava le sue amazzoni” (sic!). Non voglio turbare Silvestro sostenendo che è come dire che Berlusconi deve pagare per trovare donne e fanciulle disponibili…Limitiamoci al paragone tra dittatore libico e dittatore italiano: vi pare che il Duce aveva bisogno di procedere a colpi di stupri o ci ricordiamo le migliaia e migliaia di donne italiane che quotidianamente gli scrivevano offrendosi a lui, che facevano la coda in attesa di concedergli le loro grazie?

E secondo voi, ammesso che gli interessasse farsele, il colonello le amazzoni doveva forzarle?…Bisogna essere bambini, e magari pure deficienti, per credere che Gheddafi o Fidel o Chavez o Mao o un qualunque personaggio al vertice del potere, anche in regimi democratici, abbia bisogno di violentare e stuprare per fare sesso.

Eppure i nostri media sono arrivati a scrivere anche questo, all’interno di quella visione puerile per cui il Male e la Violenza devono essere tutti dalla parte di Gheddafi e dei lealisti, ed il Bene e l’Umanità invece dalla parte dei ribelli.

Alberto Moravia ce lo aveva raccontato più di cinquanta anni fa ne “la Ciociara”: raccontato degli alleati che liberavano sì l’Italia dai nazi-fascisti e, nel frattempo, risalendo la penisola si stupravano qua e là donne italiane (nel film omonimo interpretate da Sofia Loren che vinse l’Oscar).

Per carità: gli alleati erano il Bene, però in guerra violentavano le donne. Nelle guerre, con la loro violenza bestiale e atrocità, conta solo il risultato finale rispetto al proprio interesse nazionale. E per noi la guerra di Libia è stata un disastro. Mentre le violenze e le atrocità sono patrimonio comune dei combattenti, sia dei “buoni” che dei “cattivi”. Ma è vano pretendere che i nostri gloriosi inviati ricordino questa ovvietà.


 

I SEQUESTRI, LA CASTA E I MARINAI

 Altrochè politici, la vera casta siamo noi, noi giornalisti.

Se c’era un dubbio, è svanito di fronte al sequestro dei quattro colleghi ad opera dei fedeli di Gheddafi: titoli, titoloni, editoriali in prima pagina del direttore del Corriere Ferruccio De Bortoli che invitava a “guardargli negli occhi”. Per verderci riflesso cosa? L’onestà, la purezza, l’innocenza? L’immagine della Madonna di Medjugorje?…

Abbiamo letto perfino i necrologi ante mortem: l’inviato del Corriere Lorenzo Cremonesi ha scritto infatti sulla collega sequestrata, Elisabetta Rosaspina, un pezzo tanto elegiastico e lacrimevole da risultare un autentico “coccodrillo” (termine con cui noi vecchi giornalisti chiamavamo i pezzi per celebrare la morte dei personaggi celebri che, per precauzione, venivano già scritti ed archiviati quando ancora loro erano in vita).

Sembrava di essere tornati ai tempi del rapimento di Aldo Moro. Con un’aggravante precisa: che nemmeno finchè era in mano alle bierre Moro venne rappresentato come il martire e l’eroe della politica pura, mentre sono bastate poche ore in mano ai lealisti di Gheddafi per santificare i quattro giornalisti e trasformarli in martiri che danno la vita per l’Informazione al servizio del Lettore.

Un’informazione così super partes che tutti gli inviati in Libia continuano a dipingere i lealisti di Gheddafi come il Male, e i ribelli come il Bene. E adesso aspettiamo un nuovo editoriale di De Bortoli che ci spieghi come mai sono stati proprio due rappresentati del Male a liberare gli eroi dell’informazione…

Per carità: ogni professione comporta i suoi rischi, che vanno messi su un piatto della bilancia dove sull’altro ci sono le gratificazioni. Nel caso degli inviati, voli internazionali, grandi alberghi, autisti e altri benefit. Alla fine si valuta il pro e il contro e si sceglie. E non c’è giovane giornalista tra i tanti che conosco che non farebbe carte false per diventare inviato. Mentre nessuno si sogna nemmeno di presentare la domanda per fare il marinaio.

E qui c’è l’altra faccia della medaglia: oggi il Corrire non può nascondere la rabbia dei parenti dei cinque marinai italiani che dall’8 Febbraio scorso sono nelle mani dei pirati somali.

Finge, il Corriere, che siano incazzati con la Farnesina che non si muove, che non fa niente per liberarli. Ma anche la Farnesina muove il culo solo se i media la incalzano; se invece se ne fregano anche il Ministero degli Esteri fa altrettanto.

Quindi è evidente che i parenti dei marinai sono incazzati neri, ma con noi. Con la nostra casta, che diventa silenziosa con chi alla casta stessa ( o a quelle collegate) non appartiene.

 

EURO PEGGIO DELL’UNITA’ D’ITALIA

 

 

Il crollo delle borse, la crisi finanziaria, l’attacco all’euro. Cosa succede? Qual’è l’elemento critico del sistema? E’ tutta colpa di Berlusconi e Tremonti che – Bersani insiste – devono fare un passo indietro? E come mai le borse crollano anche altrove, anche a Parigi e Francoforte?

Il fulcro della debolezza l’ha individuato Luca Ricolfi con un’analogia che, una volta letta, sembra ovvia. Ma nessuno l’aveva formulata prima, quindi, sarà anche ovvia, ma nello stesso tempo è geniale: “L’edificio dell’euro non funziona – ha scritto Ricolfi nel fondo di ieri su La Stampa – per gli stessi motivi per cui non ha funzionato l’unità d’Italia”.

Chiaro ed evidente, dopo che lui te lo spiega osservando: “Quando si impone un mercato e una moneta unica a territori che hanno enormi divari di produttività, di modernizzazione, di cultura civica, solo un processo di convergenza economica e sociale accelerata può evitare la formazione di squilibri drammatici. L’unificazione monetaria, infatti, sopprime l’unico meccanismo di riequilibrio incisivo, ossia la svalutazione della moneta nazionale. Private della possibilità di svalutare, le economie deboli tendono ad importare più di quanto esportino, ad accumulare deficit e debiti pubblici sempre più grandi per potersi permettere un tenore di vita che va al di là di ciò che il Paese effettivamente produce”.

Questo percorso di modernizzazione accelerata è stato compiuto – spiega sempre Ricolfi – solo dalla Germania orientale nell’ambito della riunificazione tedesca. Mentre “le economie deboli del Mediterraneo – Italia, Spagna, Grecia, Portogallo – sono entrate tutte nll’euro, ma ben poco hanno fatto per meritarsi l’apparteneneza all’eurozona. Un processo molto simile a quello che, nell’Italia repubblicana, ha fatto fallire tutti i tentativi di annullare il divario tra Nord e Sud del Paese”.

“Con una differenza importante – prosegue l’editorialista de La Stampa – che non esistendo un mercato dei titoli di Stato delle Regioni, le nostre nove regioni in deficit (Lazio più tutto il Sud) hanno potuto mascherare il loro status di territorio-cicala molto più a lungo di quanto siano riusciti a fare Grecia, Portogallo, Spagna e Italia”.

Mi permetto di lasciavi queste osservazioni di Luca Ricolfi come riflessione a cavallo del Ferragosto, con una sola piccola aggiunta. L’Euro è peggio ancora dell’unità di Italia, perchè nel caso dell’unificazione del nostro Paese esisteva anche un’unità politica, un governo, che ha fallito completamente ma che – almeno in teoria – aveva gli strumenti per riuscire (come la Gemania con l’unificazione tedesca); mentre nel caso dell’euro, dell’unione monetaria europea, quest’unione politica, questo governo, nemmeno esiste. E quindi la follia è stata completa fin dall’inizio.

 

GLI STUPRATORI SIAMO NOI

 Mauro Ranzato 40 anni, padovano di Villanova di Camposampiero, docente di matematica e allenatore di volley. L’Aprile scorso viene arrestato con l’accusa di aver stuprato una sua allieva di quindici anni. I media riprendono l’accusa, pubblicano foto, nome indirizzo: insomma, come si suol dire, sbattono il mostro il mostro in prima pagina. Da aver paura ad uscire di casa con un accusa così infamante tra capo e collo.

Accusa che adesso il giudice ridimensiona. Ha il sospetto che la ragazzina si sia inventata tutto o molto, in particolare la violenza sessuale; perchè l’ha descritta tale e quale la scrittrice siciliana Melissa P. nel libro “100 colpi di spazzola” da cui è stato tratto anche un film.

Ranzato è stato scarcerato, si profila un processo dall’esito assai incerto. Ma è certo che lui, comuque vada, è già stato sputtanato, rovinato per la vita.

Da questa, e da tante altre vicende simili, si desume che gli stupratori certi siamo…noi giornalisti. Perchè noi operatori dell’informazione dovremmo sottolineare sempre, ribadire con forza a telespettatori e lettori, che un’accusa è cosa assai diversa dalla condanna. Dovremmo ricordare che esiste la presunzione d’innocenza, mentre siamo i primi a trasformarla in presunzione di colpevolezza.

Una presunzione di innocenza che deve, che dovrebbe, valere per tutti: per Ranzato come per Strauss Kahnn, per Berlusconi come per Penati, come per l’ultimo immigrato accusato di qualunque delitto.

Ma basta fare l’elenco, che ho appena stilato, per rendersi conto che il garantismo è una battaglia perduta in partenza, da Don Chisciotte contro i mulini a vento. Perchè troppo irresistibile è la tentazione di sceglierci il nostro colpevole preferito, e sbatterlo in prima pagina con un sistema tipico da lapidazione islamica.

Almeno ci guardassimo allo specchio per vedere che siamo noi gli stupratori, noi i fondamentalisti.

PAPA IN GALERA, BOSSI IN PENSIONE

 

Per discutere seriamente del caso di Alfonso Papa bisognerebbe sgombrare il campo dal più demagogico dei luoghi comuni, cioè sottolineare che un parlamentare NON è un cittadino come tutti gli altri: non è un giornalista né un idraulico né un magistrato.

 Perchè lui, e solo lui, è investito della sovranità popolare (a prescindere dalla legge elettorale, anche la più porcella che ci sia) che lo rende (a prescindere dai suoi meriti e dalle sue colpe) un soggetto del tutto particolare, il cardine della democrazia. Se non gli riconosciamo questo status, e non lo mettiamo al riparo da assalti indebiti di altri poteri (fondati non sulla sovranità popolare, ma sul pubblico concorso) non esiste più la democrazia.

Bisognerebbe capire almeno questo. Mentre siamo qui a ripetere come beoti che i cittadini, parlamentari compresi, devono essere tutti uguali. In questo caso il massimo dell’uguaglianza non è solo il massimo dall’ingiustizia, ma anche il massimo della stupidità.

Bisognerebbe infatti capire che non è un privilegio del parlamentare, ma un sacrosanto diritto di qualunque cittadino vagliare se esistono oppure no le condizioni per ricorrere allo strumento barbaro della carcerazione preventiva. Strumento espressamente limitato dal codice penale ai soli tre casi – inquinamento delle prove, pericolo di fuga, pericolo di reiterazione del reato – proprio per la consapevolezza della sua barbarie se applicato indiscriminatamente.

Tanto per capirci. Parolisi è stato arrestato prima del processo perchè accusato di aver distrutto il profilo facebook della moglie: inquinamento delle prove. Ma che prove ha inquinato, che reato ha reiterato, che pericolo c’era che Papa scappasse? Nessuno. Quindi non andava arrestato nemmeno se fosse stato un semplice cittadino. ( E per questo la Franzoni, altro esempio, rimase libera anche dopo la condanna in primo grado per l’assassinio del figlio)

L’altra cosa che, come beoti, ripetiamo è che Papa è colpevole, che le prove lo inchiodano. C’è un modo per far capire che colpevolezza o innocenza non c’entrano per nulla? Purtroppo non c’è perchè oggi il popolo è assettato di sangue della casta politica. Eppure la differenza tra la giustizia sommaria e la civiltà giuridica è tutta qui, sta tutta nell’habeas corpus: cioè nel diritto di qualunque cittadino a comparire al più presto davanti ad un giudice, ad avere tutte le opportunità per discolparsi davanti a lui dalle accuse, e a non finire mai prima in carcere salvo i tre casi di cui parlavamo.

Se non riconosciamo questo diritto basilare, risparmiamo pure le spese per magistrati e tribunali e lapidiamo direttamente in piazza a furor di popolo i presunti colpevoli.

Il voto della Camera ci induce a fare proprio questo. Una Camera che ha calpestato la civiltà giuridica, che ha rinunciato in modo autolesionistico alla propria prerogativa ( che è base della democrazia e della separzione tra i poteri) offrendo alla mannaia giudiziaria ieri il collo di Papa, domani di un qualunque altro suo membro a gentile rischiesta delle procure.

Il tutto grazie alla regia miope di Roberto Maroni, per il quale l’enorme posta in gioco è stata solo strumentale: pur di mandare in pensione Umberto Bossi ha mandato il pensione anche l’autonomia del parlamento. Un comportamento da statista…


UN MARCHIONNE PER SALVARCI

 Non c’è dubbio che la speculazione internazionale ha messo l’Italia nel mirino. Può darsi che il tutto sia orchestrato dagli Usa e che l’obbiettivo finale sia l’intera Ue, cioè l’euro da eliminare perchè concorrente del dollaro. Ma anche fosse così, è un fatto che l’assalto all’Europa comincia da uno dei suoi anelli più deboli: noi.

Quindi dobbiamo guardare anzitutto alle nostre debolezze. Sono debolezze derivanti dalla scarsa credibilità di un premier dedito al bunga bunga piuttosto che di un ministro delle finanze ospite non pagante dell’ex finanziere Milanese? Tutto questo certo non aiuta; ma sono debolezze contingenti: magari bastasse mandare a casa Silvio e Giulio per diventare un Paese serio, cioè capace di creare ricchezza e non abile anzitutto a sperperare spesa pubblica…

Purtroppo le nostre debolezze sono strutturali, cioè frutto di una (sotto) cultura politica stratificatasi nei decenni con l’apporto e il consenso di ogni schieramento politico. E’ la sotto cultura politica da Paese dell’Europa dell’Est venuta a gala in modo emblematico nel trattamento riservato a Sergio Marchionne.

Ogni Paese serio, che metta cioè in cima alla graduatoria la creazione della ricchezza e dei posti di lavoro, lo avrebbe trattato come un eroe e un benefattore. E così ha fatto l’America di Obama: inni di lode al salvatore della Chrysler. Noi invece trattiamo come un delinquente, uno sfruttatore degli operai , chi ha salvato la Fiat trasformandola – da decotta che era a carico della fiscalità generale – in azenda viva che compete, che investe, che mantiene e magari aumenta i posti di lavoro.

A Marchionne dovremmo intitolare le strade, erigere monumenti nelle piazze mettendo la sua statua al posto di quelle di Cavour e Garibaldi. Invece passano le parole d’ordine di Landini e della Fiom: è il ricco che vuole arricchirsi ancor più sulla pelle degli operai.

Il trattamento riservato a Marchionne è l’emblema della sotto cultura dominante. Ma ogni imprenditore, ogni artigiano, ogni partita iva che abbia guadagnato col proprio lavoro, con l’inventiva, con il rischio e la passione, viene trattato allo stesso modo: come un ladro, come un malfattore da braccare mettendogli alle calcagna branchi di burocrati incaricati di rendergli la vita (produttiva) impossibile, di azzannarlo con lacci e balzelli.

Se lui si compra il suv va messo il superbollo, se ha la casa di proprietà avanti con la patrimoniale, se prende i bot dagli alle rendite finanziarie. Ma è lui il ladro o il ladro è chi va in ufficio e, anche se non combina una beata minchia, a fine mese incassa lo stipendio?

Siamo – da sempre, quando Silvio ancora cantava in nave – il Paese delle “stangate”. Conviti cioè che la soluzione sia quella di aumentare le entrate fiscali. Ma è inutile aggiungere acqua in una cisterna traforata che la perde da tutte le parti. Anzi: più acqua ci butti più ne viene dispersa. Fosse combattuta fino all’estinzione l’evasione fiscale, servirebbe solo a triplicare le assunzioni nel pubblico impiego, cioè a portare la spesa pubblica (improduttiva) all’80% del pil!

Ci impegneremo mai a tappare anzitutto i buchi? A favorire gli investimenti dei ricchi tanto vituperati, invece che disincentivarli con tasse, regolamenti e burocrazie varie? Se mai lo faremo, vedremo anche al centro delle piazze delle nostre città la statua di Marchionne con la dedica “al ministro dell’economia che salvò l’Italia dal fallimento e la riportò in Occidente”

 

NO GLOBAL, IMPUNITA’ GARANTITA

 

All’indomani della guerra scatenata dai no global in Val di Susa, con centinaia di feriti e lancio di bombe all’ammoniaca contro le forze dell’ordine, la notizia è che… il cantiere della Tav ha riaperto. Notizia accessoria, logica vorrebbe che quella principale fosse un’altra: la notizia cioè dell’identificazione, dell’arresto e del processo per direttissima delle centinaia di antagonisti violenti che – a giudizio del ministro dell’Interno Maroni – hanno compiuto il reato di tentato omicidio.

Ma a quanto pare gli antagonisti violenti non si sa chi siano, si tirano in ballo i black bloc alias gli stranieri sconosciuti.

E’ sempre così. Qualche mese fa a Padova quattro no global aggredirono in pieno giorno a sprangate in testa il consigliere comunale Vittorio Aliprandi. Due furono fermati in flagranza di reato, gli altri due si ecclissarono e – a distanza di mesi – non sono stati né identificati né arrestati. Da non crederci perchè c’erano le telecamere e tutti gli antagonisti padovani sono conosciuti e schedati. Altrettanto vale per quelli dei centri sociali torinesi che da anni sono il fulcro del movimento no Tav. Eppure gli arresti, i processi e le condanne non arrivano mai.

Verrebbe da pensare che ci sia una trattativa tra lo Stato e i no global, un qualche patto segreto e inconfessabile. Ma non facciamo dietrologia e restiamo ai fatti.

Le Brigate rosse furono un fenomeno molto più pericoloso e organizzato: con una struttura apicale e clandestina, che sparava a vista, che non esitatava a sequestrare, processare ed ammazzare, con ramificazioni e coperture in tutta la cosiddetta società civile. A partire da giornalisti ed intellettuali. Eppure furono sgominate. Perchè il mondo politico era forte ed unito. Non esitò a varare, col pieno sostegno dell’opposizione, cioè del Pci, la legge Cossiga ed altri provvedimenti, anche in palese violazione delle garanzie costituzionali.

Non ci furono critiche né ordini del giorno da parte dell’assiociazione nazionale magistrati (allora molto “rispettosa” quando c’era di mezzo il Pci). Senza sottilizzare troppo sul mezzo, fu conseguito il fine di battere il terrorismo.

Oggi invece, al cospetto di questi antagonisti sgangherati (rispetto alle Br) il mondo politico è debole, diviso e tremebondo. Diciamo che oggi, rispetto agli anni Ottanta, si è affernata la piena autonomia della magistratura che, da parte sua, nel perseguire i reati dei no global non sembra metterci lo stesso impegno che mette nel perseguire quelli del Cavaliere.

E – va rimarcato – per quanto impegno ci metta, non viene a capo nemmeno del Cavaliere…Figuriamoci degli antagonisti…Per loro l’impunità è garantita in partenza.